lunedì 30 gennaio 2012

New wave of american country music / 4

Pistol Annies
Hell on heels
(Columbia Nashville) 2011















Ci provano Miranda Lambert, Ashley Monroe e Angaleena Presley, con le loro vocine candide e il loro perfetto aspetto da american sweetheart a fare lo sguardo truce da bad girl sciupamascoli. E partono anche bene, con la gustosa title track posta in apertura ad esplicitare gli intenti del trio, cioè ridurre i maschi del testo a uomini-oggetto da spennare, ma poi, quando si entra nel mood del disco, nonostante altri tentativi di darsi arie da riot grrrl (i più divertenti sono Bad example e Takin pills) ad emergere è il vero status delle cantanti, quello cioè di autrici di buon pop-country-western commerciale. Detto questo, c'è da aggiungere che l'album si ascolta comunque piacevolmente (anche perchè dura giusto una mezzoretta) e che i brani (sopratutto quelli che incrociano le due/tre voci, sette su dieci) sono arrangiati molto bene, al punto che danno l'impressione di poter funzionare alla grande anche in un'ipotetica versione acappella.
Accantonato l'aspetto da bad cowgirl, sono forse i pezzi che esprimono male di vivere ad essere più credibili. Come ad esmpio la delicata e poetica Lemon drop e la cruda Housewife's prayer che fracassa la tradizione classica della casalinga felice americana : "I've been thinking about / Setting my house on fire / Can't see a way out of the mess I'm in". Non è proprio come sparare un uomo a Reno solo per vederlo morire, ma d'altro canto nessuna delle Pistol Annies è Johnny Cash.

domenica 29 gennaio 2012

Sugarcube

Non lo so, magari sarò io ad essere come al solito in ritardo, ma questo vecchio video degli Yo La Tengo è uno spasso.

sabato 28 gennaio 2012

Album o' the week / Motorhead, Iron Fist (1982)




L'apice del successo i Motorhead lo raggiunsero nei primissimi anni ottanta, con la tripletta Ace of spades, No sleep 'til Hammersmith e, appunto, Iron Fist. A memoria mia quest'ultimo era il più debole dei tre mostri sacri e in effetti, al netto della title-track, le canzoni che compongono l'album sono state spesso trascurate in concerto dallo stesso Lemmy. Personalmente mi sono divertito a riascoltarlo. I'm the doctor, Loser, Sex and outrage e (Don't need) Religion sono dei calchi sui quali i Motorhead hanno perseverato a forgiare il loro sound per molti anni a venire. Strepitosamente kitsch le foto del booklet, con i componenti del gruppo in versione samurai.

venerdì 27 gennaio 2012

MFT, gennaio 2012

LA MUSICA: Eric Church, Chief. PJ Harvey, Let England Shake. Ani Di Franco, Which side are you on?. Mark Lanegan, Blues funeral. Leonard Cohen, Old ideas. Litfiba, Grande nazione. The Clash, Live at the Shea Stadium. Yo La Tengo, Prisoners of love

IL LIBRO: Don Wislow, Il potere del cane

LA SERIE TV: La prima di The Wire. La seconda di Boardwalk Empire. La sesta di Dexter

giovedì 26 gennaio 2012

Guns and brothers

Neol Gallagher's High Flying Birds
omonimo
(2011)






Pur riconoscendo agli Oasis una loro ragione d'esistere, ed identificando in almeno due loro album (Morning Glory e Definetely maybe) un ruolo di primaria importanza nella discografia dei novanta, non sono mai stato esattamente un loro fan. E non mi ha certo aiutato a diventarlo tutta quella sovraesposizione construita sul dualismo tra i fratelli, le liti, le minchiate, gli screzi che si accumulavano come una densa coltre di fumo sul poco arrosto che ormai era diventata la loro musica.
Non mi sono pertanto capicollato ad ascoltare i debutti solisti dei due Gallagher. Di Liam m'è bastato un pezzo per decidere di lasciar perdere, mentre, sorprendentemente, il disco di Noel mi è lentamente entrato sottopelle obbligandomi a prestarci attenzione.
Noel Gallagher's High Flying Birds è infatti un lavoro gagliardamente pop, in rigorosa scia dei Fab Four ma totalmente privo di arroganza o di abuso di posizione dominante data dall'essere i precursori del revival beatlesiano, anzi, con l'umiltà di una vera prova d'esordio. Canzoni perlopiù tranquille, grandi armonie, refrain a profusione, una manciata di pezzi assassini (su tutti ovviamente If i had a gun). In generale un gusto per la melodia semplice ma di grande effetto che conquista attraverso la persuasione e non l'autorità. Tra molti riferimenti espliciti ai Beatles io vorrei segnalarne invece un'altro insospettabile. L'attacco di The death of you and me (anche questo gran pezzo) è preciso preciso Je so' pazz di Pino Daniele, fateci caso.

