sabato 30 aprile 2011

Album o' the week / Thin Lizzy, Live and dangerous (1978)



Un pò perchè Live and dangerous è unanimamente considerato uno dei dischi live più importanti di tutti i tempi. Un pò perchè riascoltandolo oggi riesci a cogliere i riferimenti: uno spettro che va da Van Morrison a Jimi Hendrix. Un pò perchè questa band poco citata è stata fonte d'ispirazione per bizzeffe di combo hard-rock a venire, ma anche per Bruce Springsteen (ascoltate Lynott cantare sussurrando e ditemi se non è lo Springsteen brufoloso degli inizi). Un pò anche per ricordarsi ancora una volta che brutta fine fa la gente di talento (ovviamente mi riferisco a Phil Lynott) quando prende troppo di tutto.

venerdì 29 aprile 2011

DePrimoMaggio (cit)

Apertura dei negozi il 1° Maggio: il no della Cgil

Ma tenere aperti i negozi di primo Maggio, nel giorno della festa dei lavoratori, non sarebbe un pò come distruggere l'unità d'Italia nel giorno delle celebrazioni dei suoi 150 anni?

Ah già. Hanno fatto pure quello.

giovedì 28 aprile 2011

Catalogami questo! / 9

Finalmente uno dei miei generi preferiti, una chicca assolutamente fuori moda solo per autentici dinosauri: l'AOR.

L'AOR (acronimo di album oriented rock o adult oriented rock, ma definito anche album rock), molto in voga a cavallo dei settanta/ottanta, l'AOR non è un genere musicale vero e proprio, bensì ne abbraccia diversi essendo essenzialmente un format radiofonico in cui venivano trasmessi determinati stili di rock dotati di un potenziale commerciale.

Ne facevano parte quindi, nei loro aspetti più accessibili, l'Hard-Rock/Heavy-Metal, il Rhythm and Blues, il Prog-Rock, il Rock-Blues e il Pop-Rock. Ovviamente molto vasto il ventaglio degli artisti che rientrano in questo perimetro, si va da Billy Joel ai Cheap Trick, dai Foreigner ai Doobie Brothers ai Toto ai Boston. Ma anche i Genesis post Gabriel, i Lynyrd Skynyrd, Michael Bolton e Journey.

mercoledì 27 aprile 2011

Allergiaaa!!!




Da bambino ero affetto da allergia. Non di tipo stagionale, come il classico raffeddore da pioppi, ma una reazione ad alcuni elementi domestici. Nei settanta la cosa era un pò meno comune di quanto lo sia adesso, perciò prima di capire come prenderla (i classici test allergologici che si fanno sull'avambraccio) ho dovuto girare un pò di medici e ospedali, finchè, trovato quello giusto, mi sono vaccinato e pur non guarendo l'ho tenuta sotto controllo.


Essendo queste patologie ereditarie ero abbastanza preparato al fatto che anche Stefano potesse soffrirne. Così puntualmente è stato. Ma, mentre a me,da bambino, nei momenti acuti venivano terribili attacchi d'asma, lui ha un problema stagionale (primavera/estate è il semestre assassino) che gli provoca una fastidiosissima congiuntivite. Le conseguenze oltre che fisiche sono anche...sociali, visto che uscire in questi giorni di piumini svolazzanti equivale ad un mezzo suicidio e perciò, nonostante le belle giornate, siamo costretti a ridurre drasticamente la permanenza all'aperto.


Non finisce qui purtroppo. Da un paio d'anni a questa parte ho cominciato a soffrire di rinite nei periodi di fioritura delle piante. Mi sembrava incredibile che alla mia età potessi sviluppare inedite forme di allergia e inoltre mi sembrava di avere già dato.

Il mio medico mi ha invece confermato che la cosa era più che possibile, e infatti, a test completati, ne ho avuta certezza. "Non c'è limite d'età per queste cose". Forte eh?


Quindi adesso io e Ste siamo entrambi acciaccati, lui con gli occhiali da sole anche a tavola che mi pare Giole Dix quando fa l'incazzato, io sepolto dentro una montagna di fazzoletti come una recente pubblicità televisiva di uno spray nasale. Ci dividiamo anche il rito serale dell'antistaminico: dieci gocce lui, venti io.


