venerdì 29 dicembre 2006

I Pogues sono morti. Viva i Pogues



Ci deve essere una subdola morale occulta se mi si rompe il piccì proprio quando devo scrivere del viaggio a Londra per vedere i Pogues. Comunque, una decina di giorni dopo e più povero di cento eurini passati dalle mie tasche a quelle del negozio di informatica che mi ha rimesso in piedi il pc, vado ad esporre i fatti che mi hanno portato insieme a paddy in quel posto infame che è brixton, suburb of london.

Mattina del 17,una sola cosa doveva fare Patrizio ed era abbastanza semplice. Ficcare nel fottuto portafogli la carta di credito che serviva per il ritiro dei biglietti (Già pagati) al box office. Ecco perché davanti al banco del check-in di Orio, alle 08:20 l’avrei preso a roncolate in testa incurante della presenza di addetti alla sicurezza e di poliziotti, quando, con un sorriso di circostanza ha abbozzato: “Ho dimenticato la carta di credito!” .
Arriviamo a Stansted, prendiamo il bus per victoria station (acquistando i biglietti da una ragazza che:”potete anche parlare in italiano, sono di ceppaloni”). In tutto 28 sterle, più di quaranta euro. Mica male.

I cartelli promettono una corsa di 50 minuti, in realtà il bus ce ne mette 40 in più, siamo dal lato del pullman esposto al sole, e il caldo si fa sentire (anche perché sono bardato tipo totò e peppino al loro arrivo a milano ne “la malafemmina”).
Giriamo londra, è una bellissima giornata di sole: buckingam, piccadilly, soho, qualche pub che serve ottima guinness, qualche acquisto (in un negozio suggerito da Lorenzo corvonero troviamo abbigliamento sportivo a prezzi ridicoli) , i megastore di musica e i negozietti di dischi usati, da cui mi aspettavo di più, poi ancora pubs a vedere in diretta west ham – Manchester utd (prima sconfitta della stagione per i red devils!) dove Patrizio, con dimostrazione di coraggio e incoscienza sfotte i tifosi degli hammer per l’eliminazione subita da parte del Palermo (“Greetings from Palermo…”)

Arrivano presto le cinque del pomeriggio, non sappiamo bene cosa ci aspetta al box office, se dovremmo urlare, negoziare,piangere,implorare o minacciare la signora dei biglietti e quindi decidiamo di avviarci nella tubes per raggiungere brixton, che Lorenzo mi aveva avvertito essere posto infame.

Alle cinque e mezza siamo lì, il quartiere è a prevalenza nero, chiediamo a un poliziotto dovè l’academy e ci avviamo guardandoci le spalle. Passiamo davanti a due-tre pubs, dentro giovani con magliette dei Pogues e pinte in mano. Bene, abbiamo un rifugio sicuro.

Al box office finalmente! ci avviciniamo con circospezione, abbiamo deciso che se la smazza paddy, un po’ perché è colpa sua e un po’ perché con l’inglese se la cava meglio del sottoscritto.

Gentile come non è mai stato, fa passare sotto il vetro la stampata della prenotazione, la signora dall’altra parte ci gela: “credit card please…” Patrizio spiega, che non l’ha portata, che veniamo dall’italia apposta per il concerto, mostra la carta d’identità, l’e-mail, la ricevuta dell’acquisto, racconta di quando nell’85 ha visto per la prima volta i pogues a mil… Vedo passare una busta dallo sgabiotto all’esterno, nelle mani di Paddy e capisco che ce l’abbiamo fatta.

Baci e abbracci, accenni di stornelli del repertorio di shane e soci e ci infiliamo nel pub vicino alla stazione della metro a riempire un paio d’ore. Gulasch e Guiness (meno buona delle precedenti) e socializzazione con un gruppo di irish drunk as a rule, pronti alla battaglia delle prime file ci accompagnano piacevolmente fino al momento tanto atteso.

Le otto. Entriamo finalmente.
Dentro, la prima brutta sopresa: siamo in alto, nelle balconate, dove, per divieto affisso, è vietato alzarsi durante lo spettacolo. Mi guardo in giro e vedo famiglie, over 50, e ragazzini annoiati. Merda. Non che volessi pogare e farmi distruggere naso e denti, ma sotto avrei trovato un posticino dove cantare e ballare felice in tutta sicurezza. Provo a corrompere un addetto all’entrata del front stage, ma non c’è speranza.

Tra l’altro siamo sistemati davanti al passaggio. Avete idea di cosa significhi, a londra, essere seduti sul passaggio che porta alle uscite, e quindi ai bar?!?

Suonano in apertura i Larrikin Love, non male il loro folk rock etnico, ma l’acustica è tremenda. Speriamo sia l’impianto del gruppo spalla e con i Pogues la cosa si sistemi.

Nove e dieci. Il deejay che da almeno mezzora ci massacra le palle con roba inascoltabile spegne la musica e soffoca con un cenno della mano il boato che si scatena: c’è stato un problema tecnico e lo show è ritardato di mezz’ora. I folli sotto il palco, già carburati e caldi al punto giusto,sfogano la loro incazzatura.

