venerdì 31 dicembre 2010

Mboh



Che senso ha portare sul grande schermo un romanzo, se per farlo bisogno ridurre così all'osso storia e ramificazioni colletarali da renderlo praticamente inoffensivo?
Nessuno, secondo me.
E' però quello che si verifica con il secondo capitolo dell'adattamento cinematografico della Millennium Trilogy di Larsson.
Si guarda perchè la curiosità è bastarda, ma di certo esistono modi più efficaci di sprecare il proprio tempo.

giovedì 30 dicembre 2010

2010: a year in music / 2

E' la volta di Mojo, rivista inglese orientata al classic rock.

10 Doug Paisley – Constant Companion
9 The Coral – Butterfly House
8 Phosphorescent – Here’s To Taking It Easy
7 Midlake – The Courage of Others
6 Paul Weller – Wakes Up The Nation
5 The Black Keys – Brothers
4 Edwyn Collins – Losing Sleep


3 MGMT – Congratulations
2 Arcade Fire – The Suburbs
1 John Grant – Queen of Denmark




mercoledì 29 dicembre 2010

Newche?!?


Stavolta la faccio più breve rispetto all'ultima.

A mio avviso ci sono degli elementi contrattuali che possono eventualmente diventare oggetto di negoziazione (attenzione non dico rinuncia), se contestualizzati, dandogli una scadenza temporale legata ad una determinata congiuntura e "scambiandoli" con adeguati riconoscimenti a compensazione. Metto in questa categoria alcuni aspetti del recente accordo della newco Fiat con Cisl e Uil, come le pause, gli straordinari, il pagamento della malattia e la durata dell'orario di lavoro. Tutte cose già fatte anche dalla Cgil, certo non come consuetudine ma di fronte a situazioni eccezionali.


Quello che non è derogabile, e spero che la premessa di cui sopra faccia percepire questa dichiarazione non come slogan demagogico o vuotamente idealista, è che un sindacato o presunto tale (mi riferisco a Cisl e Uil) accetti che un lavoratore venga licenziato perchè partecipa ad uno sciopero. Questa è roba che si faceva nel fascismo, quindi applicarlo nel 2010 è deriva fascista. Chiamatala banale, ma a me sembra un'equazione diretta.


Quello che non è accettabile è che un sindacato o presunto tale accetti senza reagire che si cancelli il contratto nazionale e al suo posto firmi un accordo a condizioni peggiori rispetto a quello che è stato creato per costituire almeno il livello minimo di regole e diritti


Quello che non è democratico (oltre a modificare l'intesa nazionale sulla redditività del 93) è che un sindacato o presunto tale acconsenta che non vengano più eletti delegati sindacali in fabbrica e che al suo posto siano nominati dei rappresentanti, ma solo delle organizzazioni sindacali firmatarie dell'accordo di nascita della newco.


Male ha fatto, a mio avviso la Camusso a criticare l'atteggiamento Fiom, che in questo caso mi sembra l'unico possibile all'interno del contesto, mentre Fassino ha perso l'ennesima occasione per tacere, dimostrando di nuovo il vuoto politico assoluto e la mancanza di progetti che caratterizza il PD.


A questo punto oltre allo schifo comincio a provare paura. Voi no?


2010: a year in music

Come consuetudine passo in rassegna gli album dell'anno premiati dalla critica discografica. Ecco i migliori dieci della rivista britannica Q.


10. MGMT, Congratulations
09. Paul Weller, Wake up the nations
08. The National, High violet
07. Gorillaz, Plastic beach
06. John Grant, Queen of Denmark
05. Vampire Weekend, Contra
04. Laura Marling, I speak because i can



03. Plan B, The defamation of Strickland Banks
02. Robert Plant, Band of joy
01. Arcade Fire, The suburbs



Qui la classifica completa, con le posizioni dall'undici al cinquanta

martedì 28 dicembre 2010

Who's baddest?!?


Okay, è il momento dei cattivi. Dei villains. O meglio dei super-villains. Dopo l'irresistibile Gru di Cattivissimo me anche la Dreamworks scende in campo con la sua parodia della malvagità fatta uomo, giocandosi un mingherlino extraterrestre blu con tanto di testone, registrato come Megamind.