Non ne sono sicuro, ma credo che non fosse esattamente questo che avevo in mente quando pensavo a condividere più cose possibili con mio figlio...






martedì 26 aprile 2011

If it makes you happy (It can't be that bad)


Foo Fighters, Wasting light


RCA Records (2011)






Il qui presente diversamente giovane, titolare nonchè responsabile unico del blog, sa benissimo di avere un debole per i dischi di rock duro ben fatti, con tutti i suoni a posto, i ritornelli che sgasano come Harley in calore (cit) che riescono a conciliare la durezza dei suoni con la più subdola delle accessibilità.


Sa anche, l'ascoltatore compusivo di rock and roll che firma i post di questo spazio, che Wasting light non ha pretesa di essere, ne sarà mai, una pietra miliare della musica. Però, diamine, se il numero di ascolti potesse determinare il giudizio su di un album, questo dei Foo Fighters schizzerebbe come uno sputnik nell'orbita dei migliori dell'anno.

Più probabilmente finirà invece come una sbandata pompata dal testosterone primaverile, un'infatuazione stagionale, anche se di quelle toste.


Le chitarre di Rope che rimbalzano ognuna su di un padiglione diverso delle cuffie, left e right, right e left, come fossimo in pieno trip da fine del mono e inizio diffusione della modalità stereo, ti si ripropongono ogni qual volta c'è un momento di silenzio, così come Bridge burning, che apre il disco, d'altro canto.

Nelle ultime ore le preferenze sui singoli pezzi vanno magari ad Alandria e Back & forth, ma insomma l'opera nella sua totalità è coesa e compatta come una squadra che lotta per la champions, nella quale ognuno fa il massimo per raggiungere l'obittiettivo. Non hanno il timore di rallentare (Dear Rosemary, I should have know) ne di accelerare fino a toccare con la punta delle dita il soffitto dello scream (White limo). Il tutto sempre mooolto furbescamente, senza diventare mai prodotto di nicchia, ma restando nella larga carreggiata del mainstream di genere. Sarà anche stato concepito in un vecchio garage,ma a mio avviso grande è stato il lavoro in fase di produzione (da parte di Butch Vig).





Il Monty lo sa bene che Wasting light dà felicità effimera,che è un disco oggetto da sfruttare finchè ce n'è e poi da accantonare senza ritegno, un long drink nuovo, costruito con ingredienti noti, da bere tutto d'un fiato fino a che la cannuccia non fa fssscccc.

Certo che lo sa, ma mentre alza di cinque tacche il volume su Alandria, non gliene potrebbe fregare di meno.



lunedì 25 aprile 2011

Almeno qui...



Il 19 aprile 1945, mentre gli Alleati dilagavano nella valle del Po, i partigiani su ordine del Comitato di Liberazione Nazionale (CLN) diedero il via all'insurrezione generale. Dalle montagne, i partigiani confluirono verso i centri urbani del Nord Italia, occupando fabbriche, prefetture e caserme. Nelle fabbriche occupate venne dato l'ordine di proteggere i macchinari dalla distruzione. Le sedi dei quotidiani furono usate per stampare i giornali clandestini dei partiti che componevano il CLN.

Mentre avveniva ciò, le formazioni fasciste si sbandavano e le truppe tedesche allo sfacelo battevano in ritirata. Si consumava il disfacimento delle truppe nazifasciste, che davano segni di cedimento già dall'inizio del 1945 e i cui vertici si preparavano alla resa agli Alleati.

La mattina del 14 aprile, in un'Imola che sembrava deserta, entrò per primo l'87º Reggimento Fanteria del Gruppo di Combattimento "Friuli" a cui, però, fu subito comandato di dirigersi verso Bologna. Poco dopo giunse la divisione Carpatica polacca, comandata dal generale Wladyslaw Anders insieme ai soldati del Gruppo di Combattimento "Legnano", che furono accolti dagli imolesi che, nel frattempo, erano usciti dai loro rifugi. Ancora la mattina del 21 aprile, fu il "Friuli" ad entrare per primo a Bologna, passando per la Porta Maggiore, nel tripudio dei bolognesi. In giornata giunsero anche i polacchi, il "Legnano" e altri gruppi. Gli americani liberarono Modena il 22 aprile, Reggio Emilia il 24 e Parma il 25. Il 24 aprile, a Genova, inizia l'insurrezione, che porterà il generale tedesco Günther Meinhold ad arrendersi formalmente al CLN ligure il 25 aprile.

