martedì 30 giugno 2009

Rope burns: stories from the corner




Fino ad oggi non sapevo molto della boxe. Gli unici ricordi che avevo sono legati ad un periodo, più di vent'anni fa, quando aspettavo l'ora dei porno sulle tv locali guardando gli incontri commentati da Rino Tommasi sul cinque, per cercare di restar sveglio.

Questo per dire che ho approcciato la lettura di questa selezione di racconti di F.X. Toole (ex attore, lustrascarpe, tassista, barista, torero e boxer californiano) con gli occhi ingenui di un bambino.

E proprio come un bambino la narrazione mi ha preso per mano e mi ha condotto in posti meravigliosi e terribili. Palestre scalcagnate dove convivono personaggi tra i più disparati. Veri atleti che si giocano duramente la loro chance di lasciarsi alle spalle tanta merda, allenatori o "cucitagli" (quelli che chiudono le ferite dei pugili durante i combattimenti) che magari la loro chance l'hanno già avuta, drogati in cerca di qualche spicciolo, manager senza scrupoli, mogli, puttane, ragazzini, veri appassionati . Sullo sfondo, ma costante come il rumore dei guantoni sul sacco, la violenza.
Una tensione spesso, ma non necessariamente, razziale che accompagna costantemente le vicende di tutti i protagonisti delle storie di Toole. Una tensione che a volte si scioglie in una risata per una battuta fatta al momento giusto, ed altre invece monta fino a deflagrare in maniera brutale.

E tu sei lì, proprio in mezzo. Tra la puzza di sudore, le imprecazioni, gli abbracci, le bestemmie, le pistole infilate nella cintola, crack , cocaina e serramanici che scattano.

Perchè leggere i racconti di Toole è come guardare i quartieri degradati della citta degli angeli attraverso il finestrino di una Buick scassata che procede a bassissima velocità mentre il rap o la musica messicana esplodono dalle casse.

Toole si è appassionato alla boxe in età avanzata, a quarant'anni. Ma da quel momento in poi non l'ha più lasciata e, come recita la sua biografia, in questo mondo ha fatto di tutto, dal pugile, all'allenatore al secondo a bordo ring.
Poi ha cominciato a raccontarla, per la verità inizialmente un pò ignorato, fino al grandissimo successo cinematografico di Million dollar baby , arrivato però postumo, visto che lo scrittore è venuto a mancare nel 2002.

Il racconto che ha ispirato Eastwood al punto di farci un film è lungo circa quaranta pagine, leggendolo si apprezza ancor più il lavoro del regista americano, che ha saputo ampliare un soggetto breve, seppur intensissimo, senza perdere il significato della storia e l'emozione che si prova leggendola.

Ma è la raccolta nella sua interezza che meriterebbe di essere apprezzata dal grande pubblico. Nel suo stile asciutto ed efficace (si capisce perchè piace tanto a James Ellroy!) Toole racconta di chi ce la fa (L'ebreo nero), di chi prova sempre a fotterti (Un'aria da scimmia), di chi se l'è giocata, ma non è bastato (Combattere a Philly), di chi è fuori posto ( Acqua ghiacciata) e con il racconto finale, Lo sfidante (che sarebbe un altro screenplay fatto e finito), di come, a volte, la tua realtà ti prenda per la caviglia e ti trascini giù con se, proprio quando pensavi di essertela lasciata alle spalle.

Metafore di vita, certo. Beh, da tempo non leggevo un libro che fa di uno sport una metafora dell'esistenza così coinvolgente e straziante che ti viene da piangere e cominciare a lottare allo stesso tempo.


P.S. Il titolo del post è quello in originale di una selezioni di racconti dell'autore.



venerdì 26 giugno 2009

Viva Las Vegas!



Una bella sorpresa, questo Una notte da Leoni ( The Hangover in originale) arrivato nelle sale in punta di piedi e apprezzato in misura sempre crescente grazie al passaparola.

La storia è quella dell’addio al celibato, festeggiato a Las Vegas, di un gruppo di tre amici più uno (il futuro cognato dello sposo). La composizione dei caratteri è da manuale, il bello e sfrontato, il timido e impacciato, il bravo ragazzo e ... l'innocuo sociopatico. Li seguiamo al loro arrivo a Las Vegas, e assistiamo al loro brindisi a base di Jagarmeister in cima al Ceasar Palace, poi siamo testimoni del loro risveglio il mattino dopo, all'interno di una suite devastata, senza alcun ricordo della notte appena trascorsa, con in stanza qualche ospite indesiderato in più e il futuro sposo in meno.

Oltre al gruppo affiatato di attori protagonisti e un contorno di strambi personaggi , da segnalare la partecipazione della mia amata Heather Graham e un cameo di Mike Tyson.

Da una traccia abusatissima dalla cinematografia trash americana, il regista Todd Philips tira fuori e dirige una storia originale e avvincente, un film che gioca con la black comedy e i meccanismi del poliziesco, avendo l’originalità di ricostruire passo passo i misteri della notte trascorsa dai quattro senza ricorrere allo strumento abusato del flashback, come invece sarebbe stato prevedibile aspettarsi (beh in realtà tutto il film è narrato in flashback, quello che intendo dire è che non ne parte uno ogni volta che viene svelato un elemento che va a formare il quadro generale degli eventi nascosti allo spettatore).


Davvero irresistibili e geniali infine i titoli di coda: impossibile alzarsi dalla poltrona fino a quando il nero non si riprende il suo posto sullo schermo.

The answers are blowin' in the wind

Il sempre più leggendario Giuseppe D'Avanzo ha opportunamente aggiornato le dieci domande poste per la prima volta quasi due mesi fa al Cavaliere. A questo giro il gioco si fa più esplicito e pressante, e non potrebbe essere altrimenti, visti gli sviluppi avvenuti e quelli, probabili, in divenire.
Posto a premessa dei nuovi quesiti un lungo ma indispensabile articolo , che riassume i fatti, le versioni e le bugie raccontate da papi a partire da Noemi per arrivare fino alla D'Addario e socie.


Le nuove dieci domande di Repubblica a Berlusconi


1. Quando, signor presidente, ha avuto modo di conoscere Noemi Letizia? Quante volte ha avuto modo d'incontrarla e dove? Ha frequentato e frequenta altre minorenni?

2. Qual è la ragione che l'ha costretta a non dire la verità per due mesi fornendo quattro versioni diverse per la conoscenza di Noemi prima di fare due tardive ammissioni?

3. Non trova grave, per la democrazia italiana e per la sua leadership, che lei abbia ricompensato con candidature e promesse di responsabilità politiche le ragazze che la chiamano "papi"?

4. Lei si è intrattenuto con una prostituta la notte del 4 novembre 2008 e sono decine le "squillo" che, secondo le indagini della magistratura, sono state condotte nelle sue residenze. Sapeva che fossero prostitute? Se non lo sapeva, è in grado di assicurare che quegli incontri non l'abbiano reso vulnerabile, cioè ricattabile - come le registrazioni di Patrizia D'Addario e le foto di Barbara Montereale dimostrano?