Anche in questo caso direi che il bersaglio è centrato, magari con un punteggio giusto un pò più basso rispetto al diretto concorrente.
Il film è infatti godibile e ricco di riferimenti all'immaginario supereroistico dei fumetti e del cinema in generale(Superman su tutti, ma anche Viale del tramonto e Il padrino). Megamind (che ricorda molto un nemico "minore" di Hulk, the Leader) Minion, Metro Man, la giornalista Roxanne e Titan sono tutti characters riusciti, la storia non si perde come spesso accade in questi casi dopo la prima mezzora (anche se comincia a venire a noia l'inflazionatissimo balletto finale) ma il problema è che si sorride, più che ridere di gusto e il target più adeguato alla pellicola sembra essere quello dell'appassionato di super-eroi stagionato piuttosto che un bambino delle elementari.
Trascinante la colonna sonora, costruita perlopiù su spettacolari pezzi hard rock(Back in black, Welcome to the jungle), fatto salvo l'inevitabile finalone sulle note di Bad di Michael Jackson.



A Stefano è piaciuto, ma la notizia di maggior rilievo è che per la prima volta ha colto, da solo, una citazione cinematografica. Ha collegato infatti la scena in cui Metro Man (il Superman del caso), volando, batte il cinque alla folla adorante all'analoga sequenza vista in Spiderman 3.

E sò soddisfazioni...

sabato 25 dicembre 2010

Album o' the week / Frank Sinatra, Christmas songs (1948)


Sarà anche per colpa dell'inarrestabile deriva filo-americana (mi riferisco solo alla musica eh) nella quale ormai mi sono rassegnato a fluttuare, ma non trovo musica più congrua dello swing per le festività natalizie.
E anche se il disco di swing natalizio più venduto di sempre è quello di Bing Crosby, io sto sempre dalla parte di Frankie. Nessuno come lui per ricreare atmosfere di cartapesta, colorati sfondi di compensato, luccichii buoni solo per le falene.

Tanti auguri.

venerdì 24 dicembre 2010

RC2


La seconda stagione di Romanzo Criminale riprende le fila del discorso esattamente là dove era stato interrotto. Con il Libanese steso sull'asfalto dopo essere stato colpito a morte da un commando in motocicletta e la banda che cerca di trovare il responsabile dell'agguato e al tempo stesso capire se è in grado di sopravvivere senza il suo leader carismatico. Una mano a scegliere gliela daranno mafia e camorra, che hanno già individuato nello scaltro Dandi il successore al titolo di re di Roma della mala.

Il periodo storico coperto va dal 1981 al 1989 e i fatti che si intrecciano con gli affari della batteria, sono la vittoria dell'Italia al Mundial di Spagna, l'ascesa dei palazzinari, l'arresto di Buscetta, il malaffare dietro alle grandi opere per Italia 90, l'avvento del flagello dell'AIDS, il crollo del muro di Berlino. All'interno della banda della Magliana, laddove c'era voglia di rivalsa sociale, spirito cameratesco e un codice d'onore, per quanto deviato e violento, s'insinuano invece sospetti, doppi giochi, tradimenti, defezioni, lotte e vendette intestine.
La batteria, tra uccisioni e galera, perde i pezzi, la forbice rappresentata dalle personalità del Dandi e del Freddo diverge sempre più, provocando in pratica l'implosione del gruppo. Il destino non farà sconti a nessuno, senza guardare in faccia a buoni o cattivi e alle sfumature che stanno in mezzo.


Tiene botta la seconda stagione di Romanzo Criminale. Tiene botta nonostante l’inevitabile calo di tensione causato dall’assenza di un personaggione come il Libanese (Francesco Montanari) e nonostante a sto giro venga narrata la fase meno "esaltante" delle gesta di questi delinquenti. Ha ragione da vendere Stefano Sollima (il regista) quando definisce la season 2 più come il secondo tempo di un film piuttosto che una canonica seconda stagione di un telefilm. Concetto questo dimostrato anche dall'epilogo della storia, che ci rivela l'identità del personaggio visto, ai giorni nostri, nel prologo della prima serie.

