domenica 30 maggio 2010

Stuck in the mud


(...)Domenica 13 gennaio '80 si doveva giocare Bologna-Juventus. I bianconeri erano in una situazione disastrosa: erano reduci da ben tre sconfitte consecutive, e in classifica stavano scivolando addirittura in zona retrocessione. Il giovedì prima della partita il direttore sportivo del Bologna, Riccardo Sogliano, alla fine dell'allenamento ci radunò tutti negli spogliatoi - titolari e riserve - e ci disse: " Ci siamo messi d'accordo con la Juve per pareggiare la partita di domenica. E' chiaro per tutti?". Nessuno di noi giocatori ebbe niente da obiettare, e Sogliano se ne andòtutto soddisfatto: un favore del genere alla Juve poteva tornare molto comodo al Bologna, in futuro...A quel punto parlò l'allenatore Perani, che ci propose di scommettere sul risultato di quella partita. (...)

Ricordo come fosse ieri, allo stadio comunale imbiancato dalla neve caduta nella notte , i minuti che precedettero l'ingresso in campo. Io ero destinato alla panchina, quando uscii dagli spogliatoi incrociai Trapattoni: gli raccomandai il rispetto dell'accordo, e lui mi disse che potevamo stare tranquilli, che non c'era nessun problema (con Trapattoni avevo giocato nel Milan e nel Varese, sapevo che era una persona seria). I miei compagni, nel sottopasso prima di entrare sul terreno di gioco, fecero lo stesso con alcuni dei giocatori juventini (che quel giorno erano: Zoff, Cuccureddu, Cabrini, Gentile, Brio, Scirea, Causio, Prandelli, Bettega, Tavola e Marocchino), gli dissero che noi avevamo scommesso sul pari; uno di loro rispose: "Noi oggi non abbiamo scommesso, il colpo l'abbiamo già fatto due doemiche fa con l'Ascoli (partita che la Juve perse in casa 2-3, n.d.r.)".



Le combine sui risultati delle partite di calcio ci sono sempre state, Carlo Petrini ne parla come di una cosa che negli spogliatoi è considerata naturale. Una squadra è in difficoltà, l'altra non ha più niente da chiedere, ci si parla, si conviene, ed è fatta. La squadra in difficoltà prima o poi renderà il favore. Una fisiologica conseguenza di questa pratica è il calcio scommesse (il totonero, così come era stato definito nel 1980). Un paio di intrallazzoni con contatti tra i calciatori mette in piedi un organizzazione di scommesse clandestine, per un pò la cosa funziona, ma non sempre i patti con i calciatori vengono rispettati e la coppia di "imprenditori" finisce sul lastrico. I due fanno quasi tenerezza pensando ai mega sistemi di scommesse moderne. Loro, nel 79/80 anticipavano i soldi delle scommesse, perdevano centinaia di milioni, avevano i cravattari alle calcagna e fu solo per uscirne che denunciarono tutto alla magistratura, dando il via al più noto scandalo della serie A italiano. Scandalo, che va detto, si concluse in una farsa a danno di qualche caprio espiatorio, visto che, ad esempio, non furono puniti il Bologna e sopratutto la Juventus, autrici di una clamorosa partita combinata.

Ma non parla solo di partite truccate, Nel fango del dio pallone. Ci racconta quanto siano egoisti, narcisisti e superficiali i calciatori. Di quanto gli importi solo della propria carriera (altro che bandiere...), di quanto attorno a loro giri tutto un mondo che vive solo per compiacerli, dei riti da camerata che a volte sfociano in brutali episodi da branco e infine dal sesso,consumato a profusione con episodi degni della più scontata trama di una produzione pornografica di serie B.

La parte del racconto alla quale Petrini tiene di più è però probabilmente legata al doping, altro aspetto che viene considerato consuetudine, negli spogliatoi che lui ha girato. Beveroni o siringhe che siano, i calciatori si sottoponevano a tutto quello che gli veniva chiesto, un pò per incapacità di rifutare, un pò per interesse personale, per giocare meglio, non sentire la fatica, migliorare la propria immagine/quotazione. Sono molti i morti e i feriti che questa pratica si è lasciata dietro, Carlo Petrini con un tumore al cervello è uno di loro.

Il libro è scritto in maniera molto semplice e lineare, composto da brevi periodi come se fossero post di un blog. L'autore fa chiaramente un resoconto della sua fantastica e tragica vita senza autoindulgenza, è spietato con se stesso, con le sue scelte egoistiche che hanno portato a conseguenza drammatiche anche per i suoi cari più vicini, è lo sfogo di un uomo che dalla vita ha avuto tutto e presto, e che col tempo ha restituito ogni cosa con gli interessi.

Confesso che ho sempre avuto un pò di timore a leggere Nel fango del dio pallone. Qualunque appassionato di calcio sa che questo sport è tutt'altro che pulito, ma forse a molti (me compreso) piace cullarsi nell'illusione che gli scandali passati siano stati solo episodi occasionali e tutto il resto fossero solo chiacchere da bar. Ovviamente non è così, e il fatto che quest'opera, che cita nomi cognomi e fatti, dall'anno della sua uscita a oggi non abbia subìto nemmeno una denuncia la dice lunga sulla coda di paglia che i suoi protagonisti negativi (tra gli altri Lippi, Agroppi, Trapattoni, Bettega, Dossena, Colomba, Moggi) si portano ancora oggi appresso.

Dopo aver letto il libro mi è venuta voglia di saperne di più e ho scovato su youtube questa bella intervista in tre parti a Petrini.
Parte uno, Parte due, Parte tre.

