giovedì 31 gennaio 2013

MFT, gennaio 2013

MUSICA


Ghost, Opus eponymus
Black Sabbath, Vol. 4/Sabbath bloody sabbath
Dropkick Murphys, Signed and sealed in blood
Led Zeppelin, Houses of holy
Boz Scaggs, Greatest hits
Joe Buck Yourself, Piss and vinegar
Ben Harper & Charles Musselwhite, Get up!
Corrosion of Comformity, omonimo 2012
Luca Sapio, Who knows
Hatebreed, Divinity of purpose
Eels, Wonderful glorious

Scrivendola, mi sono reso conto che la playlist musicale di questo mese è decisamente orientata al passato e sbilanciata verso sonorità hard-rock/heavy-metal. In effetti è un periodo che quel genere confà alle mie esigenze emotive congiunturali. Passerà, eh. Non c'è che da attendere.


VISIONI

Sto per ultimare la stagione 3 di Breaking Bad

Dovrei finalmente riuscire ad iniziare la prima di Treme


LETTURE

Non uscirò vivo da questo mondo di Steve Earle procede senza grandi entusiasmi. 

mercoledì 30 gennaio 2013

I-talians

Nel giorno in cui le prime pagine dei giornali celebrano l'acquisto da parte del Milan del più famoso atleta italiano di colore (parlo ovviamente di Balotelli - lasciamo correre il fatto che solo qualche giorno fa Berlusconi parlava di lui come una mela marcia che mai avrebbe infettato lo spogliatoio milanista, vabè, siamo in campagna elettorale - ) ho scoperto per caso una notizia agghiacciante proprio sulla concessione della cittadinanza italiana agli extracomunitari che al pari di Mario sono nati sul nostro territorio.

Come probabilmente saprete la legislazione italiana prevede che un bimbo nato nel nostro Paese da genitori non comunitari abbia diritto alla cittadinanza solo al compimento dei 18 anni, raggiunti i quali ha comunque un ridotto limite di tempo (circa un anno, entro il compimento dei 19) per decidere se diventare italiano o avvalersi della sua cittadinanza originaria.
Già su questo meccanismo da carpe diem ci sarebbe molto da discutere, ma andiamo oltre.

Sì perchè oggi ho scoperto che sono esclusi dall'applicazione di questa norma (nel senso che le Prefetture proprio non accettano le richieste) i bambini affetti da sindrome di Down
La motivazione, come potete leggere qui è presto detta: le persone nate con questa patologia non sarebbero, secondo i nostri funzionari di Stato, capaci di intendere e volere e quindi di formulare la richiesta di cittadinanza italiana.

Lo so, si fa presto a cedere al confortevole abbraccio dell'indignazione dalle pagine di un blog anonimo che leggono in pochi (e di certo non i destinatari della critica) e che non deve rendere conto a nessuno. 
Ma chi se ne fotte. 
Questa vicenda dimostra ancora una volta che Paese di merda riusciamo ad essere quando ci applichiamo, e la cosa mi fa enormemente incazzare.

martedì 29 gennaio 2013

Sei gradi di separazione


Il tempo, si sa, non sempre è galantuomo. Vale per le persone ma anche per la musica, la letteratura, il cinema, l'arte in generale. Rivedere con gli occhi di oggi quello che ci piaceva 15,20,25 anni fa ci mette sovente nella condizione di dover ridimensionare le nostre passioni giovanili.

Con questa preoccupazione che mi ronzava in testa, l'altra sera ho avuto l'occasione di rivedere un film che all'epoca (parliamo del 1993) mi colpì molto. Parlo di Sei gradi di separazione, tratto dalla commedia teatrale omonima di John Guare. 
L'ambientazione è quella degli appartamenti e del mondo della uptown class newyorkese, e in particolare della coppia Paul (mercante d'arte, interpretato da Donald Sutherland) e Ouisa Kittredge (Stockard Channing, viso più noto del nome, probabilmente), la cui apparente perfetta simbiosi viene messa in crisi dall'effetto a catena innestato della conoscenza da parte dei due di un giovane di nome Paul (interpretato da un Will Smith, qui alla sua prima prova cinematografica importante) che sostiene di essere il figlio di Sidney Poitier.

