lunedì 30 luglio 2018

La talpa (2011)

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Nell'ampio filone dei film di spionaggio, questo La talpa, del 2011, rischia di essere una delle pellicole più valide dell'ultimo quarto di secolo. Tratto da un romanzo di John Le Carrè (ma esiste qualche film di codesto genere non tratto da un'opera di Le Carrè?) e in precedenza (1979) passato per il piccolo schermo attraverso una serie tv, La talpa (Tinker Tailor Soldier Boy il titolo originale, perfetto, una volta capita la ragione) , inquadra un periodo storico, il 1973, nel quale i Servizi Segreti inglesi sono in grosse difficoltà rispetto all'opera di raccolta di informazioni con l'URSS ma anche nel rapporto di competitiva amicizia con gli States.
E' per questo che viene pensionata la vecchia gestione della sezione del "Circus" (così venivano chiamati in codice i Servizi), rappresentata dal capo chiamato Control (John Hurt) e dal suo braccio destro Smiley (Gary Oldman) in favore di un nuovo gruppo di comando capeggiato da Alleline (Toby Jones). Prima di ritirarsi, Control invia l'esperto agente segreto Jim Prideaux (Mark Strong) in Ungheria, per prendere contatti con un alto militare che vorrebbe passare agli inglesi e che scambierebbe l'ospitalità con informazioni su una presunta talpa in seno al Circus. La missione di Prideaux fallisce, l'agente segreto viene colpito e, anche a seguito della morte di Control, Smiley viene richiamato in servizio per capire chi abbia tradito.

La talpa è senza dubbio un film d'altri tempi. Meravigliosamente lento, lentissimo, realistico fino al cuore della sua essenza. Con twist che arrivano senza fragore, ma quasi fossero inevitabili. Il cast è qualcosa di superlativo: Gray Oldman, da sempre uno dei miei attori preferiti, poi Mark Strong, Tom Hardy (il mio preferito tra le nuove generazioni), Colin Firth, Benedict Cumberbatch, Toby Jones, John Hurt e lo stesso Le Carrè in un piccolo cameo. La regia, la fotografia, la messa in scena grondano suggestione e fascino. La sequenza iniziale, con l'incontro di Prideaux nel bar di Budapest , richiama il tocco di De Palma, che a sua volta si ispirava a Hitchcock. 
Probabilmente per cogliere appieno tutti i dettagli e i meccanismi narrativi del film sarebbe necessaria una seconda e forse anche una terza visione, ma già dal primo contatto, La talpa lascia una traccia indelebile nello spettatore.


giovedì 26 luglio 2018

Bokassa, Divide & conquer (2017)

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Non si è ancora stancato Lars Ulrich di accendere riflettori su band metal poco note ai più. Dopo aver allungato a dismisura la carriera di gruppi del passato come Diamond Head, Budgie, Sweet Savage e Bow Wow, ora il batterista dei Metallica ha messo un razzo nel culo e spedito nella stratosfera quattro debosciati ragazzi norvegesi che hanno scelto di chiamarsi Bokassa (non so se in riferimento al dittatore africano). 
Poco da fare, è bastata una dichiarazione del drummer più famoso del mondo per mettere sulla mappa che conta questo combo, che fino al 2017 aveva all'attivo solo una serie di EP.
Un bravo a Ulrich dunque, perchè la band, che si autodefinisce stoner-punk (qui un'esplicativa intervista in italiano, metallized.it) è tutt'altro che banale.
Divide & conquer ha infatti grande personalità, la giusta attitudine e soprattutto sfoggia influenze molto più varie della classificazione che i Bokassa hanno dato alla loro musica. Si parte infatti con un bel pezzo doom (Impending doom, manco a dirlo) e si chiude con una traccia con più di un riferimento ai midtempos dei Metallica (Immortal space pirate). Nel mezzo tanta attitudine punk hardcore in salsa metal e, nella "serietà" della proposta, una divertente propensione ai titoli parodistici (Walker Texas danger; Crocsodile Dundee; Genocidal tendencies). 

