martedì 31 maggio 2011

PIIII-PI-PI-PII-SA-PIAAAAA!!!

Pisapia trionfa a Milano, il centrodestra perde il comune dopo diciotto anni di governo. Il nuovo tormentone, promosso da Radiopop, è "PIIII-PI-PI-PII-SA-PIAAAA" sulle note di Seven nation army dei White Stripes.





P.S. Volevo togliere le mani da dove le ho tenute per due settimane, ma dopo l'anatema molto istituzionale di Berlusconi, mi sa che ce le tengo ancora un pò. Non si sa mai...

Saxon: hungry years 1979/1984



Non c'è niente da fare,ancora oggi, superata la boa dei quaranta, sono i vecchi dischi di heavy metal a scaraventarmi, come un tuffo da una scogliera, dritto nel mare più profondo della musica che mi eccitava da ragazzo. A sto giro tocca ai Saxon che sono tornati a monopolizzare i miei ascolti a partire dal momento in cui ho rimesso in circolo, a oltre cinque lustri di distanza dall'ultima volta, Denim and leather.




Ci fosse qualcono che non li conosce, i Saxon sono, insieme agli Iron Maiden, Motorhead,Judas Priest ed altri, una delle formazioni di punta della New Wave of British Heavy Metal. Tra i membri storici della band, Biff Byford (voce), Paul Quinn (chitarra), David Ward (batteria), Steve Dawson (basso), e Graham Oliver (chitarra), solo i primi due fanno ancora parte della formazione attuale della band.




Il debutto è del 1979, con l'album che porta il nome del gruppo. Il disco documenta un'attitudine più ad un rock veloce che al punk ma lascia intravedere il potenziale della band e contiene almeno tre pezzi (Backs to the wall, Stallions of the higway e Big teaser) che hanno un loro perchè.




L'anno dopo gli inglesi fanno il botto. Nel giro di pochi mesi escono infatti due dischi, Wheels of steel e Strong arm of the law che pongono le fondamenta della loro affermazione grazie a brani come Motorcycle man, 747 (Strangers in the night), Machine gun, Wheels of steel, Suzie hold on, Heavy metal thunder, Dallas 1 pm e 20.000 ft. che permettono al combo di raggiungere i loro migliori risultati commerciali (entrambi furono dischi d'oro) in UK.





Ma è con i successivi due lavori che a mio avviso i Saxon raggiunsero il loro apice creativo. Il primo(1981) è Denim and leather che è, in prospettiva, praticamente un greatest hits fatto di pezzi inediti visto che contiene i più noti anthem della band: Princess of the night, And the bands played on, Never surrender, Play it loud, la title track. In pratica un manifesto dell'heavy metal, con un suono (ovviamente) strutturato sulle chitarre che ricamano a ripetizione riff blues accelerati o strutture boogie (non così lontane dai parenti australiani AC/DC).




Dopo aver pubblicato quattro album in due anni ed essere stati sempre in tour, la band si prende una piccola pausa di riflessione. Nel 1982 esce la testimonianza live The eagle has landed (di cui scriverò perchè è stata la mia iniziazione al metal) e l'anno dopo è la volta del nuovo lavoro di studio: Power and the glory.


Ebbene, riascoltata oggi è questa probabilmente la loro opera più compiuta. La produzione riesce a conciliare un'ottima pulizia del suono con una potenza di fuoco ragguardevole. La sezione ritmica non è mai stata così esaltata prima, e i primi tre pezzi del disco sono forse quelli più potenti di sempre nella storia dei Saxon. La title track, Redline e Warrior lasciano letteralmente senza fiato, così come This town rocks, più avanti. Ma parlavo di lavoro più compiuto perchè, a differenza dei suoi predecessori,con Power and the glory Biff e soci tentano di ampliare i loro orizzonti sonori. Per la prima volta spazio quindi ad una ballad, la convincente Nightmare (con la quale furono ospiti anche a Sanremo in un'esibizione che a rivederla oggi fa sorridere) e alla melodia di Watching the sky. Ma anche alla conclusiva The eagle has landed dal suo lunghissimo intro strumentale in odore di Pink Floyd. Un disco della Madonna, credetemi.





