sabato 31 marzo 2007

Giovanni Pantone, 1909/2007

Martedì 27 marzo è morto mio nonno. Aveva novantotto anni . Alla faccia, direte voi.
Sono andato a Eboli per i funerali, mancavo da cinque anni. Lui ormai lo sentivo poco, alle feste comandate se non mi dimenticavo. A causa di qualche problemino ai polmoni ed a una caduta che gli aveva procurato una frattura al femore non era più molto lucido. La badante ucraina che lo curava risponedeva al telefono, lo chiamava, dopo qualche istante lui arrivava ma si limitava a qualche monosillaba.

Era un omone dalle mani enorme, socialista da sempre, è stato prigioniero di guerra in Germania dal 43, ha lavorato sempre. Non era una persona semplice da trattare, duro in casa e socievole fuori. Sulla bara i compagni hanno messo una bandiera storica del P.s.i. cucita a mano, rossa e oro.
In casa ho scoperto che teneva attaccate con il nastro adesivo dentro una credenza a vetri foto mie vecchie e nuove (con Stefano). In cucina dietro il tubo del gas che passa sulle pareti conservava,un pò ingiallite, tutte le cartoline che gli mandavo dai miei luoghi di vacanza, l'ultima è dall'Elba nel 2001.
Poi non gli ho più scritto, pensavo che, come per tutti quelli che ricevono cartoline, fosse indifferente avere una foto di un mare e due righe di saluto. Vedendo il "mausoleo" che aveva in ogni stanza ho capito che non era così, e che della vita,nonostante i miei 38, non so ancora un cazzo.

martedì 27 marzo 2007

Kenny Wayne Shepherd, 10 days out


Può un fighetto bianco che sembra Brad Pitt suonare il blues?

Cazzo,sì!


Kenny Wayne Shepherd, 27 anni. Alla ribalta da quando era un adolescente brufoloso, sorpassato dal coetaneo Jonny Lang ora disperso, dopo qualche passo falso fatto di rock blues mainstream ha ritrovato la retta via.

Ten days out, un vero viaggio che Kenny ha intrapreso per andare a scovare i grandi dimenticati ( beh, da questa schiera è escluso BB King, of course) della musica del diavolo per una serie di jam strepitose. Acoustic blues, electric blues e tanta tanta attitude. Dritto nella top ten 2007. E siamo a marzo...



Tracklist


Prison Blues - Cootie Stark & Neal 'Big Daddy' Pattman
Potato Patch - Jerry 'Boogie' McCain
Honky Tonk - Buddy Flett
The Thrill Is Gone - B.B. King
Tina Marie - Bryan Lee
Born in Louisiana - Clarence 'Gatemouth' Brown
Chapel Hill Boogie - John Dee Holeman
Tears Came Rollin' Down - Henry Townsend
Knoxville Rag - Etta Baker
Big Daddy Boogie - Neal 'Big Daddy' Pattman
U-Haul - Cootie Stark
Red Rooster - Henry Gray with Howlin' Wolf Band
Sittin' on Top of the World - Hubert Sumlin with Howlin' Wolf Band
Spoonful - George 'Wild Child' Butler with Howlin' Wolf Band
Grindin' Man - Pinetop Perkins with Muddy Waters Band

lunedì 26 marzo 2007

Prison break

Proprio ieri leggevo che dalla terza stagione (in onda in USA) di Lost risulta evidente a tutti gli spettatori che gli autori non sanno più come venirne fuori dal casino che hanno combinato sovrapponendo tracce,plot, subplot eccetera eccetera. E infatti quella che era una delle serie più seguita, alla sua uscita, è in calo verticale di ascolti.

Scrivo questa premessa per arrivare all'oggetto del topic. Prison Break è basato su una trama tanto inverosimile quanto accattivante (per chi ama il genere) e originale. Due fratelli: un infanzia difficile, il primo, Lincoln, diventa un delinquente mentre il secondo, Michael, è un brillante ingeniere edile. Quando arrestano Lincoln per l'omicidio eccellente del fratello del vicepresidente degli USA e lo condannano a morte, Michael, convinto della sua innocenza, mette a punto un piano per entrare nel carcere e farlo evadere. Per una coincidenza è stata proprio la sua azienda a ristrutturare da cima a fondo Fox River, la prigione in cui è rinchiuso il fratello, e pertanto lui ha accesso a tutte le planimetrie dell'istituto. Già, ma come portarle all'interno? Pensa e ripensa trova la soluzione: se le fa tatuare su tutto il corpo ben camuffate da soggetti usuali. Poi entra in una banca armi in pugno e il resto viene da se.


Per godere di questa opera, bisogna lasciar perdere il realismo e lasciarsi trasportare, come in un film d'avventura, dagli eventi e dai numerosi colpi di scena e cliffhanger. All'inizio il particolare che ho trovato più indigesto è stato la caratterizzazione dei personaggi, troppo stereotipata e prevedibile, con il boss mafioso, il sadico, la gang dei neri, il vecchio tranquillo che custodisce un segreto enorme, i secondini aguzzini e corrotti, i servizi segreti deviati. Con il passare del tempo passa tutto in secondo piano e ci si lascia trasportare dal ritmo e dalla trama ben costruita, nonostante come dicevo, degli sviluppi a volte davvero inverosimili.


