lunedì 31 gennaio 2011

Fill-in

Chiudo ufficialmente un paio di sottotrame del blog rimaste in sospeso.


1. Gli amici frequentatori di questo spazio già lo sanno, o comunque l'avranno intuito, ma "la rogna" adsl si è risolta e lo ha fatto con un tempismo sospetto. Fino al 20 gennaio infatti non s'intravedeva la luce alla fine del tunnel del nuovo contratto con Telecom. Il 21 gennaio, dopo un mese e mezzo di telefonate surreali, pubblicavo un
post nel quale mi lamentavo del servizio clienti Telecom e improvvisamente, il giorno dopo, la linea era attiva. Solo una coincidenza con tutta probabilità, ma molto curiosa.

2. Dopo aver dolorosamente preso atto dell'irreversibilità del problema meccanico della mia amata Renault Clio dci (lo ricordo, dieci anni e duecentotrentamila chilometri percorsi), ho cominciato la via crucis dei concessionari, sapendo probabilmente dall'inizio che sarei comunque finito di nuovo in Renault. Così è stato infatti. Dopo aver girato Fiat, Toyota, Citroen, Opel e Ford infatti, le condizioni migliori me le ha proposte chi mi aveva venduto, nel 2001, l'utilitaria giunta al capolinea. Il cambio Clio vecchia con Clio nuova (stavolta a benzina) si è palesato quindi come inevitabile. Speriamo nella medesima resa.

sabato 29 gennaio 2011

Album o' the week/ Prefab Sprout, Steve McQueen (1985)

Penso ai Prefab Sprout e a Steve McQueen, il loro disco più celebre e mi vengono in mente le immagini televisive della band che si esibisce in playback al "PalaBarilla", tendone dentro al quale si esibivano i gruppi stranieri nell'ambito di un festival di Sanremo di metà anni ottanta.

Strana band, quella capitanata da Paddy McAloon. Capace di produrre delizioso pop da classifica (Appetite, contenuto all'interno di questo album è una delle mie pop songs preferite di sempre), ma anche di progetti più ostici e ambiziosi, come dimostreranno più avanti Protest songs e Jordan: the comeback.

Restando a Steve McQueen, i quarantenni ricordenanno la già citata Appetite e When love breaks down, ma sono da rimarcare anche l'open track Faron Young, Hallelujah e When the angels. Nel 2007 è uscita anche una Legacy Edition su doppio cd.

venerdì 28 gennaio 2011

(Ci stanno) Dentro


Il primo ascolto di Fuori, il nuovo album dei Ministri,mi ha fatto inorridire al punto di posare il disco sullo scaffale e di non avere alcuna voglia di dargli una seconda chance.

Ma nell'arte si sa, ogni cosa ha il suo tempo e l'apprezzamento di un'opera passa sia dalle aspettative che riponevi in essa che dal tuo stato d'animo nel momento cui l'hai approcciata .

Difatti, riascoltando l'album oggi, laddove lo trovavo molle e inefficace, lo scopro, seppur a tratti, aggressivo e accattivante.

Certo, il tentativo di evolvere il proprio sound rispetto agli esordi (come hanno fatto giustamente notare Ale e Filo nelle loro rece) è evidente, così come l'ambizione di allargare il proprio target di pubblico (questo si evince già dalla copertina, molto "normale"), ma resta fondamentalmente un'attitudine punk non comune dalle nostre parti, l'eccezionale tiro di una manciata di pezzi come Gli alberi, Il sole, Noi fuori, Due dita nel cuore, lo sforzo di migliorare il suono della band, a partire dalle parti vocali, e l'affermazione di una propria personalità artistica.

Sui testi c'è invece, a mio avviso, ancora da lavorare. A parte qualche bella intuizione infatti, li trovo in più frangenti ancora eccessivamente scolastici. Ci si passa sopra quando la furia dell'esecuzione li mette giustamente in secondo piano, ma quando si placano le acque e l'attenzione è tutta sulle liriche, i limiti emergono in maniera evidente.

Niente di male, intendiamoci. L'urgenza comunicativa, l'ironia, la forza che i ragazzi sanno sprigionare dal vivo (qui vado a fiducia sulla base dei racconti degli amici) ne fanno comunque una band unica e provvidenziale nel panorama ruokk italico.

Dài, dài,dài!

giovedì 27 gennaio 2011

Spider-Man v 3.0



Quante variazioni ha avuto la storia di Spider-Man? Innumerevoli, ormai. Dal 2002, anno in cui è uscito il film di Raimi solo le origini del super-eroe hanno tenuto fede alla dinamica immaginata da Stan Lee e realizzata da Steve Dikto nel 1963.

Per il resto: scansione cronologica degli avvenimenti e delle apparizioni dei personaggi, situazioni e origini dei super-criminali, tutto è stato smarmellato per arrivare ad una fruizione più semplice ed immediata dell'opera da parte dei ragazzi.