Ma anche l'inizio della fine. Perchè il diversificare il sound ha fatto probabilmente credere ai ragazzi di poter tentare il grande salto commerciale e li ha portati ad elaborare e realizzare una schifezza indecente come Crusader che pure ha venduto, ma che ha compromesso la loro credibilità tra i fan del metal. Tolta la title-track che si salva dal naufragio generale, infatti, il tentativo è quello di sfondare nel pop-metal (o glam-metal o hair-metal che dir si voglia), genere allora in fortissima ascesa, ma evidentemente non nelle corde dei Saxon. Ne deriva un lavoro inascoltabile, insincero, maldestro. Run for your lives, il pezzo conclusivo del disco è probabilmente la traccia di ambito metal più brutta che sia mai stata incisa nella storia di questa musica (vi dico solo che ad un certo punto ci sono cori da stadio campionati che fanno aleee-oooo manco fosse un disco di Baglioni).











Oggi,quasi trent'anni dopo, la band è ancora in giro, ha appena pubblicato un album (Call to arms) e di recente è passata anche dall'Italia per promuoverlo. E' entrata nel novero delle band metal storiche alle quali però i ragazzi chiedono sempre gli stessi pezzi. Quelli degli inizi. Considerato che parliamo di quattro album sui diciannove complessivamente pubblicati, non si può certo parlare di una carriera straordinaria. Ma di musica che scalda il cuore di un vecchio dinosauro, quello si, dai.




lunedì 30 maggio 2011

Anarchy inc. / Season 3







La cosa in fondo è piuttosto semplice. Finche c'è una storia ben scritta, finchè ci sono ritmo,tensione,l'opportuna dose di violenza, è più facile superare ogni perplessità riguardo situazioni chiaramente inverosimili. Come quelle di una piccola città della California gestita da interi lustri da una banda di motociclisti, oggi in buona parte cinquantenni arrapati, panzoni e con l'artrite, che agiscono neanche fossero gli ultimi cowboy americani custodi dei valori dei padri fondatori (sopraffazione e armi da fuoco, che altro?).




La faccenda si complica quando l'ispirazione degli autori cala, si ricorre a meccanismi narrativi tipici delle soap e si allunga il brodo in maniera indecorosa per arrivare a tredici puntate, laddove ci sono idee a malapena sufficienti a coprirne la metà. La terza stagione di Sons of Anarchy potrei limitarmi a commentarla così. Con le vicende che precedono la partenza del club per Belfast che allungano il brodo in misura davvero irritante.



Non vorrei passare per un fan integralista alla Cathy Bates/Annie Wilkes di Misery non deve morire, ma lo scarto qualitativo tra la seconda stagione e l'avvio della terza mi pare fragoroso. Troppe le incongruenze, eccessivo lo spazio dato alle storie di contorno (tutta la parte di Gemma fuggiasca, il padre e la badante sexy, Tig trasformato in macchietta, i cadaveri come se piovesse), la vicenda di Abel ( il figlio di Jacks) , la dirigente dell'ospedale col passato fricchettone: tutta roba che ha indebolito molto la credibilità della storia. Si può dire che l'unico elemento divertente della prima parte della stagione sia il cameo di Stephen King, nei panni di un ipotetico collega del Mr Wolf de Le iene.

Per fortuna, ad un certo punto Kurt Sutter è tornato dalla sua vacanza e ha ripreso in mano le redini della serie, ricordandosi in zona Cesarini del filo conduttore della storia (l'eredità morale di John Teller) e piazzando alla fine uno dei suoi intricati doppi giochi che gli amanti di The Shield avranno sicuramente apprezzato, in ricordo dei vecchi tempi. Ma una strepitosa conclusione, che prende per le palle i fan della serie e li obbliga a trattenere il fiato per il seguito, non può farne dimenticare altre otto-nove nelle quali ci si deve sforzare per ricordarsi la ragione per la quale si guardava questo telefilm.



Niente da dire invece, ma non è una novità, sulla musica, eccellente come consuetudine. Addirittura nelle puntate ambientate in irlanda il tema d'apertura (This life di Curtis Siegers) è impreziosito da un arrangiamento celtico (con una bella cornamusa in evidenza). Coerentemente, i quattro episodi di Belfast sono incorniciati, tra gli altri, da pezzi di Black 47, Flogging Molly, Tossers e Young Dubliners. La versione di Hey hey my my (di Battleme) che accompagna i momenti finali dell'ultimo episodio è semplicemente da magone.



In definitiva, un mezzo passo falso ci può anche stare, il bilancio compessivo è fin qui comunque in attivo. E speriamo che il tempo che ci separa dalla realizzazione della quarta stagione sia utilizzato proficuamente dallo staff di autori.

domenica 29 maggio 2011

Lost in translation

Oggi e domani ballottaggi per i comuni di Milano e Napoli. In un errore di comunicazione tra la sede lella Lega e il comitato elettorale della Moratti la ragione del fallimento della campagna elettorale del sindaco PdL. Siamo venuti in possesso di questo esclusivo documento grazie alla Lisa.