5. E' capitato che "voli di Stato", senza la sua presenza a bordo, abbiano condotto nelle sue residenze le ospiti delle sue festicciole?

6. Può dirsi certo che le sue frequentazioni non abbiamo compromesso gli affari di Stato? Può rassicurare il Paese e i nostri alleati che nessuna donna, sua ospite, abbia oggi in mano armi di ricatto che ridimensionano la sua autonomia politica, interna e internazionale?

7. Le sue condotte sono in contraddizione con le sue politiche: lei oggi potrebbe ancora partecipare al Family Day o firmare una legge che punisce il cliente di una prostituta?

8. Lei ritiene di potersi ancora candidare alla presidenza della Repubblica? E, se lo esclude, ritiene che una persona che l'opinione comune considera inadatto al Quirinale, possa adempiere alla funzione di presidente del consiglio?

9. Lei ha parlato di un "progetto eversivo" che la minaccia. Può garantire di non aver usato né di voler usare intelligence e polizie contro testimoni, magistrati, giornalisti?

10. Alla luce di quanto è emerso in questi due mesi, quali sono, signor presidente, le sue condizioni di salute?

Lettera

Pubblico una lettera aperta della CGIL Lombardia, in merito alla vicenda ( alle vicende, a questo punto) di Papi Silvio.


L'INDIGNAZIONE DELLE DONNE E DEGLI UOMINI DELLA CGIL LOMBARDA: NON SI TRATTA DI FATTI PRIVATI



Lettera aperta


Siamo indignate/i dalle pratiche del Presidente del Consiglio del nostro Paese; lo siamo per noi stesse/i, per le nostre simili e per tutte e tutti coloro che scommettono su rapporti liberi e rispettosi fra uomini e donne.Berlusconi è un anziano politico che si esibisce come patetico viveur con la complicità di troppi suoi simili.

Questi, con lui, per connivenza o convenienza sul piano del costume e del potere, alimentano un parco divertimenti in cui lecito e illecito, dignità e degenerazione, si confondono e svelano la reale considerazione riservata a una donna, alle donne, di cui si ritengono ”utilizzatori finali”. E con essa la misera considerazione che hanno di sé stessi.L’indignazione che una donna prova non sempre prende parola; di fronte a tanto scempio e offesa, per di più a giovani donne pagate per il loro piacere, le parole muoiono in gola.

Tuttavia in questa vicenda, non si può certo dire che le donne non abbiano parlato. Più voci femminili, a partire da Veronica Lario, hanno denunciato il carattere politico della vicenda di cui è principale protagonista Silvio Berlusconi, e che segna l’intero sistema che ruota intorno a lui. Il problema se mai è di ascolto della parola politica femminile, di quel che una donna pensa e giudica senza che sia interpretato, piegato o lasciato cadere nello spazio dove, al contrario, è troppo spesso la parola maschile ad essere accolta, sostenuta e rilanciata.

La situazione politica del nostro Paese è grave. L’incredulità internazionale oltre che i pesanti giudizi su di essa, sono lì a ricordarcelo. Solamente totale assenza di senso di civiltà, spregio e indifferenza alle sue sorti, a quelle di coloro che lo abitano, possono portare a ridimensionare la gravità di quello che sta succedendo o ridurla o derubricarla come un fatto privato.

Il nostro pensiero va alle migliaia di donne che tutti i giorni si adoperano perché dalle case ai luoghi di lavoro si affermi dignità, libertà e pacifica convivenza.Conflitti e crisi mettono a dura prova le loro vite. Di loro, degli uomini capaci di rapporti rispettosi, del loro lavoro parliamo e vorremmo che si parlasse. Che ci orientassero i loro pensieri e i loro stili di vita, personale e politica.


M.J. , 1958/2009


Probabilmente non fa fico scrivere un post per celebrare la dipartita da questo mondo di Michael Jackson. Un pò perchè era un artista pop commerciale, un pò perchè era suonato come una banda di paese, ma sopratutto per le accuse di pedofilia.

Perchè lo faccio allora?
Gente, io ho amato e tuttora amo la sua musica. Ha scandito diverse fasi della mia vita. Credo che Thriller sia il primo disco "adulto" che io abbia comprato. Avevo quattordici anni. Quell'album tra l'altro ha avuto almeno due vite, avendolo recuperato e capito più a fondo solo in seguito.

Poi c'è stato Bad, nell'ottantasette, a prescindere dall'involuzione musicale, anche lui ascoltato a manetta. Dangerous nel 91 ha accompagnato il mio primo viaggio in America; la parte di inediti di Hystory nel novantacinque un bel periodo della mia vita e infine il recupero di Off the wall goduto appieno a consapevolezza musicale acquisita.

Artisticamente purtoppo Wacko Jacko era morto da tempo, nonostante i debiti e qualche sciacallo tentassero di resucitarlo sventolandogli in faccia mazzette di banconote. Beh, nessuno sano di mente credo potesse pensare seriamente di vederlo salire sul palco della O2 Arena, a Londra, tra qualche mese.

Non so perchè, ma a livello istintivo ho provato sempre una gran pena per lui. So che apparirò come un ingenuo o un supeficiale, visto che probabilmente parliamo di un vizioso miliardario, ma mi sembrava una persona che avesse davvero un gran bisogno di aiuto e che nella sua vita non l'avesse mai trovato.
Ma naturalmente posso sbagliare.



mercoledì 24 giugno 2009

Hollywood jungle


Metacinema inserito nel filone commedia, Tropic thunder è una satira solo a tratti riuscita, del cosmo Hollywoodiano e della sua popolazione di attori, registi, produttori, manager e comparse.

La storia racconta di un gruppo di star viziate che devono girare l'ennesimo film sulla guerra in Vietnam, ma che per un equivoco finiscono in un territorio del Laos controllato una feroce banda che produce eroina.

Il cast è notevole, Ben Stiller (anche regista), Robert Downey jr e Jack Black sono i protagonisti principali, ma appaiono anche Nick Nolte, Matthew McConaughey e Tom Cruise, che molte schede sulla pellicola definiscono irriconoscibile, ma che a mio avviso, nonostante pelata e folta peluria, con la sua recitazione standardizzata non ingannerebbe neanche un bambino. Piccola curiosità a margine: il cast è praticamente privo di personaggi femminili.

Strepitoso il prologo del film, con dei trailer finti, trasmessi come fossero quelli veri che vengono di norma proiettati nelle sale prima dell'inizio dei film. Pochi, geniali secondi nei quali gli autori danno il meglio di se nel mettere alla berlina un intero mondo fatto di messaggi misogini veicolati dal rap e dalla pubblicità, di produzioni cinematografiche seriali e cafone, e di produzioni con trame improbabili. La costruzione e il montaggio dei finti trailer è straordinaria per somiglianza con quelli autentici.