La (dis)avventura dei Kittriedge con Paul diventa inizialmente oggetto di conversazione nei pranzi e nei salotti esclusivi di Manhattan, ma con il passare del tempo la rivelazione di alcuni particolari della vita del misterioso ragazzo, squarciano, almeno per Ouisa, il confortevole velo dell'ipocrisia e dei rapporti superficiali nei quali è scivolata la sua vita, rendendo evidente anche il fallimento della coppia nella crescita dei figli. 

In magico bilico tra commedia e dramma, il film mi ha restituito tutta l'emozione che ricordavo e anzi, le esperienze di vita che ho accumulato in questo orizzonte temporale mi hanno fatto ulteriormente apprezzare piccole sfumature, la profondità di alcuni temi, l'intensità di taluni passaggi e lo spessore  di buona parte delle interpretazioni. 

Non c'è che dire insomma, in questo caso caso l'arte è invecchiata di gran lunga meglio di quanto abbia fatto il sottoscritto.




lunedì 28 gennaio 2013

New wave of american country music, 10



Joe Buck Yourself, Piss and vinegar (2011)

Lo dico io prima che qualcuno possa eccepirlo. Joe Buck non suona country. Non nell'accezione comune del termine almeno. Se invece consideriamo il mare nostrum della deriva oscura di quel genere dentro il quale convivono psychobilly, cowpunk,blugrass,hillbilly e hobo allora direi che possiamo cominciare ad intenderci. D'altro canto il nostro ha prestato i suoi servigi da stand up bass player, facendosi un nome anche grazie a live act infuocati, per la creme di quel sottobosco musicale cioè i Th' Legendary Shack Shackers  (Cockadoodledon't del 2003) e vabè, Hank III (Straight to hell e Damn right rebel proud).
Sono scarse le notizie che lo riguardano nel web, difficile mettere ordine nella sua discografia, ma questo Piss and vinegar del 2011 dovrebbe essere il suo terzo full-lenght (mentre sono una mezza dozzina gli EP).

La musica espressa dalla band di Joe è tutto sommato semplice ma non per questo meno coinvolgente. Sezione ritmica ossessiva e veloce, liriche basate su temi quali la ribellione e l'autodistruzione sistematica mediante l'abuso di droga, una voce colloquiale mai spinta al massimo per non rischiare di non tenere la nota. La componente più frequente è proprio quella dello pshychobilly, con evidenti  riferimenti agli Hellbilly di Hank III (nei quali il nostro ha militato), come nella trascinante apertura di Evil motherfucker from Tennesse. E come l'amico Hank, Joe non si fa mancare neanche la critica a tutto campo all'industria discografica di Nashville (Music city's dead), mentre Dig my grave e Drug train sono lì ad aspettare che uno come Nick Cave prima del rehab le interpreti e le rendendole note al grande pubblico, esattamente come meritano.

Ho sviluppato una passione travolgente per questi personaggi della scena underground del Texas e del Tennesse, possono piacere o meno, ma perlomeno sono autenticamente luridi, pericolosi e follemente e ispirati dalla loro musica, al punto che quei fighetti sfornati come tanti Big Jim dalla catena di montaggio delle major del sud, scappano a gambe levate solo a sentirli nominare. Non è forse questo l'aspetto che ci eccitava del rock and roll?






sabato 26 gennaio 2013

Chronicles 2

Stamattina mi sono svegliato con un mal di testa che credevo gestibile, ma che con il passare del tempo si è rivelato essere il cavallo di Troia di un'emicrania a grappolo. Spero che il Brufen faccia il suo dovere (volevo resistere senza assumere ibuprofene, ma sto per assistere Stefano nei compiti e questo potrebbe seriamente darmi il colpo di grazia).
Mi ci vorrebbe la botta di vita di un bel concerto esaltante, energico e corroborante. Di quelli che per qualche giorno ti riconciliano con la vita. Ho visto i prezzi che girano per gli artisti che mi interessano e che da qui a qualche mese passeranno da noi e, beh, mi è venuto un mezzo coccolone. Settanta euro per il prato di Springsteen a San Siro, altrettanti per i Kiss (che non ho mai visto) al Forum di Assago, appena meno per Iggy Pop fuori dall'ippodromo. Nella migliore delle ipotesi bisognerà selezionare accuratamente, nella peggiore soprassiederò.
Va beh. Stasera intanto cena annuale con gli amici storici. Visto come butta in generale credo proprio che cederò al confortante abbraccio dell'alcol.



giovedì 24 gennaio 2013

80 minuti di Black Sabbath (Ozzy years)

