giovedì 27 luglio 2017

I Guardiani della Galassia, Vol. 2


Film visto ormai da qualche mese, ma che ci tengo a recensire anche in ritardo visto che considero il precedente con tutta probabilità la migliore trasposizione Marvel di sempre.
Parto da questa considerazione perché le enormi aspettative che nutrivo per questo sequel sono state parzialmente disattese.
Si percepisce lo sforzo degli sceneggiatori di mantenersi sugli elevatissimi livelli di partenza, ma il risultato fatica a raggiungere quegli standard e il meccanismo narrativo sovente inciampa su cliché abusati del genere supereoistico/fantascentifico, soprattutto nella parte centrale del film che si svolge sul pianeta Ego.
E purtroppo a poco servono i contributi di un Kurt Russell che ho trovato un pò spaesato e di uno Stallone che dà l'impressione di aver fatto un bancomat veloce.
A sprazzi ci si diverte ancora sopra la media delle altre produzioni di genere (irresistibile, sui titoli di coda, la breve sequenza con Groot adolescente) e non può che emozionare  la definizione del rapporto tra Peter Quill (Chris Pratt) e Xondu Udonta (il bravissimo Michael Rooker), ma, lo stesso, qualcosa della freschezza del Volume I è andata perduta.
 
La linea di credito verso il progetto Guardiani della Galassia resta comunque aperta. Staremo a vedere.

lunedì 24 luglio 2017

Spider-Man: Homecoming


Eccoci dunque arrivati al terzo Spider-Man cinematografico da quando Raimi, nel 2002, ha portato sul grande schermo l'epopea di uno dei super-eroi più popolari di sempre.
Dopo quella trilogia c'è stato un primo reboot, diviso in due capitoli (recensiti qui e qui), che pure non avevo stroncato, ma che hanno il non trascurabile difetto di essere invecchiati precocemente e male, al punto, evidentemente, di indurre la produzione a ripartire da capo.
L'anticipo di cosa sarebbe stato questo Spider-Man l'abbiamo avuto durante Captain America: Civil War (che mi accorgo solo ora di non aver recensito!), dove facciamo la conoscenza di un Uomo-Ragno giovanissimo e inesperto che viene arruolato da Stark nel suo progetto reazionario contro Captain America e soci.
Il film inizia da questo flashback, mostrato attraverso le riprese amatoriali che lo stesso Peter Parker ha girato per conservare un ricordo di quell'impresa.
 
Homecoming si differenzia dalle precedenti produzioni per il taglio fresco, da teen movie, con il quale è confezionato. Questo, se dal punto di vista dei vecchi fan Marvel è filologicamente corretto (il fumetto originale è ambientato nei primi anni di liceo) e reso ancora più credibile per l'età dell'attore che interpreta Parker (Holland è appena ventenne con la faccia da ragazzino, mentre i precedenti Maguire e Garfield giravano attorno ai trenta), dall'altro, il contesto che azzera quasi totalmente il parco dei characters comprimari storici e ci presenta una zia May (la sempre apprezzabile Marisa Tomei) in versione MILF non può certo raccordarsi con l'immaginario di chi è cresciuto sognando su quegli albi.
Si è scelto insomma di rilanciare il personaggio creando un legame molto stretto con il mondo Avangers e in particolare con Tony Stark/Iron Man, che diventa tutore del Ragno(procurandogli anche un costume iper-tecnologico che aborro), e di fare quasi totalmente tabula rasa delle storie originali. In sintesi, dell'universo Spider-Man si è tenuto il solo Spider-Man.
Detto questo, per i ragazzini e lo spettatore medio il film scivola via bene nonostante i suoi centotrentacinque minuti di durata, quindi probabilmente il bilanciamento tra azione, ironia e leggerezza (l'ho premesso che si tratta di un teen movie) risulta godibile.
Ca va sans dire, è  già in cantiere il sequel (si parla del 2019)-.
 
Lascio per ultimo il commento su Michael Keaton, sempre convincente nelle sue interpretazioni, chiamato a dare il volto al villan l'Avvoltoio, che nella versione del film è dotato di attrezzature tecnologiche d'avanguardia e di un paio di spaventose ali.
A nessuno credo sarà sfuggita l'(auto)ironia della scelta, visto che Keaton viene dall'applauditissima interpretazione di un altro uomo-uccello (Birdman, di Inàrritu), che a sua volta richiamava la saga dell'uomo pipistrello (Bat-Man) di Tim Burton, con Michael Keaton protagonista.

P.S. La battuta migliore del film è quella che  Stark/Downey jr rivolge a Parker/Holland sull'essere il prototipo dell'eroe springstiniano solitario.