La pellicola, un pò come accadeva ne I perfetti innamorati, prende di mira l'industria del cinema USA, e per questo aspetto risulta godibilissima, sopratutto per i cinefili che possono divertirsi a contare spunti e citazioni, presenti a bizzeffe. Si capisce che sceneggiatori, regista e cast si sono divertiti un mondo a prendere per i fondelli manie e mode dell'ambiente. Robert Downey jr ad esempio, è perfetto nella parte dell'attore di provenienza teatrale, tronfio e pomposo, che si cala nella parte al punto di farsi cambiare colore della pelle e parlare anche fuori dal set come la parodia di un nero . Chissà a quanti attoroni saranno fischiate le orecchie.

Il giochino del film si esaurice però presto, nel momento stesso in cui la pellicola comincia a sua volta a ricalcare i clichè del genere comico demenziale, sviluppo della trama e conclusione comprese.

Si poteva sicuramente osare di più, sfruttando magari meglio il contributo alla sceneggiatura di uno come Ethan Cohen.

Burnout

La sindrome da burnout (o più semplicemente burnout) è l'esito patologico di un processo stressogeno che colpisce le persone che esercitano professioni d'aiuto (helping profession), qualora queste non rispondano in maniera adeguata ai carichi eccessivi di stress che il loro lavoro li porta ad assumere.

Il burnout interessa educatori, medici di base, insegnanti, poliziotti, poliziotti penitenziari, vigili del fuoco, carabinieri, sacerdoti e religiosi (in particolare se in missione) , infermieri, operatori assistenziali, psicologi, psichiatri, avvocati, assistenti sociali, fisioterapisti, anestesisti, medici ospedalieri, studenti di medicina, responsabili e addetti a servizi di prevenzione e protezione civile, operatori del volontariato, ecc. Queste figure sono caricate da una duplice fonte di stress: il loro stress personale e quello della persona aiutata.

Ne consegue che, se non opportunamente trattati, questi soggetti cominciano a sviluppare un lento processo di "logoramento" o "decadenza" psicofisica dovuta alla mancanza di energie e di capacità per sostenere e scaricare lo stress accumulato ("burnout" in inglese significa proprio "bruciarsi"). In tali condizioni può anche succedere che queste persone si facciano un carico eccessivo delle problematiche delle persone a cui badano, non riuscendo così più a discernere tra la propria vita e la loro. Caratteristici del burnout sono anche l'esaurimento emozionale, la depersonalizzazione, un atteggiamento spesso improntato al cinismo e un sentimento di ridotta auto-realizzazione. Il soggetto tende a sfuggire l'ambiente lavorativo assentandosi sempre più spesso e lavorando con entusiasmo ed interesse sempre minori, a provare frustrazione e insoddisfazione, nonché una ridotta empatia nei confronti delle persone delle quali dovrebbe occuparsi. L'abuso di alcol, di sostanze psicoattive ed il rischio di suicidio sono elevati nei soggetti affetti da burnout. (...)

Negli operatori sanitari, la sindrome si manifesta generalmente seguendo quattro fasi.
La prima, preparatoria, è quella dell'entusiasmo idealistico che spinge il soggetto a scegliere un lavoro di tipo assistenziale.
Nella seconda (stagnazione) il soggetto, sottoposto a carichi di lavoro e di stress eccessivi, inizia a rendersi conto di come le sue aspettative non coincidano con la realtà lavorativa. L'entusiasmo, l'interesse ed il senso di gratificazione legati alla professione iniziano a diminuire.
Nella terza fase (frustrazione) il soggetto affetto da burnout avverte sentimenti di inutilità, di inadeguatezza, di insoddisfazione, uniti alla percezione di essere sfruttato, oberato di lavoro e poco apprezzato; spesso tende a mettere in atto comportamenti di fuga dall'ambiente lavorativo, ed eventualmente atteggiamenti aggressivi verso gli altri o verso se stesso.
Nel corso della quarta fase (apatia) l'interesse e la passione per il proprio lavoro si spengono completamente e all'empatia subentra l'indifferenza, fino ad una vera e propria "morte professionale".

Lost in translation?

Mi incuriosiva molto Giù al nord, commedia campione di incassi un paio d'anni fa in Francia. La storia è quella di Philippe, direttore delle poste che, per compiacere la moglie perennemente scontenta e depressa, finge una disabilità allo scopo di essere trasferito nell'accogliente Costa Azzurra. Naturalmente viene scoperto, e la punizione consiste in un trasferimento "al nord", zona Lille, a quanto pare considerata dal resto dei francesi fredda e inospitale al pari suoi abitanti.

Il tema dei clichè e dei pregiudizi tra persone geograficamente e culturalmente diverse è uno spunto valido, anche se nel film (essendo una commedia e non un trattato di sociologia) è esposto in maniera eccessivamente semplicistica e buonista. I personaggi ad ogni modo risultano accattivanti, e alcune gag (poche per la verità) riuscite.

Immagino che l'aspetto più divertente del film doveva essere quello dei dialoghi, dato che in quelle zone della Francia al confine con il Belgio si parla un bizzarro dialetto chiamato ch'timi ( nel quale ad esempio, la ‘s' francese suona ‘ch' e il ‘toi' e ‘moi' diventano ‘ti' e ‘mi' ) .

Ovviamente nella versione italiana questa caratteristica si perde nel doppiaggio, e in questo senso, visto il risultato finale e considerate le difficoltà, è difficile decidere se complimentarsi con il team di doppiatori o criticarli per il lavoro fatto.

Detto questo, Giù al nord scorre via gradevole, senza volgarità . Più che sganasciarsi dalle risate si sorride, la critica sociale è appena sfiorata, si ha l'impressione di un prodotto tutto sommato innocuo e il finale è davvero troppo telefonato.


Proprio in questi giorni è stato annunciato il remake italiano che vedrà probabilmente come protagonista Claudio Bisio.

lunedì 22 giugno 2009

Contrordine compagni

Anche se non ho i doveri di una testata giornalistica, tento di applicare nel mio piccolo i princìpi di correttezza minima che mi piacerebbe riscontrare nell'informazione ufficiale.
Sono perciò a riportare, in merito al post su Chirac, Berlusconi, e ahem i bidet di villa Certosa, che l'ex presidente francese avrebbe smentito formalmente le indiscrezioni de L'Express in merito alle frasi da lui attribuite al premier italiano.
Per inciso, a me sembravano verosimili e in linea con lo stile del Cavaliere.
Ad ogni modo...

Ma fatemi il piacere...

Facevano un pò ridere i cronisti della partita Italia-Brasile di ieri sera. Con il punteggio sul tre a zero per i sudamericani, che avevano dominato in lungo e in largo il match, e considerando sopratutto il percorso degli azzurri in questo torneo ufficiale FIFA (una vittoria contro gli USA ridotti in dieci e una sconfitta con l'Egitto), forse non era proprio il caso di sgolarsi per sperare nel gol della bandiera dei nostri.
D'accordo che con quella rete, per la classifica avulsa, avremmo raggiunto comunque le semifinali, ma il comportamento dei commentatori mi è sembrato comunque paradossale e fuori luogo.

Come ho già avuto modo di dire, questa nazionale non riesco proprio a tifarla ma, anche lasciando da parte questo elemento soggettivo, non posso far a meno di notare come i nostri media continuino a predicare bene (ah! All'estero vivono il calcio con meno pressione, c'è più fair play, vuoi mettere la sportività...) e a razzolare male, nel far passare il messaggio che non conta come hai gareggiato, l'importante è portare a casa il risultato o comunque andare avanti nella competizione.