Arrivo alla conclusione e al problema, avvisando che accennerò al finale, e quindi chi fosse interessato a vederlo può passare oltre; il problema è che, Lost docet, adesso va tremendamente di moda concludere le stagioni con un maledetto cliffhanger, come se non fosse l'ultima puntata, e non dovesse passare un anno prima di vederne la conclusione. E così è anche per Prison Break, con la prospettiva che la serie diventi da una variante de L'uomo di Alcatraz, a una parente stretta de Il fuggitivo.

Nella loro presunzione, gli autori di questi serial sono convinti che il loro prodotto andrà bene, e quindi mettono in atto una mossa subdola per assicurarsi la fedeltà degli spettatori per la seconda (e poi la terza, la quarta) stagione. Nel farlo però continuano a mettere. Personaggi, trame, sviluppi, dinamiche che diventano ingestibili e che portano spesso (come nel caso di Lost) alla morte di un prodotto nato da un idea interessante. Capisco, buisness is buisness, ma perchè non pensare al serial dall'inizio alla fine, chessò come una trilogia per un film, avendo ben chiaro trama, sviluppo e conclusione, e poi dividendo il tutto in poche stagioni. Tutti i grandi TF della storia della TV hanno insegnato che il pubblico tiene al massimo fino alla 3a-4a stagione (Dallas, Twin Peaks, X-Files...) e se così non è si può sempre tornare dietro alla macchina da presa. Ma no, meglio improvvisare; l'idea c'è, lo sviluppo si vedrà.


Ma sono rassegnato, le cose vanno così. E perciò aspetterò pazientemente settembre per la seconda serie di Prison break, per la sesta di The Shield e la terza di Lost. E poi sto pure qui a perdere tempo...

lunedì 19 marzo 2007

The Shield conclusione 5a stagione


Da quanto tempo non vi capita di eslamare: "oh nooo!!!" davanti alla televisione?
A me è successo giovedì notte quando Shane ha ucciso con una granata il suo amico e compagno di strike team (squadra d'assalto della polizia di Farmington, LA) Lem.

Avevo intenzione di commentare Shield cominciando col dire che è l'unico serial americano che è arrivato alla quinta stagione senza ricorrere alla facile soluzione di ammazzare un protagonista amato per risollevare le sorti del telefilm. Mi hanno fregato all'ultimo minuto dell'ultima puntata. Fanculo.

E' stato il realismo, a mio modo di vedere l'arma vincente di questa serie. Oltre a quello di fare amare agli spettatori un poliziotto corrotto e infedele(Vic Mackey) che nel primo episodio della prima serie uccide a sangue freddo un altro poliziotto infiltrato dagli affari interni per beccarlo. Come nelle migliori saghe il passato alla fine torna a perseguitare l'eroe (?) che nel frattempo è tornato sulla retta via, ma che non ha mai pagato i suoi debiti. In questa, e nella sesta stagione,girata contemporaneamente alla quinta, guest star un magnifico, odioso, prepotente, arrogante, vera altra faccia della stessa medaglia di Vic Mackey, Forest Whitaker nella parte di un tenente degli affari interni che vuole inchiodare la squadra d'assalto, Vic in testa.

Tra colpi bassi e crescendo di tensione si arriva alla conlusione, Shane, il più debole ed egoista della squadra infila una granata nella macchina di Lem, unico del team che Whitaker è riuscito ad incastrare, e che finirebbe in galera, a rischio della vita e di spifferare i lati più oscuri del passato della squadra.


Se da un lato questa trovata raggiunge lo scopo di emozionare lo spettatore e dà nuova linfa narrativa al plot della serie, dall'altro stride con il carattere del personaggio che si è macchiato dell'omicidio, vile ed egoista, ma legatissimo alla squadra e che mai avrebbe potuto fare una cosa del genere. Ora, mi rendo conto che analizzare il carattere di un personaggio di fantasia rischia di sembrare roba da protagonista folle di Misery non deve morire di King, ma tantè.


Cosa ci aspetta nella sesta e penultima serie? Vic Mackey incazzato come la cosa dei FQ (eh eh eh ) che cerca l'assassino del suo amico senza sapere di averlo al fianco. Whitaker che crede che ad ucciderlo sia stato Vic e infine l'arrivo di un nuovo membro della squadra.


