lunedì 29 luglio 2019

Train to Busan (2016)

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In una Seul che ha ormai assunto, amplificandoli, tutti i clichè disumanizzanti delle grandi metropoli occidentali e orientali, Seok -Woo è un broker cinico e spietato, che ha una vita personale a pezzi. Divorziato, con una figlia piccola (Soo-an) che non vede praticamente mai, dedito solo ed esclusivamente alle sue speculazioni finanziarie.
Il giorno del compleanno della figlia, dopo aver dato ennesima prova della sua assenza (attraverso il regalo di una Wii che la bambina già possiede), Seok-Woo accetta a malincuore di soddisfare la richiesta della piccola, che vuole vedere la madre, ed ex-moglie, che vive a Busan (circa 300 chilometri da Seul).
Saliti sul treno diretto a Busan, scopriranno con orrore, assieme agli altri passeggeri, che il Paese è sconvolto da un'epidemia che contagia le persone trasformandole in mostri "infetti" affamati di carne umana, e che anche il treno non è un posto sicuro, visto che una contagiata è riuscita a salirci prima della sua partenza.

Ci sono due modi di fare uno zombie movie (questi non sono zombi, ma insomma è per capirci): uno è dedicarsi esclusivamente allo splatter e al divertimento da pop-corn, senza approfondimento ne menate, e un altro è quello messo magnificamente in scena dal regista Yeon Sang-Ho (autore anche di soggetto e sceneggiatura), che, dentro un film lungo (due ore), ma che vola senza pesare mai, mette dentro tutto, dalle tipiche tematiche dell'assedio, alle grandi e spettacolari sequenze d'azione, anche di massa, al melodramma tipicamente orientale fino a, sopratutto, una forte ed evidente critica sociale al sistema classista e iniquo della "nuova" Corea del Sud.

Insomma, un film imperdibile, che diverte, avvince, commuove e, soprattutto, fa pensare.
Gira da tempo sui canali digitali RAI, dategli una chance (magari prima che il governo del cambiamento chiuda RAI Movie), oppure investite qualche euro nel dvd, che come si può apprezzare nell'immagine postata, contiene anche un anime di novanta minuti che fa da prequel alla storia.

lunedì 22 luglio 2019

D.A.D., A prayer for the loud

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Diamine, i D.A.D. . 
Li avevo persi qualcosa come trent'anni fa (madonna, fa impressione scriverlo) con quel No fuel left for the pilgrims che un certo rumore l'aveva fatto.
Poi, sì, mi arrivavano all'orecchio echi di ulteriori uscite nel corso del tempo (da quell'album nove fino ad oggi, in pratica una ogni tre anni),  ma non tali da far schioccare in me la frusta della curiosità.
Fino ad oggi, quando per ragioni come sempre imperscrutabili e frutto del caso, le mie orecchie sono tornate a posarsi sull'ultimo lavoro della band.
E sono ancora qui a ringraziare quel giorno

Per chi non lo sapesse, il monicker del gruppo danese sta per Disneyland After Dark, qualcosa di semplicemente geniale che però, com'era facilmente prevedibile, ha causato problemi di natura legale alla formazione, che ha dovuto accontentarsi di utilizzare l'acronimo di cui sopra, non senza però rinunciare al proprio spirito goliardico, se è vero che il disco del 2011, l'ultimo prima di questo, aveva per titolo DIC.NII.LAN.DAFT.ERD.ARK . 
E' sufficiente unire i puntini...