Ecco, almeno risparmiateci le ipocrisie.

WRITTEN UNDER THE INFLUENCE OF: MACACO, PUERTO PRESENTE, 09

sabato 20 giugno 2009

A day in the life, 3 (on writing)


Considerato che la mia attività mi tiene fuori casa quella dozzina di orette al giorno, e che la sera sarebbe delittuoso sottrarre ulteriore tempo alla famiglia per smanettare sul computer, ho scelto da tempo di alzarmi prima del dovuto per leggere i blog degli amici e per aggiornare il mio.

Dunque le cose stanno così. Sveglia alle 6:30 circa, mentre bevo il caffelatte apro uno a uno i miei preferiti, poi a colazione terminata passo a scrivere su BOS.

Quasi mai ho una brutta copia da correggere e pubblicare, a volte ho un argomento in mente e magari anche un incipit, una traccia su come strutturare il pezzo , ma il più delle volte mi alzo e non ho la più pallida idea su cosa scriverò, improvviso dalla lettura dei quotidiani, dai blog degli amici, dalla musica che sto ascoltando o dal mio stato d'animo corrente.

Il mio time limit sono le 7:15, perchè poi devo lavarmi, svegliare il resto della famiglia, e preparare Stefano per l'asilo.
Se riesco a terminare entro quell'ora tutto okay, altrimenti, dato che ho applicato a questo mio spazio personale le teorie Ed Wood (buona la prima e non si butta niente), non rimando la pubblicazione ma accelero il processo di scrittura, a volte senza neanche rileggere, spesso sulla tazza del cesso (è per questo che alcune mie cose fanno cagare!) per le ultime correzioni.

Capita di rileggere i post creati seguendo questo metodo e pensare accidenti, ho dimenticato di scrivere questo, oppure dannazione, avevo in mente anche quello , e ancora, cazzo ma l'hai scritto proprio col culo sto pezzo, ma ho scelto di vivere il mio web log in questo modo e tutto sommato mi piace così, se stessi a soppesare, rileggere e levigare scriverei un articolo a settimana ad andare bene.

Certo, a volte butto via buone intuizioni per la frenesia di postarle, ma di contro sono soddisfatto di essere in grado di scrivere (bene o male, s'intende) di temi che mi appassionano con una certa scioltezza (non nello stile, ma nella formazione del pensiero e di conseguenza dell'azione) e continuità.

Questo mi riesce, da qualche tempo invece sto tentando maldestramente di scrivere altro, ma lì non si può nè bluffare nè improvvisare e quindi arranco vistosamente.

P.S. MI PIACEVA QUANDO ALE, TEMPO FA, CONCLUDEVA I SUOI ARTICOLI SEGNALANDO COSA ASCOLTAVA IN SOTTOFONDO MENTRE SCRIVEVA. DA OGGI OGNI TANTO LO FACCIO ANCH'IO.
Written under the influence of: Social Distortion, Omonimo 1990

venerdì 19 giugno 2009

The bidet international crise

Impegnati a riportare l'ennesimo scandalo che coinvolge Berlusconi e la sua ossessione per la fresh meat, sono stati pochi i quotidiani che hanno riportato una dichiarazione dell'ex presidente francese Chirac che in un altro contesto avrebbe fatto scalpore, e che invece oggi si perde tra le decine di testimonianze delle depravazioni del nostro premier. L'articolo che riporto è copiato da un sito di gossip ma la fonte è la stessa che hanno ripreso i quotidiani nazionali, cioè il giornale francese L'Express.
Immaginatevi la scena: il Berlusca che dà di gomito a Chirac (no, dico Jaques Chirac!) e poi alzandosi in punta di piedi per guardarlo negli occhi, gli dice...


Chirac, Berlusconi e il suo bidet

"Caro Jacques, vedi questo bidet? Tu neanche immagini quante paia di chiappe ha ospitato!". Questo e altri virgolettati sono presenti da ieri sul quotidiano francese L'Express e, come gran parte delle news "scandalo-politiche" degli ultimi mesi, riguardano il nostro premier. Si tratterebbe, di preciso, di uno scambio di battute tra Berlusconi e Chirac avvenuto in alcune delle ville del Cavaliere.

L'ex presidente della Repubblica francese (in carica dal 17 maggio 1995 al 16 maggio 2007), in visita presso una delle residenze di Berlusconi (e senza la propria first-lady, precisa L'Express), avrebbe infatti recentemente confidato a un "visiteur" i suoi "souvenirs" relativi "al nostro chiacchieratissimo". Oltre alla "perla" sul bidet citata in apertura, pare che Chirac sia stato impressionato da un'altra circostanza avvenuta durante un'altra visita in Italia.

Berlusconi, ormai sempre più spesso etichettato dai francesi "Casanova rital" (Casanova non abbisogna di traduzione...rital è un dispregiativo, una distorsione del termine "italiano"), sembra sia stato interrogato da Chirac riguardo ad alcuni giornali osè sparsi per le stanze: "Silvio, ma perchè lasci in giro queste riviste?". "Jacques - pare abbia risposto il nostro premier sfogliandone una a caso dal mucchio - questa ce l'ho, questa pure, questa anche...".


The body


Esce Music for men, il nuovo disco dei Gossip di Beth Ditto. Per l'occasione, oltre al solito tour promozionale e il giro di interviste, la cantante e leader del gruppo (dichiaratamente omosessuale) ha posato per alcuni scatti praticamente nuda.

La Ditto è strepitosa, credo stia facendo più lei nel suo piccolo, per far capire a tante ragazzine insicure che si può essere fighe anche se l'ago della bilancia oscilla intorno ai cento chili, che tanti dottoroni o trasmissioni televisive, dove cinquantenni rifatte spiegano alle adolescenti che bisogna accettarsi così come si è.
Qualcuno ne parla come se fosse un freak, un essere patetico, io credo che, seppur facilitata da essere diventata una star, lei sia un fenomeno estremamente positivo, anche perchè, prima di diventare in qualche modo un'icona, era solo una ragazzina grassoccia dell'Arkansas, con una madre e delle sorelle che provavano imbarazzo nei suoi confronti e che quando andavano al mare le suggerivano di lasciar perdere il bikini e di infilarsi una maglietta.

Come dice Chiara Gambarale in una sua intervista alla frontwoman dei Gossip pubblicata da Vanity Fair: Beth si atteggia e si comporta come se fosse l'essere più arrapante del mondo, e inevitabilmente lo diventa. Credo che in queste parole stia l' essenza reale, quotidiana non patinata e posticcia quindi, dell'essere un sex symbol.

Quasi a fare da contrappeso ad un modello che considero positivo, esce in questi giorni un libro, Appena ho 18 anni mi rifaccio, di Cristina Sivieri Tagliabue che racconta storie per me raccapriccianti di giovanissime che (evidentemente assecondate da premurosi genitori) si rifanno non solo zigomi, naso o seno, ma finanche i piedi (questa davvero mi mancava) arrivando a spendere decine di migliaia di euro. Pare che la percentuale di ragazzi sotto i vent'anni che dichiarino di aver bisogno di un intervento di chirurgia estetica sia del 60%.

