giovedì 27 aprile 2023

Dwight Yoakam, Guitars, cadillacs, etc. etc. (1986)

In un periodo in cui il country andava in tutt'altra direzione (quella pop) e l'honky tonk non era considerato "vendibile" dalle major, Dwight Yoakam riesce a debuttare, nel 1986, con questo Guitar, cadillacs, etc. etc., un ten-tracks nel solco purissimo del true country e del Bakersfield sound (Jimmy Rodgers, Lefty Fritzzell, Bob Willis, Buck Owens), raggiungendo, a dimostrazione della discutibile competenza dei manager delle compagnie musicali, la vetta della classifica generalista USA. Con una voce che flirta costantemente con lo yodel ma senza andarci mai a meta, un sound pieno costruito sull'honky tonk guitar rhythm e, spesso, sulla slide e sul violino, Dwight (l'hai visto in Cry Macho di Eastwood: anche la sua carriera da attore, perlopiù caratterista, è corposa) giganteggia. Pezzi come Honky tonk man (di Jimmy Horton) e la title track restano momenti irrinunciabili nei concerti dell'artista, ma l'intera opera, per mezzora di musica, riascoltata oggi, appare un glorioso evergreen. Che gli vuoi dire ad una It won't hurt, ad una Bury me (featuring Maria McKee), ad una Heartaches by the numbers o alla versione di Ring of fire di Cash (scelta non scontata, a meta ottanta, con Cash ai margini)? Niente, appunto. Fondamentale per il movimento.

lunedì 24 aprile 2023

Nonostante le apparenze...E purchè la nazione non lo sappia...All'onorevole piacciono le donne (1972)

L'onorevole Giacinto Puppis, esponente di punta del partito cattolico di centro, dopo aver già occupato il posto di premier, aspira a diventare, sostenuto dagli alti prelati del clero, Presidente della Repubblica. Il politico è un fervente bigotto, ma negli ultimi tempi è assalito da incontrollabili raptus, vere e proprie pulsioni verso le donne, che non riesce a controllare nemmeno in pubblico. Per questo viene mandato in un convento per un periodo di esercizi spirituali. Nel frattempo mafia, vaticano, forze dell'ordine e servizi segreti deviati muovono ognuno i propri fili per un'occupazione occulta dei poteri dello Stato.

Ci sono diverse ragioni, tutte enormemente valide, per recuperare questo film di Fulci, uscito tra due titoli importanti nella filmografia del "terrorista dei generi", come Una lucertola con la pelle di donna e Non si sevizia un paperino, che cominciarono a svelare al pubblico più attento il grande talento dietro la mdp del regista romano. 
Innanzitutto, dietro il titolo da commedia scollacciata tipica del periodo si cela una satira politica feroce, che, se contestualizzata, mantiene la sua forza feroce nonostante le revisioni, le censure e i tagli imposti. Inoltre, anche in un film che doveva mostrare tette e culi un tanto al chilo per avere quel pruriginoso appeal da italico post bigottismo che riempiva le sale, Fulci si ritaglia alcune sequenze tecnicamente memorabili (su tutte la lunga parte onirica), da grandissimo quale egli era.

Quindi, mettendo da parte l'aspetto da commedia sexy, ed eludendo abilmente le pastoie della rigorosa censura democristiana, nel 1973, si portò nei cinema una pellicola che mostrava: i servizi segreti smaniosi di capovolgere la repubblica attraverso un colpo di stato; la mafia, che tenta di eleggere un presidente della repubblica (capeggiata non da un siciliano con coppola e lupara ma da un feroce cardinale in odore di papato); rappresentanti dei corpi militari che nelle occasioni ufficiali si fanno scappare il saluto romano; omicidi a profusione ed una terrificante sequenza finale nella quale le vittime vengono "impagliate" ed esposte in chiesa come comuni statue. Infine, una somiglianza che all'epoca fece molto, molto rumore tra l'allupato onorevole Puppis (Buzzanca) e il politico Emilio Colombo della D.C. (Fulci negò la volontarietà della similitudine. Ma Fulci, si dice fosse un comunista marxista...). 
Lo stesso regista, per quest'opera, che per un periodo fu persino sequestrata con la scusa dell'oscenità, passò i suoi guai, sostenendo che subì un periodo di "sorveglianza" e che gli fu messo il telefono sotto controllo.