lunedì 17 luglio 2017

Fargo, stagione 3


Col passare delle stagioni, Fargo è diventata sempre più una serie-scuola. Un campo da gioco dove la storyline principale appare a volte come un pretesto per sviluppare idee, visive o narrative, in totale libertà.
In questa terza stagione, basata come le altre due su fatti che ci dicono essere rigorosamente autentici, accaduti in Minnesota a partire dal 2011, accanto ad una trama che origina da un piano criminale scombinato che vira in tragedia (caratteristica della serie), assistiamo alla consueta attenzione nella fotografia che cattura gli immutabili scenari locali, accompagnata da un ritmo narrativo che ad essi si adegua. Ma, soprattutto nella prima parte della stagione, la sceneggiatura si prende il tempo di divagare disinvoltamente, con occhio al tempo stesso poetico e  cinico, sulla letteratura e sul cinema di fantascienza degli anni cinquanta (come in qualche modo aveva fatto nella seconda stagione, con l'apparizione, inspiegabile ed imprevedibile, di dischi volanti nel bel mezzo di una nerissima storia di cronaca).
Gli altri marchi di fabbrica di Fargo, qui pienamente rispettati, sono il ruolo centrale dei characters femminili, che cercano faticosamente di emergere dentro un'ottusa società maschilista, e una caratterizzazione superlativa dei villains, disturbanti già a partire dall'aspetto e dai comportamenti, come quest'ultimo V.M. Vargas (un quasi irriconoscibile David Thewlis) che, denti marci e bulimia, è letteralmente strepitoso.
Ewan McGregor, annunciata star della serie, mi ha invece lasciato piuttosto indifferente. Forse perché non amo, nelle produzioni di genere noir, lo sdoppiamento di un attore in due ruoli (qui i fratelli Emmit e Ray Stussy).
Sugli scudi invece, oltre al già citato Thewlis, le perfomances di Carrie Coon (Gone girl; The leftovers)/Gloria Burgle, Michael Stuhlbarg/Sy Feltz, ma, soprattutto, Mary Elizabeth Winstead (che per puro caso ho visto recentemente anche nell'ottimo 10 Cloverfield lane): una Nikki Swango che vi resterà a lungo impressa nella memoria.
Siamo al top.

mercoledì 12 luglio 2017

Man in the dark (2016)


Tre ladri entrano in una casa isolata dove vive da solo un vecchio cieco. Hanno ricevuto una soffiata riguardo ad un bottino da centinaia di migliaia di dollari. Per loro è un gioco da ragazzi, una robetta da dentro-fuori e poi saranno sistemati a vita.
La trama di Man in the dark (che in Italia, curiosamente, pur riportando il titolo in inglese non è l'orginale: Don't breath) è quella di tanti altri film di genere, salvo poi ribaltare il gioco dei ruoli, con  i cattivi , o almeno una di loro, a compiere i furti per un motivo nobile e, ovviamente, il vecchio che rivelerà segreti sconvolgenti e abilità incredibili, annullando, tra le sue quattro mura, lo svantaggio della cecità. 
 
Fede Alvarez, il regista del film (prodotto anche da Sam Raimi), pur scivolando su qualche clichè, ci regala un'opera tesa e claustrofobica, girata con la giusta perizia, dove l'immedesimazione con l'angoscia dei personaggi è perfettamente riuscita, per un prodotto finale che senza dubbio si fa notare nella pletora di pellicole pseudo horror.

lunedì 10 luglio 2017

MFT, giugno 2017

ASCOLTI

Steve Earle, So you wannabe an outlaw

Big Bad Voodoo Daddy, Louie Louie Louie
Jason Isbell and the 400 Unit, The Nashville sound
Chuck Berry, Chuck
GangCalibro 77
John Mellencamp, Sad clowns and hillbillies
Fabri Fibra, Fenomeno
The Raphaels, Supernatural

Little Steven, Soulfire
Zac Brown Band, Welcome home
Bob Wayne, Bad Hombre
Anathema, Alternative 4
Ratt, Invasion of your privacy

MONOGRAFIE

Guns 'n' Roses

LETTURE

Kent Haruf, Crepuscolo


VISIONI

House of cards,  5
Homeland,  5
The leftovers,  3
Fargo,  3


lunedì 3 luglio 2017

Taboo, serie tv (stagione uno)


Un uomo avanza con passo sicuro sulle strade di fango che rappresentavano molti dei percorsi della Londra di inizio ottocento. Indossa un cappotto nero e un cilindro sgualcito, anch'esso nero. In testa un piano preciso che coinvolge inconsapevoli attori diversi. Ognuno di loro: ladri, assassini, puttane, spie, nobili e aristocratici ha un ruolo preciso nella sua complessa tela. "I've got a use for you", sussurra l'uomo al suo interlocutore. Da quel momento i due sono legati. L'uomo è James Delaney, dato per morto in Africa, dove si narra abbia compiuto atti agghiaccianti e che improvvisamente torna a Londra, proprio in tempo per reclamare una piccola proprietà su territorio americano, acquisita del padre (anch'egli defunto), apparentemente insignificante, ma in realtà estremamente strategica e al centro di una contesa sanguinaria tra America, Corona e la non meno potente Compagnia delle Indie Orientali.

Tom Hardy (un epocale James Delaney) ha voluto a tutti i costi la realizzazione di questa serie, impegnandosi, anche finanziariamente in prima persona nella produzione (insieme a Ridley Scott, tra gli altri). Vedendola, si capisce che non si tratta di un prodotto trendy per i salotti buoni, piuttosto di un'opera che non risparmia (letteralmente) sangue e merda, che rievoca gli scheletri nell'armadio di USA e Inghilterra, le atrocità commesse ai danni di nativi americani e africani, la povertà delle periferie inglesi che risaltano ancora di più rispetto alla sconfinata ricchezza e potere degli aristocratici.
La messa in scena è quanto di più evocativo, Delaney sembra uscito da una graphic novel di Frank Miller, personaggi secondari e caratteristi sono strepitosi (tra gli altri Oona Chaplin, David Hayman, Stephen Graham, Jonathan Pryce, Tom Hollander e Michael Kelly) e l'incedere lento, a tratti onirico, della narrazione, alternato da improvvise accelerazioni, costituisce uno dei valori della storia. 
Taboo (otto episodi la prima stagione, rinnovata per altre due), non è per tutti, ma diventa imperdibile per quanti vanno oltre i prodotti "guarda e dimentica".