Ora, mettiamoci anche l'insicurezza legata al corpo che cambia durante l'adolescenza, e i modelli preconfezionati di strafighe e strafighi che i media ci propinano ad ogni secondo, ma a me sembra un trend davvero folle.

Alla fine Music for men è passato in secondo piano. Allora vi dirò che sono ai primi ascolti, ma che mi sembra più preciso e pulito del precedente, i suoni di batteria e chitarra spaccano al punto giusto e la voce di Beth è meravigliosa. Se proprio vogliamo dire (ma come ripeto, siamo alla fase di prelistening) forse lo stile dei brani è un pò ripetitivo (tappeto ossessivo di chitarra, cantato, irruzione della batteria), e manca un bel ritornellone alla Standing in the way of control, ma datemi tempo e magari anche su questo aspetto maturerò idee diverse.



giovedì 18 giugno 2009

Blog e informazione

Una sentenza inglese introduce uno storico precedente per il mondo del web:

INTERNET E PRIVACY. IL CASO «NIGHTJACK»

Blogger: nessun diritto all'anonimato

Lo ha stabilito un giudice inglese: chi fa informazione non può pretendere di mantenere segreta la propria identità

MILANO - Il diritto all'anonimato in rete subisce un duro colpo nel Regno Unito. Con quella che potrebbe essere una storica sentenza per tutto il web, la Corte Suprema britannica ha rifiutato di proteggere l'identità di un ufficiale di polizia, attivo online come blogger in modo anonimo.

IL CASO – Come spiega il Times Online, il poliziotto 45enne Richard Horton era infatti autore del blog NightJack (ora sospeso), incentrato essenzialmente sulle indagini svolte dalla polizia, di cui Horton rivelava aneddoti e particolari che solo un insider conosce, talvolta anche criticandone aspramente l’attività. Talmente famoso nel Regno Unito (arrivava a collezionare oltre mezzo milione di visite a settimana), da essersi guadagnato, lo scorso aprile, l’Orwell Prize per la scrittura politica. Quando un giornalista del Times ha scoperto la vera identità dell’autore, il blogger ha immediatamente diffidato il giornale dal renderla nota, sottolineando come per lui fosse importante mantenere l’anonimato al fine di non incorrere in sanzioni disciplinari sul lavoro.

IL RIFIUTO – Ma per il giudice che ha seguito il caso “non c'è nessun valido motivo per restare anonimi”, poiché il postare messaggi su un blog è da considerarsi un’attività tutt’altro che privata. E comunque sia – ha spiegato ancora il giudice – la necessità di rivelare le generalità del blogger risponde in questo caso anche al diritto dei cittadini di conoscere l’identità di chi ha scelto di criticare pubblicamente l’attività della polizia. Quindi, in base a quanto stabilito dalla Corte, il semplice fatto che Horton avesse espresso il desiderio di restare nell’anonimità non rappresentava un obbligo per il quotidiano inglese a rispettarne la volontà. Perché in questo caso l’interesse pubblico ha la precedenza.

Silvio on Lower East

Sui muri del Lower East Side di New York è comparso un manifesto di Berlusconi con lo slogan All we go for younger meat!! (a tutti piace la carne fresca) e il simbolo di Forza Italia con la scritta Younger Meat.

Sconosciuti gli autori della burla e le loro motivazioni (il viaggio a Washington per incontrare Obama?), ma è impressionante quanto questi cartelloni somiglino a quelli realmente usati qualche anno fa dal premier in campagna elettorale...


mercoledì 17 giugno 2009

Sunny side of the street


Me l'aveva detto Ale, ma lo stesso è stata enorme la sorpresa nell'ascoltare il nuovo lavoro di Paolo Nutini. Lo scozzese, alla seconda prova dopo l'esordio di These Streets del 2007, spiazza tutti (mi immagino le facce di quelli della major quando hanno ascoltato l'album!), compiendo una completa inversione ad U, per tornare alle radici più genuine della musica.
Cambia tutto: stile, mood, il modo di cantare, e persino la voce appare diversa, più matura.

Il disco si apre con 10/10, un pezzo in cui Nutini canta alla Bob Marley sostenuto però da una base di fiati che mi ha fatto venire in mente alcune cose di Capossela.

Il successivo Coming up easy è inequivocabilmente un tributo a Otis Redding e alla Stax in generale, un pezzo soul tirato che sembra uscire da quegli anni attraverso la macchina del tempo.

Con il lento Growing up beside you si cambia ancora registro, una melodia delicata sostenuta da un coro che nel finale prevale sulla melodia.

Candy è il primo singolo estratto, Pencil full of lead è un old school rock and roll da fare invidia a gente come Brian Setzer che con il revival di questa roba ci campa.

E' di nuovo il soul classico a uscire dai solchi di No other way, Wilson Pickett guarda da lassù certamente approvando, e lo stesso ne sono certo fa Sam Cooke ascoltando la successiva High hopes.

Da questo momento il disco svolta definitivamente, fino alla fine lo stile che prevale è un folk che nello stile strizza l'occhio al folk hillbilly, molto essenziale e ispirato.

Sunny side up è un disco pazzesco, spiazzante come pochi altri, considerando il percorso musicale che il ragazzo ha finora compiuto. Un lavoro coraggioso, personale e, immagino, fortemente voluto.
Non so ancora se entrerà nei migliori dell'anno, ma intanto giù il cappello per Paolo Nutini!

martedì 16 giugno 2009

Non fatelo!

Pare che la federazione tennistica mondiale voglia impedire alle atlete di grantolare ( neologismo coniato per definire gli urletti che molte fanno in campo quando colpiscono la palla, è la fusione delle parole grugnito/rantolo), pena la squalifica, in quanto disturberebbe la concentrazione delle avversarie.
Le tenniste ovviamente si ribellano: "che male c'è?" chiedono.

Sono d'accordo con loro, e anche Daniele Luttazzi credo, visto che se lo facessero non potremmo più seguire il tennis femminile a occhi chiusi, godendoci l'audio.
Qui sotto, alcuni esempi di cosa ci perderemmo.


lunedì 15 giugno 2009

Rock in Idro 2009



Ormai Patrizio non lo aspetto più da anni. Quando il giorno prima ti dice: “dovrei farcela”, sai benissimo che non verrà. Nemmeno se tornano in Italia dopo vent’anni i Pogues. Non sto nemmeno lì a sprecare un sms per chiedergli perché. Ecco cosa si è perso:

Gaslight Anthem




Entro nel palazzetto verso le 16, proprio mentre attaccano i GA, che mi sembra confermino quanto di buono emerse dall’ascolto dell’album. Freschi, diretti, onesti. Saturano tutto il tempo a loro concesso suonando una canzone via l’altra senza mettere del tempo tra un brano e l’altro. Il cantante trova il tempo di dire due parole solo alla fine del set. Devono un po’ crescere, neh, i brani si somigliano un po’ tutti. Se azzeccassero un paio di refrain come dio comanda potrebbero anche farcela.
All American Rejects

Salgono sul palco gli AAR, il cantante è uno spilungone vestito con jeans attillati e camicia bianchi. All’inizio sembra divertente, è tarantolato e già dal primo brano cerca di far cantare il gruppetto di spettatori sotto il palco. Ma il feeling non si accende, e così poco dopo diventa incazzoso, con i soliti fuck di qua fuck di la intercalati ad ogni parola. Qualcuno devi avergli fatto capire che aveva rotto perché chiude mandando a cagare la gente e i Floggin Molly, a cui cede il posto. Da segnalare le buone esecuzioni di Top of the world e Gives you hell.