Quanta nostalgia per il cinema di quegli anni, per la libertà artistica di cui godevano gli artisti e per il coraggio dei produttori. Tutta roba oggi neanche lontanamente immaginabile.

giovedì 20 aprile 2023

Recensioni capate: Chris Offutt, Nelle terre di nessuno


L'esordio letterario di Chris Offutt (Lexington, 1958) è una raccolta di novelle pubblicata per la prima volta nel 1992, che, così come deve essere, racconta di ciò che l'autore conosceva meglio, vale a dire tutta quell'area degli States (Kentucky, Virginia, West Virginia, North Carolina) storicamente funestata da ampi strati di estrema povertà, dove la popolazione bianca (white trash) vive letteralmente alla giornata, nella consapevolezza di essere nata condannata e di non avere alcuna via d'uscita. 
Questo il denominatore comune dei nove racconti contenuti nella raccolta. Sia che ci si soffermi su bambini che crescono senza un supporto genitoriale, che su operai che svolgono lavori caratterizzati da fatiche disumane, oppure di miti e leggende del posto, l'impressione è  sempre quella di trovarsi al cospetto di uno scenario laddove progresso, welfare state e conquiste sociali non sono mai giunte, e che continua a vivere miserabilmente assecondando la legge del più forte (o del meno sfortunato). 
Una lettura che non rivela nulla che già non conoscevo attraverso altri libri, dischi o opere audiovisive, ma che mi ha fatto conoscere una voce interessante.

lunedì 17 aprile 2023

Francesco Guccini, Canzoni da intorto (2022)

Vero è che Francesco Guccini (83 anni tra poche settimane) aveva annunciato il suo ritiro dalle scene (dischi e concerti), dovuto principalmente al suo precario stato di salute, a seguito de L'ultima thule del 2012, tuttavia non mi sento di inserire il Maestro nel calderone di tutte le rockstar/artistucoli che usano questa dichiarazione perentoria per cercare un ultimo alito di successo e visibilità, visto che effettivamente Guccini non ha più inciso una nota nè calcato alcun palco da quell'impegno assunto, limitando la sua vena artistica alla letteratura (sono una decina, tra racconti e romanzi, le opere rilasciate negli ultimi dieci anni).

E infatti Canzoni da intorto (termine con il quale si indica l'arte oratoria di sedurre l'altrui sesso) è un'operazione davvero particolare e solo superficialmente un banale disco di cover, anche perchè, quando si parla di francescoguccini, di scontato non c'è mai nulla. Provare per credere. Le undici tracce più una ghost track contenute nell'album vanno infatti a pescare tra composizioni del passato che arrivano indietro fino al sedicesimo secolo, e che non disdegnano, oltre alla lingua italiana, il dialetto milanese, piemontese, l'inglese e perfino l'ucraino.

Da segnalare come, a differenza dell'opprimente  malinconia che ammantava L'ultima thule, qui gli arrangiamenti dei brani, che pur non hanno quasi mai contenuti leggiadri, siano più improntati ad un suono pieno molto legato alle tradizioni italiane di paese, con qualche sorprendente richiamo a Capossela o al progressive folk. La canzone che apre il lavoro è una delle mie personali (e nostalgiche) top three dei viaggi in macchina verso il sud che facevo da bambino con la famiglia, quando la playlist di mio padre era racchiusa nella cassetta dei canti di protesta, da cui non mancava mai Per i morti di Reggio Emilia. La versione di Guccini è spiazzante per il contesto musicale proposto (di cui ho accennato sopra) e un pò mette tristezza per le condizioni della voce del cantautore, che mostra tutta la fatica dell'età e della salute incerta. Resta comunque un grande pezzo, così come Addio a Lugano, altra composizione immancabile in quei miei lunghi viaggi. 

Canzoni da intorto è un disco dalla forte connotazione politica, che costruisce un ponte tra liriche antiche che ancora fanno sentire la loro eco ai giorni nostri (Sei minuti all'alba di Jannacci, la nostra 25 minutes to go), che sfidano convenzioni e consumismo nella disperata ricerca di un barlume d'amore (Quella cosa in Lombardia) o che, infine, per ammissione dello stesso Guccini, sono state fonte di ispirazione per capolavori del passato (Nel fosco fin del secolo morente, La locomotiva).
Non posso poi evitare di soffermarmi sulla più nota canzone della mala milanese, quella Ma mi scritta da Strelher per la (allora) musa Vanoni, resa in maniera convincente (anche nell'uso di un dialetto non suo), da Guccini. 

E allora Canzoni da intorto va preso per quello che è: un inaspettato regalo da parte di uno dei più grandi poeti/cantautori della storia, che di certo deve aver provato un enorme piacere a registrarlo.

venerdì 14 aprile 2023

The charts week, 3: i miei album da ricordare del 2022

Ultima classifica e, lo ammetto, è proprio una forzatura, avendo io ascoltato nel 2022 meno di quaranta dischi nuovi. 
Tuttavia la archivio come personalissimo reminder dei lavori più longevi dell'anno sui miei vari devices.