Ormai dovrebbe essere chiaro a tutti che in ambito musicale non sono un esperto, ma piuttosto un inguaribile rock-addicted. Converrete che la differenza è sostanziale. Mi piace specificarlo così posso giustificarmi del ritardo cronico con il quale, talvolta, giungo ad approfondire fenomeni così clamorosi che ci sarebbe da chiedersi se in precedenza avessi per caso vissuto su marte. 
I primi Black Sabbath, per dire, ho cominciato ad ascoltarli seriamente nel 2007. In compenso però, da allora non ho mai smesso di farlo: ho acquistato tutta la loro discografia del periodo Ozzy, letto la biografia del frontman, mi sono eccitato all'idea di vederli dal vivo a Milano per poi incassare con delusione la defezione dovuta alla malattia di Iommi e di recente mi sono fatto anche la T-shirt d'ordinanza. Insomma, in un lustro sono diventato a tutti gli effetti un die-hard fan della band al punto di coinvolgere in questa mia affezione anche Stefano, che dopo Iron Man sta apprezzando anche altri pezzi del gruppo come Children of the grave e Electric funeral.
Tutta sta premessa per dire che ho preso molto sul serio la compilazione di questa playlist,  cercando di distinguerla da quelle ufficiali in commercio e tentando di coniugare le hits e i pezzi di culto, allo scopo di provare a rendere nel miglior modo possibile l'atmosfera che sapeva creare la band e la loro crescita musicale. 

Data la significativa durata media dei pezzi ho dovuto fermarmi a 14 tracce, per cui aspettatevi un volume 2.

1) Sabbath bloody Sabbath (live from Reunion)
2) Hole in the sky
3) N.I.B.
4) Black Sabbath
5) Children of the grave
6) Into the void
7) Electric funeral
8) Paranoid
9) War pigs
10) Snowblind
11) Dirty women
12) Iron man
13) Faires wer boots
14) Spiral architect







martedì 22 gennaio 2013

Carnage: an addiction

Questa non è una recensione. Se ne cercate una sul web ne trovate a bizzeffe, in cima alle quali ci metto quelle dei del blog amici DoppiaAzione e Jumbolo
Questa dunque non è una recensione, ma piuttosto un outing, una confessione. 
Sì, perchè ho maturato una vera e propria dipendenza, un'assuefazione da Carnage, film  di Roman Polanski del 2011Ogni volta che qualche canale di cinema di Sky lo trasmette difatti, qualunque attività io stia svolgendo in quel momento, vengo inevitabilmente risucchiato da una forza che mi attira verso il divano e che non mi lascia andare fino al criceto sui titoli di coda. 
Nelle ultime settimane l'avrò rivisto non meno di una mezza dozzina di volte ed è un'avvitamento che non mi capitava dai tempi delle superiori con le repliche de Il Padrino sui Bellissimi di Rete4, con il quale tiravo regolarmente le due di notte.

Ormai ho mandato a memoria le battute di ognuno dei quattro, strepitosi, protagonisti (Christoph Waltz; John C. Reilly; Jodie Foster e Kate Winslet, in rigoroso ordine di apprezzamento) al punto che potrei vederlo doppiato in turco e capirne lo stesso, con un approssimazione di errore vicino allo zero, tutti i dialoghi.
Certo, il film non è esente da difetti, ma personalmente trovo che il ritmo serrato dei dialoghi, l'interpretazione dei quattro, la claustrofobia che trasmette e la descrizione della spirale nella quale precipitano i protagonisti via via che si liberano da ogni forma di ipocrisia e di maschera buona per la superficialità dei rapporti  sociali, superi di slancio ogni imperfezione stilistica o eccesso di caratterizzazione dei personaggi.

E in più è una droga senza effetti collaterali.





lunedì 21 gennaio 2013

Kris Kristofferson, Feeling Mortal (2013)



La mia opinione è che i grandi vecchi della musica country, ed in particolar modo quelli che hanno inventato la costola outlaw, stiano invecchiando, dal punto di vista artistico, magnificamente. Chi più e chi meno, ovvio, ma gente della classe del '30 come Merle Haggard, Willie Nelson, David Allen Coe riesce, lavorando per sottrazione sulla scia dei lavori di Cash con Rubin, a risultare estremamente credibile e coerente con la loro storia, quasi sempre contraddistinta dagli elementi più devianti dello stile di vita rock 'n' roll.