Flogging Molly



Un boato accoglie i Flogging Molly, e non sto esagerando. Il parterre si è riempito, segno che la fama dei sette cresce. Ottimo. La simpatia del gruppo americano-irlandese è contagiosa, ma quando parte la musica non si scherza più. Paddy’s lament apre le danze (letteralmente intendo), poi Requiem for a dying song, Seven deadly sins, Drunken Lullaby, Tabacco road, What’ s left of the flag, Float. Una gig al calor bianco. Dave King incita al ballo (come se ce ne fosse bisogno…) e il pogo sotto il palco è ininterrotto. Peccato non resti il tempo per un brano come Swagger.
Al momento , senza dubbio, una delle mie band preferite.

Gogol Bordello


Molta gente è qui anche per Gogol Bordello, infatti sotto il palco si registra un bel pienone. E il gruppo di Eugene Hutz regala un ottimo spettacolo, senza fronzoli o atteggiamenti posticci. Not a crime è una bolgia, Start wearing purple una festa interminabile. Hutz lascia spesso i riflettori ai suoi musicisti, il gigantesco violinista, il piccolo tastierista/ rapper/ intrattenitore colombiano (in un pezzo si esibisce con una maschera caratteristica della lucha libre Messicana), le danzatrici.
A fine set la band si ferma a lungo a salutare il pubblico, si capisce che avevano appena iniziato a scaldarsi.

Social Distortion



Mike Ness è proprio un tipo figo. Cool, per rendere meglio l’idea. Tatuaggi a parte sembra un tizio d’altri tempi, da noir americano degli anni trenta. Ha stile, uno sguardo impenetrabile, non si scompone mai. Passa metà concerto a litigare con l’uomo del mixer, ma lo fa senza sbracare. Al massimo alza un sopracciglio e quello capisce che proprio non ci siamo.
Finalmente, dopo una mezza dozzina di pezzi, sulla cover di Ring of fire tutto va a posto e Mike si rilassa. Erano già passate tra le altre The creeps (il brano d’apertura, introdotto da Strange Fruit di Billie Holiday) Mommy’s little monster ed Another state of mind. Per inciso, la gente se ne batteva il cazzo che il sound fosse imperfetto e ci dava dentro lo stesso alla grande.
Arriveranno anche Higway 101, Reach for the sky, Nickels and dime, Bad luck,Ball and chain prima degli encores (i Social Distorion sono il primo gruppo della giornata a permetterselo) nei quali Mike finalmente dice due parole (“come va gente? Ma che cazzo è successo, pensavo di suonare in un parco!”) e regala un inedito dall’attesissimo nuovo album (“so che deve uscire da un pezzo, ma ci stiamo ancora lavorando su”), il brano si chiama Still alive. Chiude lo show The story of my life. Ottime vibrazioni.

Babyshambles

Cazzo, al bar una coda pazzesca per prendere il caffè peggiore della storia della ristorazione (e pagarlo un euro e cinquanta, perdipiù). E vogliamo parlare delle bottigliette d’acqua da mezzo litro a due euro? Eh?
All’esterno hanno montato un palchetto sopra un pullman, e sopra ci sta suonando una band italiana di rockabilly, i Dragons.

C’è anche uno stand coperto dove vendono ciddì, magliette, pizze, panini con la salamella e Heineken. Tra il merchandising ufficiale della manifestazione mancano le t-shirts dei Pogues, come mai domando, arriveranno più tardi, mi rispondono. Ma loro saranno arrivati? Dense nubi nere si addensano sulla ragione principale della mia presenza al Rock in Idro. Ad ogni modo compro una T-Shirt dei Gaslight Anthem, che la maglietta con la quale sono arrivato è un sudario.

P.S. Puoi anche mettere una band che deve esclusivamente al gossip la sua fama subito prima degli headliner, ma il bluff dura poco. Pete Doherty e i suoi salgono sul palco, la gente esce.
I Babyshambles suonano di fronte a due-trecento persone, che dopo un po’ cominciano ad invitarli ad andare a zappare la terra.

The Pogues


Si fanno aspettare, ma lo immaginavo. Sistemare tutti i suoni degli strumenti degli Irlandesi richiede sempre un po’ di tempo. Sotto il palco un gruppo di ragazzi intona in loop The wild rover. Si stringono alleanze in vista del pogo che da li a poco spazzerà il pit come un vento torrido.

Alle 23:30 circa si spengono le luci e sulle note di Straight to hell dei Clash arrivano sul palco gli inventori del Combat folk. Rispetto al concerto di quasi tre anni fa a Brixton li vedo da vicino e a parte Spider, li trovo molto invecchiati. Phil Chevron non è uscito indenne dal brutto male che l’ha costretto ad uno stop due anni fa, appare dimagrito e affaticato.
Per Shane valgono le considerazioni fatte per il
concerto di Londra, però in compenso mi è sembrato sereno, molto easy, quasi a suo agio a calcare le assi del Palasharp ( vi sembra poco?!?).
Partono come prevedibile con Streams of whiskey, poi arriva
If i should fall from grace with god.Come consuetudine dopo due-tre pezzi Mac Gowan torna in camerino e lascia la band a suonare un brano senza di lui ( alla fine saranno tre le canzoni eseguite senza il frontman:Repeal of the the licensing laws, Thousands are sailing e Thusday morning) .
A differenza degli altri gruppi che hanno scelto di sfruttare il tempo limitato a loro disposizione per suonare la parte più veloce del loro repertorio, i Pogues sembrano quasi fare la scelta opposta, piazzando in poco più di un ora un discreto numero di pezzi lenti, The broad majestic Shannon, Kitty, Dirty old town, Rainy night in Soho, Thousands are sailing oltre a Sayonara e Sunny side of the street che insomma non sono esattamente le canzoni che danno luogo al consueto pandemonio. Rimangono purtroppo fuori pezzi importanti come Fairytale of New York, The old main drag, Pair of brown eyes, le mie amatissime Irish Rover e Boys from county hell.
Chiude il set The sick bed of Cuchulainn. Apre gli encores Sally Mac Lennanne e dopo Fiesta si va tutti a casa.
I Pogues non sono giudicabili attraverso i normali metri di giudizio. Sono una cosa a parte, altrimenti uno non si dovrebbe neanche prendere il disturbo di andare a vedere una band il cui cantante non si regge letteralmente in piedi. Loro sono così, e finchè dura prendere o lasciare.