Milano e Torino furono liberate il 25 aprile: questa data è stata assunta quale giornata simbolica della liberazione di tutta l'Italia dal regime nazifascista e, denominata Festa della Liberazione, viene commemorata annualmente in tutte le città italiane.






P.S. Mi sono scritto questo promemoria perchè il 25 aprile non fosse solo la gita fuori porta di pasquetta, il matrimonio di William e Kate, le interviste ai bambini in merito a cosa volevano trovare nell'uovo (ieri) e cosa invece hanno trovato davvero (oggi) e i collegamenti con le autostrade, come invece accade in almeno cinque TG nazionali su sei.

domenica 24 aprile 2011

Album o' the week / Patti Smith, Easter (1978)




Scusate, non ho resistito.




P.S. Scherzi a parte, io adoro davvero questo disco: Rock n' roll nigger; Space monkey; High on rebellion;Ghost dance e, beh, Because the night.


Vedete un pò voi.

venerdì 22 aprile 2011

Brand


R.E.M., Collapse into now

Warner, 2011



E' chiaro che qui il rischio è quello dell'autoplagio, dell' autoreferenzialità. Del resto non c'è nessuna ragione artistica o di urgenza comunicativa che può spingere i REM (e con loro decine di altri gruppi), nel 2011, a creare nuova musica. Quello che dovevano dare, nel bene e nel male, l'hanno dato. Nel contempo si è esaurita anche la fase della sperimentazione, delle contaminazioni. La band che abbiamo oggi diffonde il suo suono come fosse l'inconfondibile brand di una casa di moda. Un rossovalentino, teh.


Ecco in poche righe quello che penso di Collapse into now. Ma non è una stroncatura, intendiamoci, perchè l'altro pezzo del ragionamento è legato alla bontà delle composizioni, che in questo caso trovo invece sia abbastanza presente.

I pezzi ci sono insomma,e lo dimostrano da subito. All the best è un rocchenroll divertente e speriamo non troppo effimero, Uberlin, il primo singolo riprende atmosfere di tempi andati, diciamo quelle di Automatic for the people e/o di Man on the moon, tenendo botta e senza cadere nel patetico.

Lo stesso fa la ballatona Oh my heart, irresistibilmente piaciona.

Poi ci sono i cameo, le ospitate. Un pò nascosta quella di Eddie Vedder che gorgheggia in It happened today. Bella come il sole invece la rimpatraiata di Patti Smith che dopo il contributo di New adventures in HI-FI torna nella conclusiva Blue.



Collapse into now è in definitva un disco onesto, che non piglia per il culo e che ti dà esattamente quello che oggi è nelle possibilità della band di Buck e Stipe, niente di più, niente di meno. Decidete voi se ne vale la pena.


P.S. Qualcosa di veramente indecente c'è. La cover sembra quella di un approssimativo bootleg dell'era pre interniettiana.




giovedì 21 aprile 2011

Mas que nada



Confezionato in maniera impeccabile nella forma , nelle panoramiche e nei dettagli della città di Rio de Janeiro, ovviamente coloratissimo, il nuovo film BluSky/20th Century Fox presenta qualche limite in termini di efficacia dei personaggi, non tutti riuscitissimi e di trama. Se anche Stefano a tre quarti di proiezione riesce a suggerirmi in anticipo gli sviluppi della storia, vuol dire proprio che siamo sotto il livello minimo di imprevedibilità.

Sarebbe curioso infine conoscere le reazioni del Brasile a questo film, visto che gli umani del posto sono caratterizzati come delinquenti, ladruncoli, inetti e debosciati.

I peggiori stereotipi insomma del brasiliano da cartolina.

mercoledì 20 aprile 2011

No matter how I struggle and strive


Steve Earle, I'll never get out of this world alive

New West Records, 2011


La sofferenza è il miglior combustibile per gli artisti veri? Secondo me sì e Steve Earle è una delle prove viventi più efficaci di questo assioma.