Blue


Che meraviglia. Quale inarrivabile splendore. Come si fa a vivere senza aver mai ascoltato Otis Redding sings soul (Otis Blue per gli amici)? Un disco che è consapevole della sua forza devastante, a cui non importa restare nascosto in mezze alle tante ciofeche che possiedo, tanto sa che quando arriva il momento dell'intervento di un Dr. Feelgood l'unico candidato,l'unico prescelto è sempre e solo Lui.

Nel 1965, a pochi mesi dalla terribile fine di Sam Cooke, e a meno di due anni dal tragico incidente che l'ha prematuramente ucciso, Redding registra il suo disco migliore, tributando all'amico l'interpretazione di tre suoi brani: la straziante A change is gonna come,la spensierata Wonderful world e Shake.
Poi prende Satisfaction degli Stones e la soulizza, tenendo botta alla grande laddove avrebbe potuto cadere e farsi male, torna nelle sue corde maramaldeggiando su My girl di Smokey Robinson e Down in the valley di Solomon Burke, trasfigura il blues di Rock me baby con il serafico benestare del suo autore, l'immenso B.B. King.


Solo tre canzoni originali di Otis. Si beh, però valgono un intera discografia, visto che si tratta di Ole man trouble, I've been loving you too long (e qui chi non si commuove è totalmente privo di sentimenti) e poi LA canzone soul: Respect.

Uno, due, tre ascolti consecutivi e poi Otis Blue può tornare on the shelf. Fino alla prossima emergenza...


venerdì 28 maggio 2010

William

Oggi sono stato al funerale di William, un mio vecchio collega, in pensione da qualche anno. All'epoca del mio ingesso in azienda, nel lontano 1988, era a lui che mi avevano affiancato per fare addestramento pratico. Lui aveva quarant'anni, io venti. Era una persona che può essere definita come l'archetipo del bauscia milanese, un pò come il Ponchia di Abatantuono in Marrakesh Express, uno che la sapeva lunga su tutte le cose, a cui piaceva stare in compagnia, ridere, fare battute, essere al centro dell'attenzione. Era molto conosciuto in aeroporto, anche fuori dal nostro reparto, tutti sapevano chi era.

Qualche anno dopo il mio ingresso nella Società le nostre strade si sono divise,visto che lui ha fatto carriera e ha cambiato area di lavoro. Qualche anno fa è andato in pensione, e subito, purtroppo, ha avuto dei seri problemi di salute, causati da una precoce forma di Alzhaimer prima e da problemi cardiaci poi. Sono stati proprio questi ultimi a causarne la morte.

Data la sua popolarità in azienda ero convinto di trovare una marea di ex colleghi al suo funerale, e la mia sorpresa è stata grande quando ho visto solo uno sparuto gruppo di persone radunato all'esterno della chiesa dove era prevista la funzione funebre. Una quindicina in tutto oltre all'ex moglie (anche lei dipendente della stessa azienda), il figlio, gli amici del figlio.

La funzione è stata, se possibile, ancora più deprimente. La piccola cappella del cimitero era squallida e desolante. Il prete che ha officiato sembrava svogliato come se fosse stato buttato giù dal letto controvoglia, le sue parole risuonavano vuote e routinanti, senza coinvolgimento, senza emotività, parlava della vita dopo la morte con la stessa passione con cui l'avrebbe fatto uno scienziato laico, si comportava non diversamente da un operaio di catena di montaggio.

Mi sono chiesto quale senso avesse tutta quella pantomima. Mi sono chiesto perchè uno come William fosse stato dimenticato così in fretta. Conosceva tutti in aeroporto, è vero. Però pensandoci bene, non ricordo coltivasse rapporti particolarmente profondi e intimi. Amicizie durature. Erano tutte conoscenze superficiali, relazioni interpersonali basate sulla convenienza, sulla condivisione di uno stesso posto di lavoro, di orari sfasati rispetto alle persone normali, di una professione che all'epoca sembrava privilegiata.

Non fosse entrato nella mia vita in un momento così particolare probabilmente non avrei avuto nessun tipo di relazione con lui, troppo diverse le nostre personalità. Nelle settimane in cui mi ha insegnato il lavoro, pur non conoscendomi per niente, mi ha concesso dritte su tutto lo scindibile umano: da come si prepara una compilation musicale, a come si pratica un cunnilingus, a cosa doveva fare l'Inter per vincere lo scudetto, al metodo per rollarsi una canna, alle sue avventure extraconiugali, alla cucina, il gossip sulle colleghe e i colleghi, la sua milanesità e via delirando.

Ricordo che un anno, poco prima di Natale, si lamentava con tutti che la moglie non capisse mai il regalo che lui desiderava intensamente, e si augurava che, cazzo, almeno quella volta lei avesse intuito quello che lui voleva, visto che aveva provveduto a fornirle diversi indizi in merito. Non aveva la minima percezione di quello che stava per succedergli. Quel Natale infatti la moglie se ne andò via con un altro, lasciandogli un biglietto sul tavolo della cucina.

Mi spiace che questo, da sempre, sia il ricordo più intenso che ho di lui. La lezione di vita più significativa che mi ha lasciato. Mi spiace che il mio cinismo mi faccia ricordare questo episodio anche in un momento in cui di norma si esaltano le qualità di una persona che non c'è più. Però, diamine, chi aveva bisogno di altre pillole di menzogna oggi?

Are we men or cartoons?