martedì 24 gennaio 2012

Wild Moody's swing





Diciamo la verità. I telespettatori di sesso maschile non hanno mai avuto bisogno di grandi stimoli per seguire questa serie. Giusto nel caso ce ne fossero che invece necessitano di ulteriori incentivi, la quarta stagione ne fornisce due imperdibili. Uno è la presenza di Carla Gugino (l'avvocata Abby Rhodes), al massimo del suo splendore (anche più che nel completino lattex di Watchmen) e gli altri (le altre?) sono le tette di Addison Timlin (nei panni di Sasha Bingham, attrice di fantasia).


L'esistenza di Hank Moody si è fatta complicata e la giustizia è arrivata a presentare il conto di una vita da debosciato sciupafemmine. Deve subire un processo per aver fatto sesso con una minorenne e il fatto che lui non fosse consapevole dell'età della ragazza non sembra importare a molti. Chiaramente uno come lui si trova l'avvocato più figa di LA (la Gugino, appunto) e non penso di spoilerare troppo se insinuo come andrà a finire tra i due , mentre la storia d'amore con Karen sembra proprio giunta al capolinea, anche per il profilarsi all'orizzonte di un micidiale antagonista maschile.


In questa stagione gli autori si divertono a giocare con la metatelevisione (una puntata si svolge negli uffici della Showtime, rete che produce il serial, con appesi alle pareti i manifesti di altre serie realmente trasmesse, come Dexter o Nurse Jackie) e il metacinema, con la vita di Hank che diventa progetto cinematografico (uno scoppiettante Rob Lowe a fare Moody, la Timlin nei panni di Mia e tutti i membri della famiglia impersonati da altrettanti attori con un effetto davvero inquietante).


Tra le curiosità, da segnalare la presenza di Zoe Kravitz, figlia di Lenny, nei panni della singer della band in cui suona Becca e un'apparizione fugace, ma non per questo meno appagante (almeno per me), di Tommy Lee dei Motley Crue che strimpella Home sweet home al pianoforte della lounge dell'hotel nel quale alloggia (e beve, e rimorchia) Hank. Che altro? Ah si! Gli affiliati (come il sottoscritto) del fan club Charlie Runkle troveranno anche questa volta pane per i loro denti.


lunedì 23 gennaio 2012

New wave of american country music / 3

Eric Church
Chief
(EMI Nashville) 2011

















Se volete conoscere la canzone più suonata nelle autoradio dei camionisti e dentro i locali a loro adibiti, lungo le highway che si srotolano dal Tennesse attraverso il Mississippi, la Lousiana e il Texas, non dovete fare altro che posizionale il lettore mp3 sulla traccia numero due di questo album e premere play. Drink in my hand è l'anthem perfetto dei venerdì sera della working class di quelle zone e l'intero album (numero uno sia nelle classifiche generaliste USA che in quelle country) è un classico esempio, nei testi e nello stile, di country rock commerciale.



Eric Church (classe 1977) si ispira al movimento outlaw, ma quello più presentabile, che come deriva massima ha la sbandata alcolica del weekend e relativi doposbornia. Per intenderci, le spirali oscure ed autodistruttive di Hank 3 non vivono qui. Church, sapendo di non potersi giocare la carta dell'originalita, punta tutto sulla solidità delle composizioni, sull'attitudine e sul bilanciamento dei pezzi da matricola in libera uscita con quelli romantici.