Il livello rimane dunque significativamente alto, rispetto al panorama medio, non solo televisivo, italiano. Alcune sequenze sono infatti girate con una maestria e una professionalità tutta cinematografica, cito come esempi la scena del regolamento di conti tra il Freddo e un doppiogiochista della banda nelle campagne fuori Fiumicino, con i passaggi degli aerei che entrano nei dialoghi come a congelare il tempo; la scena d’amore tra il Freddo e la new entry Donatella, nella quale la macchina da presa indugia sulle dita dei due che scorrono, sfiorandole, le cicatrici che marchiano i rispettivi corpi nudi, mentre a livello di spettacolarità è impossibile non segnalare il capolavoro di tecnica rappresentato da un piano sequenza che si conclude con l'esplosione di un auto che sbalza un uomo a metri di distanza.

Di nuovo mi piace evidenziare anche l'eccezionale utilizzo di canzoni pop a completamento delle immagini. Il prologo che narra l'origine del nick name del Bufalo si apre ad esempio sulle note di You really got me dei Kinks, le ultime immagini che portano ai titoli di coda sono sorrette da Liberi Liberi di Vasco Rossi. In mezzo si va da Lilli di Venditti a Shout dei Tears for Fears.

Volendo cercare una morale nella storia di una sanguinaria associazione criminale che ha flagellato l'intero paese mi farei aiutare da un'immagine che è probabilmente una metafora semplice ma efficace delle istituzioni non corrotte di quell'epoca: il commissario Scialoia (per lui, cavaliere senza onta e paura, un finale davvero sorprendente) pestato fino a subire menomazioni permanenti e gettato agonizzante in un'immensa discarica di rifiuti. Volendone cercare un'altra, i criminali più pericolosi e spietati sembrano essere quelli che si vedono solo di sfuggita, sempre eleganti, a stringere mani e firmare progetti di edilizia, gli intrallazzati, i palazzinari, quelli che, per citare il Dandi, "i soldi li fanno firmando dei pezzi di carta e no cò e pistole".

Da vedere.


martedì 21 dicembre 2010

Che suono fa il sole?


Michael Franti & Spearhead
The sound of sunshine
Capital, 2010


La parte più complicata che mi tocca nel recensire questo disco (co-prodotto da Sly & Robbie) è evitare di definirlo abusando dell'aggettivo solare. Fatto questo il resto del lavoro è tutto in discesa, d'altro canto la cover sarebbe già di per se esplicativa dei contenuti.

Atmosfere delicate stese perlopiù su battiti in levare, strumentazioni ridotte al minimo indispensabile con la chitarra acustica a farsi carico dell'ossatura dei pezzi. Liriche che accantonano (senza abbandonarli) temi politici o di denuncia sociale e si concentrano maggiormente su composizioni d'amore o che comunque tendono alle good vibes.

Apre con una struttura semplice e un ritornello arioso The sound of sunshine, poi il ragamuffin si palesa, sfociando anche nella black, con Shake it e Hey Hey Hey, mentre con Anytime you need me emerge abbastanza esplicito un richiamo agli Specials.
I beat aumentano dopo la metà dell'album, con Love don't wait e The thing that helps me get through, che strano a dirsi, mi ricorda gli INXS.
I due lenti successivi (Gloria e soprattutto la bellissima Headphones) sono forse i punti più alti del disco, che si chiude con una versione alternata della title-track.

Anche in queste vesti disimpegate il grande Franti riesce a comunicare empatia, a scaldare e a coinvolgerci, peculiarità questa propria solo dei grandi artisti. Solo dio sa quanto servono dischi così solari in periodi così freddi (da tutti i punti di vista). Ups.


venerdì 17 dicembre 2010

I giorni dei morti viventi, finale di stagione



Dopo una prima parte più sbilanciata sul canone horror, che si conclude con la carneficina nel quarto episodio, The walking dead vira improvvisamente sull'introspettiva. Il gruppo di superstiti fa il bilancio di un improvviso attacco degli zombie al loro campo, ognuno piange i suoi morti, qualcuno aiutando gli altri a “trattare” i cadaveri in modo che non risorgano, altri invece vegliando fino alle estreme conseguenze un familiare contagiato.

Dopo Michael Rooker, nelle ultime due puntate della mini serie esordisce un altro volto noto del cinema: Noah Emmerich nei panni di uno scienziato barricato all'interno di un modernissimo centro di ricerca nel quale il gruppo di fuggiaschi cerca rifugio. Molto toccante l'epilogo del quinto episodio, in bilico tra disperazione e sollievo, e anche l'amara conclusione della puntata finale.

