lunedì 27 febbraio 2017

I miei migliori fumetti (vol 1)

La mia passione per i fumetti è quasi esclusivamente legata al mondo supereroistico della Marvel Comics. Tolta qualche significativa eccezione infatti, la lettura di questa forma d'arte segue abbastanza fedelmente l'evoluzione della cosiddetta Casa delle Idee. Sono poi molto legato ad alcuni artisti in particolare, siano essi scrittori, disegnatori o abbiano ricoperto entrambi i ruoli. Gente che, nel proprio tempo, ha contribuito a portare il genere a livelli di credibilità che hanno alzato l'asticella per tutti quelli che sono venuti dopo di loro. Parlo di personaggi come John Romita, Jack Kirby, John Byrne, Frank Miller, Todd McFarlane, Bob Claremont, Alan Moore, DeMatteis e tanti altri. Solo una parte di loro rientrano in questa prima sezione di favoriti. Spero di avere modo di celebrare in futuro quelli che mancano.



L'apertura è doverosamente riservata ad un albo che mi ha spalancato le porte della meraviglia. Il primo fumetto di super - eroi che abbia mai letto: L'Uomo Ragno Gigante numero 15,  Il vero volto di Goblin. Me lo regalò mia sorella maggiore, su mia precisa richiesta, nel 1977, mentre eravamo in vacanza nel paese d'origine dei nostri genitori. Avevo nove anni ma il ricordo delll'emozione e del pathos di quell'avventura incredibilmente coinvolgente, con un Parker smascherato e alla mercè della sua nemesi, resta tuttora indelebile.  Anche grazie ad un John Romita all'apice della sua forma.




Ancora l'Uomo Ragno, ma stavolta siamo alla fine degli anni ottanta (1987 nell'edizione americana, qualche anno dopo in Italia) ed è tutto un altro scenario. Il fumetto è diventato adulto, si cominciano ad usare linguaggi e dinamiche narrative più ambiziose e realistiche, sull'esempio dei comics independenti. In questa saga si ribaltano molti dei luoghi comuni dei fumetti e molti temi considerati pericolosi per il pubblico di adolescenti, range di rilievo di queste pubblicazioni. Ne L'ultima caccia di Kraven, Kraven, pittoresco e storico nemico del Ragno, stufo delle solite liturgie tra criminale ed eroe, stavolta spara a prima vista, ferendo un sorpreso Uomo Ragno per poi seppellirlo vivo. Il bene trionferà, ma l'accenno all'omosessualità latente di Kraven e il suo suicidio restano una pietra miliare nell'evoluzione dei temi della Casa delle Idee.



La mia personale trilogia di Frank Miller:


Frank Miller è senza dubbio uno degli artisti che più ha contribuito a traghettare nel futuro l'arte dei fumetti. Autore e disegnatore, ha rilanciato big ones come Batman (ne parlo a seguire) e creato capolavori adottati anche dal cinema del calibro di Sin City e 300. Io lo scoprii con il suo primo ciclo(1979/1983 in USA) di storie di Devil,  personaggio che fino a quel momento non rientrava tra i miei favoriti, ma che in mano a Miller rinasceva letteralmente, attraverso il realismo spietato delle sue storie urbane, violente, noir, che culminano con lo scontro tra Bullseye ed Elektra.







Risultato immagine per il ritorno del cavaliere oscuro fumettoSi diceva della poca affinità con il mondo DC. E' chiaro che quando l'universo dei comics impazzisce per un'opera, non si può star lì troppo a fare l'ultrà per una o l'altra casa editrice e bisogna invece accaparrarsela. E' quello che ho fatto con Il ritorno del Cavaliere Oscuro, uscito negli USA nel 1986 e da me comprato in un'edizione della storica fiera di Lucca ai primi dei novanta.Lo spunto di Miller, che ci mostra l'eterno duello tra Batman e Joker, proiettato in un futuro ipotetico con i due personaggi ormai sessantenni e con Bruce Wayne cinico ed esausto è geniale e insuperato. Un must assoluto.


Sin City Hard Goodbye.jpgIl terzo lato della trilogia non può che essere l'imperdibile Sin City, serie di albi usciti per la Dark Horse nel quale Miller ricrea le classiche atmosfere hard boiled alla Hammett; Chandler e Spillane trasportate in una distopica America anni cinquanta dove a regnare sono violenza e corruzione. In un esplosivo bianco e nero passano tra le pagine alcuni personaggi maledetti, condannati e straordinari, come Marv, Nancy e Hartigan. Frank Miller ha coadiuvato Robert Rodríguez e Tarantino alla regia, nell'adattamento cinematografico del 2005.







martedì 21 febbraio 2017

80 minuti di Bob Dylan

La premessa può suonare contraddittoria: non considero Bob Dylan un'artista da greatest hits. 
Quantomeno, è delittuoso iniziare a conoscerlo partendo da una delle tante raccolte che negli anni sono state compilate a suo nome. Non ci può essere approccio alternativo a Dylan che l'ascolto integrale dei suoi album.
Diverso per chi, come me, sebbene in ritardo, ha costruito le sue fondamenta su alcuni lavori che si sono impressi a fuoco nella memoria. In particolare con una manciata di dischi che rispondono ai titoli di Highway 61 Revisited; Blonde on blonde; Blood on the tracks; Desire; Oh mercy e Time out of mind potrei camparci per anni senza bisogno  di altri stimoli.
Tuttavia, se siamo qui è perché l'istinto dello scorpione ha ancora una volta prevalso sulla ragione e non ho voluto resistere all'impellente desiderio di mettere in fila una ventina di pezzi ai quali (noti o meno noti) sono visceralmente legato, consapevole delle molte assenze di rilievo.