Speriamo di cavarcela, non sono per niente tranquillo...

sabato 28 maggio 2011

Free will

A 62 anni è improvvisamente morto Gil Scott-Heron, il musicista americano che ha creato una nuova forma di comunicazione musicale, uno spoken word che ha contribuito agli inizi dei settanta a gettare le basi del rap (la cui degenerazione più tardi sarà da lui aspramente criticata), ma che si è misurato anche con il jazz, il soul e il funk. I suoi testi vengono semplicisticamente definiti "di denuncia". E lo erano, sì. Contro il perbenismo della società americana, i media, la politica, il razzismo, l'ottusa ignoranza. A più riprese scaricato dalle major, era tornato a registrare proprio l'anno scorso un nuovo album (I'm new here) dopo oltre dieci anni di silenzio. Il suo album d'esordio del 1970, Small talk at 125th and Lenox conteneva anche il suo pezzo più celebre, The revolution will be not televised.
Io l'ho conosciuto abbastanza tardi, quando ho cominciato ad allargare i miei orizzonti musicali ed ascoltare i pezzi di storia musicale che andrebbero insegnati alla scuola dell'obbligo. Non era la mia tazza da tè, ma che te lo dico affà, rispetto ai massimi livelli.
RIP.






Album o' the week / The Beatles, Rubber soul (1965)


Album considerato seminale nella storia della musica pop, Rubber Soul è il libro di storia sul quale si sono applicati eserciti di artisti negli ultimi quarant'anni. Basta scorrere i titoli dei brani (Drive my car, Nowhere man, Michelle, In my life, I'm looking through you, Girl) per realizzare l'importanza di questo lavoro. Io, da sempre, ho un debole per questa canzone:


I, once had a girl
Or should I say
She once had me.

She showed me her room,
Isn’t it good?
Norwegian wood.

She asked my to stay and told me sit anywhere,
So I looked around and I noticed there wasn’t a chair.

I sat on a rug
Biding my time,
Drinking her wine.

We talked until two,
And then she said,
‘It’s time for bed’.

She told me she worked in the morning and started to laugh,
I told her I didn’t, and crawled off to sleep in the bath.

And when I awoke
I was alone,
This bird has flown,

So I lit a fire,
Isn’t it good?
Norwegian wood.

venerdì 27 maggio 2011

Ans(i)a / 2

Stasera si è finalmente concluso uno dei periodi più stressanti della mia attività sindacale. Nel nostro piccolo, mentre infuravano le elezioni per il sindaco di Milano, abbiamo infatti concluso le votazioni per la carica aziendale di RSU. La campagna elettorale è stata particolarmente esasperante, ma sono stato rieletto. Sono soddisfatto, anche se il pensiero che mi stacchessero la spina non era poi così male, visto che questa attività mi appassiona ma mi prosciuga tempo ed energie. Vabè.

giovedì 26 maggio 2011

Catalogami questo! / 11

Con il termine Canterbury folk o scena di Canterbury si indica una corrente del rock progressivo sviluppata da alcuni gruppi musicali dei tardi anni sessanta e dei primi settanta legati alla città di Canterbury, nel Kent, in Inghilterra. Questo sottogenere include opere e artisti piuttosto eterogenei, ma legati dal tentativo di contaminare un insieme di generi che comprendevano il rock psichedelico, il jazz, la musica d'avanguardia e la musica elettronica, facendo uso di testi con forti connotazioni surreali. Fra le band e i musicisti più influenti di questa corrente si possono citare i Soft Machine di Robert Wyatt (e i lavori da solista di quest'ultimo), i Gong dell'australiano Daevid Allen, i Caravan, Hugh Hopper e Kevin Ayers.







La voce completa da wikipedia

mercoledì 25 maggio 2011

MFT / maggio 2011

ASCOLTI




Saxon, discografia 1979/1984


Steve Earle, I'll never get out of this world alive
Foo Fighters, Wasting light
Hayes Carll, Kmag Yoyo
Caparezza, Il sogno eretico
Eva Cassidy, Simply Eva
Alison Krauss & Union Station, Paper airplane
Mumford and sons, Sigh no more
Warren Haynes, Man in motion


VISIONI

Dexter, quinta stagione
Sons of Anarchy, terza stagione
Boris, terza stagione

lunedì 23 maggio 2011

Oltre i confini della decenza




Se cercate un film d'evasione, un'avventura impossibile ma coinvolgente, una trama avvincente con personaggi fantastici, una folle corsa scoppiettante e imprevedibile, beh ecco, tenetevi alla larga dal quarto episodio de I pirati dei Caraibi, è di una bruttezza epocale. Depp, la Cruz, persino i bravi Rush e McShane sono sotto ogni livello minimo di decenza. Era da tempo che non mi annoiavo così con un film per ragazzi (e credetemi, di recente ne ho visti davvero tanti).