La sua carriera parla chiaro. La prima parte (1985/1990) è quella dei maggiori successi, che lo celebra prima come grande promessa del country-rock americano per poi consacrarlo artista affermato.
Ma è dalla spirale di tossicodipendenza nella quale precipita durante quegli anni, non facendosi mancare nemmeno scontri con le forze dell'ordine ( che lui ricorda come "ah sì, ho colpito con la testa il manganello del poliziotto") e periodo di detenzione, che Steve produce i suoi lavori migliori (1995/2002 dall'unplugged Train a comin' a The revolution starts now). Geniali, imprevedibili,indipendenti,liberi di contaminare il country-rock delle origini con il blues, il rock distorto, il reggae, persino il punk-rock.

Successivamente Steve trova un (fin qui) stabile equilibrio affettivo, si trasferisce a New York e comincia produrre dischi paradossalmente (visto il coacervo di influenze rappresentato dalla grande mela) meno contaminati e più intimisti, improntati cioè ad un folk-blues con poche variazioni. Washington Square Serenade(2007) è il primo episodio della terza parte della carriera del 57enne musicista della Virginia, Townes (2009) il tributo al fratello di strada Van Zandt.


I'll never get out of this world alive (citazione di un noto pezzo di Hank Williams, l'album però non contiene il brano) esce in questi giorni e segue il canovaccio della recente vita artistica di Earle. Undici brani in tutto, meno di quaranta minuti di durata. Waitin' on the sky, la traccia che apre il lavoro, è tra le migliori, incedere imperioso, testo coinvolgente, ritornello di quelli che mi mandano al manicomio tanto mi si stampa in testa.

Gulf of Mexico e Molly-O aprono alla ballata irlandese (sopratutto la seconda), evocando atmosfere suggestive che accompagnano testi ispirati, mentre Meet me in the alleway è un blues alla Tom Waits, voce filtrata col distorsore, armonica e fitto tappeto di percussioni a tirare la carretta. L'intensa ballata Heaven or hell vede l'ormai consueta partecipazione come seconda voce della moglie di Steve, la folksinger Allison Moorer. Il disco recupera anche alcune loose tracks, che l'artista aveva in parte regalato ad altri (è il caso di God is God e I am a wanderer incise da Joan Baez nel suo disco del 2008 prodotto proprio da Earle), scritte per il cinema (Lonely are the free, dal film Leaves of grass di Tim Blake Nelson con Norton e De Vito) o per i serial televisivi (This city, per Treme, tf ambientato nella New Orleans post uragano). Alla fine i brani incisi apposta per il disco sono sette, di cui almeno quattro, i primi in ordine di tracklist, di ottimo livello. Anche la vena politica (Steve si definisce un socialista americano) continua ad essere presente, sebbene con un taglio più orientato al sociale.


I'll never get out of this world alive è in conclusione un buon disco che però ha il limite di essere qualitativamente discontinuo, con la prima metà del disco davvero eccellente mentre la seconda più canonica e prevedibile. Oltre a questo, l'opera aggiunge poco a quanto già sapevamo sulla cifra stilistica di Steve Earle.

Visto il contesto ci accontentiamo, con Steve anche viaggiare col pilota automatico garantisce una buona crociera.

Certo, una sferzata non farebbe male, ma voglio troppo bene a quest'uomo per augurargli che arrivi a ruota di altri traumi.

Per adesso, bene così.




P.S. Il titolo del post è un passaggio del brano di Hank Williams che dà il titolo al disco

martedì 19 aprile 2011

Vi sorrido mentre affogo (cit)

Sarà stato anche uno dei più grandi comunicatori della politica italiana, perchè glielo riconoscono un pò tutti gli esperti del settore, sta di fatto però che da quasi vent'anni a questa parte, ogni qual volta si presenta una tornata elettorale gli argomenti urlati sono sempre i medesimi. Lo spettro del comunismo e la minaccia alla democrazia rappresentata dalla magistratura. L'attacco a Fini è solo una prevedibile variazione sul canovaccio, l'inedito del greatest hits.


Ma ci pensate a come devono girargli a Bersani, che l'hanno rimandato a scuola d'immagine e di comunicazione, che deve sforzarsi di non parlare come mangia, che frequenta ripetizioni serali di simpatia, che ogni volta deve mediare con duecento alleati prima di poter decidere quali opinioni può esprimere, di fronte a quello lì che sale sul palco, apre tutto il campionario delle minchiate più trite e magari, anche stavolta, alla fine gliela fa.