Charles Lloyd Trios, Chapel

mercoledì 12 aprile 2023

The charts week, 2: le mie serie da ricordare del 2022

Qui la lista è molto più snella e, nelle mie personalissime eccellenze, non si arriva a cinque titoli (stavolta però compilati in ordine di preferenza):

1. Gangs of London stagione due, Sky
2. Dopesick, Disney Plus (iniziata nel 2021, conclusasi nel 2022)
3. Pistols, su Disney Plus
4. We own this city, Sky

Segnalo anche, a-pari merito:

The Bad Guy, Prime Video
Bang Bang Baby,  Prime Video
Call my agent, Sky
The Boys stagione tre, Prime Video
The Old Man, Disney Plus
Christian, Sky
The Watcher, Netflix
Una squadra (docuserie), Sky
Monterossi, Prime Video

lunedì 10 aprile 2023

The charts week, 1: i miei film da ricordare del 2022

Gennaio Aprile, tempo di consuntivi sulle migliori opere dell'anno appena passato. Arrivo a questa lista dopo averne spuntata un'altra, in cui mi ero segnato i film che mi mancavano da vedere prima di potermi esprimere. L'ultimo (Bones and all) l'ho recuperato qualche giorno fa e quindi eccoci pronti. 
Unica indicazione: l'ordine dei titoli segue semplicemente quello cronologico rispetto all'uscita nelle sale (ho preso in considerazione esclusivamente produzioni distribuite in Italia nel 2022). 
Insomma un ex aequo di dieci pellicole.


1) Matrix Resurrection (distribuito in sala dal 01.01.2022)
Lana Wachowski esce nell'unico modo possibile dalla trappola di un nuovo episodio di Matrix: con un'operazione meta-cinematografica che si toglie chili di sassolini dalle scarpe. La Warner gli ha concesso un budget faraonico e lei gliel'ha usato contro. Geniale.

2) La fiera delle illusioni - Nightmare Alley (27.01.2022)
Con il riadattamento cinematografico dell'omonimo film del 1947 e del libro dell'anno prima, Guillermo del Toro ci regala un affresco spietato, lucido, cinico e bellissimo di un'epoca disperata, popolata (anche) da persone altrettanto feroci. Indimenticabile.

3) Un altro mondo (01.04.2022)
Oltre al film, premio l'intera trilogia sul mondo del lavoro di Stèphan Brizè, che questo lavoro va a concludere (il primo capitolo è stato La legge del mercato, 3,5/5, e il secondo In guerra, 4/5). Dopo l'uomo di mezz'età disoccupato e il sindacalista, l'occhio di Brizè si sposta sul manager della multinazionale lacerato da profondi dilemmi morali. Comune denominatore del trittico, un maestoso Vincent Lindon. Doloroso, sì. Ma quanto necessario.

4) Nope (11.04.2022)
Atteso al varco, Jordan Peele ha scartato di lato. Dopo due thriller angoscianti come Get out! e Us, la (ex) nuova promessa del cinema di genere americano vira sul cinema fantascientifico-catastrofico anni settanta, con la minaccia misteriosa che si nasconde dentro l'elemento naturale (il cielo). Messa in scena sontuosa e grandi spazi aperti che però provocano claustrofobia. Genietto.

5) Crimes of the future (24.08.2022)
David Cronenberg torna ai suoi temi più cari: il futuro distopico e il body-horror. Per il sottoscritto con risultati positivamente insperati, so che molti altri non la pensano allo stesso modo. Un film che parla di arte del futuro che è esso stesso un'opera d'arte moderna. Rivoluzionario (di nuovo).

6) Men (24.08.2022)
Ahi ahi, qui ci si fa male. Altro genietto, ma meno "esposto" di Peele, Alex Garland elabora un incubo continuo, aperto a tutte le interpretazioni che la psiche di ognuno permette. La lunga scena finale si raccorda con Croneberg e Yuzna ed è ad alto tasso di insostenibilità. Lisergico.

7) Triangle of sadness (13.09.2022)
Sono d'accordo con chi critica questo lavoro di Ruben Ostlund in quanto, rispetto ai suoi precedenti lavori, risulta più didascalico, il messaggio sociale/sociologico cioè trasmesso più "in stampatello", ma anche così avercene, oggigiorno. Il riferimento, nel terzo atto, da Travolti da un insolito destino... della Wertmuller è voluto e apertamente dichiarato dal regista. Militante.