Di calembour in calembour, su una copertina che riprende la "mascotte" del gruppo (l'iconografico teschio di bue) in ambito vagamente blasfemo, ecco un titolo strepitoso, che mette insieme sacro e profano: A prayer for the loud.
Undici pezzi, a mio modo di vedere divisi in due sezioni stilisticamente differenti. La prima, fino alla traccia cinque è la mia preferita, ma la seconda gliela ammolla anche lei, con almeno un paio di pezzi sopra la media.
Il disco sprigiona il suo potenziale dopo un opener, la divertente Burning star, che prepara il campo ad almeno due pezzi di livello superiore, offerti in pegno sul sacro altare del blues, e dei suoi pattern universali che vestono perfettamente John Lee Hooker come i Depeche Mode di Personal Jesus. Le due tracce in questione sono la title track, inno totale e l'altrettanto strepitosa The sky is made of blues. Due canzoni che, ne sono certo, resteranno, se non nella storia, a causa della bulimia di uscite e della poca visibilità dei DAD, almeno nella mia memoria per molto, moltissimo tempo. 
Prima e dopo, dentro uno schema che prevede una seconda parte più hard-heavy della prima,  una serie di canzoni ispirate ed affilate (The real me; Happy days in hell), con il giro blues di cui sopra che torna e si diverte con gli AC/DC (Musical chairs) e due lenti (A drug for the heart e If the world just) che avvicinano l'asticella alle due tracce capolavoro di cui sopra.

Insomma, A prayer for the loud è un discone imperdibile.
L'ennesimo, dentro un anno che mi sta regalando grande godimento e soddisfazione.

lunedì 15 luglio 2019

Hank Von Hell, Egomania (2018)

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E' noto che i fan dei Turbonegro siano ancora in lutto per lo scioglimento della loro band preferita. Talmente unico e originale lo stile death-punk imposto dal gruppo norvegese, che era pressochè impossibile trovare dei degni eredi. Ecco allora tutti a stringersi attorno al disco di esordio, sotto proprio nome, di Hank Von Hell (nato Hans Erik Dyvik Husby), frontman dei Turbonegro, dopo qualche tentativo (Doctor Midnight and the Mercy Cult; Duke of noting) andato a vuoto.
Egomania, anticipato da un singolo, Fake it, che non sarà curiosamente incluso nella tracklist del disco, non è il ritorno del brand Turbonegro (non del tutto almeno), anche se si porta inevitabilmente dietro profumi e screpolature di quella esperienza, dentro una manciata di canzoni caciarone e ipertrofiche, che non riesco a definire diversamente se non happy-metal.
Dieci tracce per meno di quaranta minuti dall'impatto immediato che riesce però a conciliarsi con una buona longevità, all'insegna di un'orecchiabilità cafona (la title track) che non disdegna i KISS più commerciali di Dynasty, ma che piazza dei colpi mica male, come le irresistibili Blood e Bum to bum e quando decide di incattivirsi non ha esitazioni, come nel caso della nervosa Pretty decent exposure o Never again, il pezzo più classicamente metal della raccolta.
Insomma, si fa dannatamente sul serio, ma sempre con ironia, come testimonia il look di Hank o Adios (Where my sombrero?), il pezzo scelto per concludere la tracklist, che parte lento per poi crescere progressivamente fino al suo massimo climax.
Autoironia che si svela in tutta la sua irriverenza anche nel video di Bum to bum, featuring Steve-O, dove il nostro, all'inizio, si mostra impudicamente in un irresistibile look da turista tedesco (lo trovate sotto).

Egomania è un gran bel disco, divertente e piacevomente maleducato. Peccato che, essendo uscito nelle ultime settimane del 2018, sia entrato nei miei radar solo nel 2019, perdendo così la possibilità della nomination dei migliori dell'anno.