Kris Kristofferson di anni ne compirà a breve 77. Il viso attraversato da mille rughe d'espressione. Una vita a combattere alcolismo e altre dipendenze, più di una relazione con donne dello spettacolo (le più note furono Janis Joplin e Barbra Streisand), una lunga carriera parallela nel cinema con la partecipazione ad una settantina di titoli, un noto (e un pò fuoriposto nel mondo country) orientamento politico a sinistra (qui la polemica con la reazionaria star del country Toby Keith ). Dal punto di vista musicale, alla fine sono solo una quindicina i lavori rilasciati in oltre 40 anni di attività, nonostante quella di cantante avrebbe dovuto essere la carriera principale del texano.

Feeling Mortal arriva a quasi quattro anni di distanza dal precedente Closer to the bone (2009) e ci consegna un Kristofferson dolente, dalla voce trascinata ma sraordinariamente evocativa, che si fa sempre apprezzare per il meraviglioso southern accent e che viene usata in quasi tutte le tracce (dieci, per meno di quaranta minuti di timing) su testi personali ed esistenziali, come la struggente title track che apre il lavoro o la successiva Mama Stewart. Se il livello delle composizioni fosse allineato a queste due, l'album sarebbe senza dubbio il capolavoro definitivo del singer. Qualche calo invece (inevitabilmente) c'è, nonostante il disco si ascolti comunque con piacere in altri suoi passaggi, come il valzer dalle suggestioni irish di Bread for the body, il delicato country di Just suppose e My heart was the last to know fino agli echi di tejano della conclusiva Ramblin Jack

Nel complesso bene così. Avercene di reduci musicali come Kris Kristofferson.

7/10

domenica 20 gennaio 2013

Chronicles

Le cose al lavoro non vanno bene. Nuvoloni viola carichi di elettricità si profilano all'orizzonte ora che la mia azienda è stata per metà acquisita da un privato (il fondo infrastrutturale più potente in Italia). Siamo tutti lì, più rassegnati che preparati, ad attendere che la mannaia si abbatta su di noi, con un senso di fatalismo molto poco nordico. La presenza al comune di Milano (proprietario dell'azienda) di una giunta di sinistra, dopo 20 anni di occupazione del centro destra, ci ha decisamente nuociuto (lo dico egoisticamente, probabilmente i cittadini meneghini sono invece entusiasti del cambio), il che, se ci pensate è uno perfetto paradigma del rapporto tormentato tra elettori/attivisti di sinistra e loro rappresentanti.
In ambito familiare Stefano dovrà mettere non uno, ma due apparecchi. Il primo dovrà tenerlo due anni e mezzo, il secondo ancora non so, ma temo una tempistica simile. Sarà dura. Sia convincere lui a portarlo, che la banca ad trattare quel colabrodo del mio conto con un pò di elasticità.
Ma l'importante, come si dice, è la salute, no? Infatti pure quella...

Eddai, non fate quella faccia, a che serve un blog se non a lagnarsi un pò, ogni tanto?

venerdì 18 gennaio 2013

Continuiamo a farci del male

La campagna elettorale impazza e al solito sono assalito dalla sensazione che, dal punto di vista mediatico, il PD stia sbagliando tutto lo sbagliabile, a partire dalle dichiarazioni politiche che sembrano sempre dimesse rispetto a quelle degli altri, passando ai nuovi manifesti per le regionali nei quali sembra che i soggetti facciano dei gestacci con le mani all'indirizzo dei passanti, fino ad arrivare al casareccio video promozionale del partito abbinato alle note di Inno della Nannini.
Il PD,che qualche settimana fa aveva sfruttato al massimo l'eco delle primarie, allungando di molto nei sondaggi il distacco sulle altre forze politiche, sembra che oggi abbia deciso di muoversi il meno possibile per evitare di commettere errori. Il tutto mentre Berlusconi impazza, Monti ci prende gusto e Grillo straparla. 
Non che alla fine me ne importi più di tanto. Il mio ormai è un voto "contro" (Berlusconi) più che un voto "per" e se vogliamo dirla tutta la mia croce andrà sì alla coalizione di centro sinistra ma non proprio a Bersani. 
Solo che rischiare di trovarmi ancora tra le balle quello del bunga bunga e delle barzellette da caserma un pò mi ripugna. 
Ecco.