Si colloca in questa strategia commerciale anche la serie animata Spectacular Spider-Man, tredici episodi per due stagioni, presentata a partire dal 2008 dal canale Disney XD e prodotta, tra gli altri, anche dallo stesso Lee.
Peter Parker è un adolescente dei giorni nostri, zia May un'anziana fricchettona, Gwen una timida compagna di scuola, MJ la solita disinibita vicina di casa. Norman Osrbourne non è il primo Goblin ed è lui a creare in laboratorio tutti i nemici storici di Spidey: Elektro, Uomo Sabbia, Rhino, Octopus, Shocker, Avvoltoio. L'albino Lapide con il fido Testa di Martello controllano il crimine nella città. C'è posto anche per Gatta Nera e Lizard e per l'emersione del lato oscuro di Parker a causa del simbiota alieno (che arriva a NY in modo differente rispetto ai comics e al film) che poi diventerà Venom.



La serie si fa apprezzare: molto colorata, vivace, moderna. Il bilanciamento tra vita sociale di Parker e avventure in calzamaglia dell'arrampicamuri non è al livello delle storie su carta, ma può andare. D'altro canto il target a cui è destinato il prodotto (bambini in età da elementari) non è quello delle serie Marvel storiche. Se proprio vogliamo ci sarebbe qualcosa da dire sullo stile eccessivamente moderno del disegno, sulle proporzioni di alcune figure, sugli occhi a forma di moneta da due euro che non si possono proprio guardare.



Da un pò di tempo a questa parte, Spider-Man è diventato il personaggio preferito di Stefano. Dico personaggio e non solo cartone animato, perchè la passione non si limita alla visione della serie animata o al film, ma si estende ai fumetti, al gioco, alle discussioni che facciamo spesso sulla trama delle storie, sulle caratteristiche dei super-dudes e addirittura all'ascolto ossessivo di una canzone che centra, ma solo di sbieco,con Spidey: Hanno ucciso l'Uomo Ragno degli 883.


La puntata quotidiana di Spectacular Spider-Man (con il trattino, mi raccomando!) è il nostro imperdibile appuntamento serale. Lo commentiamo come se fosse una partita di calcio, ci scambiamo impressioni, analisi, valutazioni.

Ribadisco il concetto: sò soddisfazioni!

mercoledì 26 gennaio 2011

A different way



The BellRays
Black Lightning
Shock, 2010



Bella dritta, quella dell'amico blogger Filo per i BellRays. Nel recensire Black Lightning (pensate, album numero undici del combo) del quartetto di Riverside, California, propongo un giochino che ultimamente va per la maggiore. Si tratta di indovina la citazione.

Il gruppo capitanato dalla singer Lisa Kekaula infatti, propone uno stile composto da pezzi rock tiratissimi, alternato a brani smaccatamente soul. Badate bene però, non si tratta di contaminazione tra i generi, ma proprio di bizzarra alternanza tra stili (volendo semplificare, punk-hard-rock e musica nera commerciale) che in genere si usmano poco. In entrambi i casi,inevitabilmente, si chiamano in causa una pletora di artisti del passato che, con ogni probabilità, fanno parte del background musicale della band.

Il giochino inizia con la title-track posta in apertura. Un pezzo veloce dal ritornello potente, che, seppur canonico nello stile, e pertanto riconducibile a innumerevoli band, rimanda ai primi Skunk Anansie, quelli di Selling Jesus per intenderci. Lo stesso si può dire per Hell on heart, la traccia successiva. E' con il brano numero tre (Sun comes down) che arriva, spiazzante, la componente soul del gruppo. Si manifesta attraverso un giro di basso che sembra sputato quello di Papa was a rolling stone (il classicissimo Motown portato al successo anche dai Tempations).

La black music fa capolino di nuovo, ma questa volta nella sua interpretazione più spensieratamente legata ai sixties, all'interno di Anymore mentre non è la Tina Turner mainstream rock degli ottanta quella che si affaccia in Living a lie? E non è sempre lei, coadiuvata dagli AC/DC, quella che sbraita Everybody get up?!?
The way è la chiusura è rigorosamente soul, con una esplicita citazione, sin dall'attacco, ai Four Tops di Sugar Pie Honey Bunch.


Disco breve (dieci tracce), divertente, "leggero". Non inventano nulla sti BlackRays ma quello che propongono è una convincente interpretazione di canoni normalmente inconciliabili. Strano non essersi accorti di loro prima, visto che sono in giro da vent'anni.

P.S. L'album è della fine del 2010, ma lo inserisco per scelta arbitraria tra quelli dell'anno nuovo.




martedì 25 gennaio 2011

La banda dei tre


Nutro un'insana e irrazionale passione per il trio comico milanese Aldo Giovanni e Giacomo. Pur a fronte di questa premessa mi corre l'obbligo di dire che dal 2000, anno in cui chiusero la loro prima trilogia cinematografica con l'ottimo Chiedimi se sono felice, la parabola del gruppo ha cominciato una lenta e ahimè inesorabile discesa, coincisa, e chissà se è un caso, con l'estromissione del membro aggiunto del trio, Marina Massironi.