C'è qualcosa di più abusato e sterile nello sviluppo di un film sugli zombie? No, in teoria. In pratica invece gli autori di questa serie riescono nell'operazione di colpire nel segno, spostando progressivamente l'attenzione dello spettatore dall'azione splatter fine a se stessa alla psicologia dei personaggi, traguardandoci nell'immedimazione con i protagonisti, con le loro terribili angosce e le loro flebili speranze. Il tutto senza dire praticamente nulla sulle cause del flagello apocalittico che rischia di estinguere l'umanità.


The walking dead è riuscita nell'impresa di emergere come inaspettata e tostissima outsider nella galassia delle produzioni americane, imponendo all'attenzione dei grandi network la AMC, emittente fuori dal grande giro di tv.
Si attendono indicazioni sul lancio della seconda stagione.
Per ora comunque, thumbs up!

mercoledì 15 dicembre 2010

De profundis

Stavolta è finita, siamo al capolinea. Come per i cavalli azzoppati del vecchio west cinematografico, è giunto il momento che piazzi una pallottola in testa alla mia vecchia e gloriosa Renault Clio dci.
Dopo nove anni e duecentotrentamila chilometri di impeccabile, e per certi versi strabiliante servizio, gli acciacchi hanno cominciato ad essere troppo frequenti e la spesa di alcune centinaia di euro l’anno per rimetterla in sesto appariva sempre più un investimento a perdere. L'ultima fermata di una settimana fa è stata decisiva.

Con rassegnazione ho cominciato a girare concessionari alla ricerca di un'occasione in pronta consegna.
Con il cuore ammantato di mestizia (beh cazzo, anche perchè in teoria non c'avrei un centesimo...) mi accingo a darle l'ultimo saluto (non prima di averla cannibalizzata di radio e casse, naturalmente).
Addio mia fedele compagna, non eri la Chevy del 69 di Racing in the Streets o una macchina altisonante come quelle di Cadillach Ranch, ma nessuna sarà mai come te.

lunedì 13 dicembre 2010

Natale senza rete

Come già riportato, da un paio di settimane sono senza linea adsl.
Per questioni burocratiche legate al cambio di operatore, i tempi per riaverla si stanno allungando, al punto che molto probabilmente se ne parlerà solo a gennaio.

Devo ammettere che questo evento mi ha inizialmente gettato in un leggero stato di panico, alimentato ulteriormente dalle reazioni di alcuni amici ( “sei senza adsl?!? Per un mese?!? E come fai, io sarei morto!!!”) che hanno fatto del loro meglio per non farmi pesare la cosa, e dalla paranoia per l’interruzione forzata della mia attività di blogger e di musicofilo compulsivo (and you know what i mean).

Poi però, più trascorrevano i giorni e più mi scoprivo immune da crisi d'astinenza. Verificavo che:

- non avere l’assillo di aggiornare questo blog (un piacere derivante da un’esigenza comunicativa che a volte però sfocia nel postare finalizzato a se stesso) mi svuotava piacevolmente l’hard disc cerebrale

- non avere ogni settimana decine di files nuovi nella chiavetta mi permetteva di godermi pochi titoli musicali e di ripescarne di trascurati

- anche senza la mail si può campare felicemente

- il tempo sottratto al web si può impiegare leggendo di più, recuperando film e serie in sospeso da secoli

- nel tempo libero si può anche semplicemente oziare un po’ (in assenza della famiglia, che altrimenti ha la priorità rispetto alle altre attività).

Resta il dispiacere di non poter seguire le evoluzioni degli amici sui rispettivi spazi virtuali, perché, contestualmente, al lavoro gli impegni sono tanti, e quasi sempre fuori sede, per cui le possibilità di collegarsi dall’ufficio si assottigliano.

Non mi sono mai considerato un malato di internet, dopotutto l’unico momento del giorno nel quale non mi facevo mai mancare l’ingresso nel web era la mattina (un appuntamento fisso)col caffè e la prima cosa che facevo tornando a casa dal lavoro non era certo connettermi, anzi, l’esatto contrario.
Però in qualche modo l’utilizzo di questo strumento si prendeva il suo spazio, sia in termini di tempo d’utilizzo, sia in quelli di ingombro mentale.