Jonathan Lethem è uno degli scrittori americani più quotati tra le cosidette nuove (fino a un certo punto, visto che è del 1964) leve della letteratura.
Ha cominciato a pubblicare trentenne, alternando generi (fantascienza, gialli, avantpop autobiografici) e formati (racconti brevi e romanzi).

Io ho letto la raccolta di narrativa breve Men and Cartoons, incuriosito dalla commistione di personaggi dei fumetti Marvel (per la Casa delle Idee Lethem ha sceneggiato anche una Graphic Novel) e storie di vita quotidiana di persone comuni.

Il risultato è altalenante. Intanto non tutti i racconti hanno connessioni dirette con i fumetti, alcuni citano reconditi super-eroi creati da Stan Lee, mentre altri diciamo che sfiorano appena il contesto comics book. La palma del migliore va senza dubbio a Super Goat Men, storia sospesa tra realtà e finzione, che ha come protagonista un inverosimile supereroe che ricorda vagamente il dude de Il Grande Lebowski, disilluso e un pò avanti con l'età.

Meno riusciti, ma comunque positivi La Visione, che prende spunto dal personaggio dei Vendicatori per raccontare una storia di ordinario risentimento, e Lo Spray che utilizza una leva fantascientifica per mettere a nudo ruggini, rancori e rimorsi, quelli sì reali, di una coppia.
Gli occhiali è un divertente racconto paradossale, mentre il Distopista proprio non l'ho digerito.

Un discorso a se merita infine L'inno nazionale, racconto in forma epistolare che conclude la raccolta.
Lethem parla verosimilmente di se stesso e lo fa in maniera molto fredda e disincantata, attraverso un movimento di camera che parte dal tempo presente e che va indietro fino alla sua giovinezza, e che include gli amici a lui più cari. Intimo e nostalgico, è fuori tema (se davvero il libro ne ha uno) rispetto alla raccolta, ma riesce a toccare più di tutti gli altri le corde più sensibili ed emotive del lettore trenta/quarantenne.
L'inno nazionale americano, secondo una protagonista di questo racconto, è The dark end of the street, tristissima canzone soul di James Carr (
la potete ascoltare qui) che parla di abbandoni e solitudine, e che per questo sarebbe la colonna portante delle vite degli americani.

Un autore da approfondire.

giovedì 27 maggio 2010

Eels strikes again and again

Buone nuove sugli Eels, dal blog di Chiara. Mark Oliver Everett si appresta (24/08/10) a dare alle stampe Tomorrow morning, un nuovo disco, il terzo in quindici mesi. Se non è un record, poco ci manca. Ma le good news non si esauriscono qui.
Mr. E sarà infatti in concerto a Milano, all'Alcatraz per l'unica data italiana del suo tour mondiale, il 15 settembre.
Tutti a vedere l'hombre lobo!

Allevati a rock and roll


Scorpions: 45 anni di carriera.
18 album in studio, 4 live e almeno 8 compilation, complessivamente 100 milioni di dischi venduti in tutto il mondo.
20 i musicisti che si sono avvicendati nella band, compresi i 5 attuali, tra i quali figurano i 2 fondatori Klause Meine e Rudolf Schenker.
L'età complessiva dei componenti attuali è di 270 anni, 2 le operazioni alle corde vocali sostenute da Meine nel 1981.
21 sono i tour fatti. L'ultimo sta per partire, durerà quasi 3 anni e nella migliore tradizione dei farewell tour, precederà lo scioglimento del combo.
Sting in the tail, 3 anni dal precedente Humanity: hour 1, è il disco appena uscito, 12 tracce, solo 1 degna dei fasti passati: Raised on rock.

mercoledì 26 maggio 2010

Lost chronicles, una breve valutazione

Almeno il finale aspetto un pò a recensirlo per non esagerare in spoiler, desidero solo affermare che, a differenza di molti fans della serie, non sono per niente deluso dalla conclusione di Lost.
A mio avviso gli autori hanno giocato intelligentemente con una delle teorie più formulate dagli spettatori, regalandoci un finale emozionante e lasciando apertissima la discussione sul significato della puntata (e dell'intera serie).
Ci tornerò sopra.

MFT, maggio 2010

ALBUM




AA/VV, Where the pyramids meets the eye, the 13th Floor Elevator Tribute Album
Xavier Rudd, Koonyum Sun
The Black Keys, Brothers
Scorpions, Sting in the tail
Nina Zilli, Sempre Lontano
Il Teatro degli Orrori, Raro
Hank III, Rebel Within
Gogol Bordello, Trans-Continental Hustle
Gaslight Anthem, American Slang
Florence+The Machine, Lungs
Jamie Lidell, Compass
Canned Heat, Blues with Canned Heat
Black Eyed Peas, Singles
357 String Band, Ghost Town
The Crookers, Tons of Friends
Lady GaGa, The Fame Monster
Basia Bulat, Heart of my own
Midlake, Courage of others
Slash, omonimo 2010
Van Halen, Best of both world


LETTURE

James Ellroy, Il Sangue è Randagio
Carlo Petrini, Nel fango del dio pallone

VISIONI

Lost, stagione conclusiva
Flash Forward, prima stagione (seconda parte)
Dexter, quarta stagione

martedì 25 maggio 2010

Così lontano, così vicino


Solo il tempo ci dirà se Nina Zilli, classe 1983, una discreta gavetta in diverse formazioni, è un prodotto preconfezionato delle major sull'onda del revival e di Amy Winehouse, o se è invece è tutto oro quello che luccica.