Da quel film hanno cominciato a timbrare il cartellino delle uscite un anno si e uno no, collezionando così cinque film. Per la verità nessuno memorabile, anche se si può premiare lo sforzo ambizioso di La leggenda di Al, John e Jack.

Arriviamo in questo modo all'ultima uscita, presentata ovviamente in coincidenza delle festività di fine anno: La banda dei babbi Natale, opera con la quale, dopo un film a episodi e la riproposizione nelle sale di uno spettacolo teatrale, i tre sono tornati a proporre al pubblico un film nel formato più abituale.

Pur non gridando al miracolo (si sorride più che ridere di pancia), la pellicola è gradevole. Lo svolgimento è costruito sul meccanismo dei flashback e tra una citazione al Il grande Lebowski (lì il bowling qui le bocce), qualche cameo azzeccato (le brave Angela Finocchiaro e Sara D'Amario) e una nevicata palesemente computerizzata, il film si lascia guardare, con la parte di Giovanni Storti a prevalere questa volta su quella degli altri.






domenica 23 gennaio 2011

Album o' the week / Billy Ray Cyrus, Some gave all (1992)


Non solo di Pearl Jam, Nirvana e Soundgarden ha vissuto l'America del 1992. Di quell'anno è anche Some gave all, country rock album di debutto di Billy Ray Cyrus che a conti fatti venderà venti milioni di copie in tutto il mondo.
Gran merito dell'exploit di un'opera gradevole, ma tutto sommato canonica, è da attribuire al singolo Achy breachy heart, cover di un brano originalmente scritto da Don Von Tress con il titolo di Don't tell my heart, canzone che è schizzata dagli states del sud e dalle classifiche di genere, a tutte le radio degli U.S.A.
Da segnalare anche la cover di These boots are made for walkin' di Nancy Sinatra.


Per la cronaca, negli anni zero Billy Ray ha smesso i panni del cantante e ha vestito quelli dell'attore televisivo per il serial Doc. Miley Cyrus, la star Disney di Hannah Montana e Trace, leader delle band emo Metro Station e Ashland High, sono suoi figli.

venerdì 21 gennaio 2011

Alice in wonderland

Dalla fine di novembre non ho il collegamento internet a casa e dai primi di dicembre sono in trattativa con Telecom per l'installazione della nuova linea adsl.


Già, in trattativa. Perchè qui due sono le cose. O sono nel bel mezzo di un'interminabile candid camera, oppure chi gestisce i potenziali clienti Alice Adsl viene pagato in cannabis da consumare per contratto durante l'orario di lavoro mentre svolge la mansione di telefonista solo per divertirsi alle mie spalle.


Dovete sapere infatti che dai primi di dicembre ad oggi avrò chiamato il 187 almeno una quindicina di volte. VI GIURO che dopo ogni telefonata il nuovo contratto era stato regolarmente registrato ("andato a buon fine") e con lui attivata la linea di internet veloce. Peccato che quando richiamavo per avere conferma il nuovo operatore cascava sistematicamente dal pero e mi faceva rifare da capo tutta la procedura di registrazione rassicurandomi ogni volta sull'efficacia dell'operazione. Per giustificare i continui fallimenti sono stati tirati in ballo i codici segreti dall'operatore precedente, tecnici da mandarmi a casa, la linea ancora impegnata dal concorrente, registrazioni non andate a buon fine, indefiniti problemi tecnici. Mancava solo si abbassassero i Rayban, fissandomi nella palle degli occhi e giustificandosi con l'invasione delle cavallette.

Sembra incredibile ma son due mesi che vado avanti così. Una roba surreale, incredibile, estenuante. Questi mi hanno scassato la minchia per anni, una sera sì e una no a telefonarmi a casa a ora di cena per propormi di cambiare operatore di rete, e adesso che mi avrebbero convinto giocano al cìapa no.


Mi sa che ricambio la verve goliardica abbonandomi a Fastweb, almeno poi si ride in due...

giovedì 20 gennaio 2011

Gli scarafaggi non hanno re (cit)





Difficile pensare al regista Paolo Sorrentino senza che scatti il collegamento con il suo attore feticcio Toni Servillo. Ecco, la pigra sinapsi si attiva anche per l'esordio letterario del regista campano, visto che nei ringraziamenti viene citato proprio il protagonista de Le conseguenze dell'amore come ispirazione per Tony Pagoda, mattatore unico e indiscusso fulcro del romanzo.

Chi è Tony Pagoda? Un cantate melodico napoletano che all'apice della sua carriera arriva ad esibirsi financo al Madison Square Garden davanti ad un pubblico adorante, con Frank Sinatra a complimentarsi nei camerini. Nel privato Tony è un cocainomane abituale con una dipendenza feroce dalla pucchiacca. A quarant'anni è anche uno che la sa lunga su tutti gli aspetti della vita, e non perde occasione per farlo pesare a tutti: amici, parenti, band. La famiglia è ai margini della sua vita, la casa solo un porto sicuro dove rifugiarsi occasionalmente. I rapporti con moglie e figlia sono unicamente improntati ad una formale convivenza. E' però proprio da questo microcosmo sociale che s'innescherà una reazione di eventi che porterà la vita di Tony ad un'incredibile svolta radicale.