In sostanza vivo questa breve fase come una vacanza, inaspettata, ma tutto sommato gradita, dalla solita routine.
E come ogni vacanza che si rispetti accarezzo buoni propositi per il futuro, in attesa di avvertire, immancabile, il desiderio di tornare a casa.

giovedì 9 dicembre 2010

1707: la vergogna

Dal giro delle mail:

VIOLENZA SESSUALE "LIEVE" AI MINORI: ECCO I NOMI DEI SENATORI FIRMATARI

Si commenta da sé. Si erano inventati un emendamento proprio carino.
Zitti zitti, nel disegno di legge sulle intercettazioni avevano infilato l'emendamento 1.707, quello che introduceva il termine di "Violenza sessuale di lieve entità" nei confronti di minori.
Firmatari alcuni senatori di Pdl e Lega che proponevano l'abolizione dell'obbligo di arresto in flagranza nei casi di violenza sessuale nei confronti di minori, se - appunto - di "minore entità". Senza peraltro specificare come si svolgesse, in pratica, una violenza sessuale "di lieve entità" nei confronti di un bambino.

Dopo la denuncia del Partito Democratico, nel Centrodestra c'è stato il fuggi-fuggi, il "ma non lo sapevo", il "non avevo capito", il "non pensavo che fosse proprio così" uniti all'inevitabile berlusconiano "ci avete frainteso".
Poi, finalmente, un deputato del Pd ha scoperto i firmatari dell'emendamento 1707.
Annotateli bene (e ricordate le facce):
sen. Maurizio Gasparri (Pdl),
sen. Federico Bricolo (Lega Nord Padania),
sen. Gaetano Quagliariello (Pdl),
sen. Roberto Centaro (Pdl),
sen. Filippo Berselli (Pdl),
sen. Sandro Mazzatorta (Lega Nord Padania)
sen. Sergio Divina (Lega Nord Padania).

Per la cronaca: il sen. Bricolo era colui che proponeva il "carcere per chi rimuove un crocifisso da un edificio pubblico" (ma non per chi palpeggia o mette un dito dentro ad una bambina o un bambino);
il sen. Berselli è colui che ha dichiarato "di essere stato iniziato al sesso da una prostituta" (e da qui si capisce molto...);
il sen. Mazzatorta ha cercato di introdurre nel nostro ordinamento vari "emendamenti per impedire i matrimoni misti";
mentre il sen Divina è divenuto celebre per aver pubblicamente detto che "i trentini sono come cani ringhiosi e che capiscono solo la logica del bastone" (citazione di una frase di Mussolini).
...e adesso cominciamo a riflettere se essere sempre politically correct con chi li ha votati sia una mossa che paga...
fatela girare se avete voglia e tempo..l'informazione da oggi è un dovere quasi etico... anche per ciascuno di noi.

martedì 7 dicembre 2010

Good old boy




Eric Clapton
Clapton
Reprise, 2010



Contrariamente all'immagine da paggetto bolso che ci fissa dall'inguardabile copertina, Clapton ci consegna uno dei migliori dischi di Slowhand degli ultimi lustri. Il chitarrista inglese, tra i più sottovalutati/sopravvalutati di ogni tempo, sforna, tra vecchie cover e pezzi inediti, una manciata di canzoni calde e ispirate, perlopiù acustiche, nelle quali sembra voler ricreare quel sound confidenziale con il quale riacciuffò il grande riscontro commerciale con l'unplugged di MTV del 1992.
Lo fa chiamando attorno a se un manipolo di amici fidati, dal ritrovato Steve Winwood all'amico JJ Cale, a Wynton Marsalis a Sheryll Crow, passando per il "nuovo che avanza" Dereck Trucks.

La prima parte dell'album è probabilmente la migliore, dopo l'open track Travelin' alone, ci sono le placide Rockin chair e soprattutto l'ammaliante River runs deep (di Cale). Non sono da meno Judgement day e How deep is the ocean, dolcemente avvolgenti come spire di marshmallows.

Con Milkman si cambia registro e ci si ritrova improvvisamente proiettati negli anni trenta in un club fumoso di New Orleans. Il dixieland prende il sopravvento, pianoforte e tromba guidano le danze.
Superata la boa della metà della tracklist si perde un pò di qualità, ma si recupera degnamente sul finale, grazie a When somebody thinks you're wonderful, Run back to your side e Autumn leaves, composizione ispirata a una poesia di Jaques Prèvert.