Gli episodi più riusciti, oltre al già citato Drink in my hand, risultano essere Creepin' , Keep on, Hungover and hard up e soprattutto Country music Jesus e Jack Daniels. Da segnalare infine un tributo al più famoso Bruce nazionale, con la traccia numero nove che s'intitola semplicemente Springsteen.

sabato 21 gennaio 2012

Album o' the week / Beastie Boys, Licensed to ill (1986)

Certe volte sono in serio imbarazzo a parlare dell'album della settimana. Che diamine posso dire di Licensed to ill che non suoni inutile o che non sia già stato detto? Che ci sono voluti tre bianchi ebrei coadiuivati dal chitarrista degli Slayer per fare il botto in un genere fino a quel momento esclusivamente nero? Che chissà perchè ho pensato subito alla loro (You gotta) Fight for your right (to party) e non ad un pezzo tra le decine dischi di metal che posseggo quando Stefano ieri mi ha chisto una canzone con le chitarre così (mentre faceva air-guitar) per fare baldoria? Diamine, sta roba ha venticinque anni e still spacca il culo alla grande.

venerdì 20 gennaio 2012

WTF?!?

Da Repubblica

L'Fbi chiude Megaupload e Megavideo, offensiva degli hacker contro il governo





Arrestato il fondatore, rischia 50 anni. Si tratta dei più popolari archivi di film e musica online, spesso usati per diffondere materiale protetto da copyright. In manette Kim Schmitz e altre tre persone, gli indagati in totale sono sette. I pirati attaccano il sito della giustizia Usa, dell'Universal, della Riaa e dell'Mpaa


mercoledì 18 gennaio 2012

You're the inspiration

C'è un punto nel film School of rock in cui Jack Black e Joan Cusak sono in un locale per una birra e lui mette una canzone al juke box. Il pezzo è quello di Stevie Nicks che ho messo qui sotto. Ascoltandolo mi ha travolto la certezza che i Gossip debbano a lei tre quarti della loro ispirazione.



martedì 17 gennaio 2012

Catalogami questo! / 23

Anno nuovo, si riparte con le rubriche vecchie. Oggi è il turno di uno dei miei generi country preferiti, l'honky tonk. La nascita della definizione di questo termine affonda le sue radici nella cultura americana di inizi novecento, quando, negli stati del sud degli U.S.A., l'honky tonk era un bar con licenza per gli alcolici dove si suonava dal vivo e che poteva anche essere luogo nel quale esercitavano la loro attività le prostitute.
La prima applicazione in musica fu nel ragtime e nel jazz, contraddistinguendo uno stile pianistico derivante dal classico boogie-woogie. Poco prima della seconda guerra mondiale, il genere diventò popolare in Texas grazie all'interpretazione che ne diedero artisti come Hank Williams, Floyd Tilman o Enrest Tubb che stendevano testi basati sulla vita della working class bianca americana, mettendo gli accenti spesso sui suoi aspetti più tristi: povertà, fatica, alcolismo, adulterio, solitudine. Il sound fu successivamente contaminato con il western swing e fatto proprio dall'industria discografica di Nashville. Nei settanta ebbe un momento di gloria con il movimento outlaw guidato da Billy Joe Shaver, David Allen coe e Waylon Jennings mentre in pieni eighties è cominciato il suo revival grazie a interpreti come Dwight Yoakam e George Strait. Grande importanza nel consolidamento storico del genere ebbe poi in seguito Garth Brooks (anni novanta). Ancora oggi è uno degli stili country più apprezzato dai "redneck" e gode di immensa diffusione proprio sul territorio del sud e del sud-ovest americano.





lunedì 16 gennaio 2012

New wave of american country music / 2

Caitlin Rose, Own side now (2011)



















Decenni di evoluzione della musica popolare e basta una ragazzina con una chitarra e una vocina al marshmellows per far sobbalzare questo vecchio cuore da dinosauro. Se tutti i pezzi del debutto sulla lunga distanza di Caitlin Rose (Nashville, 23/06/87) avessero la delicata intensità dei primi due, Learnin to ride e Own side, ci sarebbe da saltare sulla sedia e gridare al capolavoro. Invece, com'è giusto che sia per un esordio, la qualità, pur attestandosi su una media più che elevata, è un pò altalenante. Inoltrandosi nel fitto dell'album esce un suono full band che ha i suoi momenti migliori nel singolo Shangai cigarettes e ancora di più in Spare me, anche se i peli del braccio tornano a rizzarsi quando le atmosfere accarezzano la ballata acustica, come nelle conclusive Sinful wishing well e Coming up, che si evolve in un blues elementare ma efficace.


Dietro la copertina da talent-show dell'album si nasconde musica genuina e una grande interprete che aspetto, non senza impazienza, alla conferma del secondo album.


sabato 14 gennaio 2012

Album o' the week / Mark Lanegan, Field songs (2001)



In attesa del nuovo album, ormai prossimo all'uscita, tolgo un pò di polvere alla mia tessera preferita del mosaico fin qui composto da Lanegan. No easy action, Don't forget me, One way street, Blues for D.