Occhio a questi ragazzi.

lunedì 23 luglio 2018

260 mila chilometri dopo



Dopo undici anni e duecentosessantamila chilometri, sebbene a malincuore, sono stato costretto a pensionare la nostra gloriosa station wagon. L'avevo comprata al tramonto dei trenta, la vendo all'alba dei cinquanta. 
Visto tutto il tempo che passo in auto e i chilometri macinati, la nostra Megane non si è mai limitata ad essere esclusivamente un mezzo per spostarsi dal punto A al punto B, ma sovente ha ricoperto il ruolo da secondo ufficio, bar e ristorante oltre naturalmente ad accompagnare i viaggi di famiglia e le trasferte (sempre meno, per la verità) per i concerti. E a proposito di musica, sulla nuova auto appena acquistata ho scoperto che non usa più installare il lettore cd, ma solo una porta usb per chiavetta/smartphone. E così si interrompe anche la consuetudine che prevedeva la mia macchina essere sempre stracolma di cassette (prima) e compact disc (poi). 
Finisce un'epoca.

giovedì 19 luglio 2018

Atomica bionda (2017)

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Berlino, estate 1989. Soffia il vento del cambiamento e i servizi segreti di mezzo mondo si mobilitano per guadagnare una posizione di vantaggio dall'approssimarsi del nuovo scenario geopolitico. Gran Bretagna, Unione Sovietica, ciò che resta della Germania Est e, naturalmente USA, tra giochi e doppio giochi tipici di queste situazioni, cercano di prevalere gli uni sugli altri.
Lorraine Broughton (Charlize Theron) è una delle migliori spie dei servizi segreti inglesi (MI6), ragion per cui viene inviata a Berlino per recuperare un disertore della Stasi in possesso di una lista di nomi di agenti in incognito presenti sul territorio. La copertura di Lorraine salta appena la donna mette piede fuori dall'aeroporto, e da questo momento in poi la deflagrazione diventerà inarrestabile, sullo sfondo di una Berlino est/ovest, ben fotografata in un momento epocale ed irripetibile.

Sapete perchè Atomica bionda (tratto dalla graphic novel The coldest city) è un action/spy ben riuscito?
1: per la prestazione degli attori, tutti credibili e perfettamente calati nella parte (Charlize Theron magistrale, James McAvoy subdolamente affascinate, John Goodman, per il poco tempo in cui appare, sempre magnetico)
2: per i combattimenti corpo a corpo resi in maniera incredibilmente realistica. A questo punto bisogna puntare un riflettore sul regista David Leitch, dietro la mdp già per John Wick (e che ha rinunciato a quel sequel per concentrarsi su questo progetto). Probabilmente la sua precedente attività di stunt man gli ha conferito una dote particolare nel girare sequenze di lotta, tuttavia Leitch non si limita ad avere una buona mano nelle riprese ipertrofiche, basta guardarsi la trovata scenica del corteo dove, per nascondere due fuggitivi, tutti aprono degli ombrelli neri, per rendersi conto che sotto i muscoli potrebbe celarsi del talento.
3: il plot, tutt'altro che innovativo, ma la buona vecchia ricetta del doppio, triplo gioco ben miscelata
4: la colonna sonora rigorosamente eighties che coniuga grandi hits (Father figure di George Michael, London Calling dei Clash, la cover in inglese di Der Kommissar degli After the fire, 99 Luftballons di Nena) con elementi non banali di new wave inglese (A Flock of Seagulls, Siouxsie and the Banshees, il Bowie meno noto di Cat people) e un bel pezzo industrial metal (Stigmate) frutto della collaborazione tra Marilyn Manson e Tyler Bates.

Un film da vedere e un regista da tenere d'occhio, per ogni appassionate del genere.

lunedì 16 luglio 2018

The Night Flight Orchestra, Amber galactic (2017)