Di contro, e in tutta onestà, devo dire che a Stefano è piaciuto, soprattutto la parte con le sirene.

domenica 22 maggio 2011

Almeno lui non ci tocca più

Avete presente il colossale flop del nuovo programma di Sgarbi ("Ci tocca anche Sgarbi")? Quello che ha portato raiuno a deciderne la soppressione immediata? Ieri in edicola ho addocchiato uno dei tanti house organ berlusconiani, uscito prima della messa in onda della costosissima boiata, con in copertina dichiarazioni bellicose dettate dalla solita sfrontata sicumera a cui ci ha abituati il fonatissimo personaggio . Eccolo, condividete con me qualche istante di ilarità:



sabato 21 maggio 2011

Album o' the day / Elvis Costello, My aim is true (1977)



Perchè ogni tanto serve ricordare quanto erano entusiasmanti al loro debutto artisti oggi (dignitosamente) in debito di ispirazione.

venerdì 20 maggio 2011

Soddisfazioni

Oggi foto di gruppo nella classe di Stefano. Per l'occasione e non per una mia subdola influenza (oggi lo preparava la mamma) il ragazzo ha voluto a tutti i costi indossare la maglietta degli AC/DC che gli avevo preso al concerto di due anni fa al forum. Non solo. Durante il dopo scuola, di sua iniziativa, ha pensato bene di mettere giù una recensione con disegno de La maledizione della prima luna, che avevamo visto da poco. Eccola:



La maledizione della luce della luna piena.
Devono restituire fino all’ultima moneta se non lo faranno non andrà via la maledizione
Se non lo faranno succederà.





mercoledì 18 maggio 2011

Where the rainbow ends


Eva Cassidy, Simply Eva


Blix Street, 2011








Sono già passati quindici anni da quando il mondo ha perso, per un male incurabile, la straordinaria voce di Eva Cassidy. Caso raro, anche se non unico, la Cassidy fu totalmente ignorata in vita per poi raccogliere consensi unanimi e grandiosi successi dopo la sua dipartita. Basti pensare che l'unico album che ha pubblicato in vita fu The other side, l'esordio del 1992. Il successivo, Eva by heart fu pubblicato perlappunto postumo cinque anni dopo. Da allora a oggi sono stati stampati ben dieci album contenti suo materiale che hanno venduto globalmente quattro milioni di copie.



Simply Eva è l'opera numero undici e se da un lato è vero che nulla aggiunge a ciò che conoscevamo di lei, dall'altro ci permette di assaporare risvolti inediti del suo talento. Soprattutto perchè la raccolta è composta da cover, in parte già incise, ma qui reinterpretate con il solo accompagnamento di una chitarra acustica, peraltro sempre discreta, quasi a non voler disturbare il canto.

Songbird, che apre la tracklist è forse il suo brano più famoso,mentre l'evocativo standard popolare inglese Wayfaring stranger (forse il titolo dirà poco, ma sono certo che lo conosciate tutti), traccia numero due,con il suo classico incidere gospel/folk e la malinconia che trasmette assesta già una mazzata alle coronarie.

Peolple get ready di Curtis Mayfield è uno dei brani più coverizzati della storia, da Bob Marley agli U2 passando per i Doors, le versioni di questo classico di protesta, originariamente inciso dagli Impressions di Curtis Mayfield, si sprecano. Devo dire che seppur non trovi niente da eccepire nella versione di Eva, nemmeno lo inserisco tra gli highlights del disco.

Cosa che faccio invece per due pezzi di Cindy Lauper, True colors e Time after time. Ai compilatori di questo disco piace vincere facile, ho pensato leggendo questi due titoli dietro al ciddì, cosa può esserci di più banale, avendo a disposizione una voce celestiale, che interpretare queste heartbreaker songs? Beh, l'ascolto ha spazzato via ogni mio malizioso pregiudizio. Il termometro dell'autenticità di queste versioni, come spesso mi accade, me l'hanno dato i peli delle braccia che si alzano e la schiena percorsa da un brivido.