Intanto godiamoci Sempre Lontano, il suo album d'esordio che scorre via leggero ma intrigante, con lei che afferma una personalità e uno stile non banali.
I primi collegamenti che vengono in mente sono con Mina degli anni sessanta e con certe colonne sonore dei film di quell'epoca, ma la cosa non si ferma qui.
Si sente l'influenza anche dello stile retrò di Giuliano Palma (che infatti collabora a 50mila), tributi alle vecchie cose di Sergio Caputo, spruzzate di soul, con tanto di fiati e cori femminili (nelle due tracce Il paradiso e L'inferno), ma anche qualche episodio reggae alla Africa Unite (Penelope e No pressure, l'unico pezzo in inglese del lotto).
Nell'attacco di C'era una volta sembra di riconoscere Stay (degli Zodiacs via Jackson Brown) e qualcosa in Tutto bene ricorda Not fade away di Buddy Holly (via Stones).
L'amore verrà è la cover italianizzata di You can't hurry love delle Supremes (via Phil Collins).
Bellissimo chiude la track list ed è anche il mio pezzo preferito.


Il disco è ottimamente confezionato e prodotto, la voce di Nina si erge bene sul tappeto musicale che ha a disposizione, l'effetto nostalgia è raggiunto con classe. Volendo essere pignoli, resta solo la domanda che ponevo in premessa, ma in ogni caso non è elemento che pregiudica il piacere dell'ascolto.

domenica 23 maggio 2010

E venne il giorno


Mi preparo alla partita seguendo i riti scaramantici che, da spetattore televisivo, mi hanno portato fino a Madrid. Rinuncio alle proposte di cena+partita in trasferta fatte da amici e parenti e mi chiudo in casa. La tuta che indosso è quella pesante che ho portato dall'inizio della Champions a settembre, il resto della famiglia mi lascia solo e si rifugia in un'altra stanza. Alle 20.44, dopo una suggestiva coreografia basata sul Flamenco fanno il loro ingresso in campo le squadre. Canticchiavo la musichetta della coppa campioni già da qualche giorno, sentilra sparata al massimo dagli speaker dello stadio Bernabeu mi mette i brividi.

Si parte. La gara è meno bloccata del previsto. Si gioca, e l'Inter comincia in attacco. Poi i tedeschi prendono campo, Robben sembra in forma e mette in difficoltà uno spaesato Chivu. Da lì a poco il controllo della palla è tutto dei biancorossi di Van Gaal. Poi un rinvio di J. Cesar, Milito prende posizione e fa la torre per Sneijder che fa due passi e poi gli restituisce palla. Milito è nel cuore dell'area davanti ai difensori, non tira subito, ma quando lo fa non sbaglia. Uno a zero. Stranamente l'esultanza della squadra non è da finale, solo un paio di giocatori raggiungono il principe per festeggiare. Pochi minuti dopo, su contropiede potermmo già raddoppiare ma Sneijder, servito da Milito calcia in bocca a Butt.

Il secondo tempo si apre con il Bayern che dopo pochi secondi mette un uomo solo davanti al portiere dell'Inter, il tiro è centrale e J. Cesar respinge. Capovolgimento di fronte, un ottimo Pandev calcia di prima una velenosa palombella ma Butt si supera e gli nega il gol.

Il Bayern tiene palla, l'Inter gli lascia l'iniziativa e si chiude nella propria metà campo in attesa di ripartire. A metà del tempo Eto'o vince un contrasto di testa appena fuori dalla sua area di rigore e riparte servendo Milito, che punta l'area, fa un'incredibile finta, dribla un difensore, apre il compasso del destro e piazza la palla nell'angolo. 2 a 0.

I cambi non incidono sulla gara, Robben è isolato, sembra che nessuno tra i bavaresi abbia i numeri per una giocata risolutiva. Finisce la partita. In tanti, tra giocatori e pubblico,piangono a dirotto.E' un emozione indescrivibile. A mente fredda sembra quasi sia stata una partita "facile", già scritta, con il Bayern che ha fatto la partita che l'Inter si aspettava e con i nerazzurri che li hanno lasciati fare, consapevoli della propria forza.

Personalmente non ci credevo più ad una vittoria in questa maledetta competizione. Ero talmente sfiduciato da sviluppare un atteggiamento tipo la volpe e l'uva, dicevo che pensavo più alla seconda stella (e quindi al ventesimo scudetto) che alla Champions. Beh, mentivo.

A rovinare la festa (sennò non sarebbe l'Inter) oltre all'annunciato addio di Mourinho, le parole di uno stratosferico Milito che sostiene di avere offerte da altri club (complimenti Diego, dire che te ne vai - o battere cassa - in mezzo ai compagni e ai tifosi in delirio, dopo essere stato zitto tutto l'anno, è un capolavoro di tempismo pari a quello che hai in area di rigore) e la presenza di Schifani nella foto con la coppa (in questa è coperto, ma in altre si vede chiaramente)...

P.S. Colgo l'occasione per fare autocritica, visto lo scetticismo con il quale avevo accolto Mou.

venerdì 21 maggio 2010

Anni di piombo


Il sangue è randagio, nuovo libro di Ellroy, è l'ultima parte di una trilogia iniziata nel 1995 con l'imperdibile American Tabloid e continuato nel 2001 con Sei pezzi da mille. Ognuno di questi libri, volendo, si può leggere anche da solo, ma personalmente, in considerazione dell'orizzonte temporale che divide le uscite e data la complessa ragnatela tessuta dal Ellroy, prima di procedere con il capitolo più recente rileggo sempre ("random" o in stile readest digest) il precedente.