Adesso capite perchè Bersani ha sempre quella faccia appesa? Provateci voi a sorridere mentre affogate nella bile.

lunedì 18 aprile 2011

MFT, aprile 2011

ASCOLTI / Steve Earle, I'll never get out of this world alive Foo Fighters, Wasting light Fleet Foxes, Helplessess blues Davide Van De Sfroos, Yanez Arson Anthem, Insecurity notoriety Morbid Angel, Blessed are the sick Hayes Carll, Kmag Yoyo Caparezza, Il sogno eretico John Mellencamp, No better than this R.E.M. , Collapse into now.
VISIONI / Boris, stagione 3 Dexter, stagione 5 Sons of Anarchy, stagione 3

sabato 16 aprile 2011

Album o' the week / Entombed, Left hand path (1990)


L'elemento positivo nell'arrivare lunghi sui fenomeni musicali è che almeno puoi scegliere tra dischi che hanno resistito all'usura del tempo e si sono ritagliati una solida posizione di riguardo.
Come dicevo qualche post più sotto, mi sto facendo una (sotto)cultura in ambito black e death metal. Tra i masterpiece che non mancano da nessuna classifica di genere c'è l'esordio degli svedesi Entombed, Left hand path del 1990. Attacchi feroci, chitarre che corrono come fulmini, voce abrasiva. Ma qua e la anche sottolineature con le tastiere, improvvisi rallentamenti (Morbid devourment) e digressioni malinconiche (Carnal leftlovers). Poi beh, la titletrack è una pietra miliare del genere.

venerdì 15 aprile 2011

On the record

Sul sito di XL di Repubblica c'è una videointervista a Caparezza che racconta, analizzando brano per brano, il suo disco "Il sogno eretico".

giovedì 14 aprile 2011

Stalking

Non è solo l'aver tagliato i fondi, licenziato decine di migliaia di insegnanti, ridotto le ore, tolto il sostegno a molti bambini disabili, favorito le strutture private e cattoliche.

Se disturbano anche genitori e insegnati che si inventano meccanismi fantasiosi per reperire soldi necessari al funzionamento delle classi, e se, dopo otto anni di governo Berlusconi (brevemente interrotti da qualche mese di centrosinistra) una parlamentare del PDL che in genere si segnala solo per il look fetish ancora ci scassa la uallera sui libri di testo comunisti, quella della Gelmini (vabbeh dai, di Tremonti) e del governo tutto verso la scuola non è solo un'operazione di bilancio, ma una vera ossessione, una patologia compulsiva, una reiterata azione persecutoria.

Stalking, ecco è stalking.

mercoledì 13 aprile 2011

Catalogami questo! / 8

Torniamo per un attimo a quell'immenso bacino di stili e influenza che è il metal. Il capitolo odierno verte su due generi nei quali mi sto immergendo proprio in questo periodo. Generi estremi molto noti, che i profani (come me) tendono a confondere tra loro, ma che hanno profili abbastanza distinti. Il black e il death metal.


Le differenze sostanziali sono che, mentre il black tratta principalmente tematiche spesso vicine a satanismo e anticristo nonchè fatti di cronaca che vedono protagonisti i suoi componenti, come omicidi, suicidi e vandalismi contro luoghi cristiani, il death (come dice la parola stessa, in italiano "morte") è solito narrare argomenti come morte, dolore e sofferenza.


I canoni che caratterizzano musicalmente il black metal sono essenzialmente la voce in scream; l'uso massiccio della doppia cassa unitamente a tecniche tipiche del grindcore e del death metal come il blast beat (che permette alte velocità di esecuzione) nelle parti di batteria; il ruolo subordinato del basso; la forte distorsione delle chitarre, e l'uso frequente di tremolo picking e sovente di arpeggi o accordi pieni in distorsione. Norvegia e Svezia sono un pò le patrie indiscusse del black metal, i suoi protagonisti sono spesso figure controverse, non si sa se per strategia commerciale o per convinzione, spesso accusate di nazismo, violenze, gravi atti di vandalismo, fino all'omcidio, come per il celeberimo caso di Varg Vikernes, aka Burzum, di recente uscito dal carcere dopo un lungo periodo detentivo causato dall'omicidio del suo manager. Le band più rappresentative rispondono al nome di Emperor, Immortal, Mayhem, Burzum, Darkthrone, Satyricon, Dimmu Borgir. Alcune derivazioni del genere sono il blackened, l'ambient, il simphonic e il depressive. La lunga scheda su wiki.