Da sempre adoro (Somewhere) Over the rainbow, la theme song del film Il mago di Oz, in tutte le sue reincarnazioni, jazz,pop,rock. Ogni volta che ne scopro una versione nuova mi fiondo ad ascoltarla carico di aspettative. Eva Cassidy non mi tradisce, se la cuce addosso come un vestito su misura, ne dilata i tempi la fa assaporare, lascia che ogni parola del testo arrivi là dove deve. Commovente.

In conclusione, è vero, Simply Eva è probabilmente un'operazione commerciale un pò subdola, il tentativo ultimo (?) di monetizzare il talento di questa sfortunata singer americana, ma se può servire a farla conoscere a chi ancora la ignora e magari, come effetto domino, a indurre un recupero della sua discografia, allora ci si può passare sopra. Questa è healing music, lenisce le ferite dell'anima. Anche se, forse, a pensarci bene, ne apre altre.




martedì 17 maggio 2011

La minaccia di Gorgoroth






Di norma, quando con Stefano giochiamo ai pirati (utilizzando i Playmobil e il loro galeone, come quello dell'immagine) a me toccano di default i cattivi. Ora, siccome dopo un pò vado in crisi nell'affibbiare loro dei nomi congruamente spaventosi, ho cominciato ad utilizzare le ragioni sociali delle band black e death metal. Così nell'ultima avventua a Tortuga i buoni hanno dovuto vedersela con i terribili Carcass, Satyricon, Dimmu Borgir, Burzum e Gorgoroth, tutti al soldo del perfido Black Emperor.


Oh, ci sto facendo un figurone, alla faccia di quanti sostengono che farsi una cultura con il rock non serva a una cippa...

lunedì 16 maggio 2011

Breathless







Davanti ad un risltato così imprevedibile, in attesa del balottaggio incrociamo le dita, tratteniamo il respiro e tocchiamo ferro.

Ryan Bingham's blues






In ambito lavorativo non riesco a pensare ad una figura più spregevole del “tagliatore di teste”. Sono quei professionisti, in genere consulenti esterni, che arrivano nelle aziende in crisi, occupano per un po’ un ufficio e spuntano una lista di nomi da colloquiare con l’obiettivo, beh, di comunicargli il licenziamento.
Se però ci si mettono gli americani a fare un film su una figura così, allora cambia tutto, la visione si allarga, il ruolo di protagonista (Ryan Bingham, omonimo assoluto del cantante roots) è affidato a Gorge Clooney e tu capisci già dall’inizio che parteggerai per lui e non per le vittime del sistema buttate senza preavviso in mezzo ad una strada con un cartone tra le mani, sul modello Lehman Brothers.

Ryan Bingham è dunque un professionista del licenziamento, sa gestire ogni situazione gli si presenti davanti nei colloqui, porta sempre a casa il risultato. E’ affascinante, single entusiasta, fa collezione delle più prestigiose carte di fedeltà di alberghi e compagnie aeree e “ha in mente un traguardo molto ambizioso”, in fatto di miglia volate. E’ nel cielo infatti che vive, in misura maggiore che a terra. Tiene anche corsi su come gestire la propria esistenza “per sottrazione”, fino a far stare metaforicamente tutto quello che serve in un piccolo zaino.

La narrazione degli eventi fila via che è una meraviglia nella prima parte, poi esplode la crisi economica mondiale, entrano in scena una giovane e ambiziosa collega e il matrimonio della sorella di Bingham e con l’inevitabile introspezione che ne segue forse il giocattolo s'inceppa un pò. Oppure irrompe la realtà, ad ognuno il suo giudizio.
Il film riserva comunque alcune scene davvero da antologia, come il confronto tra le carte premio durante il primo incontro tra Ryan e Alex, un'affascinate dirigente d'azienda che diventa la sua amante.

Alla fine, proprio quando avevi cancellato dalla tua mente l'iconografia classica del licenziatore stronzo e l'avevi sostituita con quella del solitario e a suo modo idealista Clooney, gli autori si divertono a distruggere in mille pezzi il suo piccolo, rassicurante mondo perfetto, lasciando che una leggera ma subdola inquietudine si insinui sottopelle mentre osservi scorrere i titoli coda.

Ma poi ripenso al tagliatore di teste che ho conosciuto davvero nella mia vita e le cose tornano al loro posto. Questo tizio è arrivato nella mia azienda qualche anno fa. Aveva una settantina di anni, un nome che ricordava quello di una marionetta napoletana,l’alito pestilenziale e somigliava ad Enzo Cannavale, solo in forma diabolica. Per dire, eh. Altro che George Clooney.

domenica 15 maggio 2011

Album o' the week / Van Morrison & The Chieftains, Irish Heartbeat (1988)

Lo puoi aver accantonato, messo nello scaffale più alto della mensola, addirittura dimenticato (eresia!), ma puoi star certo che prima o poi Irish Heartbeat torna.