mercoledì 16 gennaio 2013

Breaking Bad, stagione 2


I segreti stanno alla base di ogni serial che si rispetti, a prescindere dallo spessore dell'opera o dal genere specifico. Se ci pensate bene, dalle soap ai polizieschi non manca mai l'inconfessabile verità nascosta che, quando ben congegnata, tiene per le palle per intere annate il telespettatore.
Quello di Walter White, protagonista di Breaking Bad è un segreto mica da ridere, tipicamente da finzione letteraria o se volete cinematografica, ma non per questo reso in maniera meno credibile. 
Come già detto infatti, White, chimico di talento che nella vita si è accontentato dell'insegnamento, scoperto di essere affetto da un cancro ai polmoni, per non gravare sulla stentata economia familiare e per lasciare qualche dollaro postumo ai suoi cari, si mette a produrre e spacciare metanfetamine.

La seconda stagione vede una dinamica più lenta ed introspettiva (fatto salvo per la partenza a razzo, che conclude gli accadimenti in coda alla prima) delle vicende narrate, ed una profonda drammatizzazione, anche straziante, di alcuni eventi (che vedono quasi sempre al centro Jesse, socio di Walt) parzialmente compensati dall'introduzione di un personaggio, comico ma perfettamente inserito nella realtà della giustizia americana, come Saul Goodman (impersonato da Bob Odenkirk) irresistibile, intrallazzato, kitsch e logorroico avvocato al quale la coppia di spacciatori improvvisati si affida.

Interessante ed inedito anche l'uso dell'anticipazione degli eventi attraverso l'uso del cosiddetto flash-forward. Normalmente questo espediente narrativo viene usato all'inizio degli episodi per risolversi al termine degli stessi, nella seconda stagione di Breaking Bad invece viene (parzialmente) svelato solo negli ultimi istanti dell'ultima puntata, peraltro con una dinamica davvero imprevedibile. Final season nella quale pare cominci a sgretolarsi anche il castello di bugie che Walt ha costruito nei confronti della moglie Skyler, con conseguenze tutte da verificare.

Il serial si conferma una gran bella produzione. Sono tentato, contrariamente alle mie abitudini, di mettermi in pari con le stagioni fin qui trasmesse, in modo da gustarmi in contemporanea con il resto del mondo il gran finale (la seconda parte della quinta stagione prevista per agosto di quest'anno).

lunedì 14 gennaio 2013

Dropkick Murphys, Signed and sealed in blood (2013)


La musica, intesa come arte, dovrebbe rappresentare evoluzione, cambiamento, ricerca. Nella realtà del pop-rock invece, sono pochi gli artisti o le band capaci di veri cambiamenti rispetto ai loro brand. Mi sovvengono random i Clash, Frank Zappa, Miles Davis, David Byrne, probabilmente Jimi Hendrix. Molti dei restanti girano in giro al loro sound consueto e rassicurante, modificandone occasionalmente il vestito ma mantenendone l'essenzialità, per non correre il rischio di spaventare troppo i fan.  All'interno di questa cerchia ci sono poi gruppi che nemmeno si pongono il problema dell'evoluzione, fedeli a se stessi e al proprio stile consolidato, fino alle estreme conseguenze (la più bieca autoreferenzialità). Vengono in mente in questo senso AC/DC,Motorhead. E naturalmente i Dropkick Murphys.

Adoro molte delle incarnazioni e contaminazioni del cosidetto folk irlandese (dai Pogues ai Waterboys, dai Dubliners agli Hothouse Flowers fino ai Black 47 e ai Flogging Molly) ma stranamente non mi si è mai accesa la scintilla per questo gruppo del Massachusetts giunto oggi, attraverso diversi cambi di formazione, all'ottavo lavoro. 
Onestamente poi, a parte la condivisione di alcuni strumenti tipici (banjo, fiddle, bagpipe) non vedo nemmeno tutto questo collegamento coi Pogues, ma i critici si sa, sono pigri e allora certi link vengono piazzati quasi in automatico. 
Premesso questo, i Dropkick Murphys sono un combo integro e onesto, che in qualche modo ha creato uno stile che parte dagli aspetti più estremi del punk e del combat folk irlandese per sfociare in deliri anthemici capaci di deflagrare puntualmente negli show dal vivo.