Eccomi quindi a riprendere in mano Sei pezzi da mille, opera molto criticata e forse prima occasione in cui il fronte compatto degli estimatori del genio americano ha cominciato a incrinarsi. Anch'io, pur aspettandomi una flessione fisiologica, dopo quel capolavoro della letteratura moderna che è stato American Tabloid, ero rimasto deluso. Quello che non mi era piaciuto era l'abnorme quantità di spunti e di elementi contenuti in ogni singola pagina, e poi, certo, l'inasprimento dello stile di scrittura, l'eccessiva contrazione dei periodi, lo stupro perpetrato ai danni della sintassi. Copio un passaggio del libro, giusto per rendere l'idea dello stile usato dall'americano per le quasi 800 pagine di narrazione:

Più:
Arrivi di truppe. Movimenti di truppe. Morti.
Più:
Incursioni aeree. Incursioni terrestri. Resistenza.
Resistenza in Vietnam. Resistenza in America. Resistenza nel resto del mondo.
La guerra era PIU'. Gli affari erano MENO. Wayne lo sapeva.
Meno:
Estensione. Incrementi dei profitti. Potenziale.
La skuadra condivideva il laboratorio. Il Can Lao l'aveva cooptato. Perchè farlo?
Il Can Lao esportava in Europa. La skuadra esportava a Vegas. Notare la dicotomia.
La skuadra guadagnava bene. Il Can Lao guadagnava alla grande. Notare la discrepanza. La guerra era la definizione di PIU'. Gli affari erano la definizione di MENO. Notare l'incongruenza.

La rilettura ad anni di distanza ha cambiato il mio punto di vista, facendomi apprezzare questa scrittura anfetaminica, ipnotica, ossessiva, ripetitiva come un blues di John Lee Hooker. James Ellroy è quasi impazzito mentre scriveva questo libro, e i lettori vengono trascinati nella medesima spirale di follia nella quale ha rischiato lui stesso di precipitare.
Dal punto di vista della storia, gli elementi che contraddistinguono il racconto sono quelli classici a cui il narratore ci ha abituato. Sei pezzi da mille si apre con le strategie dell'F.B.I. per eliminare (fisicamente o nella credibilità) i testimoni dell'omicidio Kennedy, poi le attenzioni di Hoover si spostano sul fratello di John, Robert e su Martin Luther King e sui piani per toglierli di mezzo. Sullo sfondo, la guerra in Vietnam, il commercio di droga dal paese asiatico, la mafia, Las Vegas e Howard Hughes.

Oltre ai personaggi sopravvissuti ad American Tabloid, Ellroy ne inserisce di nuovi, complessi e sfaccettati come tutte le sue creature. Sugli altri, Teadrow padre e figlio e Dwight Holly. Tutti agiscono contemporaneamente su più livelli. Quando va bene fanno il doppio gioco, ma spesso si spingono anche oltre. Qualcuno, pur avendo sulle mani il sangue di molte persone, è animato da valori che lo portano a prendere decisioni drammatiche e coraggiose quando questi vengono traditi.
Ellroy racconta infine come vengano adescati, condizionati mentalmente, addestrati e indotti ad uccidere da parte di agenti dell'F.B.I. , Jimmy Ray, attentatore di MLK e Shiran Shiran, assassino di Robert Kennedy.

Dietro a tutto c'è lui, il Grande Manovratore, J.Edgar Hoover, capo del Bureau per trent'anni, durante i quali ha spiato e intercettato praticamente ogni essere umano che destasse la sua attenzione, con particolare accanimento verso attivisti neri, comunisti o politici democratici. E' lui l'anima nera di questa trilogia, la vera ossessione di James Ellroy. E' lui che rappresenta la coscienza sporca degli USA. E lui che porta a dire allo scrittore che l'america non è mai stata innocente.

mercoledì 19 maggio 2010

I-talians


Dietro ai nick names BOT e PHRA si nascondono due italianissimi dj italiani (periferia di Milano), che sono attualmente i più quotati remixatori (tra gli altri hanno lavorato su pezzi di U2, Timbaland, Chemical Brothers, Britney Spears) di musica del globo.
A testimoniare questo momento d'oro accorrono prontamente tonnellate di amici a fare featuring sul loro album d'esordio.
E' chiaro che la musica dance/electro/techno non è la mia tazza da tè, ma è altrettanto evidente che se qualcosa mi incuriosisce non mi lascio certo intimidire dalle etichette.

Detto questo, le tracce che preferisco sono quelle meno estreme, che più rispettano la forma canzone, che sia hip hop o black piuttosto che il mero esercizio da funamboli della dance floor.
In questo senso estrarrei dal mazzo la popolarissima Day 'n' nite, Let's get beezy (feat. will.i.am); Hold up your hand (Roisin Murphy); Puts your hands on me (Kardinal Official & Carle Marie); e Jump up.

Disco simpatico, magari solo un pò troppo lungo (20 tracce!).

martedì 18 maggio 2010

Criticize

Qualche tempo fa mi è stata rivolta una critica riguardo all'abitudine che avrei di recensire i dischi solo in modo positivo. Probabilmente è vero, ma non mi sembra una cosa tanto anomala. Fatto salvo i miei idoli musicali, ai quali concedo ripetute chance anche se i loro lavori non mi convincono subito, per il resto, a causa della bulimia musicale (cit) che mi attanaglia, se un album non mi piace, o se non pianta un semino da far germogliare, lo mollo quasi subito. E' sbagliato, lo so e così facendo mi perdo buoni lavori. Però resta il fatto che non li ascolto a sufficienza per articolare una recensione e pertanto non ne parlo nè bene nè male.