Sulla grancassa della batteria di Andrew Ranken,dove normalmente campeggia il nome o il simbolo del gruppo, spiccano falce e martello. Curioso e inaspettato.
Alle nove e trentacinque si spengono le luci e via che si va. Entra il gruppo e vedo Shane. E’ ben oltre gli atteggiamenti da dannati del roccheroll, è proprio conciato da fare schifo. Barcolla vistosamente, per quello che posso vedere da dove sono gli occhi sono ridotti ad una fessura ed ha un sorriso da ebete semicosciente stampato sul volto. L’acustica si conferma una chiavica e si può dire che per tutta l’open track Streams of whiskey, a sentirsi sono solo i cori del pubblico perché della voce di Shane nemmeno l’ombra.

Alla fine del primo pezzo c’è un po’ di scazzo tra il gruppo e le prime file, irritate per il ritardo (causato a quanto pare da alcuni bicchieri di birra finiti sul mixer) che rischia di far perdere a molti l’ultima corsa della tubes londinese, prevista per le 23:50. Tutto risolto e si riprende. If i should fall from grace with god riconcilia le parti (pur continuando a sentirsi davvero male). Dopo the Broad majestic shannon , Shane gira le spalle barcollando e esce dal palco. Il gruppo attacca, con Finer alla voce young ned of the hill. Questo copione si ripeterà per tutto lo show, MacGowan canta al massimo tre canzoni di fila e poi esce e la scaletta è preparata in modo che a quel punto ci sia un pezzo
(Tuesday morning, Thousand are sailing e Repeal Of The Licensing Laws) suonato dal resto del gruppo. Shane è davvero messo male, più che una rockstar strafatta sembra un’ottantenne con l’alzhaimer. Fatica a mettersi la sigaretta in bocca, esce di scena incerto con la pinta vuota e ritorna spaesato con la pinta piena, sbiascica a parlare e mi mette addosso una tristezza infinita.

Il concerto prosegue così, ogni tanto penso che la band (Spider Stacy sembra il più nervoso di tutti) si renda conto di che spettacolo penoso stia dando portandosi in giro, come nelle fiere di paese d’altri tempi, un freak caricato a molla e mostrato ai villici che sbavano, e spero per questo provi almeno un po’ di vergogna. Sono anche convito che mentre suonano e vedono uscire dal palco Shane non possano evitare di domandarsi: “ce la farà a raggiungere l’uscita? E tornerà in tempo per attaccare la sua parte?”

Lo show continua, ma sono da un’altra parte con la testa, la gente continua a passare davanti alla nostra fila con bicchieri di plastica trasparenti pieni di birra e bottigliette di soft drinks alla wodka. I Pogues proseguono con il loro greatest hits live, non manca quasi niente del loro repertorio più noto. Aspetto questo concerto da tre lustri e mi rendo conto solo in quel momento che non vedo l’ora che finisca. Nei bis qualcosa migliora, a piccoli gruppi anche nel nostro settore la gente si alza, balla, comincia a cantare. Sally Mac Lennane, Rainy Night in soho e the Irish rover, durante la quale Shane si incarta, perde il tempo, lo riprende lo riperde va fuori tonalità, si gratta la testa perplesso.

Fairytale of New York è cantata in coppia con la figlia di Jem Finer, che ha una voce monocorde e piatta, l’opposto di quella melodiosa e armonica della povera Maccoll. Scende una neve artificiale, che pare svegliare dal suo torpore Shane, stupito come un bambino, e poi durante il bridge strumentale la ragazzina si avvicina prudente al MacGowan per un ballo. E qui si tocca davvero il fondo. I due si tengono a dovuta distanza, con le braccia sulle spalle e cominciano a girare, sgraziati , per un minuto che dura un eternità. Shane continua a girare barcollando, fa tenerezza, avrei voglia di fermare tutto e portarlo via, proteggerlo, salvarlo da quel destino infame che sembra però ineluttabile.

Si finisce con Fiesta, Shane praticamente non canta limitandosi a trascinare il brano alla sua conclusione, il copione prevede che Shane e Spider escano con un vassoio di metallo in mano, e che in alcuni punti del brano, se lo battano in testa a tempo. Spider si applica, mentre Shane se lo gira tra le mani senza capire esattamente cosa debba farci.

Non assistiamo ai saluti, siamo già fuori a correre verso la metro. Per strada ragazzi vendono a dieci sterline la maglietta dei Celtic Glasgow marchiata Pogues. Tiro dritto.
Non voglio un ricordo di questa serata.

3 commenti:

drunkside ha detto...

mi spiace angelo perchè so quanto ci tenevi. purtroppo molti gruppi non si rendono conto di quando è giunto il momento di dire stop

monty ha detto...

come è vero!

Anonimo ha detto...

Che sfiga che hai avuto!!
Io sono appena tornato da Londra, il 19 ho visto i Pogues... e devo dire che sono stati perfetti.
Shane non ha sbagliato una parola, non ha neanche fumato una sigaretta, era davvero in ottima forma. Mi sono sembrati più vivi che mai, seriamente. Quando ci sei andato?
Io ero in piedi, l'acustica era ottima.
Di simile alla tua disavventura posso solo dire che il dj era un povero stronzo.
Mi dispiace per come lo hai passato, ma non giudicarli per un concerto.