Sorprendente è l'aggettivo più usato dalla critica per definire l'esordio letterario di Sorrentino. Anche se i recensori partivano probabilmente prevenuti, a causa dei mediocri risultati ottenuti da altri artisti italiani che si sono cimentati in ambiti differenti dalle loro abituali tazze da tè (chissà perchè mi viene in mente sempre il Ligabue regista e/o scrittore), mi sento di condividere questa lapidaria impressione. Aggiungo che,a mio avviso, lo stupore più grande nasce dal trovarsi al cospetto di un'opera dotata di una strabordante urgenza comunicativa.
Così strabordante che risulta difficile recensire Hanno tutti ragione restando nei consueti canoni di valutazione. E' necessario ricorrere a metafore, perchè le parole ti sommergono come fa l'onda di tsunami con una capanna di fango, la struttura della storia ti travolge come un interminabile rap suonato a tutto volume, sei obnubilato neanche avessi preso residenza in una fumeria d'oppio .

Il lato negativo di questa caratteristica è che in più di un frangente la concentrazione del lettore vacilla sotto i colpi di una narrazione che a tratti si fa ridondante,verbosa. Gli incisi, le lunghe parentesi aperte infiacchiscono un pò la verve del racconto, la sua continuità, il potenziale dei personaggi (questo aspetto mi ha fatto scattare un collegamento - probabilmente improprio - con il Don Chisciotte di Cervantes che intervallava continuanamente il filo narrativo principale delle gesta del protagonista Don Alonso Quijano con storie di personaggi collaterali), ma è un difetto che passa in secondo piano, perchè il Paolo Sorrentino scrittore dimostra di essere davvero bravo a dipingere una tela che mischia tonalità malinconiche con sfumature comiche, tinte ciniche ad una spietata analisi sull'Italia degli ultimi trent'anni.

Sono tanti i passaggi memorabili del racconto, dall'iniziazione sessuale del giovane Pagoda con una nobildona decaduta, all'esilio in Brasile, al "poema del comodino vuoto", all'amore/odio con l'amica Rita, fino alle tecniche di seduzione per individui non avvenenti. C'è infine spazio anche per un inatteso colpo di scena finale (buttato via come un dialogo de Gli occhi del cuore, recitato male per scelta stilistica della produzione) e per un finale che ti strozza la gola per quanto riesce ad essere doloroso nella sua ineluttabilità.

Avercene, di esordi così.

martedì 18 gennaio 2011

MFT, gennaio 2011


ALBUM


Social Distortion, Hard times and nursery rhymes
Ministri, Fuori
The Bellrays, Black lightning
Miles Davis, Bitches Brew
Soundgarden, Telephantasm
Mavis Staples, You are not alone

Ritmo Tribale, Uomini 1988/2000




LETTURE

James Ellroy, Il sangue è randagio


VISIONI

Boris, stagione 1,2,3
Californication, stagione 3
Boardwalk Empire




lunedì 17 gennaio 2011

Tel chi el Zamora



Milano, anni 60. Il Walter è un ragioniere scapolo che si avvia ai 40 anni. Preciso (ma non pignolo, come sottolineano i colleghi) ed affidabile sul lavoro, non ha in pratica vita sociale ne particolari passioni , non coltiva hobbies e non segue alcuno sport. Condivide con la sorella appartamento e tran tran quotidiano. L'evento che darà luogo ad un vero e proprio sisma della sua serafica esistenza è rappresentato dal cambio di lavoro e dalla fissa del nuovo capo per il calcio, fissa che lo porta ad obbligare tutti i dipendenti di sesso maschile a cimentarsi amatorialmente con questo sport, con l'obiettivo dichiarato di giungere al pirotecnico finale di stagione: la grande partita scapoli-ammogliati del primo maggio di ogni anno.




Strano a dirsi, visto che il protagonista della storia è un uomo di 36 anni e non un ragazzino, ma questo di Roberto Perrone (giornalista del Corriere della Sera) ha la struttura di un romanzo di formazione. E questa è la prima considerazione. La seconda è che il libro è scritto in maniera molto semplice, asciutta. Dopo le prime pagine pensi: mah, questo avrei potuto scriverlo anch'io. In genere questa considerazione porta all'annoiato accantonamento dell'opera, ma in questo caso, e qui sta la sua forza, non succede, anzi ti trovi a terminarlo in mezza giornata tanto è scorrevole la lettura.
Terza e ultima analisi, da Fuga per la vittoria in poi non si può fare un'opera di finzione sul football (film o libro che sia) senza metterci il calcio di rigore decisivo all'ultimo minuto della partita della vita. Spero di non togliere suspance ai potenziai lettori dicendo che neanche Perrone sfugge a questa regola. E' però probabilmente consapevole del clichè a cui ricorre, e allora se lo gioca togliendogli la responsabilità di essere il fulcro della storia. Addirittura ne anticipa l'avvento rispetto alla narrazione in tempo reale.