Nostalgia a grappoli.

venerdì 13 gennaio 2012

Marchetta e sentimento



Dopo circa nove anni dall'ultima volta (la pubblicazione all'epoca era settimanale) sono tornato ad abbonarmi al Mucchio. Le ragioni sono diverse: la stima e l'affetto per la rivista, l'apprezzamento per il nuovo corso post-Stefani, ma sopratutto lo stato di improvvisa difficoltà in cui il giornale è precipitato a causa dei tagli Monti all'editoria (che sono addirittura retroattivi e quindi le aziende devono restituire parte di quanto incamerato nel 2010!). Ho recepito quindi l'appello della redazione, pubblicato sul numero uscito a gennaio (e qui, sul forum), provvedendo al bonifico di sessanta euro, a seguito del quale riceverò il ben di dio di 11 numeri + 2 uscite del Mucchio Extra e 2 cd.


E speriamo che passi la nottata!

giovedì 12 gennaio 2012

In the Moody for love



L'altra sera parlavo con un conoscente Molto Esperto Di Cinema, si disquisiva in generale di film belli e film brutti. Io sostenevo che a volte, laddove ci si trovi davanti a prodotti imperfetti, magari non solidissimi, ci si può comunque divertire se ci sono delle trovate divertenti, dei personaggi riusciti, delle situazioni coinvolgenti, dei dialoghi efficaci. Lui riteneva invece, non senza una punta di malcelato fastidio, che solo una grande sceneggiatura fa un gran film.



Non l'ho detto apertamente, ma anche se non è un film, è proprio a Californication che pensavo quando sostenevo la mia tesi. La terza stagione in particolare non si può davvero dire che sia sostenuta da uno screenplay d'acciaio, anzi, gli autori si perdono anche fili narrativi più banali, come il fidanzato di Becca che era stato la causa del mancato trasferimento di Hank e la figlia a New York, destinazione della sola Karen, al termine della season two. Cazzate, ok, era solo per fare un esempio. Però, e qui sta il bello di Californication, gia dai primi secondi del serial si capisce che anche a sto giro non mancherà il divertimento grazie alla consueta raffica di freddure, al parodistico gusto per il volgare, all'inesauribile piacioneria di Hank (spedito quasi suo malgrado ad insegnare letteratura al college) e sopratutto ad alcune grandiose new entry.



Sue Collini, nuova capa di Charlie è la prima. Ho fatto un pò fatica a riconoscere Kathleen Turner nei panni di questo personaggio, non ero a conoscenza dei suoi gravi problemi d'alcol e di salute che ne hanno radicalmente modificato l'aspetto, e quindi identificare l'interprete di Brivido Caldo, La guerra dei Roses, l'Onore dei Prizzi con l'attuale persona è stato arduo. In compenso il suo è senza dubbio il personaggio più divertente della serie. Volgare, assatanata, molestatrice, perversa, totalmente disinibita e sempre a caccia di sesso in qualunque forma esso si presenti, la Turner con la sua prova dimostra di non avere nessun timore a sputtanare il suo rispettosissimo curriculum cinematografico. Ancora di più ha fatto Ricky Springfield, idolo pop degli ottanta, che interpreta una versione depravata, egocentrica e misogina di se stesso. Oltre all'ironia in questo caso ci vuole una buona dose di coraggio (o disperazione?) ad accettare una parte così.


Tra risate e belle donne, continua l'identificazione del maschio medio con le disavventure di Charlie Runkle e si arriva solo in parte preparati alla svolta drammatica dell'ultimo episodio, che risolve la questione di Mia, risalente alla stagione uno.



Mentre in USA è iniziata la quinta (in Italia le tv si sono fermate alla seconda, la terza è uscita solo per il mercato dvd), sono già in pista con la quarta. A presto dunque.


martedì 10 gennaio 2012

I migliori del 2011, epilogo

Sono rimasti dolorosamente fuori dalla main list dell'anno:


Wilco, The Whole love
Austin Lucas, New home in the old world
Chickenfoot, III
Social Distortion, Hard times and nursery rhymes
Floggin Molly, Speed of darkness
Artisti Vari, Lost Notebook of Hank Williams








La delusione

Beh, di Hank III ho già detto. Non so se può essere definita una delusione, ma insomma il nuovo disco di Lady GaGa non sono riuscito a finirlo nemmeno una volta. Tra plagi (la canzone Born this way è Express youself di Madonna) e autoplagi (Judas è Bad romance) appare come un tentativo piuttosto maldestro di clonare il celebrato The Fame Monster.