Ad ogni modo, giusto per togliere lo sfizio a chi ha sollevato la critica, ecco una breve lista di dischi recenti meritevoli di stroncature:

Airbourne, No guts no glory: avevo gradito il precedente Running wild , divertimento senza menate con il tipico boogie creato dagli AC/DC. Con la nuova release mi sembra che il giocattolino si sia già rotto, o forse sono io che mi sono stufato presto.
Vale lo stesso discorso per Joe Pug, il suo ep acustico d'esordio mi aveva fulminato, mentre ho trovato Messenger, l'esordio full-lenght (e full band) piuttosto fiacco e prevedibile.
Il nuovo di Slash avrebbe in teoria tutte le caratteristiche per piacermi, ma nonostante i ripetutti ascolti, proprio non sfonda. Volendo ciurlare nel manico del dualismo con l'ex socio, continuo a preferire di gran lunga Chinese democracy.

In sintesi infine, ho trovato deprimenti i Midlake, "telefonato" il ritorno di Sade, ottimizzatori di vecchie idee i Massive Attack, imbolsito il nuovo John Mayer, inascoltabili i Linea 77 al loro esordio in italiano; simpatici ma poco più i Barnetti Bros e "futile" , rispetto alle singole storie degli artisti, San Patricio, che vede insieme i Chieftains e Ry Cooder.

Ecco, direi che per un pò mi sono messo in pari.

lunedì 17 maggio 2010

Continuando ad ostentare sicumera


Non sono entrati nella mia top ten del 2009 solo perchè ho scelto di non mettere raccolte, però più l'ascolto e più mi convinco che Gattini, degli Elio e le storie tese, non sia una banale antologia. Innanzitutto perchè i brani sono tutti reinterpretati, e poi perchè (alcuni più di altri) hanno un nuovo arrangiamento orchestrale ( con la Filarmonica Arturo Toscanini). Anche la scelta dei brani infine è lontana dalla stringente logica del best of.

Certo, non mancano i pezzi epocali come John Holmes (che apre giustamente il disco) o Il vitello dai piedi di balsa, e hit quali La terra dei cachi o Shpalman, ma sono sacrificate altre canzoni che in una diversa e più prevedibile logica commerciale avrebbero senza dubbio trovato spazio. Mi vengono in mente ad esempio Supergiovane, Servi della gleba, Il pippero, Cara ti amo, Tapparella, che la band ha invece scelto di escludere.

Questa scelta ha permesso di dare visibilità ad alcune perle nascoste, come ad esempio Pork e Cindy, un brano strepitoso ma "difficile" da riproporre ora che gli Elii hanno raggiunto il grandissimo pubblico, oppure ad una versione tiratissima di Cassonetto differenziato per il frutto del peccato (con il suo incipit alla Rock and roll dei Led Zeppelin) o ancora ad una potente interpretazione di Essere donna oggi. Vengono premiate anche La follia della donna, Psichedelia e Il rock and roll, tratte del periodo meno felice della formazione, ma assolutamente meritevoli di ripescaggio, mentre nessuna canzone è stata selezionata dall'ultimo Studentessi.

La passione di Elio per l'opera è rappresentata da Largo al factotum dal Barbiere di Siviglia di Rossini (da tempo costante nei concerti del gruppo). Congruo anche l'unico inedito della raccolta, Storia di un bellimbusto, specchio dei tempi di una Milano da pippare, con una irresistibile gag finale. Uno degli highlights della raccolta è però l'inaspettata e grandiosa versione slow di Shpalman (presente anche nella sua versione veloce), con Max Pezzali (uno dei tanti featuring dell'album) alla voce. Sembra impossibile emozionarsi per la storia di un super eroe che punisce i nemici spalmandogli la merda in faccia, ma vi assicuro che questo accade, grazie alla maestosa capacità di una grandissima band.


Lunga vita agli Elii.

domenica 16 maggio 2010

Honeymoon's over

Per molti viaggiatori l'avvento di Ryanair e delle low cost è stato un evento epocale positivo, si sono aperte possibilità infinite di viaggiare in mezzo mondo a prezzi stracciati. Addirittura, con un pò di costanza, una buona organizzazione e una spruzzata di culo, si arrivava a viaggiare gratis. L'immagine della compagnia era giovane, sfrontata, simpatica. Gli spot non autorizzati che mettevano alla berlina personaggi noti per pubblicizzare il marchio sono entrati nella storia (come dimenticare la presa per il culo a Valentino Rossi?). Insomma, il vettore irlandese faceva allegramente il culo alle compagnie tradizionali (non affronto qui le gravi conseguenze occupazionali di questa sistuazione) e faceva felici milioni di persone.

Presto sono cominciati i ma. Regole sempre più restrittive per l'acquisto del biglietto o per le pratiche di check-in; nessuna assistenza in casi di problemi (di questo sono testimone diretto); insensibilità totale nei confronti dei passeggeri disabili, spesso non imbarcati, più di un intervento delle autorità aeronautiche di vari paesi per infrazioni anche gravi, sfruttamento dei dipendenti, rifiuto di applicazione dei diritti legali e sindacali dei paesi nei quali Ryanair si stabilisce. Una lunga e antipatica lista di episodi e situazioni di cui la notizia che linko qui sotto è solo la degna conclusione. Tutto questo non sembra intaccare significativamente il buisness dell'azienda irlandese, ma a lungo andare potrebbe spostare le scelte di chi vuole spendere poco verso altre compagnie low cost o low fairies più eitche. Un nome su tutti: Easyjet.