Che siano state le tournee con i Cream e Winwood a restituire fiducia e voglia di suonare ad Eric Clapton non è dato sapere, accontentiamoci di avere tra le mani un disco che fa ben sperare per l'ultima (per ragioni anagrafiche) parte della carriera del più noto bluesman inglese. Pur mettendo in conto alti e bassi di una vita con la Fender a tracolla , a quasi mezzo secolo dall' esordio negli Yardbirds un lavoro così è un traguardo di tutto rispetto.









venerdì 3 dicembre 2010

RC


Ormai la fantasia ha messo la freccia e superato la realtà storica. Quello che è stata la banda della Magliana nell'Italia di trent'anni fa si perde nelle cronache, nelle nebbie di periodi oscuri, dissolta in giorni di inaudita violenza. Quello che abbiamo oggi sono le gesta di un gruppo di criminali entrati a far parte dell'immaginario collettivo degli italiani al pari di don Vito Corleone, il più noto boss mafioso cinematografico di ogni tempo, per gli americani. Il Libanese, il Freddo, il Dandi e gli altri sono assunti, in molte parti d'Italia, al ruolo di veri e propri anti-eroi. Non mi stupirebbe se, analogamente a quanto raccontato da Saviano in Gomorra, i giovani criminali moderni dormissero con il loro santino sulla parete della camera da letto.

Tutto è cominciato con il libro di Giancarlo De Cataldo, poi è venuto il film di Michele Placido e infine Sky, che ne ha ricavato una serie televisiva, realizzata anche con il contributo del magistrato/scrittore (per il soggetto) e dell'attore/regista (come consulenza).

La storia è quella ormai nota, ma ovviamanente, potendo contare su circa dieci ore di prodotto contro le due e mezzo del film ( e mettiamoci anche che al cinema venivano "coperti" tutti gli eventi mentre la prima stagione del telefilm si ferma più o meno a metà) , la narrazione si prende il suo tempo, amplia il respiro, aumenta le "licenze" rispetto al plot di partenza, indugia nelle "origini" dei personaggi.

La scena d'apertura nasce da una grande intuizione. Mentre il prologo del film di Placido era affidato ad un flashback nel quale si vedevano i futuri gangster da ragazzini, la serie di Stefano Sollima (un padre regista, e qualche episodio di serie televisive ) parte con un flashforward nella Roma di oggi. Assistiamo ad un violento pestaggio da parte di un branco di ragazzi ai danni di un uomo di mezz'età che reagirà in maniera ancora più spietata al sopruso subito, insinuando nello spettatore un collegamento (da definire) con i protagonisti della storia di trent'anni prima.

Poi si parte con la storia della scalata del potere criminale di Roma da parte del Libanese, ambizioso e dotato di grande personalità, di una naturale predisposizione alla leadership, ma anche privo di valori morali, spietato e senza scrupoli. La sua batteria (è così che chiamavano le bande nella capitale) si unisce per un avvenimento casuale a quella del Freddo, taciturno e carismatico, a capo di un suo gruppo delinquentelli. Il primo atto, che consolida il capitale economico della banda, è il rapimento che finisce in tragedia di un nobile della borghesia romana, poi la decisione di investire nello spaccio e di allargare, di quartiere in quartiere, il proprio dominio su tutta la città, fino a controllarne totalmente il traffico. A differenza delle abitudini della mala locale, i nostri acquisiscono potere e rispetto attraverso l'uso indiscriminato della violenza, "parcheggiando" (è il sinonimo che sta per omicidio) indiscriminatamente chiunque si metta sul loro cammino. Arriveranno in seguito rapporti con camorra, mafia e "obtorto collo" con i servizi segreti (deviati?), Moro, la strage di Bologna. Parallelamente si svolgono le indagini di Scialoja, un commissario tanto isolato (per le sue idee politiche di sinistra) quanto abile e di Borgia, un magistrato che va lealmente controcorrente rispetto alla linea fascista della gestione delle forze dell'ordine.
Col tempo la solidità della banda comincia a sfaldarsi, molti dei suoi membri diventano cocainomani e di riflesso ingestibili. Lo stesso Libanese, onnubilato da coca e alcol, si perde in un deliro di onnipotenza e paranoia, fino all'inevitabile atto finale. Degli altri due capi, il Freddo decide di mollare tutto e rifugiarsi all'estero mentre il Dandi, scaltro e cinico, cerca di capire come mantenere il potere.