8) Nido di vipere (15.09.2022)
Forse in altri tempi questo del regista sudcoreano Kim Yong-hoon sarebbe stato considerato solo un buon film. Peccato che io nel 2022 io non abbia visto un noir crime pulp in salsa divertente al pari di Nido di vipere. Dominante.

9) Bones and all (23.11.2022)
Dopo l'ottimo remake - non remake di Suspiria, Guadagnino resta sulle piste del gore. Questa volta con una storia d'amore tra due giovani cannibali e il loro road movie nel nulla del midwest americano degli anni ottanta (quanto ci sarebbe stata bene Nebraska di Springsteen ad accompagnare il panorama in movimento al di fuori del loro pick-up!). Fotografia, location, cast (bravissimi i due protagonisti, ma anche i principali supporting role valgono mezzo film) restano impressi nella retina degli occhi. Profondo rosso.

Avatar 2 (14.12.2022)
Il blockbuster dell'anno. O pensavate anche voi fosse quello scempio di Top Gun Maverick



Fuori per pochissimo:

Finale a sorpresa (21.04.2022)

The northman (21.04.2022)

Arthur Rambo (28.04.2022)

Argentina, 1985 (29.09.2022)

The menu (17.11.2022)



Menzione speciale

L'angelo dei muri (distribuito nelle sale dal 04/12/2021)

giovedì 6 aprile 2023

Recensioni capate: Tigers are not afraid (2017)


Un film messicano, scritto e diretto da una regista, Issa Lòpez, che usa il genere sovrannaturale per accendere un riflettore enorme su temi quali la violenza, ottusa e spietata, dei territori in mano ai narcos e l'infanzia negata dei bambini di strada, spesso abbandonati dalla famiglia o resi orfani dalla criminalità. Un'opera breve ma intensissima, che funziona sotto ogni punto di vista: emotivo, angosciante, sociologico. Indimenticabili i bambini protagonisti, in costante, pericoloso equilibrio tra innocenza e durezze della vita di strada. Narrativamente siamo dalle parti di Stephen King, che infatti ha apprezzato.

lunedì 3 aprile 2023

The Troops of Doom, Antichrist reborn (2022)


Se guardiamo alla nostra gioventù di metalhead, un ruolo importante, nell'alzare il livello di cattiveria di riff e sonorità, lo ha sicuramente recitato quel mix devastante di thrash/death/proto-sludge emerso nella seconda metà degli anni ottanta, che aveva tra i suoi artefici più convincenti non solo band americane o di madrelingua anglofona, ma i brasiliani Sepultura, che esordivano nel 1985 con l'EP Bestial Devastation e poi nel 1986 con il full lenght Morbid visions.
Chitarrista di quella band in nuce, che da lì a poco avrebbe lasciato il posto ad Andreas Kisser, era Jairo "Tormentor" Guedz, che, vissuta da lontano la grande affermazione commerciale della band dei fratelli Cavalera  come componente di formazioni meno note (The Mist, Eminence), ha deciso di ricucire il filo spezzato ripartendo proprio da quel suo contributo ai primi vagiti dei Sepultura. 

E così, a partire dal monicker della sua nuova band (Troops of doom è un brano di Morbid visions) , passando per l'avatar che campeggia sulla cover dell'album (il demone alato che figurava sull'EP Bestial devastation), dal "sequel" di una delle prime tracce della band (Antichrist) scelto come titolo del lavoro e finendo, ovviamente, con un mood sonico discendente diretto di quelle sonorità, il buon Guedz prova a quotarsi tra i nostalgici di quel periodo che, probabilmente, non hanno ancora metabolizzato a dovere tutto il casino che ha portato i Sepultura lontano dal loro zenith artistico.

E, a giudicare dalle reazioni più che positive all'uscita di questo album, l'obiettivo si può dire centrato. Antichrist superstar è un disco nostalgico che però gliela ammolla, l'ottusa devastazione che regna lungo le dieci canzoni (per quaranta minuti scarsi di durata - nella versione deluxe due bonus che nulla tolgono o aggiungono - ), assieme al congruo cantato di Alex Kofer, fomentano al punto giusto, lasciando dietro di se (oltre a morte e distruzione) una manciata di composizioni meritorie, a partire dal trittico iniziale composto da Dethroned messiah / Far from your god / Altar of delusion giù giù lungo tutta una tracklist che sorride anche agli Slayer e dalla quale si fanno prepotentemente notare The rebellion e A queda

Ogni tanto ci vuole, dai.