La prima giornata del Rock in Idro ha portato al PalaSharp punte di circa due-tremila persone, non esattamente un tripudio, ma diciamo che oggettivamente mancava tra i gruppi presenti, quello capace di trascinare le masse. Gli organizzatori dovranno fare una valutazione complessiva dopo la giornata del 14 giugno, che vede tra gli altri la presenza dei Faith No More. Per quanto mi riguarda mi sono divertito, lo dico soprattutto per quel sola di Patrizio. Alla fine sono persino riuscito a trovare una T-shirt dei Pogues…

TUTTE LE FOTO DEL POST SONO COPIATE DA QUESTO SITO

domenica 14 giugno 2009

L'Italia s'è assopita

Ma, esattamente, quand'è che cominceremo tutti a preoccuparci sul serio?


Milano, arrivano le ronde nere

Il Pd: "Fermiamo questo delirio"


MILANO - Dicono di essere più di 2.000 in tutta Italia, pronti ad indossare una divisa per "collaborare con le autorità contro la delinquenza". Sono le "ronde nere": camicia kaki, basco con aquila imperiale romana, una fascia nera al braccio con impressa la "ruota solare" e pantaloni grigi. Sono i volontari della Guardia nazionale italiana, pronti a pattugliare le strade 24 ore su 24, affiancando le ronde padane, non appena sarà approvato dal Senato il disegno di legge sulla sicurezza. Sponsor l'Msi. L'iniziativa è stata presentata oggi a Milano, durante il primo convegno nazionale del Movimento sociale italiano-Destra italiana, che fornisce supporto logistico e finanziario e mette a disposizione le risorse per il progetto.

sabato 13 giugno 2009

The voice


Il 13 giugno del 79 moriva in un ospedale di New York Demetrio Stratos, da tempo ricoverato per una rara malattia.

Il cantante italiano di origini greche fa parte di quello stuolo di artisti che ammiro in maniera assoluta per lo spessore artistico, la determinazione, la ricerca, l'impegno politico, ma che ahimè, nonostante tutto il mio impegno e l'investimento fatto sui dischi degli Area, non è mai riuscito a farmi appassionare alla sua musica.

Troppo ostica la sua arte o troppo poppettaro e superficiale io?
Non so. Ad ogni modo mi sembrava giusto ricordarlo.

Penso che se oggi, 13 giugno 2009, un gruppo proponesse per la prima volta una canzone come Luglio, Agosto, Settembre(nero) (brano di apertura di Arbeit macht frei degli Area) si scontrerebbe con l'ostracismo di tutto il panorama politico-culturale e passerebbe dei seri guai con la giustizia.

Beh, certo. A meno che non si chiami Gheddafi e faccia di mestiere il dittatore di uno stato ricco di petrolio. In quel caso potrebbe tranquillamente parlare ai nostri governanti della giustezza delle ragioni del terrorismo e cavarsela con una pacca sulle spalle.

Ups, ho divagato.

Only the strong survive



Sono pronto!


THE POGUES 23.00

BABYSHAMBLES 21.30 (ma chi li raccomanda questi ?!?)

SOCIAL DISTORTION 20.10

GOGOL BORDELLO 18.50

FLOGGING MOLLY 17.45

THE ALL AMERICAN REJECTS 16.45

THE GASLIGHT ANTHEM 15.50

THE SUBWAYS 15.00
ANDEAD 14.15
THE NOISE GUYS 13.40

venerdì 12 giugno 2009

I migliori della vita, 8



Fleetwood Mac - Tango in the night, 1987


Mi è quasi preso un colpo quando ho scoperto, molti anni dopo la release di questo disco, che i Fleetwood Mac nascono come blues band, agli ordini di Peter Green, John McVie e Mick Fleetwood, fuoriusciti dai seminali Bluesbreakers di John Mayall.

Tango in the night rappresentava per me, all'epoca, l'eccellenza del pop: colto ma delicato, elegante e virtuoso, capace di grandissime canzoni, che si stagliava una spanna sopra al resto della roba che passava normalmente alla radio. Che i componenti della band avessero un passato da oscuri suonatori della musica del diavolo mi sembrava quasi un ossimoro (e in effetti un pò era così, visto che quella di Green e quella della Nicks erano in pratica due band differenti).

Colloco questo album all'inizio del 1988, periodo per me molto felice, l'ultimo anno delle superiori, il primo lavoro, la patente (la macchina di papà!) e, ehm, la fidanzatina. Che raggiungevo ascoltando i Def Leppard di Hysteria, Tunnel of love di Brius e i Fleetwood Mac, appunto.

Il tempo di togliere il celofan dall'ellepì e calare la puntina sul vinile e la band si gioca subito l'asso. Non so se tatticamente è sia una buona mossa piazzare la canzone capolavoro nei primi quattro minuti dell'album, ma poco conta. Big love vince per distacco sul resto delle (pur ottime) composizioni.E' l'unico brano di tutto l'ellepì cantato per intero da Lindsey Buckingham, raggiunto solo nel finale dal controcanto della Nicks. Se esiste una canzone che somiglia ad un'armonioso atto d'amore, credo sia questa. Con classe, si capisce. Ma terribilmente eccitante. Segnalo l'esistenza di una versione acustica dal vivo di questo brano che supera quella in studio, grazie ad una sublime ed interminabile introduzione di chitarra classica. è contenuto in The dance, live dei FM del 1997 .

Con le successive Seven Wonders ed Everywhere la Nicks si riprende il posto da lead singer e sospira nel microfono le sue melodie accattivanti e leggiadre. Dietro a queste semplici e perfette composizioni pop c'è il lavoro mai banale di Buckingham alla chitarra e di McVie al basso, senza dimenticare le tastiere di Mick Fleetwood.

Caroline ha una lunga introduzione vagamente etnica, con la sezione ritmica che si prende il suo tempo, prima di lasciare spazio al cantato della Stevie. Ci si allontana un pò dal pop radiofonico, e lo stesso accade con la title-track, che oscura le solari atmosfere iniziali con arrangiamenti più coraggiosi e un'assolo di chitarra che porta il brano alla conclusione, rimettendo in discussione il mood dell'album.

La dolcissima Mistify, nenia rassicurante, riporta la nave in porto, in acque tranquille. Little Lies è il singolo di maggior successo dell'album, per cui non sto a spenderci sopra molte parole. Credo la conosciate tutti. Sarà anche troppo furbetta, ma io la trovo ancora accattivante, oltre ad essere il pezzo che maggiormente mi smuove i ricordi di quell'ultima porzione di anno.

Altro pezzo, altro singolo, altro cambiamento di stile: Family man è cantato ancora dalla voce femminile della band, con un controcanto maschile "alla Barry White".

Welcome to the room, Sara ha un suono che trovo molto west coast rock, da un momento all'altro ti aspetti che a cantarlo spunti Nicolette Larson, e non la Nicks. Invece.

Il trittico che porta il lavoro alla sua conclusione è aperto dai power chords di Isn't midnight, dalla straziante ballata acustica When i see you again e si conclude dallo spiazzante ritmo tropicale di You and i, part II.