01. Political world
02. Highway 61 Revisited
03. Don't think twice, it's alright
04. Jokerman
05. Tangled up in blue
06. I want you
07. All along the watchtower
08. Tweedle Dee & Tweedle Dum
09. Blowin' in the wind
10. One of us must know (Sooner or later)
11. Everything is broken
12. It's all over now baby blue
13. One more cup of coffee
14. Knockin' on heaven's door
15. The times they are a-changin'
16. The mighty Quinn (Quinn the eskimo)
17. Just like a woman
18. Master of war
19. Gotta serve somebody
20. Make you feel my love

giovedì 16 febbraio 2017

80 minuti di my favorite eighties songs (part II)

Dopo il volume uno, i tempi erano maturi per un seguito. Stavolta non mi limito alle pop songs (come nella playlist precedente) e mischio maggiormente i generi alternando alto e basso.
Non finisce qui.

01. David Bowie, Loving the alien
02. Nik Kershaw, The riddle
03. Frankie Goes To Hollywood, Two tribes
04. Spandau Ballet, Through the barricades
05. Tanita Tikaram, Twist in my sobriety
06. Johnny Hates Jazz, Shattered dreams
07. Howard Jones, Things can only get better
08. Christopher Cross, Ride like the wind
09. Housemartins, Caravan of love
10. Taylor Dayne, Tell it to my heart
11. Cindy Lauper, True colors
12. Big Country, Where the rose is sown
13. Brian Ferry, Slave to love
14. Marillion, Kayleigh
15. Sade, Your love is king
16. Alphaville, Forever Young
17. Gazebo, I like Chopin
18. Simply Red, Holding back the years
19. Saxon, Princess of the night

lunedì 13 febbraio 2017

Qui ci scappa la ...ahemm... saga

Accolgo la sfida dell'amico Filo, ma oltre ai primi segni dell'età che avanza rilancio con quelli che, camminando spesso di pari passo, identificano chiaramente l'appropinquarsi dei sintomi della crisi di mezz'età.

1) Acquisti esclusivamente riviste musicali che trattano roba invecchiata minimo trent'anni
2) I ragazzini ti lasciano il posto a sedere sulla metro
3) I ventenni ti danno del lei
4) Strizzi gli occhi sui caratteri più piccoli ma non vuoi arrenderti a inforcare lenti da vicino
5) I bambini che cercano di passarti davanti alla fila del supermercato vengono ripresi dalle mamme al motto "c'è prima il signore!"
6) Stai pensando di farti la spider rossa con foularino a pois viola d'ordinanza al collo (in alternativa la Harley da portare con la barba che arrivi rigorosamente al petto)
7) Hai deciso: rimetti in piedi la tua vecchia band
8) Il colore dei capelli, sul documento di identità è passato da castani a brizzolati.
9) Produci a ciclo continuo compilation con la musica degli anni ottanta, anche quella che all'epoca schifavi
10) L'ipocondria prende il sopravvento. Ogni dolorino è una malattia mortale




lunedì 6 febbraio 2017

J.D. McPherson, Let the good times roll (2015)


Sono un paio d'anni che il nome di J.D. McPherson mi ronza in testa. Onestamente non so perché mi ci sia voluto così tanto per mettere su un suo disco, immagino che dipenda dalla scarsa logica che guida i miei ascolti. Curioso innanzitutto l'accostamento tra copertina e stile musicale. Che genere vi aspettereste voi con una cover del genere? Qualche tipo di indie pop ovviamente hipster e intellettualoide? E invece il buon J.D. è un sopraffino maniaco del suono vintage degli anni cinquanta, quello che predilige la sponda black (Little Richard, Jackie Wilson, Fats Domino) del rock and roll e del ryhythm and blues. Il ragazzone di Broken Arrow, Oklahoma, ha le idee precise riguardo la sua direzione musicale e le ha delineate in due album e un EP. In particolare questo Let the good times roll del 2015 le mette a fuoco in maniera sublime con l'apertura entusiasmante della title track e giù per undici episodi inediti all'insegna della retromania più onesta (non è che con questa roba ci si paghi il mutuo, eh) e convincente possibile ad oltre sessant'anni di distanza dagli originali. Questo disco è una piccola goduria che viaggia al ritmo degli Isley Brothers con It's all over but the shouting, rallenta con Bridgebuilder e chiude pigiando ancora sull'acceleratore con una Everybody's talking about the all-american, che sono certo sia piaciuta ad un certo Boss che conosco.
 
Back to the basics.

giovedì 2 febbraio 2017

MFT, gennaio 2017


ASCOLTI

Bruce Springsteen and the E Street Band, L.A. Sports Arena, California 1988/04/23

Pride of Lions, Fearless

Jake Clemons, Fear and love
Monte Pittman, Inverted grasp of balance

Ryan Adams, Prisoner

Carrie Rodriguez, Lola

Aaron Watson, Vaquero

J.D. McPherson, Let the good times roll; Sign and signifiers



VISIONI

Rectify, stagione tre
The Affair, stagione tre
Atlanta

The night manager

Fortitude, stagione due



 

LETTURE

Bruce Springsteen, Born to run
Kent Haruf, Benedizione