Il death metal, posta l'influenza primaria di gruppi trash come Slayer e Kreator, vede tra gli interpreti storici i Celtic Frost, i Possessed. Le sue peculiarità sono ritmiche veloci, bruschi cambi di tempo, testi morbosi e voci gutturali. La struttura musicale del death metal può variare dal semplice e brutale fino al complesso e raffinato. La chitarra presenta un suono ancor più distorto rispetto al passato e tonalità molto più basse rispetto al thrash e al classico metal. Tecniche chitarristiche sovente usate sono il palm muting, il tremolo picking e scale velocissime spesso arricchite con armonici e tapping. Anche la batteria gioca un ruolo molto importante. D'obbligo l'uso della doppia cassa, spesso usata per creare un possente "muro sonoro" ma viene anche impiegata per creare intricate diteggiature e abbellimenti come flam e colpi raddoppiati. (...).


(...)Ci sono numerose teorie riguardanti l'origine del termine "death metal". Certe fonti sostengono che fu un giornalista floridiano ad inventare il nome per identificare il genere suonato dai Death, chiamandolo "Deaths Metal". Altri sostengono che i Possessed coniarono questo nome con il loro primo demo chiamato proprio Death Metal (1984) e la canzone omonima è inserita nel disco Seven Churches. Altri ritengono che esso derivi dal nome di una fanzine chiamata "Death Metal" di Thomas Fischer e Martin Ain degli Hellhammer (entrambi futuri membri dei Celtic Frost). Un'altra ipotesi è che la derivazione di questo nome provenga da una demo dei Death intitolata Death by Metal (1983), pubblicata quando ancora si chiamavano "Mantas". Ugualmente ai Possessed, anche gli Onslaught nel loro primo album Power From Hell del 1985, è presente una traccia intitolata Death Metal.

Patria riconosciuta del death è la Florida, da lì arrivano gruppi seminali come Morbid Angel, Deicide e Obituary, mentre dal resto degli States e dal Canada arriva la progenie Cannibal Corpse e dal nord Europa gli Entombed, At the gates, Dark Tranquillity, In flames, Opeth.Per la Gran Bretagna impossibile non citare almeno i Carcass e i Napalm Death.

Anche in questo caso diverse sono le evoluzioni del genere, si parla di prefissi quali melodic, technical, brutal, doom. Sheda completa wiki.

martedì 12 aprile 2011

Il posto dell'anima (de li mortacci...)

C'è un luogo fuori dal tempo e dallo spazio, dove non esistono regole. Dove ogni convenzione è annullata. Dove le differenze sociali si cancellano. Dove tutti regrediscono allo stato primitivo. In questo luogo si rutta, non ci si cura dei miasmi corporei, ci si vanta della propria potenza sessuale, si fanno doppi sensi da scuole medie, si minacciano copulazioni con le fidanzate, le mogli, le sorelle altrui (le mamme quelle no, non fosse altro per ragioni anagrafiche), si ride come ragazzini alle battute sessiste/maschiliste/razziste più becere che in altri ambiti e contesti ci farebbero storcere il naso. Senza pudore, senza decenza, senza limiti . Questo luogo è lo spogliatoio del calcetto.

E non fate di no con la testa pensando "ma che razza di gente frequenti?", nel profondo dell'anima lo sapete bene che è così.

lunedì 11 aprile 2011

Burn down the house




Caparezza, Il sogno eretico

Universal, 2011



La potenza alla quale ci ha abituati c'è sempre tutta, stavolta però Caparezza perde un pò di auto controllo, lasciando che le sue inarrestabili rime fungano da sfogo anche ai suoi personalissimi pruriti. Capita così che Chi se ne frega della musica, la prima traccia (in realtà è la tre, dopo due brevi prologhi/skit), sia un un pò un riassunto degli anni trascorsi (tre) dall'uscita del precedente Le dimensioni del mio caos e questo Il sogno eretico. Tra un'analisi del panorama musicale italiano e del suo ruolo in questo ambito, Michele piazza subito più di un uppercut vincente, lasciando intendere che è tornato (se possibile) ancora più incazzato del passato. Sensazione che darà anche sparando a zero con Cose che non capisco.