E quando lo fa, ti spacca il cuore in due come la prima volta.

venerdì 13 maggio 2011

All system go

Ringrazio i programmatori di Blogspot, che dopo quasi un giorno di blocco delle funzioni della piattaforma, sono riusciti a ripristinare la normale funzionalità del blog.

Ma un pò ringrazio anche il misterioso problema tecnico, che per qualche ora mi ha risparmiato la frustrazione di fissare la pagina bianca nel tentativo di uscire dal blocco dello scrittore che da qualche giorno mi attanaglia.

mercoledì 11 maggio 2011

Catalogami questo! / 10

Il doom metal è un sottogenere dell'heavy metal, che tra tutti nella storia ha avuto più legami con l'occulto ed il "nero". Nonostante i Black Sabbath siano considerati i precursori e i maestri del genere(si veda la loro canzone Hand of Doom su Paranoid del 1970), le radici del doom metal risalgono anche all'epopea di gruppi "pre hard rock" come i Black Widow e i Coven che con l'album Witchcraft ne gettarono le prime basi, insieme con quelle dello stoner rock. Per tale ragione tali gruppi vengono sovente etichettati come proto doom.

Il genere è caratterizzato da sonorità molto cupe e lente (viene infatti definito il "metal lento") nei motivi e nei riff, che evocano atmosfere drammatiche e decadenti, le quali vengono specificate anche nei testi spesso molto vicini all'occulto, all'introspettivo e alla sofferenza. I ritmi sono relativamente lenti e le melodie decadenti. Il tempo è solitamente scandito da cadenzati colpi di cassa a volte sono presenti tappeti di organo o tastiera.



Alcuni gruppi doom metal utilizzano il growl, prassi che ha dato vita ad un vero e proprio sottogenere, il Doom death metal (My Dying Bride, primi Anathema), ma il doom più classico è caratterizzato da un canto pulito molto malinconico e sofferente. Altri gruppi come i Cathedral usano una voce sporca, tendenzialmente gutturale, più vicina al metal degli anni '80, ma si tratta sempre di particolarità dovute alle influenze del caso che il gruppo può avere.

La prima formazione di doom moderno fu quella degli svedesi Candlemass con Epicus Doomicus Metallicus (1986), con cui, in verità, si addizionavano anche melodie relativamente più "epiche" piuttosto che oscure. Un altro gruppo fra i pionieri del genere sono gli inglesi Cathedral (fondati dal cantante Lee Dorrian, ex componente del gruppo grindcore inglese Napalm Death), che invece tendevano ad essere maggiormente influenzati dall'heavy metal classico.







lunedì 9 maggio 2011

Lay your burden down






Alison Krauss & Union Station, Paper airplane


Rounder, 2011





Lo ha detto Robert Plant durante il giro promozionale per Band of joy. Insieme ad Alison Krauss avevano provato a dare un seguito al magnifico Raisin sand, ma alla fine hanno dovuto rinunciare probabilmente perchè la magica alchimia che si era combinata all'epoca di quelle registrazioni, stavolta non si è ripetuta. Un peccato certo, ma fino ad un certo punto, se lo split tra i due ha dato modo all'ex Led Zeppelin di licenziare un ottimo disco l'anno scorso e alla Krauss, richiamati a coadiuvarla gli Union Station, a fare lo stesso in questi giorni.

Paper Airplane viaggia su due livelli, uno è quello delle delicate e malinconiche ballate acustiche costruite per enfatizzare l'emozionante voce della singer, come la titletrack , Lie awake, Sinkin stone o Lay my burden down. L'altra chiave di lettura è data dallo stile più ruvido, rurale, blugrass dei brani interpretati dalla voce maschile degli Union Station, cito su tutte Dustbowl children e Outside lookin in, strepitose.
Del disco fanno parte anche due cover, My opening farewell di Jackson Browne e Dimming of the day di Richard Thompson.

Un disco che non sorprende nella cifra stilistica ma che conferma piacevolmente il talento vocale di Alison Krauss (non la scopriamo oggi, è al quattordicesimo full-lenght) e quello tecnico della Union Station.