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Superband formata da artisti svedesi provenienti da Soilwork, Mean Streak e ancora da Arch Enemy, Spiritual Beggars, King Diamond, i The Night Flight Orchestra esordiscono nel 2012 con Internal Affair, al quale vengono dati tre seguiti, l'ultimo dei quali, Sometimes the world ain't enough è stato rilasciato nelle scorse settimane.
Voglio però concentrarmi sulla penultima uscita del combo, questo Amber Galactic che me li ha fatti conoscere l'anno scorso.
Nell'ormai sterminato campo della retromania, nel quale ognuno trova uno spazio libero da occupare, i TNFO scelgono un ambito effettivamente poco o nulla ricalcato. Con Amber Galactic infatti, il frontman Bijorn Strid e soci traggono ispirazione da un certo pop metal di natura raffinata ed estremamente radiofonico (se fossimo stati negli anni ottanta...) che, per fare un esempio, non è difficile ricondurre allo scarsamente celebrato periodo Dynasty dei KISS, quando si ascolta un gran pezzo pop metal come l'opener Midnight flyer o addirittura ai Toto della seconda parte degli ottanta per una traccia come Domino.
Refrain incisivi, tastiere, sintetizzatori, grande attenzione al lato catchy della composizione, armonie vocali sempre molto incisive, senza dimenticare la lezione elettrica dell'hard rock dei seventies (il prog rock di Saturn in velvet, Space whisperer), il tutto in salsa "space": i brani sono infatti intervallati da una voce femminile che parla in lingua russa (credo),a ricreare un'atmosfera da viaggi spaziali.
Insomma una band che ha scelto una formula derivativa, ma a suo modo personale, e che la esprime in maniera credibile e convincente. 
Per tutti i nostalgici del rock più melodico targato anni ottanta.


giovedì 12 luglio 2018

Five Finger Death Punch, And justice for none

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I Five Finger Death Punch, dopo aver festeggiato i primi dieci anni di attività con il canonico greatest hits (A decade of destruction, del 2017) tornano a pubblicare un album di inediti a tre anni dall'ultimo lavoro. Se per la raccolta il gruppo di Las Vegas aveva parafrasato i Motley Crue e il loro Decade of deacadence, stavolta scherzano coi santi, tirando in ballo i Metallica di And justice for all per il nuovo lavoro And justice for none.

Va chiarito subito che a livello stilistico o qualitativo non c'è nessun rapporto con quel lavoro dei four horsemen. I 5FDP hanno ormai trovato la loro confortante cifra stilistica in questo groove metal estremamente commerciale, buono per far passare una serata di baldoria a qualche ragazzo di buona famiglia americana, che pensa di fare il figo con roba trasgressiva, cattiva e pericolosa.
Peccato che nessuno di questi aggettivi si adatti a descrivere And justice for none
Parliamo di un album che sarebbe potuto uscire in qualunque momento storico adattandosi a qualunque sottogenere metal, data la sua calcolata prevedibilità: due-tre brani aggressivi, un lento e via così fino alla fine. 
Non bastano sequele infinite di fuck e motherfucker per guadagnarsi la giusta attitudine. C'è più aggressività nella peggiore canzone dei Pantera che nella traccia più riuscita (?) di questo disco.
Disco che peraltro, nella sua edizione deluxe recupera l'unico inedito del precedente best of, alla prima posizione della tracklist (il brano è Trouble), così, per rispetto a quegli sprovveduti che avevano comprato entrambi i CD. 
E che, a questo punto, un pò se la sono anche cercata.

E dire che ai tempi di American capitalist qualcosa mi avevano anche smosso.

lunedì 9 luglio 2018

Baby Driver (2017)

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Procede il mio recupero "random" dell'opera di Edgar Wright. Dopo Hot fuzz, sono riuscito a vedere il folle Scott Pilgrim vs the world (magari ne parlerò) e Baby Driver, oggetto di questa recensione.
L'ultimo film del regista inglese, pur essendo probabilmente il più americano a livello di messa in scena e per sfarzo del cast, conserva l'ormai inconfondibile tocco di Wright, basti pensare che lo spunto per la storia arriva da un video musicale per il brano Blue song dei Mint Royale, girato dallo stesso Edgar.

Miles (Ansel Elgort), detto Baby, nonostante la giovane età è l'autista da rapina più richiesto nel giro. Attraverso il mediatore Doc (Kevin Spacey) le varie bande di criminali si affidano a lui per scappare in sicurezza dopo i colpi. La particolarità di Baby è che, a causa di un trauma che verrà spiegato nel corso del film, il ragazzo indossa sempre degli auricolari attraverso i quali ascolta perennemente musica di qualunque genere. Elemento questo che inizialmente disorienta i banditi che si affidano a lui, ma che poi viene accettato alla luce delle qualità di pilota di Miles. Questo fino a quando al noto rapinatore Buddy (Josh Hamm) e alla sua bella viene affiancato lo psicopatico Leon (Jamie Foxx). Da qui in avanti le cose precipiteranno, fino al cataclismatico finale.