Da recuperare

Tra gli album usciti prima del 2011, da recuperare senza dubbio alcuno No better than this di Mellencamp. Le luci e le ombre del primo concerto italiano del coguaro non hanno scalfito la bellezza di questo lavoro, che è qualcosa di più di una semplice release rock. Anche gli inglesi Mumford and sons meritano di essere ricordati per Sigh no more, che tra l'altro di anni di invecchiamento ne ha due, perchè è del 2009.

lunedì 9 gennaio 2012

I migliori del 2011

Anno discografico formidabile, questo 2011. Al punto che, prima di parlare dei miei preferiti dell’anno, vorrei citare una lista di album che non sono riuscito ad ascoltare. Già, perché oltre a sentire molta musica nuova spesso ho ceduto al caldo e confortevole abbraccio di quella del passato, il che mi ha chiaramente sottratto del tempo. Ma torniamo a monte. Parlavo dei titoli persi. Avrei voluto trovare degli slot liberi per approfondire la conoscenza delle uscite 2011 di Casino Royale; PJ Harvey; Taking Back Sunday; Battles; Zen Circus; St. Vincent; Beirut; Cake; Incubus, Iron and Wine; Bon Iver; Paul Simon; Feist; Joe Henry; Beastie Boys; I Cani; I Fratelli Calafuria; The Vaccines; Css; Dave Alvin; The Answer; The Horrors e invece proprio non ce l'ho fatta. Se pensate che molti di questi titoli furoreggiano nelle liste riassuntive di più d'un soggetto di critica musicale, vi renderete conto ancora una volta di quanto poco sia autorevole la mia top ten. Poco male, perlomeno nessuno potrà accusarmi di plagio e comunque non è detto che non rimedi in seguito, inserendo qualcuno degli artisti sopra citati nei prossimi classificoni di fine anno sotto la voce "recuperi". Bando alle ciance e scaliamo la chart.


#10. FOO FIGHTERS – Wasting light
Nessuna pretesa e niente fronzoli. Grohl e i suoi mostrano i muscoli e non sfigurano affatto. Con ogni probabilità il miglior hard rock popolare oggi in circolazione.






#9. HANK III – Guttertown
Dall’alto della mia posizione di irriducibile fan di Hank the third lo posso dire: questa quadrupla release che ha visto la luce a settembre si è rivelata una profonda delusione. Si salva solo un titolo dei quattro, che paradossalmente non dovrebbe avere nemmeno vita propria visto che si tratta di una sorta di B-side di Ghost to a ghost. E invece la stupefacente follia psycho-cajun che contraddistingue l’opera mantiene in sella al cavallo imbizzarrito del country indipendente il nipote di Williams senior.



#8. 99 POSSE – Cattivi guaglioni
L’ho già scritto nella recensione. Avvertivo un bisogno quasi fisico del ritorno dei disobbedienti napoletani. A giudicare dal pus che esce dalle loro ferite aperte ne avevano bisogno anche loro. Tanta, tanta rabbia repressa che finalmente deflagra fuori controllo spazzando via ipocrisie e denunciando diseguaglianze.






#7.THE DECEMBERIST – The King Is Dead
Analogamente a quanto accaduto per altre bands (mi vengono in mente I Low di The great destroyer) la scintilla per I Decemberist si è accesa con un disco che devia strutturalmente dalla cifra stilistica del gruppo. The king is dead spazia stupendamente tra arie irlandesi e richiami ai Basament Tapes di Dylan and The Band. Suggestivo.




#6. TOM WAITS – Bad as me
L'album numero ventidue della discografia di Mr. Waits potrebbe essere considerato un piccolo consuntivo delle diverse fasi della sua vita artistica. Certo, a prevalere sono le sonorità “rumoriste”, ma quanto affascinano le riproposizioni delle atmosfere jazz della seconda metà dei settanta. Se i diversi momenti di una giornata avessero una colonna sonora sarebbe di sicuro questa.







#5. RY COODER – Pull some dust and sit down
Un suntuoso ritorno alle origini. Tejano alla sua massima espressione (e come potrebbe essere altrimenti?) ma anche blues del delta, rock and roll, ballate in punta di slide guitar. Aggiungiamo la verve fortemente politica che contraddistingue i testi e il capolavoro è servito.