Zamora è in definitiva un romanzo leggero e godibile, che ha come spunto la passione sportiva per antonomasia degli italiani, ma che offre anche una disimpegnata lezione sulla regola che, nella vita, non è davvero mai troppo tardi per cambiare.

venerdì 14 gennaio 2011

I migliori del 2010: epilogo

Mi tolgo gli ultimi sfizi da classificomane.

I migliori del 2010, posizioni 15-11:
Le delusioni:

Considerata la sconfinata ammirazione che nutro per lui da venticinque anni, il grande escluso dalla chart è John Mellencamp, presente nel 2010 con addirittura due lavori nuovi. Il primo è il cofanetto antologico On the rural route 7609 , tanto atteso dai fan quanto sbagliato nella sua compilazione. Il secondo è l'album di inediti No better than this, per il quale il grande coguaro ha scelto di utilizzare una tecnica di registrazione low-fi che lo ha reso purtroppo inascoltabile (almeno al sottoscritto).

Il disco del 2009 da recuperare

Sono consapevole dei sorrisini di compatimento e degli sdegnati no con la testa che provocherò, ma se fosse uscito nel 2010 The Fame Monster di Lady Gaga avrebbe avuto un posto sicuro in classifica.

E questo è davvero tutto.

mercoledì 12 gennaio 2011

I migliori del 2010, 2 / 2




5. BRUCE SPRINGSTEEN – The promise


Si capisce perchè questo lotto di ventuno canzoni non sia finito all’epoca nell’arrabbiatissimo Darkness on the edge of town. Troppo distanti dal mood che Bruce volle fortemente imprimere a quello che è universalmente riconosciuto come suo capolavoro. Tra pezzi storici che finalmente vedono la pubblicazione in studio (Fire, Because the night, Rendesvouz, The way), versioni alternate da brividi ( Racing in the streets ma non Candy’s boy, che è un’altra canzone rispetto alla definitiva Candy’s room), perle regalate agli amici (Talk to me incisa da Southside Johnny), pezzi che verranno cambiati nel testo o nella melodia o cannibalizzati per canzoni future (Come on,Spanish eyes,Candy's boy), a prevalere nettamente sono i lenti o al massimo i midtempo. Essenziale, nonostante lambisca il classico raschiamento del fondo del barile.


4.HANK III – Rebel within

Eccola qui la tanto agognata parola fine sul contratto quindiciennale con la Curb Records. C’era forse da aspettarsi un disco tirato via, farcito di riempitivi, volutamente approssimativo e invece Hank conclude il suo impegno con la label lasciando in testamento la sua opera più tradizionale. A parte due-tre episodi si viaggia infatti sull’onda di grande blugrass e di trascinante honky-tonk. Non manca ad ogni modo lo sfanculamento finale all'ormai ex etichetta. Liberatorio.





Ultimamente il canadese ci mette un pò più di tempo del solito ad azzeccare un disco, quando lo fa però gli orologi tornano magicamente a fermarsi. Quanto sia merito suo e quanto di Lanois che produce non è dato saperlo (anche se, visti gli ultimi lavori di Neil, io propendo per un 60-40 a favore di Daniel) e alla fine importa poco, nel momento in cui si azzeccano in maniera così clamorosa suoni e liriche.



2.THE SWORD – Warp riders

La sorpresa dell’anno. Un concept album che racconta di astronavi e pianeti perigliosi dipanando classicissimi riffoni blacksabbathiani, ma riuscendo anche a sorprendere con poderose accelerazioni trash (Astreas's dream) e addirittura accenni glam (Night city). Fantascientifico.



Un'opera collocata armoniosamente tra lo Springsteen dei settanta, Van Morrison e i Replacements, suonata però da tizi che dicono di avere sull’auto il santino dei Pearl Jam e dei Social Distortion che probabilmente li esortano ad andare piano. Pardon, forte, a suonare forte. Out of time.

martedì 11 gennaio 2011

Moody's blues


Con il ritardo che oramai mi contraddistingue, ho terminato la visione della seconda stagione di Californication.



La prima considerazione che mi trovo a condividere è che non ti accorgi di quanto sei legato a questa produzione fino a quando non ti immergi di nuovo nelle vicende che ruotano attorno ad Hank Moody (un David Duchnovny a suo agio nella parte come Berlusconi ad una festa di conseguimento del diploma di maturità).
Ad incremetare ulteriormente l'affinità con il telefilm, ci si mettono i temi trattati. Rispetto alla prima stagione meno letteratura (Hank è uno scrittore), più industria del rock e business del porno. In pratica il massimo per un dinosauro onanista.