Album per tutti.





sabato 7 maggio 2011

Album o' the week / Saxon, Denim and leather (1981)




Mi spiace per la mia stralunata prof di inglese delle superiori, ma ogni volta che penso a questo album il primo ricordo che affiora è quello di lei, imbarazzata, che non è in grado di soddisfare la mia richiesta di tradurre in italiano la parola denim del titolo e che mi manda a quel paese quando le dico che la parola viene da un disco rock, intimandomi di non sottoporle più translations provenienti da quell'ambito.

Per ciò che concerne il merito musicale che dire, Princess of the night è stato il primo pezzo hard-rock che ho ascoltato in vita mia, i Saxon la prima band di quel genere, Denim and leather, a mio avviso, la loro migliore opera (anche se sono più affezionato al live The eagle has landed, che dovrebbe finire nella lista dei miei migliori della vita),l'occasione di parlarne l'acquisto a cinque euro della ristampa con bonus track in cd.


venerdì 6 maggio 2011

The final curtain?

Eddai, non sarò mica l'unico al quale tutta questa storia dell'uccisione di Bin Laden non quadra. Non sono un esperto di politica internazionale e purtroppo ultimamente non ho nemmeno molto tempo per approfondire l'argomento, però, diamine, l'avesse condotta Bush questa operazione, secondo me saremmo stati tutti molto più cauti nel celebrarla (non che io personalmento l'abbia fatto, neh, si fa per dire). Voglio dire che Obama, nonostante le difficoltà, conserva ancora una discreta dose di fiducia e credibilità che lo sta sostenendo anche dopo che il clamore delle breaking news si è spento e qualcosa comincia a traballare.



Da persone mediamente intelligenti e razionali quali siamo ci siamo posti infinite domande,le più scontate sono perchè il capo dei talebani non è stato catturato, perchè il suo cadavere è stato disperso e perchè ai media non è stata data alcuna prova dell'azione dei marines. Nessuna delle risposte che ho sentito mi ha persuaso fino in fondo. E' paradossale che il terrorista più famoso di tutti i tempi, colui che ha utilizzato nel modo più spettacolare possibile i media per veicolare le sue drammatiche gesta, esca di scena senza lasciare neanche uno sfocato fotogramma.




D'altro canto però l'azione dei Navy Seals americani chiude,così come si era aperto, il decennio iniziato con l'attentato dell'undici nove: tra mille interrogativi, dubbi e perplessità sulla "versione ufficiale". Speriamo almeno non generi la stessa quantità di "materiale d'approfondimento" di quel giorno, e con esso le infinite,inconcludenti discussioni tra sostenitori delle due tesi.

mercoledì 4 maggio 2011

Training estremo

Nel lungo corridoio decine di persone in attesa, avvocati e clienti che discutono animatamente mentre aspettano che il giudice li chiami. I tempi si allungano, un'ora,due di ritardo sull'orario previsto di inizio udienze. Si parla di conciliazioni, dei soldi per il mantenimento, dei figli. Facce perlopiù tirate quelle degli ex-coniugi, annoiate quelle dei legali che fingono di ascoltare mentre sbirciano l'orologio sul polso. Mariti da una parte, mogli dall'altra, sguardi che non si incrociano neanche per sbaglio. Bambini piccoli che piangono inconsolabili nei passeggini.



Ieri ho accompagnato una persona a me cara al tribunale di Milano per la sua causa di divorzio. Il ritardo di quasi due ore sull'inizio della sua udienza mi ha imposto una permanenza forzata nei locali adiacenti alle aule di giustizia del sesto piano. Nell'attesa, e durante una delle innumerevoli vasche che mi faccio, riesco perfino a scoprire il numero di cause di divorzio che si tengono ogni giorno a Milano: sono circa duecentocinquanta.




E' un'esperienza di vita che consiglio quella che mio malgrado ho fatto ieri(tanto ci si può arrivare indisturbati fino a lì, non vi chiede niente nessuno), soprattutto alle coppie che stanno per fare "il grande passo".


Vedere ex-coppie che si rinfacciano di tutto, che usano i figli come scudi umani, respirare quelle folate di rancore dovrebbe far parte di percorso formativo laico da inserire all'interno del corso prematrimoniale. - Guardateli bene -, direbbe l'insegnate,- questi potreste essere voi tra dieci anni -.


Il titolo potrebbe essere The other side of the (honey)moon.

lunedì 2 maggio 2011

See the light




Josh T. Pearson, Last of the country gentleman

Mute (2011)



Capita anche che in un nuovo artista ci si inciampi, letteralmente. Manco fosse un disegno divino atto ad obbligarti a prestargli la dovuta attenzione. Con Josh T. Pearson è accaduto proprio questo. Prima c'è stato il post sul blog di Paolo Vites, giornalista del Busca che apprezzo molto (la recensione dell'album da qualche giorno è bissata da quella del concerto milanese). Poi è stata la volta di un articolo della Meattelli su Rolling Stone (rivista che, altra casualità, non compravo da più di un anno). Ieri infine, mentre riportavo a casa i miei dal mare, Radio Popolare ha trasmesso una bella intervista al barbuto singer americano.