Non so se nella discografia moderna tre anni tra un disco e l'altro siano troppi, quello di cui sono certo è che per comporre questi incredibili puzzle che sono i testi di Capa, a me non ne basterebbero venti, di anni. Riferimenti e citazioni a centinaia, alcuni li intercetti subito, per altri ti servono più ascolti, alcuni sono "bassi" (la tv anni 80, Arnold e Mazinga Z) altri invece "alti" , come Galileo Galilei e Giovanna D'Arco che irrompono subito nella tracklist con la loro intelligente critica anticlericale così come farà più avanti Messa in moto.


La macchina è rodata, ma stupisce sempre il livello qualitativo dei testi, non c'è una rima buttata lì, sbagliata o superficiale. Le alliterazioni, i giochi di parole, i sensi rovesciati delle frasi sono sempre ben a fuoco, davvero micidiali. Paradossalmente il primo singolo, Goodbye malinconia, è forse il pezzo più debole del disco, nonostante abbia un gancio formidabile e il featuring ben sfruttato di Tony Hadley.


La marchetta di Popolino è però classe superiore, una fotografia dell'italico popolo più veritera delle analisdi ISTAT. Kevin Spacey lo può scrivere solo una mente malata, visto che spoilera i finali di decine di film (in un caso, quello di Shutter Island il film me lo rovina davvero, visto che non l'ho ancora visto!) e Legalize the premier (featuring Alborosie) beh, è geniale, impossibile aggiungere altro. In chiusura il j'accuse di Non siete Stato voi e l'epilogo, in uno stile che mi ricorda qualcosa degli Elii, di Ti sorrido mentre affogo.


Analogamente al passato, il disco cresce progressivamente, all'inizio si fanno apprezzare un lotto di pezzi, poi, inarrestabile, il gradimento si allarga a tutto l'album, senza esclusione alcuna.

Caparezza continua a "non capire" e a "farsi troppi problemi". E meno male, cazzo. In Italia non sono rimasti in molti a farlo.


domenica 10 aprile 2011

It's a dog's job


Stefano adora Leone cane fifone. Io lo trovo inquietante.

Il cartone animato ha come protagonisti un piccolo cane rosa e i suoi padroni, gli anziani bifolchi Giustino, scontroso e intrattabile, e Marilù dolce e ingenua.

Tutti vivono in una catapecchia nel mezzo del Kansas (la casa più che ricordarmi Il mago di Oz mi sembra quella del massacro raccontato da Capote in A sangue freddo) , in un immaginario paese chiamato in originale Nowhere (complimenti agli autori).


Alla famigliola ne accadono di tutti i colori, sotto forma di alieni rivoltanti, sette assassine, psicopatici (la puntata in cui si presenta un nipote di decimo grado che si diverte a tosare a zero qualunque cosa abbia peli o capelli abbondanti è veramente agghiacciante), e a farne le spese è in genere proprio Leone, che viene regolarmente rapito, gonfiato di botte, torturato, scuoiato, ridotto a brandelli.


Curioso come io abbia una percezione "oscura" di questo cartone, mentre Stefano colga l'aspetto surrealisticamente divertente.

Ogni tanto gli faccio: - a me sto cartone fa paura, a te no? - lui mi guarda con un sopracciglio all'insù, armato della certezza assoluta che lo stia prendendo in giro.




giovedì 7 aprile 2011

Messin' with the soul



Black Joe Lewis and the Honeybears

Scandalous

Lost Higway, 2011



Arrivano dal Texas, una delle scene musicali attualmente più prolifiche, anche Black Joe Lewis and the Honeybears.
Sono al secondo album (più un EP) e la loro è un'incredibile miscela esplosiva a base di soul, funk, blues, blaxpotation. Le radici sono quelle dei grandi padri della musica americana dell'anima, Sam Cooke, Otis Redding, e James Brown. La cifra stilistica predominante è quindi il soul veloce, ballabile, con i fiati sugli scudi e le sezioni ritmiche che spaccano, ma le digressioni si spingono anche verso Bo Diddley (Mustang Ranch) e nei territori di bluesmen quali Muddy Waters e Howlin' Wolf (Messin'; I'm gonna leave you e Jesus took my hand).