Moody si è appena riconciliato con Karen, la donna della sua vita che per tornare con lui è fuggita dall'altare durante la cerimonia nunziale (con un altro, ovviamente), ma le cose si complicano quasi subito. Il suo manager (lo strepitoso Evan Handler/Charlie Runkle) viene licenziato perchè ripreso a masturbarsi durante l'orario di lavoro e per una serie di circostanze, che comprendono una sbandata per un'attricetta hard emergente, si trova ad investire un ingente somma in un film pornografico. Ma senza alcun dubbio la new entry più riuscita di questa seconda tornata di episodi è Lew Ashsby (Callum Keith Rennie) re mida della produzione (hard) rock: una sorta di Rick Rubin perennemente strafatto e costantemente allupato, tanto eccessivo e perentorio nello stile di vita, quanto fragile nell'animo.



A partire dalle citazioni e dai giochi di parole nei titoli originali, per passare ai dialoghi, alle battute fulminanti, alle situazioni inverosimili spesso oltre i limiti tv della (s)correttezza sessuale, per finire al sapiente uso della musica ad accompagnare le immagini (chi non si commuove su Warren Zevon nell'ultimo episodio non è vivo) e nonostante qualche caduta di livello della sceneggiatura (il modo in cui vengono troncati i personaggi Ashsby e la ex-moglie è delittuoso), Californication si conferma come una delle serie più entusiasmanti in circolazione.

A questo giro gli autori si sono divertiti ad inserire una prima figura (Lew Ashsby, di nuovo) che sembra una parodia di Hank, o meglio una versione dello scrittore che, davanti ad un bivio temporale, abbia scelto di lasciarsi andare alla libido più sfrenata invece che continuare a cercare di convincere la donna della sua vita, nonchè madre di sua figlia, a tornare con lui ed una seconda, Damien,un quindicenne che di Moody sembra invece una versione agli albori.

Si vive di momenti nei quali la trama sembra davvero essere quella di un film porno, con ragazze bellissime che cadono letteralmente ai piedi di Hank, alternati ad altri nei quali Moody (o Lew) sembra incarnare il personaggio perfetto che tutti i maschietti vorrebbero essere (pigramente cool, irresistibile senza sforzo apparente, sarcastico, che vive della sua arte) mentre invece, nella realtà, siamo un pò tutti Charlie Runkle, come ricordava argutamente Ale.

Ma non solo. Californication è anche la più classica metafora del dito e della luna. Mentre mostra una vita per certi versi idilliaca fatta di allegra promiscuità e fellatio elargite a profusione, in realtà esalta il valore della monogamia o comunque della fedeltà ad un solo partner. Tutti i protagonisti della storia: Hank, Lew, Charlie e per certi versi anche Damien, il fidanzatinio di Becca, testimoniano che quando si trova quella/o giusta/o, lasciarla per spargere fluidi corporali in giro è un delitto che prevede la più atroce delle pene: una malcelata solitudine.


Tra poco attacco la terza, mentre è appena iniziata la quarta. Che dire ai non adepti? Siete sempre in tempo...

lunedì 10 gennaio 2011

I migliori del 2010 1/2

Qualche considerazione preliminare. Uno: sta cosa dei voti in coda alle recensioni tende ad irrigidire tutto il sistema. A rigor di logica infatti il trionfatore della classifica di fine anno dovrebbe essere l’album che ha preso il massimo delle stellette, pardon pinte. In realtà prendo atto che non è necessariamente così, perché la lente del tempo deforma le analisi fatte a suo tempo, sfocandone nitidezza e certezze e rimettendo, seppur parzialmente, in discussione le valutazioni.

Due: non c’è un vero disco dell’anno. Diciamo che si sono delineati due blocchi, ma le incollature tra i primi cinque sono ridottissime e la palma alla fine premia quello che ha goduto di maggiore longevità nel lettore.

Tre: mi sono reso conto leggendo le classifiche dei magazine internazionali più importanti che i dischi inclusi nella mia top 10 sono piaciuti in pratica solo a me. Pazienza. Mi fregerò di essere l'unica chart al mondo nella quale non trovano posto gli Arcade Fire.

Analogamente a quanto fatto l’anno scorso divido in due la classifica, linkando sui titoli dei dischi le recensioni fatte a suo tempo.



10. MIDLAKE - The courage of others


Un album questo che è cresciuto mooolto lentamente, come un acido che sembra non fare effetto e invece poi. Atmosfere rarefatte, gusto per la melodia e un'intrigante malinconia di fondo costituiscono i pilastri fondanti dell'opera. Lisergico.


9. M.I.A. – Maya


Il melting pot culturale che tanto spaventa la Lega è tutto freneticamente racchiuso qui dentro, nel terzo capitolo discografico di M.I.A. . In aggiunta continuano ad essere presenti nei testi (e nei video) le componenti di denuncia e rivolta sociale. Riot on a dance floor.



8.TOM PETTY & HEARTBREAKERS – Mojo

Un compendio a trent'anni di sodalizio. Rockblues certo, ma anche folk, psichedelia e refrain che strizzano l'occhio al pop. Their mojo 's working as well.