#4. THE BLACK KEYSEl Camino
Dal punto di vista dell’impatto complessivo questo è il vero disco dell’anno. Un’esplosione lungamente annunciata ma non per questo meno fragorosa e stupefacente. Un disco stratificato che riesce a coniugare immediatezza e profondità di campo.








#3. CAPAREZZAIl sogno eretico
Forse non c’è neanche più da stupirsi sulle capacità di Michele, oggi probabilmente l’artista indipendente più ficcante che l’Italia abbia. Parafrasando il tema portante della title-track, a sto giro al rogo ci vanno chiesa,borghesia italiana, l’ex premier e… Kevin Spacey!




#2 HAYES CARLLKMAG YOYO
Il fuoco brucia ancora! Dopo la folgorante scoperta di questo cantautore americano, riponevo molte aspettative nel nuovo lavoro (il quarto in carriera) dell’autore di She left me for Jesus. Forse in recensione ho (consapevolmente) esagerato affibigliandogli il range massimo, ma KMAG YOYYO resta comunque un magnifico lavoro in equilibrio tra folk, rock, country e grande songwriting.



#1: GANGLa Rossa Primavera
E' molto semplice. La Rossa Primavera è il disco che più ho ascoltato e più mi ha emozionato nel corso dell'anno. La fortuna di avere uno spazio indipendente è di potersene fottere di quelli che: "dài,i Severini sono bolliti"; "ancora La pianura dei sette fratelli?!?"; "ebbasta co' sta Resistenza!"; "ma,suvvia, è un disco di cover!".
Anche nel 2011 La Lotta Continua.

sabato 7 gennaio 2012

Tormentoni

Da qualche giorno ho Stefano che gira per casa canticchiando il riffone di chitarra di Iron Man dei Black Sabbath. Non solo, continua a chiedermi di sentire il pezzo a volume-baldoria! Prima che chiamiate il telefono azzurro, lasciate che vi tranquillizzi, non l'ho sottoposto a perversi cicli di ascolto della band di Iommi, semplicemente il pezzo gli è rimasto in testa dopo aver rivisto il primo dei due film dedicati dedicati all'eroe Marvel con Downey Jr.



E' successo che eravamo lì tranquilli sul divano e lui comincia a mugugnare: "mmh mmh mmh mmh mmmhh dadadadadada-dah-dah-dah-daaahhh". Io smetto di farmi gli affari miei, lo guardo e gli dico: "aspetta un pò". Metto su la traccia quattro di Paranoid. "Stai forse cantando questa?" Lui riconosce l'intro di chitarra, si esalta e da lì cominciano le richieste di risentirla (l'abbiamo vista anche live sul dvd The last supper).
Beh, forse qualche responsabilità ce l'ho anch'io, ammettiamolo. Ma se poteste vedere quanto è divertente quando fa l' air-guitar (imitando me) mi assolverste in un secondo.




giovedì 5 gennaio 2012

Last but not least




Kurt Vile
Smoke ring for my halo
(Matador) 2011
















Kurt Vile l'ho scoperto attraverso un'intervista ai Fleet Foxes che hanno risposto pronunciando il suo nome alla domanda del giornalista su chi fosse un musicista emergente da segnalare. Ho fatto un pò di ricerche e ho scoperto che l'artista è dell'80 e viene dalla Pennsylvania, che dal 2008 ha già inciso quattro album e quattro EP e che il suo stile può essere genericamente inserito in questo nuovo movimento acustico/psichedelico di cui proprio i Fleet Foxes sono gli alfieri.


Tracciate le coordinate di massima devo però dire che non condivido quasi per nulla le assonanze con altri artisti che gli affibia ad esempio la scheda di wikipedia: Springsteen, Dylan, John Fahey (e addirittura l'FM Rock), oltre al fatto che Kurt suona prevalentemente l'acustica, non mi sembra proprio influenzino le canzoni di Kurt, forse ci può giusto stare qualche richiamo ai primi Fleedwood Mac di Peter Green.


L'affinità di rilievo, rispetto al movimento in cui si colloca, mi sembra piuttosto un marcato richiamo al cosidetto Paisley sound, il movimento degli ottanta che era contraddistinto da un suono folk/rock/psichedelico e che aveva come capostipiti band quali Dream Syndicate e Green On Red.