lunedì 8 luglio 2019

Allegaeon, Apoptosis

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Gli Allegaon sono una band di metal estremo basata in Colorado, attiva da una decina di anni e con una discografia che consta di cinque album.
L'ascolto per la prima volta con l'ultima fatica, questo Apoptosis (titolo che non imparerò mai, e che è un termine biologico che sta ad indicare la morte cellulare programmata), capace di catturare tutta la mia attenzione e di mantenerla alta per settimane.
Il gruppo si muove su canoni techno-death, e, come da regole del genere, ogni componente è in possesso di una tecnica sbalorditiva (ad eccezione forse del singer Riley McShane, perfetto nelle parti growl richieste, ma senza spiccare particolarmente per originalità) che permette alla formazione robusti inserimenti di partiture prog e pattern puliti, dentro un feroce assalto death, che fanno del disco un'opera dal fascino assicurato.
Il breve prologo strumentale di Parthenogenesis, che parte come un pezzo dei Goblin scritto per un film del periodo aureo di Dario Argento, mette subito in chiaro l'enciclopedica conoscenza musicale degli Allegaon.
Per l'intera durata della tracklist (undici tracce per oltre cinquantasei minuti) si alternano cannonate marce e ignoranti (Extremophiles (B); Exothermic chemical combustion; Metaphobia) a pezzi suggestivi e chiaramente influenzati dal progressive, come il secondo strumentale Colors of the currents (featuring la chitarra classica di Christina Sandsengen) ma anche Tsunami and submergence e la suggestiva, lunga suite finale Apoptosis.

Che dire? Il termine futuristic melodic technical death metal appiccicato agli Allegaeon, per quanto ambizioso, mette sulla giusta strada chi si approcci per la prima volta al sound di un gruppo davvero interessante.

giovedì 4 luglio 2019

MFT maggio giugno diciannove

Nonostante l'accrescimento di responsabilità in ambito lavorativo, ero riuscito sempre a trovare il tempo per aggiornare il blog. Poi improvvisamente, bam!, tre settimane di apnea per cazzi assortiti che mi hanno completamente prosciugato.
Un peccato, perchè prima di precipitare in questa spirale avevo in testa più di uno spunto di cui volevo assolutamente scrivere.
Nell'attesa di capire se e come mi tornerà l'ispirazione su quei soggetti, riparto da un post facile facile, ma immancabile come l'afa milanese: la solita lista dei miei titoli preferiti del bimestre.

ASCOLTI

SpidergawdV
Little Steven and the Disceples of SoulSummer of sorcery
WhitesnakeFlesh and blood
PossessedRevelations of oblivion
AllegaeonApoptosis
EnforcerZenith
Josh RitterFevere breaks
Cats in SpaceDaytrip to Narnia
Pokey LaFargeManic revelations
Hank Von Hell, Egomania
Bruce Springsteen, Western stars
Fulci, Tropical sun
Warrior Soul, Rock 'n' roll disease
Mr Big, s/t; Lean into it; Bump ahead
Bokassa, Crimson riders
Whitesnake, Flesh and blood
Godsmsack, Good times...Ten years of
The Raconteurs, Help us
Massimo Volume, Il nuotatore
Death Angel, Humanicide
Darkthrone, Old star
Possessed, Revelations of oblivion
Hollywood Vampires, Rise
Pristine, Road back to ruin
Saint Vitus, s/t
Turbonegro, Scandinavian leather
Buckcherry, The best
Tom Petty, The best of everything
Hayes Carll, What it is
The Waterboys, Where the action is
Janet Gardner, Your place in the sun

VISIONI

Avengers,Endgame
Deadpool 2
Stanlio e Ollio
Halloween (Carpenter)
Nella tana dei lupi
I fratelli Sisters
Breaking news
I Goonies
Sugarland express
Equalizer 2 - Senza perdono
La prima notte del giudizio
John Wick 3 - Parabellum
Asbury Park: lotta, redenzione, rock and roll
Phil Spector
eXistenZ
La nona porta
Game change
Dieci piccoli indiani (Film TV, 2015)
Black mass - L'ultimo gangster
Escape plan 2
Pets
End of justice - Nessuno è innocente
Il traditore
La isla minima
Secret window
Il fiore del mio segreto
Morto Stalin, se ne fa un altro
I mercenari 3
The wife - Vivere nell'ombra
Il buco
Quando Alice ruppe lo specchio
Mike Tyson: tutta la verità
Johnny English colpisce ancora
Toy Story 4

Il Trono di Spade, final season
Gomorra, 4

LETTURE

Paolo Albiero e Giacomo Cacciatore,
Il terrorista dei generi - Tutto il cinema di Lucio Fulci

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