7. FABRI FIBRA – Controcultura


Chi apprezza il rap italiano (anche) mainstream non può ignorare il ritorno del Fibra. Rumoroso. Polemico. Srafottente. Ironico. Irriguardoso. Insensibile. A suo modo, politico. In questo ambito, imprescindibile.


6. ALEJANDRO ESCOVEDO – Street songs of love


Non so quante vite abbia Alejandro Escovedo. Emerge dal suo passato di artista new wave e post punk con un disco di classic rock, muscoli, sudore e poesia. Refrain potenti sostenuti congruamente da chitarra basso batteria ma anche intime slide guitar notturne. Passionale e ispirato.

continua


sabato 8 gennaio 2011

Album o' the week / Sepultura, Chaos A.D. (1993)


Chissà com'è che il primo, blasfemo, ricordo che ho di questo disco è la visione nitida di un gruppo di metal estremo composto da giovinastri di provincia che si esibiva ad uno sgangherato festival della birra nella bergamasca.

In totale assenza di pubblico, con giusto qualche sfigato seduto a debita distanza su sedie di plastica bianca a berre birra alla spina tiepida da bicchieri di plastica trasparenti appoggiati su appiccicosi tavoli di plastica rossa dell'Algida, concentrati nell'atto di rimuginare sull'ennesima serata finita male (io con gli amici storici), questi stoici personaggi sciorinavano come se fossero in un Hammersmith Odeon sold-out il loro repertorio rigorosamente cantato in growlin.

Quando arriva il momento delle cover attaccano Refuse/Resist e io improvisamente e contro ogni legge della natura resuscito dai miei tormenti e dò di gomito ai ragazzi, :-Oh! io questa la conosco, è dei Sepultura!- : Ricevendo come risposta una serie di smorfie di annoiato compatimento.

Quelli sul palco poi attaccheranno con una versione death di Jeeg Robot d'acciaio, per poi passare tra i tavoli a chiedere pareri sull'esibizione e a scroccare un pò di birra. Ma questa è un'altra storia.


Nonostante il tragico aggancio mnemonico, Chaos A.D. dei Sepultura resta a tutt'oggi un vibrantissimo e ben assestato cazzotto sul muso, oltre a contenere il succitato anthem Refuse/Resist, a delineare una nuova direzione nello stile della band brasiliana e del metal stesso (con le percussioni acustiche di Kaiowas si apre la strada al metal etnico e al successivo capolavoro Roots) e in ultima analisi a contenere la squisita ospitata dell'ex Dead Kennededys Jello Biafra (in Biotech is Godzilla).



M'è venuta lunga.

venerdì 7 gennaio 2011

If i had a hammer

E' stata fissata l'uscita ufficiale nelle sale americane per Thor, uno dei super-eroi (in realtà è un dio) Marvel che prediligo.
Vista l'ambientazione epica la produzione ha scelto Kenneth Branagh per la regia, sarà curioso vederlo alla prova in un genere così diverso dai suoi canonici.
Il dio del tuono è impersonato dal pressochè sconosciuto Chris Hemsworth, ma nel cast figurano anche le star Antony Hopkins (il colleroso padre Odino), Natalie Portman (la fidanzata storica della versione terrena di Thor) e Rene Russo (Frigga, la madre di Thor).

Posto qui sotto il trailer ufficiale. Si intravede Loki, fratellastro e nemesi eterna del biondo dio nordico (purtroppo senza il caratteristico elmo con le lunghe corna al centro), ma è verso la fine del promo, quando appare il Distruttore, che il cuore del Marvel fan ha un sobbalzo. Questo inarrestabile nemico è infatti identico alla versione dei fumetti che tanto ha terrorizzato la mia infanzia.
La cosa promette bene.

giovedì 6 gennaio 2011

Di rape e capelli


Un classico esempio di trasposizione Disney di una favola classica, con le inevitabili modifiche delle parti originali considerate meno glamour (perchè diavolo questa principessa si chiama come un ortaggio è un passaggio che hanno trascurato, mentre era lo spunto di partenza della fiaba dei Grimm) e il perfetto happy handing: esattamente quello che t'aspetti da un prodotto di questo tipo, ma con l'aggiunta di un tributo (che non ammetteranno mai) alla lezione dei cattivi/buoni di Shrek.



Altre considerazioni:

- la visione del film è stata in parte rovinata dalla perfida nipote acquisita che ha preso in giro per giorni Stefano perchè andava a vedere un film "da femmine". Secondo me faceva come la volpe con l'uva, siccome non vuole più raccoglierla perchè a dodici anni fa la superiore, alza le spalle e dice che è acerba.