Seghe mentali a parte mi sembra meritoria l'attenzione che si è concentrata su di lui, il ragazzotto ha stoffa. La tela che dipinge per Smoke ring for my halo suffestiona e ammalia già dal delicato incipit di Baby's arms. Lo stesso accade per Jesus fever o Ghost town. Ma la magia resta anche quando (Puppet to the man; Society is my friend) il suono diventa elettrico e le influenze con i Green on Red di cui dicevo si palesano.




Un altra scoperta di rilievo in un anno davvero prodigo di soddisfazioni in campo discografico.









Una nota a margine. Con Smoke ring for my halo si concludono le recensioni del 2011. Giusto gli ultimi ritocchi e il 9 gennaio sarà pronta la classificona di fine anno di Bottle of Smoke.

mercoledì 4 gennaio 2012

The cat is out of the sack



Ecco un film di animazione dal quale non mi aspettavo grandi cose e che invece ha fatto centro. L'idea in se stessa di realizzare uno spin-off dalla saga di Shrek sembrava (e in fondo forse lo è) il classico tentativo di raschiare il fondo del barile con il comprimario più simpatico delle gesta dell'orco. Gli sceneggiatori hanno invece fatto un buon lavoro, trasportanto la storia dal contesto simil medievale di partenza in una location da spaghetti western, conservando però lo spirito di rivisitazione delle favole che ha contraddistinto il progetto Shrek (è il turno di Jack e la Pianta di Fagioli e Humpty Dumpty).

Vengono inoltre narrate le origini del Gatto (sempre doppiato da Banderas) e introdotta la sua controparte femminile, Kitty Zampe di Velluto (Salma Hayek).


Avventure pirotecniche e divertimento meno trasversale rispetto alla tetralogia di Shrek e più adatto ad un pubblico di bambini, sebbene come tradizione non manchino citazioni cinematografiche e doppi sensi fruibili dai genitori.

martedì 3 gennaio 2012

La funzione "inoltra"

So che stavate in pensiero, ma tranquilli, sebbene da un pò non vi aggiorno, anche quest'anno non mi sono fatto mancare (e di certo nemmeno voi) la consueta sequela di insulsi sms di auguri. Tengo a rimarcare che non sono un cinico insensibile, e che chiaramente i pensieri altrui fanno piacere. Quelli che suonano autentici come banconote da due euro però mi danno profondamente fastidio. Alcuni esempi.



Si va dal tizio che mi manda una nave assemblata con i caratteri di scrittura accompagnata dal seguente testo: imbarco 2012 Destinazione serenità! Bagaglio: salute, amore,pace,lavoro e prosperità! Buon viaggio!


Per passare poi a chi tenta di buttarla in satira politica: Notizia ANSA: agli Oscar del porno a Miami premiati due italiani...secondo posto per Rocco Siffredi per essersi trombato oltre 4000 donne, ma al primo posto Mario Monti per aver inculato 56 milioni di italiani. Notizie dall'interno: dopo la finanziaria del governo Monti avvistati i primi gommoni di italiani diretti in Albania. Manda ad altri 5 inculati come te qst sms o perderai il posto sul gommone. Buon anno.



Chiudiamo in bellezza con il vincitore della competizione, ben tre invii da tre persone diverse da differenti parti d'Italia: E basta con sta pace e serenità! Ti auguro di non fare un cazzo e guadagnare tanto. Di fare sesso tutte le volte che vuoi e con chi vuoi. Di vincere la lotteria con un biglietto che hai fregato. Che le cose peggiori che hai pensato per chi ti sta sulle palle si avverino. E se mandi questo messaggio a 10 amici...non succederà un cazzo come al solito ma almeno qualcuno sorriderà. Buon anno. Che spasso eh?



In ultima analisi non è tanto il ricevere frasi terrificanti da parte di gente che mi è indifferente a infastidirmi, quanto invece leggere sms inviati da chi mi è caro ma non si sforza di pigiare invio sopra qualcosa di personale scritto apposta per me, fosse anche solo un banale ma sincero buone feste.