Quella di Black Joe Lewis è pertanto un'operazione mirata a rivitalizzare attraverso l'unico modo credibile, cioè la contaminazione, un genere che continua ad avere proseliti tra il pubblico, ma, non solo per ragioni generazionali, sempre meno interpreti credibili.

mercoledì 6 aprile 2011

Catalogami questo! / 7

Parente di primo grado dello psychobilly, il cowpunk nasce in California nei primi ottanta e miscela elementi di punk (inteso come sound e attitudine) con country, folk e blues. La prima ondata di questo genere annovera diversi artisti, anche molto diversi fra loro. Si va infatti dai grandissimi Beat Farmers agli epocali X. Dagli straordinari Los Lobos ai seminali Cramps. Dagli effimeri Lone Justice ai Wall of voodoo.

Interpreti più significativi della seconda ondata rispondono al nome di Hank III, Supersuckers, Th’ Legendary Shack Shakers, Nashville Pussy e Meat Puppets.

lunedì 4 aprile 2011

No!

Dopo un pò ho maturato la consapevolezza che molti datori di lavoro rifiutano le richieste dei propri dipendenti semplicemente per il sadico gusto di farlo. Prendiamo ad esempio l'orario di lavoro, elemento determinante, soprattutto per i turnisti, per la gestione della vita privata e della famiglia. Bene, nel corso degli anni ho visto negare ai lavoratori sia richieste di passaggi a part-time (perchè non possiamo ridurre la Sua prestazione) sia di incremento di orario, fino al full-time (perchè, sa, la crisi...).


Anche le motivazioni ai rifiuti sono spettacolari. L'ultima che mi è capitata è una lavoratrice appena diventata mamma, che, abitando a 50km dal posto di lavoro ha chiesto il tempo parziale per poter accudire il pargolo. L'azienda gliel'ha negato perchè nel suo ufficio potrebbero verificarsi clamorose pandemie come "ulteriori gravidanze" ed "eventuali influenze".

La lettera ca va sans dir, è finita dritta all'Ispettorato.


E che cazzo, anche al divertimento c'è un limite...

sabato 2 aprile 2011

Album o' the week / Children of Bodom, Skeletons in the closet (2008)

Divertente disco di cover dei metallari finnici Children of Bodom. Per i fan dei Creedence Clearwater Revival varrebbe la pena prestargli attenzione solo per la strepitosa cover di Lookin' out my backdoor posta in apertura:poderoso heavy-metal con break di banjo. Sublime.

Ben riuscite anche Somebody put something in my drinks dei Ramones, Don't stop at the top degli Scorpions, Just dropped in di Kenny Rogers (insieme al pezzo dei Creedence nel film Il grande Lebowski) e Hellion dei WASP. Sono riproposti anche brani di Sepultura, Iron Maiden,Slayer e Poison.



Troppo identica all'originale è invece Rebel Yell di Billy Idol, mentre è letteralmente irresistibile Oops!...I did it again di Britney Spears che chiude l'album. Questa traccia, insieme alla ghost track Waiting (di King Diamond) sono molto apprezzate anche da Stefano.

venerdì 1 aprile 2011

Communication breakdown

Mi hanno insegnato che la prima regola della comunicazione è l'ascolto. Senza ascolto non può esistere comunicazione. Beh, allora è tutto chiaro. E' per questo che esistono tutti sti casini, a partire dai rapporti interpersonali per finire a quelli planetari. Non ci si ascolta. Sembra banale ma è un problema mica da ridere essere programmati solo per la sorgente in uscita e non anche per quella in entrata.


Lasciando perdere per pudore le vicende personali, questa dinamica si verifica continuamente nel quotidiano. Parlando ogni giorno con decine di persone diverse che mi espongono i loro problemi o chiedono spiegazioni su qualunque tema del perimetro lavorativo, laddove la risposta è un pò più articolata di un sì o un no, dopo tre secondi di spiegazione in molti son già lì ad parlarti sopra.

Merda, dillo se è un monologo quello che cerchi, almeno mi metto comodo con una bibita e magari mi fai anche divertire per un minuto o due.


Il paradosso è che, ne sono convinto, quando mettono giù il telefono o tornano dai loro colleghi diranno quasi certamente: "oh, ma questi non sanno mai un cazzo eh".