- Accanto a me in sala c'erano due sorelle, una adolescente e l'altra di 7-8 anni. Nel punto più drammatico del film, verso la fine, quando il groppo nella mia gola aveva raggiunto le dimensioni di una papaya, la grande fa ai genitori, con tono canzonatorio : - guardate, Chiara piange, si è commossa -. E la piccola, con la voce rotta dalle lacrime: - Non è vero, è una bugia!. La cosa è andata avanti per un pò senza che i genitori intervenissero (erano probabilmente rassegnati a menate di quel tipo), tant'è che a un certo punto volevo alzarmi e dire alla provocatrice d'infanti: - Sì, Chiara sta piangendo,stracciacazzi di una guastafeste insensibile e sto piangendo anch'io, adesso puoi lasciarci ai nostri singhiozzi per cortesia?!?"
Purtroppo non l'ho fatto.

- A Stefano alla fine il film è piaciuto. Personaggio preferito: il piccolo camaleonte Pascal.

Direi che anche per le feste di quest'anno abbiamo dato. Attenzione però, a febbraio esce Yogi: the movie!!!

mercoledì 5 gennaio 2011

Trappole

Per ovvie ragioni d'età non potevo ricordarmene, ma la fase in cui i bambini cominciano a leggere è semplicemente spettacolare.

Stefano c'è dentro in pieno, mette alla prova questa sua nuova, eccitante, capacità sforzandosi di leggere qualunque cosa, dal nome dell'acqua sull'etichetta della bottiglia a tavola, alle scritte (sempre troppo veloci!) che appaiono durante i cartoni animati , ai titoli dei miei libri sullo scaffale, alle marche delle automobili per strada, ai nomi dei negozi.
Il gioco si fa pericoloso quando si passa alle scritte sui muri, lì la classica cantilena che a quell'età aiuta a legare insieme le parole viene impiegata per decifrare frasi tipo "E...LIIII...SAAAA VA....FFA...NCU.....LOOOOO." E' il trionfo: "Papà sul muro c'è scritto ELISA VAFFANCULO!".

In fondo anche la strada per la cultura è lastricata di insidiosissime trappole.

lunedì 3 gennaio 2011

A year in music / 4

Quelli di NME si candidano autorevolmente alla carica di chart più snob.

10. The Drums - The Drums
9. Liars - Sisterworld
8. Salem - King Night
7. Zola Jesus - Stridulum II
6. Foals - Total Life Forever
5. Laura Marling - I Speak Because I Can
4. LCD Soundsystem - This Is Happening


3. Beach House - Teen Dream
2. Arcade Fire - The Suburbs
1. These New Puritans - Hidden


domenica 2 gennaio 2011

He's too much for my stereo

Vedi cosa succede ad essere isolato dal web?
I quotidiani italiani mica l'avevano scritto che è morto Don Van Vliet alias Captain Beefheart, e adesso a me tocca il coccodrillo con quasi due settimane di ritardo. Roba da lasciare stecchito Mollica che invece non se ne perde uno.

Mentirei spudoratamente se dicessi che conosco a memoria tutti i suoi dischi, la centrifuga di Trout mask replica mi è abbastata per temere ulteriori sortite nella sua folle arte. Ai più distratti però (ammesso che esista al mondo gente più distratta di me) un ascolto non farebbe male, per capire che cazzo di precursore sia stato e per collocare i primi vagiti dello stile rumorista di Tom Waits proprio tra quei solchi antichi.

Ovunque si trovi , c'è puzza di reunion col suo vecchio amico e mentore. Un peccato perdersela.




sabato 1 gennaio 2011

Album o' the week / U2, Under a blood red sky (1983)


Lo ammetto, paraculeggio. Ho scelto questo amarcord per il primo dell'anno perchè contiene l'opportuna New year's day, tra l'altro in una versione che prediligo rispetto all'originale (su War).
Ad ogni modo questo EP dal vivo (che a suo tempo ho consumato) resta, a quasi trent'anni dalla sua uscita, l'unica testimonianza ufficiale dei live act degli U2.
Strano a dirsi infatti, ma la band dei mega tour iper tecnologici non ha mai più dato alle stampe un disco integralmente dal vivo (Rattle and hum è un ibrido). Per inciso, viste le setlist che ci propinerebbero oggi, è sicuramente meglio così.
Buon anno.

A year in music / 3

Come d'abitudine, Rolling Stone affianca alla classifica dei migliori album quelli dei singoli.

Top ten album

10. LCD Soundsystem, This Is Happening
9. Eminem, Recovery
8. Robert Plant, Band of Joy
7. Drake, Thank Me Later
6. Vampire Weekend, Contra
5. Jamey Johnson, The Guitar Song
4. Arcade Fire, The Suburbs


3. Elton John and Leon Russell, The Union
2. The Black Keys, Brothers
1. Kanye West, My Beautiful Dark Twisted Fantasy

Top ten singles

10. Kanye West feat. Jay-Z, Rick Ross, Nicki Minaj and Bon Iver, Monster
9. Broken Bells, The Ghost Inside
8. Janelle Monáe feat. Big Boi, Tightrope
7. Vampire Weekend, White Sky
6. Mavis Staples, You Are Not Alone
5. Arcade Fire, We Used to Wait
4. Katy Perry, Teenage Dream


3. Sade, Soldier of Love
2. Cee Lo Green, Fuck You
1. Kanye West feat. Pusha T, Runaway