Praticamente ancora prima di ascoltare una singola nota della sua musica, ho saputo tutto della vita di Josh. L'idea che mi sono fatto è che Pearson è un tipo, diciamo così, particolare. Forse un fricchettone, di certo un tizio molto spirituale. Ha esordito in musica nel 2001 con una band chiamata
Lift to experience , poi più nulla fino a questo album solista del 2011. Nel mezzo ha fatto un pò di tutto, dal lavorare in una comunità religiosa di recupero(dove si esibiva anche in chiesa) , allo spostarsi in lungo e in largo negli States e in Europa (Parigi, Berlino dove è stato inciso il lavoro), al vivere una storia d'amore che l'ha sconquassato. Sentire il suo modo di parlare è un esperienza unica: inquietante e magnetica allo stesso tempo.

Il disco, dunque. E' composto da sette tracce e da titoli che sembrano racconti di Joe Lansdale: tipo Sweetheart i ain't your Christ; Honeymoon is great! I wish you were here e la mia preferita, Woman when i've raised hell you'll know it. I pezzi sono tutti dominati dalla voce di Pearson e, in misura meno ingombrante, dalla sua chitarra. In un paio di episodi spuntano i ricami di un piano o del violino dell'amico Warren Ellis.





Le coordinate musicali: qualcuno l'ha inserito nel filone di questo nuovo folk movement (Fleet Foxes, Grizzly Bear, Low Anthem), ma a mio avviso la sua musica ha confini un pò più estremi e meno indie/mainstream (solo apparente bisticcio di termini), non so, ipotizzerei più un Townes Van Zandt e forse in qualcosa John Fahey, più che i CSN&Y, volano di tutta la moderna produzione new folk di cui sopra.

In effetti Last of the country gentleman non è un disco per tutti i giorni, bisogna essere della predisposizione e dell'umore giusto, allora ascoltarlo equivale ad entrare in chiesa con il cuore gonfio e vedere la luce, viceversa può risultare molto ostico e forse noioso più che evocativo. Io, che ve lo dico affà, propendo per la prima corrente di pensiero.



E non è nemmeno un disco da stellette (o pintine), Last of the country gentleman, la sua particolarità lo rende un'opera fuori scala. Ad ognuno il suo giudizio insomma. Ad ognuno il suo percorso che porta a Josh T. Pearson.

domenica 1 maggio 2011

Almeno qui.../ 2

Il 1° maggio nasce il 20 luglio 1889, a Parigi. A lanciare l'idea è il congresso della Seconda Internazionale, riunito in quei giorni nella capitale francese :
"Una grande manifestazione sarà organizzata per una data stabilita, in modo che simultaneamente in tutti i paesi e in tutte le città, nello stesso giorno, i lavoratori chiederanno alle pubbliche autorità di ridurre per legge la giornata lavorativa a otto ore e di mandare ad effetto le altre risoluzioni del Congresso di Parigi".
Poi, quando si passa a decidere sulla data, la scelta cade sul 1 maggio. Una scelta simbolica: tre anni prima infatti, il 1° maggio 1886, una grande manifestazione operaia svoltasi a Chicago, era stata repressa nel sangue. (...)

"Lavoratori - si legge in un volantino diffuso a Napoli il 20 aprile 1890 - ricordatevi il 1 maggio di far festa. In quel giorno gli operai di tutto il mondo, coscienti dei loro diritti, lasceranno il lavoro per provare ai padroni che, malgrado la distanza e la differenza di nazionalità, di razza e di linguaggio, i proletari sono tutti concordi nel voler migliorare la propria sorte e conquistare di fronte agli oziosi il posto che è dovuto a chi lavora. Viva la rivoluzione sociale! Viva l'Internazionale!". (...)

Durante il fascismo la festa del lavoro viene spostata al 21 aprile, giorno del cosiddetto Natale di Roma; così snaturata, essa non dice più niente ai lavoratori, mentre il 1 maggio assume una connotazione quanto mai "sovversiva", divenendo occasione per esprimere in forme diverse - dal garofano rosso all'occhiello alle scritte sui muri, dalla diffusione di volantini alle bevute in osteria - l'opposizione al regime.(...)

Qui il testo completo