Le discografie ragionate tendono ad orientarsi più su Rumors o Then play on, come titoli selezionati del gruppo, e io non ho certo l'autorità per confutare questa scelta. Tango in the night è probabilmente quel tot di commerciale di troppo, per la stampa specializzata e magari anche per i fans della band. Però è proprio quel tot che consente agli artisti di fare il botto, allargare il proprio pubblico, riuscendo a conciliare la propria storia, la mission aziendale e il brand personale con i dischi di platino come se piovesse.

Quando si creano queste condizioni per me, che aborro gli integralisti e/o i puristi ad ogni costo di una cosa popolare come la musica popolare, si creano le condizioni, se non di un capolavoro, di un disco che resiste al tempo. E miglior definizione conclusiva di Tango in the night non mi viene.

giovedì 11 giugno 2009

Far West Italia


E così il parlamento,pardon il governo, attraverso lo strumento del voto di fiducia (già usato quindici volte in un anno, nonostante la prepotente maggioranza ), ha avviato l'iter per la legge sulle intercettazioni. Per moltissimi reati non sarà più possibile usare questo mezzo investigativo da parte degli inquirenti, e per la stampa si arriva fino al carcere in caso di pubblicazioni di atti giudiziari riservati. I magistrati dicono che per moltissimi reati anche gravi non si riuscirà più ad individuare alcun colpevole. Ma d'altro canto per questo Governo la sicurezza significa qualche notizia di stupro in più o in meno ai tiggì, le ronde e l'esercito nelle strade. Dài, s'è capito tutti.

Facendo un consuntivo superficiale e per difetto delle iniziative di Berlusconi nel corso dei suoi mandati, emerge come, in tutti gli ambiti legali con i quali si è scontrato (falso in bilancio, processi pendenti, intercettazioni, etc etc) è riuscito a promuovere provvedimenti che non permetteranno il ripetersi di attacchi alla sua persona, incurante ovviamente delle ripercussioni per tutto il resto del sistema giuridico, penale, investigativo e pe ril paese. Capito lo statista?

Beh, c'è da augurarsi che presto prenda qualche multa per divieto di sosta, così magari fanno una legge (votata con la fiducia) che eliminerà questa odiosa pratica dei Comuni.

Poi se lo beccassero a rubare un pezzo di Parmigiano in un supermercato, la legge che approverebbero da lì a poco permetterebbe finalmente ai pensionati indigenti di uscire dall'Esselunga con il cappotto gonfio tipo Beningni ne Il mostro senza timore di essere fermati e denunciati.

E magari se la polizia postale lo beccasse a scaricarsi l'ultimo album di D'Alessio dal mulo, anche la questione del p2p sarebbe finalmente risolta...

Dall'altra parte speriamo che non commetta mai reati più seri e odiosi come stupri, pedofilia, rapimenti, associazione mafiosa, omicidi, lesioni, rapine a mano armata...Altrimenti l'Italia precipiterebbe immediatamente in una bolla temporale che la porterebbe ai tempi del Far West, con tutto il corredo di Sceriffi, legge del più forte e only the strong survive.

Tanto troverebbero di certo un modo accattivante per annunciarlo ai vari TG1, TG2, TG4, TG5 e Studio Aperto. Gli italiani ne sarebbero persuasi in un attimo.

MFT, giugno 09


ALBUM

Abe Vigoda, Skeleton
Akron Family, Set’em wild, set’em free
Ben Harper and the Relentless 7, White lies for dark times
Chickenfoot, omonimo
Club Dogo, Dogocrazia
The Gang, Dalla polvere al cielo
Depeche Mode, The sound of universe
Garth Brooks, Double live
Green Day, 21st Century breakdown
Greg Phillinganes, Pulse
Huey Lewis, Live at 25
Rancid, Let the dominoes fall
Raul Malo, Lucky one
Elvis Costello, Secret, profane and sugarcane
Steve Earle, Townes
AA/VV, Touch my heart: a Johnny Paycheck tribute
Gogol Bordello, Gipsy punk
Social Distortion, A collection
Pogues, A collection
Flogging Molly, A collection

TRACKS

Zombie slam, Pain
We’re not here for a long time, Huey Lewis
Baby i’m a fool, Melody Gardot
River , Akron Family
That’s what you get, Paramore
The kids are sick again, Maximo Park
Good to be alive, Slash's Snakepit
Mama told me not to come, Eric Burdon
Arma-goddamn-motherfucker, Marilyn Manson
Iron Man, Garbage
Runaway, Yeah Yeah Yeahs
I’m the only hell mama ever raised, Hank III
Spellbound, Lacuna Coil
Colpa del whiskey, Vasco Rossi
Time bomb, Dave Matthews
Already free, Derek Trucks Band
She thinks my tractor’s sexy, Kenny Chesney
We’re an american band, Poison
Catreless whisper, Seether
Blind man, Little Milton


VISIONI

Lost, quinta stagione
Prison break, quarta stagione

LETTURE

Domani nella battaglia pensa a me, di Marìas Javier
Million dollar baby (raccolta di racconti), di F.X. Toole

mercoledì 10 giugno 2009

Piccole città crescono (insieme ai loro scrittori)


Voglio segnalare una bella iniziativa dell'università IULM e del Comune di Milano, che io ho scoperto ieri, ma che per quanto ne so potrebbe anche essere attiva da tempo.

Nelle stazioni della metropolitana milanese sono a disposizione gratutita dei viaggiatori una serie di racconti brevi di giovanissimi scrittori esordienti, contenuti in quaderni fatti con carta riciclata di piccole dimensioni ( si vedono nella foto ) .

Le storie escono per la Subway Letteratura e sono catalogate sommariamente per genere / tempo di lettura, contestualizzato al numero di fermate della metro necessarie per completare il racconto. Ad esempio: Autore, Titolo, Racconto da 11 fermate. Esiste naturalmente anche un sito di riferimento.

Ieri me ne andavo in giro sui mezzi pubblici con questo malloppetto di albi di carta ruvida, sbirciando o leggendo integralmente queste opere tutte elaborate da ragazzi sotto i diciannove anni e pensavo, ma guarda un pò, anche Milano è riuscita a fare qualcosa di piccolo ma significativo per tentare di somigliare ad una capitale culturale europea.

Ormai avevo perso le speranze.

martedì 9 giugno 2009

In the country

Insomma, tutta sta fatica a sdoganare il country anche agli scettici, a dimostrare che questa musica ha una dignità, che non è solo per bifolchi, che l'outlaw è quanto di più vicino al punk per sfrontatezza, che ci sono artisti di spessore e intelligenza, che non è solo spensieratezza ma anche sofferenza, e poi arriva il recupero di una canzone di Kenny Chesney, She thinks my tractor sexy, assolutamente irresistibile ma che fa il pieno di luoghi comuni su questo genere: la fattoria, il lavoro nei campi, il vero uomo di campagna, e tutto il mio impegno va a puttane.
Ah! Naturalmente c'è anche un video che nemmeno i Casadei.

HiiHiiiiii!!!! Amici. HiHiiiii.