Non se questa serie, come qualcuno ha affermato, sia davvero la migliore mai prodotta in Italia. Di certo risulta evidente lo sforzo di farne un prodotto d'eccellenza, dal taglio adulto, cinematografico. Un grande impegno è stato profuso nella ricostruzione del contesto del periodo storico, nello slang dell'epoca, nelle location, nei costumi (ecco, forse un eccesso di "falso vintage"). Ancora di più è stato speso (in tutti i sensi) nella costruzione della colonna sonora. I settanta sono magistralmente rappresentati dalle popolari hits italiane (Tutto il resto è noia, Figli delle stelle, Pazza idea, Albachiara, Sabato pomeriggio) e internazionali (Le freak, You meake me feel mighty real, Knock on wood, Disco inferno, Please don't go), quasi sempre usate come congruo accompagnamento alle immagini, e spesso, a farne da contrasto.

Tutti queste scelte alzano il ivello dell'opera oltre la media dei competitors italiani. Così come risultano azzeccate alcune scene di chiaro tributo al primo Tarantino. Su tutte, ad esempio, quella di un'efferata esecuzione camorristica all'inizio del secondo episodio, che si svolge con lo spensierato sottofondo musicale di Gianna (Rino Gaetano), e che sembra stare a Romanzo Criminale come Stuck in the middle with you sta a Le iene, nella scena delle sevizie al poliziotto. E poi le discussioni sulle preferenze musicali dei membri della banda, fatte all'interno dell'alfetta poco prima di un colpo, con il Dandi che adora la disco music (Sylvester, Kool and the gang, Diana Ross) e gli altri che lo accusano di "froceria" per poi ammettere però di apprezzare Baglioni, sono anch'esse squisitamente tarantiniane.

Due parole sugli attori, tutti pressochè sconosciuti (almeno per il sottoscritto). Seppur con qualche eccesso di ghigno malefico che a volte sfocia nel caricaturale, ottimo lavoro di Francesco Montanari (il Libanese), così come di Vinicio Marchioni (il Freddo), Alessandro Roja (il Dandi) e del resto della banda (su tutti un nome: Andrea Sartoretti aka Bufalo), qualche perplessita in più su Marco Bocci (Scialoja), penalizzato dal look da fotoromanzo e su Daniela Virgilio (Patrizia, la prostituta/maitresse/donna del Dandi). Le scene e i dialoghi tra i due sono forse il punto più basso dell'intera serie, poco credibili e prive di ogni intensità.


Per concludere una considerazione. Si è tanto polemizzato (da molte parti senza nemmeno aver visto il film) sull'opera, in uscita, di Placido su Vallanzasca. Il motivo può anche essere condivisibile: evitare di enfatizzare troppo l'opera di un criminale assassino, non farne un esempio, un simbolo. Ma allora ci sarebbe molto da dire sulla trasposizione di quella, che a detta di tutti (a proposito, in questi giorni su History channel c'è un documentario sulla vera storia della banda) è stata una delle associazioni criminali più spietate e colluse con il malaffare e la parte oscura dello stato, che viene invece rappresentata come un gruppo di gangster sì violenti e senza scrupoli, ma con un solido codice d'onore e che agisce quasi esclusivamente contro altri criminali, lasciando in qualche modo che nello spettatore maturi una sorta di assoluzione morale, visto che "s'ammazzano tra loro" e che gli innocenti non ci vanno mai di mezzo. Nella realtà questa gente ha sparato in testa a persone comuni solo per una risposta sgradita o uno sguardo di troppo, sicuri della propria impunità.

Ma lo dicevo in premessa, questo prodotto ormai con la realtà dei fatti ha poco a che fare. Ha molto invece in comune con le grandi produzioni anglosassoni di serial, con la professionalità che li contraddistingue e con il coinvolgimento/fidelizzazione che riescono a creare nello spettatore. Non mi sembra poco, in questi tempi di stucchevole buonismo da Squadre e Distretti di Polizia.


P.S. Su Sky è da poco iniziata la season 2.