Enac multa Ryanair per tre milioni. Mancata assistenza ai passeggeri.

La compagnia punita per non aver ottemperato ai suoi obblighi nei confronti dei viaggiatori , quando centinaia di voli furono cancellati per la nube di cenere vulcanica proveniente dall'Islanda.

venerdì 14 maggio 2010

If you want blues


Un disco di solido, compatto e coeso blues elettrico. Dieci brani, nessuna incertezza. Giusto qualche assaggio di psichedelia in Amphetamine Annie poi per il resto un rullo compressore che avanza con il santino di John Lee Hooker sul cruscotto.
Sì, è anche l'album di On the road again, ma il brano, nonostante la sua genialità, rischia di passare in secondo piano, stretto tra l'apertura di Evil woman, l'immortale ritmo alla hoochie coochie man di My crime e World in a jug, che sembra anticipare il modo di suonare blues dei Doors.
Turpentine moan è invece molto vicina alla versione di Sweet home Chicago più nota, e le note conclusive sono affidate allo strumentale Marie Laveau e al talking Fried hockey boogie.


I Canned Heat avevano due voci, quella del singer Bob Hite (anche all'armonica) e del chitarrista Alan Wilson. Non furono molto fortunati, split a ripetizione e la morte per overdose di Wilson hanno negato alla band la carriera che avrebbe meritato.
In un periodo (la fine dei sessanta) in cui il rock-blues era sopratutto appanaggio degli inglesi, Boogie with canned heat ha fatto battere un colpo anche alla terra dove la musica del diavolo è nata.

mercoledì 12 maggio 2010

Lost chronicles, 3

La novità più importante delle recenti puntate è rappresentata dal fatto che comincia a capirsi quanto la realtà che i nostri vivono lontano dall'isola sia in realtà una menzogna. E' Charlie che comincia a squarciare il velo che qualcuno ha messo sopra le loro vite, avendo delle visioni nel momento in cui rischia di morire proprio a bordo del volo Oceanic. Così lo spiega a Desmond, che in questa realtà alternativa lo andava a prendere per portarlo a suonare in una festa privata nella residenza Widmore (per cui lavora). Anche Desmond, durante un incidente con tanto di inabissamento dell'auto, ha una visione di Penny(che in quella realtà non ha mai conosciuto), e dopo un colloquio con il Daniel Faraday della realtà alternativa (nella quale fa il musicista!) capisce che in qualche modo, qualcuno gli sta facendo vivere una vita finta, negandogli quella vera. Così riesce a conoscere Penny e in seguito si adopera per mettere sulla buona strada gli altri naufraghi mancati. Da ricordare come Desmond avesse delle visioni anche sull'isola, nella terza stagione, quella della morte di Charlie.

Il ruolo di Desmond appare determinante anche nello svolgimento della storia sull'isola, Widmore infatti lo fa rapire e portare lì contro la sua volontà e gli spiega che dovrà sacrificarsi per il bene di tutti. Per il resto gli schieramenti delle fazioni del Locke posseduto e del miliardario si sono formate, farLocke ha perso Sawyer, Kate, Hugo, Claire e Sun, che hanno raggiunto Widmore e Jin, ma ha recuperato un'imprevedibile alleato: Jack.

martedì 11 maggio 2010

22

Poi mi hanno detto che si era messo di traverso un camion venti chilometri più avanti. Io non l'ho visto perchè nel tentativo di liberarmi dall'incistamento di un traffico bestiale (su un totale di 35 km da percorrere, dopo un'ora ne avevo fatti solo una decina) ho preso tutte le strade alternative possibili, lecite e non.
Comunque, mentre ero lì bloccato nella mia scatoletta di plastica e metallo con le ruote, ho cominciato a fare un conto della serva che nasceva da questa domanda: ma quanto cazzo di tempo della mia vita trascorro imbottigliato in coda sulla rivoltana per andare a lavorare?

Se facciamo una media complessiva di due ore al giorno (andata e ritorno), per circa ventidue giorni mensili, moltiplicati per undici mesi l'anno (considerandone circa uno di ferie) e senza considerare le code fatte per ragioni diverse dal lavoro, vengono più di ventidue giorni all'anno. Ventidue lunghi giorni trascorsi a ciucciare gas di scarico altrui, a schiacciare frizione-prima-prima-frizione e a cambiare compulsivamente i canali sull'autoradio.
Non è frustrante?

lunedì 10 maggio 2010

Furry movie


Classica pellicola alla Disney, nella quale interagiscono uomini e animali. Perfetta per i bambini, nessuna volgarità (lo squirting di puzzola è concesso, a quanto pare), messaggio ecologista elementare, viaggia con l'autopilota fino alla fine.
Tempo fa avevo sentito un vecchio attore sostenere che quando ti riduci a fare film con bambini o animali, vuol dire che sei finito.
In effetti il ripescaggio di una quasi irriconoscibile Brooke Shields (da Lolita a MILF) sembrerebbe confermare questa tesi.
Più enigmatica la logica che sta dietro alle scelte dei film da interpretare da parte di Brendan Fraser.

domenica 9 maggio 2010

Shaking the 2010

Finalmente una ventata di aria nuova arriva a rinfrescare questo (mio) fiacco 2010 musicale. Ho recuparato, tutti insieme, qualcuno in anticipo sulla data della release ufficiale, un lotto di dischi di artisti di cui aspettavo con una certa impazienza i nuovi lavori. Mi riferisco ai Gogol Bordello (Trans-continental hustle), ai Gaslight Anthem (American slang) e ad Hank III (Rebel within) - in questo caso più che di impazienza dovrei parlare di febbrile attesa -.
Recensioni in arrivo, anche se me la voglio prendere moooolto calma.