Consiglio a chiunqua ami il genere almeno la visione della prima serie, e vorrei chiudere citando il forum dei fans italiani di shield, vera miniera di informazioni e materiale, dal quale è anche possibile scaricare tutte le puntate trasmesse da Italia Uno. Il link:


martedì 13 marzo 2007

Ry Cooder, My name is Buddy


Prendetevela calma. Mettetelo nel lettore e dategli tutto il tempo che chiede. Questo è un grande disco, il disco del ritorno a casa del maestro. Ry Cooder ha finalmente disfatto i bagagli e si è riappropriato della musica tradizionale americana. L'ha fatto con un disco politico, che parla "dei sindacati, delle lotte della classe lavorativa americana per i propri diritti, è un omaggio a loro, alla ricerca di autonomia e di libertà che le leggi governative, asservite alla proprietà, cercavano di impedire. E' un manifesto personale contro le prevaricazioni." Non lo conoscevo sotto questo aspetto Ry. Lo vedevo come un maestro studente di musica e di chitarra, uno che è sempre alla ricerca di ampliare le sue conoscenze artitiche, dal Mali a Cuba. Invece ha dimostra un'anima progressista, non per niente in questo disco compare anche il grande Pete Seeger, ormai 88enne. In My name is Buddy (non avevo ancora detto il titolo dell'album!) c'è anche una canzone su (contro) Edgard Hoover, subdolo e potentissimo direttore dell'FBI dai primi anni trenta fino ai settanta (di lui si dice che avesse files personali e compromettenti su chiunque, da kennedy al papa, e che era in grado di ricattare qualunque essere vivente. Vi rimando a Ellroy per dettagli), Cooder lo definisce "uno stronzo, un pagliaccio come quelli che stanno al potere da noi in questo momento.Un vigliacco.Gente come Hoover è la rovina della società, basta guardarsi attorno per capire dove stiamo andando."

Il disco è una sorta di concept, attraverso le vicessitudini di Buddy il gatto (con i suoi amici si unisce ai lavoratori, sciopera, viene messo in prigione) Ry Cooder rende omaggio, traghettandola nel futuro e attualizzandola, la lotta di migliaia di sconosciuti che sono incappati nelle maglie della "giustizia" solo per un presente dignitoso e un futuro migliore da lasciare ai propri figli.

E la musica?
Cooder torna a casa, ripeto il concetto. Dopo tanto divagare torna al folk, al blues, alla musica messicana. Come ai tempi dello splendido Paradise and Lunch e di Show time. Partecipano il grande fisarmonicista Flaco Jimenez, Seeger come già scritto e Dyke Van Parks. Solo un brano è strumentale, gli altri sono tutti cantati. Non è musica per tutti, bisogna sentirla e caturare l'attimo. Provateci, non costa niente. Ry Cooder è tornato in città, Red Cat till he dies.


Tracklist
Suitcase in my Hand
Cat and Mouse
Strike!
J. Edgar
Footprints in the Snow
Sundown Town
Green Dog
The Dying Truck Driver
Christmas in Southgate
Hank Williams
Red Cat Till I Die
Three Chords and the Truth
My Name is Buddy
One Cat, One Vote, One Beer
Cardboard Avenue
Farm Girl
There's a Bright Side Somewhere

venerdì 9 marzo 2007

Sarà per l'anno prossimo (seeeeeeeeeeeee)

Sono restio a parlare dell'Inter, pur essendone tifoso da sempre, ma due cose sull'eliminzione dalla Champions per mano del Valencia,partendo dal post di ale http://fassbinder.blogspot.com/, mi va di scriverle. Primo: io l'avevo detto che saremmo usciti. Troppa esperienza di partite internazionali (notti delle streghe le chiamavano) per non capire che con un risultato così all'andata l'Inter 99% è fuori. La squadra di Mancini ha disputato una partita timorosa, presentandosi con un difensore nel ruolo di playmaker, preoccupata più di non concedere spazi al contropiede spagnolo che a costruire, nonostante la difesa avversaria andava sistematicamente in tilt ad ogni cross. Hanno poco da essere soddisfatti Mancini e Moratti, una squadra che deve imporsi non si riversa nella metà campo avversaria negli ultimi dieci minuti. Nonostante forse tra andata e ritorno avessimo meritato forse un pò di più, sul piano delle occasioni create, siamo fuori con merito. Il Valencia ci ha affrontato con lo spirito giusto, ha ottime individualità e unità di squadra. Detto questo però voglio anche condannare lo spirito assolutamente anti sportivo della squadra spagnola. Ogni squadra italiana ha uno-due giocatori che ad ogni fallo vanno giù come se gli avessero tagliato un dito col tronchesino, urlando e contorcendosi (chessò, la Juve Nedved, l'Inter Stankovic, il Milan Inzaghi), ma cazzo al Valencia tutti così! E l'atteggiameneto complessivo di intimidazione, vedi Canizares su Ibrahimvoc fa pensare davvero ad una strategia mirata a far perdere calma e concentrazione agli avversari. La rissa finale (di cui ho solo letto) ha messo il cappello a una partita che sembrava Italia Cile dei mondiali del 66. Davvero un brutto spettacolo.
Mi sono rifatto ieri mattina, quando ho incrociato i tifosi irlandesi della squadra scozzese del Celtic, abbiamo bevuto un cappuccio assieme, gli ho detto in loop "good match", mostrato l'anello cladagh ring e augurato buon ritorno a casa. Nel pomeriggio di mercoledì erano stati a rendere omaggio ai caduti antifascisti della resistenza insieme al comandante Giovanni Pesce.