Nella sua prima parte Baby Driver è un autentica festa per gli occhi ma, lasciatemelo dire, soprattutto per le orecchie. La musica infatti è l'autentica protagonista dello svolgimento del plot, in totale connubio con le azioni del protagonista, che sincronizza tutto con le sue particolarissime playlist, al punto di ritardare di qualche secondo l'inizio di una rapina per andare perfettamente a tempo con la composizione che sta ascoltando. Il repertorio scelto dagli autori è di quanto più vasto possa essere, visto che passa agevolmente dal soul all'indie rock, al blues, all'elettronica al classic errebì al rock and roll (ci si può fare un'idea qui).
E' questa, assieme al pazzesco sincrono delle scene d'azione, l'arma vincente di Baby Driver. Un film con qualche punto di debolezza (la parte centrale un pò fiacca) ma che indubbiamente emerge nel fitto panorama di action o heist movie prodotti annualmente negli states e che spesso faticano persino ad arrivare nelle sale.
Bene ha fatto allora Wright ad abbondare il progetto del film su Ant-Man, a cui stava dietro dalla metà degli anni zero, e a concentrarsi su questo progetto a suo modo unico e particolarissimo.

giovedì 5 luglio 2018

R.I.P Il Mucchio selvaggio

Vi ho risparmiato una lunga e melensa tirata sul mio rapporto con la rivista musicale Il Mucchio Selvaggio. Di quanto questo giornale sia stato importante per la mia formazione musicale, del legame affettivo con i suoi giornalisti storici, di come il trimestrale Extra, con la sua rubrica i migliori dischi del decennio, abbia contribuito a dare dignità alla mia discografia e di come la notizia, ormai metabolizzata da qualche giorno, della sua chiusura, mi avesse colpito. 
In realtà, dopo un intenso coinvolgimento idealistico che mi aveva spinto ad aderire alla campagna di abbonamenti del 2012 (ci ho anche scritto un post), per impedire che la rivista chiudesse, l'uscita dei miei riferimenti critici (Guglielmi e Cilìa su tutti) e il cambio di direzione editoriale, che ha svoltato verso lidi che non mi appartengono, per me il Mucchio era morto e sepolto da un pezzo.
E' un pò quello che succede quando un personaggio pubblico sparisce dalle scene e tutti si convincono sia passato a miglior vita (un pò come Martin Landau/Bela Lugosi nel film di Tim Burton Ed Wood): quando muore per davvero nessuno quasi ci fa caso. 
E' triste, ma non possiamo farci nulla.

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lunedì 2 luglio 2018

MFT, maggio - giugno 2018

ASCOLTI

The Record Company, All of this life
Jizzy Pearl, All you need is soul
Nine Inch Nails, Bad witch
Erick Strickland, Black and white and blue
David Bowie, Diamond dogs
David Bowie, Young americans
Primordial, Exile amongst the ruins
Judas Priest, Firepower
The Matrix soundtrack
Matrix reload soundtrack
Keith Richards, Talk is cheap
The Rolling Stones, On air
Parker Millsap, Other arrangements
Graveyard, Peace
John Mellencamp, Plain spoken - From the Chicago theatre
Ghost, Prequelle
Brian Fallon, Sleepwalkers
ASG, Survive sunrise
Old Crow Medicine Show, Volunteer
The Glorious Sons, Young beauties and fools
Gaelic Storm, Special reserve
Gaelic Storm, Full irish
Five Finger Death Punch, And justice for none
The Night Flight Orchestra, Sometimes the world ain't enough
Tommy James and the Shondells, The very best


VISIONI

Avengers Infinty War
Criminal (2016)
Rapina a mano armata (S. Kubrick)
Loro 1
Loro 2
John Wick 2
Sherlock Holmes, L'abominevole sposa
Baby driver
Predator
La vendetta di un uomo tranquillo
Prisoners
Strade violente
Sono tornato
Bobby Z  - Il signore della droga
Matrix Trilogia
Grosso guaio a Chinatown
Prometheus
La truffa dei Logan
Cloud Atlas
Alien Covenant
Il pianeta delle scimmie (2001)
L'alba del pianeta delle scimmie
Apes Revolution - Il pianeta delle scimmie
The war - Il pianeta delle scimmie
Tutta colpa di Freud
A muso duro (Mr Majestyk)
Brubaker
Scott Pilgrim vs the world


LETTURE

Keith Richards, Life


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