venerdì 7 maggio 2010

Have fun

L'altro giorno guardavo dopo un pò di tempo Shrek con Stefano, e mi è venuta voglia di riascoltare gli Smash Mouth, autori della All Star sulla quale scorrono i titoli di testa. Ho ripescato il loro esordio Fush Yu Mang, che all'epoca (1997) mi aveva divertito parecchio con la sua miscela di ska, reggae, punk e pop rock. Improvvisi cambi di velocità, ritornelli da pogo, puzza di erba che si sentiva fin da qui. Il singolone che aveva trainato l'album è Walkin' on the sun, ma tutto il disco aveva un bel tiro, pescando a piene mani dagli stili di Police, The Specials, Bad Manners, Clash, Madness e addiruttura Red Hot Chili Peppers (Pet names).


Dodici fulminanti tracce per poco più di mezzora di musica, tributi al Fonzarelli di Happy Days (The Fonz) e a Don Vito Corleone (Padrino), chiusura con l'unica cover del lotto, Why can't we be friends dei War. I lavori successivi saranno più levigati e pop, ma perderanno in spontaneità.


Fun fun fun.

giovedì 6 maggio 2010

Shopping compulsivo

I vinili di Electric Ladyland e London Calling era da un pò che li cercavo, ma non li avrei mai e poi mai pagati lo sproposito che li ho pagati se non mi fossero capitati a margine di una giornata tremebonda come quella che mi ha portato a Torino martedì, sotto un diluvio universale incastrato un traffico da evacuazione generale tipo disaster movie. E' per questo che mi sono trovato a sera, con la scusa di fermarmi all'ipermercato per comprare il latte e intanto buttare un occhio da Mediaworld, a sfogare tutta la mia frustrazione in acquisti prestigiosi ma sostanzialmente futili, da perfetto dinosauro comunista consumista.

martedì 4 maggio 2010

Why worry?

Sono giorni in cui macino chilometri in direzione nord e sud. Ieri trasferta in treno a Roma, A/R in giornata per lavoro, che la situazione dei contratti di settore è sempre critica. Oggi a Torino in auto con i genitori, a causa di un lutto. E' venuta a mancare l'ultima superstite della stirpe di mia madre, anche lei quasi centenaria come suo fratello, mio nonno.

Da qualche giorno però i miei pensieri sono quasi monopolizzati da un esame che dovrò fare mercoledì mattina. Trattasi di gastroscopia. Non è la prima volta che mi sottopongo a questo controllo diagnostico, ma è sicuramente la volta in cui sono più preoccupato. Un pò perchè, come la media degli uomini ( le donne a mio avviso sono più coraggiose), col passare del tempo sono diventato sempre più lamentoso, ipocondriaco e timoroso di "avere qualcosa", un pò perchè col mio stomaco malandato sostenere i regimi alimentari che tengo è folle/autolesionista e infine perchè l'esame in se stesso ( anche se non vorrei esagerare con i piagnisteti) non è proprio simpaticissimo, ecco.

Giovedì spero di poter tirare un bel sospiro di sollievo, senza festeggiare a patatine fritte, magari.

domenica 2 maggio 2010

Give me Stream!

Non sto qui ad annoiarvi con le ragioni nel loro dettaglio, ma per un bisticcio nella programmazione di Sky, ho perso una puntata di Lost (una delle ultime! ). Avevo quindi la necessità di recuperarla velocemente onde mettermi in pari con la sua incasinatissima continuità, prima dell'episodio successivo. Ora, posto che non uso i programmi p2p attraverso i quali mi dicono sia piuttosto facile ovviare a questi contrattempi, mi sono adoperato per adottare misure alternative.
Da un problema nasce un'opportunità. In questo caso, credetemi, mi si è addirittura aperto un tutto un mondo nuovo di possibilità. Questo mondo si chiama streaming. E' perfettamente inutile che alleghi dei link, basta che mettiate nel motore di ricerca il titolo di una serie accompagnato dalla parola streaming e le trovate tutte, in italiano se sono passate dalla tv italiana, o in inglese sottotitolato in caso contrario. Alcuni siti richiedono il download di un programma per consentire la visione, ma molti altri no. Le puntate si possono scaricare e vedere con calma anche senza connessione, oppure guardare on line senza scaricare nulla e quindi senza appesantire l'HD.
Magari è una cosa arcinota che disconoscevo solo io, ma nel caso non fosse così fate una prova, soddisfazione garantita.

sabato 1 maggio 2010

Indigestione



I mondiali di calcio che si stanno appropinquando sono quelli che attendo con meno interesse da quando ho iniziato a seguire il calcio. Il che è sorprendente, vista l'attrattiva e il fascino che questa manifestazione ha sempre esercitato nei miei confronti. Certo, permane un pò di curiosità per il luogo della manifestazione (l'Africa, per la prima volta nella storia), ma per il resto disinteresse assoluto. Sarà l'insofferenza che nutro per il team italiano, o per l'overdose di calcio della stagione, o anche perchè a memoria fatico a ricordare l'ultimo mondiale in cui s'è visto calcio divertente (Mexico 86?), fatto sta che tutto l'hype montato ad arte dalle tv (chi ha sky sa di cosa parlo) mi lascia indifferente più o meno come un vegan davanti ad una fiorentina. Stiamo a vedere se tra un mese e mezzo mi tornerà l'appetito...