E' la funzione "inoltra" il problema dei rapporti personali a distanza, credete a me.

lunedì 2 gennaio 2012

New wave of american country music

Austin Lucas
A new home in the old world
(Last chance records) 2011


















Acciuffo per i capelli (quasi) fuori tempo massimo il disco true country dell'anno. E' quello di Austin Lucas, che nasce a Monroe County, Indiana (non ho trovato nemmeno sul suo sito l'anno di nascita, a occhio è intorno ai trenta) ma che poi passa molti anni della sua giovinezza (dal 2003 al 2008) nella Repubblica Ceca,unendosi a diverse band fino ai Guided Cradle(tutt'ora in attività e di stanza a Praga). Nel frattempo incide anche a proprio nome diversi lavori tra EP, full-lenght e raccolte. Wikipedia descrive il suo stile con generi che vanno dal punk al blugrass ma A new home in the old world è prima di tutto un bellissimo album country.


Bastano le prime note di Run around per innamorarsene ed avere al contempo la certezza che non si tratterà di un fuoco fatuo. Lucas dosa infatti le forze da veterano, violino e seconda voce femminile sono sublimi, e lui stesso conduce il gioco con autorità. La prima parte dell'opera si muove tra lenti (Sit down) e pezzi veloci (Darkness out of me, splendida) sempre cavalcando un'ispiratissimo e genuino country classico, brevemente intervallato dal driven rock di Thunder rail , per tornare nei ranghi con una ballata acustica da brividi, Nevada County line. La seconda metà del lotto di tracce cala leggermente in qualità e si sposta più sul folk, ma si fanno comunque notare The grain, con REM e Neil Young a spartirsene la paternità, e la conclusiva Somewhere a light shines incorniciata da una deliziosa cornice di fiati.




Onestamente niente di originale, ma vale un pò il discorso fatto, su coordinate musicali differenti, per Black Keys e Chickenfoot: dietro un prodotto che suona subito classico, perfetto e riconoscibile ben poco è lasciato al caso e molto alla bravura.










2011: i migliori degli altri / 2

Per Rolling Stones USA il canonico equilibrio tra indie e mainstream

10. Robbie Robertson - How to become a clairvoyant
09. Wild Flag - Wild flag
08. Wilco - The whole love
07. The Decemberist - The king is dead
06. Lady GaGa - Born this way
05. Radiohead - The king of limbs
04. Fleet Foxes - Helplessness blues

03. Paul Simon - So beautiful, so what
02. Jay - Z and Kayne West - Watch the throne
01. Adele - 21


Il prestigioso magazine inglese Uncut

10. The War On Drugs - Slave ambient
09. Bon Iver - Bon Iver
08. Wild Beasts - Smother
07. Radiohead - The king of limbs
06. The Horrors - Skying
05. Josh T Pearson - Last of the country gentleman
04. White Denim - D

03. Metronomy - The english riviera
02. Gillian Welch - The harrow and the harvest
01. PJ Harvey - Let England shake


Mojo , the world's best music magazine, come molto umilmente si autodefinisce il giornale inglese


10. Wild Beasts – Smother
09. Tom Waits – Bad As Me
08. Anna Calvi – Anna Calvi
07. Josh T Pearson – Last Of The Country Gentlemen
06. White Denim – D
05. Kate Bush – 50 Words For Snow
04. Jonathan Wilson – Gentle Spirit


03. Fleet Foxes – Helplessness Blues
02. The Horrors – Skying
01. PJ Harvey – Let England Shake

domenica 1 gennaio 2012

2011: i migliori degli altri

Quale migliore modo di iniziare l'anno della fine del mondo con una bella lista di titoli? A sto giro vediamo le best choiches di NME e Pitchfork. Confortatemi. Leggendo molti nomi presenti in classifica state pensando anche voi: "e questi chi minghia sono?!?"

Best 10 NME (
Qui trovate la lista allargata a 50 titoli, si possono anche ascoltare i brani in streaming)

10. Wu Lyf - Go tell fire to the mountain
09. tUnE-yArDs - Bizness
08. Katy B - On a mission
07. St Vincent - Strange mercy
06. Arctic Monkeys - Suck it and see
05. Kurt Vile - Smoke ring for my halo
04. Wild Beasts - Smother

03. The Horrors - Skying
02. Metronomy - The english riviera
01. PJ Harvey - Let england shake


Best 10 Pitchfork (Qui i migliori 50)

10. The Weekend - House of balloons
09. Real Estate - Days
08. Drake - Take care
07. tUnE-yArDs - Bizness
06. Oneothrix Point Never - Sleep dealer
05. Girls - Father, son, holy ghost
04. PJ Harvey - Let England shake

03. M83 - Hurry up, we're dreaming
02. Destroyer - Kaputt
01. Bon Iver - Bon Iver

continua...