Signed and sealed in blood (primo album recensito nel 2013) arriva a soli due anni di distanza dal precedente Going out in style e ci consegna  una band che non perde colpi e che non arretra di un passo rispetto alla propria mission aziendale. Lo chiariscono immediatamente l'opener The boys are back e l'infuocata contaminazione con l'hardcore e l'oi! di Burn. Jimmy's Collins Wake rinsalda la linea politica dei bostoniani, mentre gli unici momenti riflessivi sono quelli di Rose tattoo e della conclusiva End of the night. In tutti i casi sono garantiti refrain irresistibili, clima da curva da stadio (o da pub all'ora di chiusura) e tanta, tanta attitudine.

Se si mettono da parte i pregiudizi in premessa (cosa non difficile, visto il tratto giurassico dei miei gusti), il divertimento non manca.

7/10

domenica 13 gennaio 2013

Comunicazione di servizio

Da oggi per commentare i post sarà necessario inserire un breve codice alfanumerico (simile a quello postato come esempio) . La procedura (che ho sempre trovato antipatica) si rende necessaria in quanto ultimamente ho trovato alcuni vecchi post inondati di messaggi spam evidentemente non bloccati dalla piattaforma che mi ospita. In considerazione del fatto che molti di essi sono di natura illegale, sono ricorso a questa soluzione che mi dicono funzionare bene. E pazienza se potrebbe ulteriormente scoraggiare dal lasciare un commento. 


venerdì 11 gennaio 2013

80 minuti di Metallica, parte 2

La prima parte era qui. Nella seconda, stilata con la collaborazione di Ale, siamo andati al recupero di alcuni brani dal periodo 1983/89 più alcune b-sides, cover e altri pezzi random. Ancora una volta escluso il black album, tanto per ribadire l'assoluta soggettività della playlist.

1) Mama said
2) Motororbreath
3) The thing that should not be
4) Blackened
5) The whiskey in the jar
6) Sabbra Cadabra
7) No remorse
8) Ain't my bitch
9) Leper messiah
10) Am i evil
11) Turn the page
12) Dyer's eve
13) Last caress / Green hell
14) Helpless
15) Stone cold crazy (live)



mercoledì 9 gennaio 2013

Ralph Spaccatutto


Accattivante, anche se non certo non originalissima  l'idea della Disney di ambientare il suo nuovo film d'animazione tra i videogiochi di una sala giochi per bambini, dove, sulla scia di Toy Story, quando il locale chiude, tutti i protagonisti escono dai loro software attraverso i cavi della corrente e si trovano in un posto comune (che altro non è che l'interno della "ciabatta" dove convergono tutte le prese elettriche). 

Divertente sopratutto quando mischia i personaggi dei vari generi videoludici, dagli sparatutto ai platform a quelli di  guida, dando vita ad un melting pot virtuale di pixel a bassa ed alta definizione. Peccato che per il problema dei diritti di sfruttamento dell'immagine non si siano potuti utilizzare maggiormente  i personaggi dei titoli reali più noti (si vedono ad esempio Sonic e Pac-Man, ma ci si limita solo a citare Mario Bros) mentre è eccezionale l'idea del gruppo di analisi dei villain. 
Non un capolavoro, ma per noi pollice su.

lunedì 7 gennaio 2013

I migliori dischi del 2012

Che anno musicale è stato il 2012? Beh, molto buono direi. Tanti titoli validi, con il ritorno di protagonisti storici del rock, la scoperta di artisti emergenti e il consolidamento di nomi importanti. Per quello mi riguarda l'anno è stato anche contraddistinto dal ritorno all'ascolto massivo del jazz, genere che avevo accantonato da qualche anno; dal completamento della discografia dei Black Sabbath periodo Ozzy; da tanti concerti segnati a matita sul calendario della cucina e poi regolarmente cancellati ( fatta eccezione per voi-sapete-chi ). Anche a questo giro sono solo riuscito ad avvicinarmi a tutta la musica che avrei voluto ascoltare, ma insomma, con circa un ora e mezzo di tempo al giorno, ho cercato di fare di necessità virtù. 
Nel compilare la classifica che segue ho deciso di escludere due dischi che normalmente vi sarebbero entrati: Around the world di Raul Malo e In Paris dei Pogues, in quanto trattasi in entrambi i casi di album dal vivo contenente materiale di repertorio, al quale ho preferito opere con contenuti inediti. Per i due in ogni caso, una menzione speciale. 
Ricordo a tutti infine il mio criterio di scelta, che è appassionatamente soggettivo e spesso supera in slancio il valore "oggettivo" di opere considerate più imprescindibili. A voi.



10) CORROSION OF COMFORMITY, Omonimo

Unico album della lista che non ho ancora fatto in tempo a recensire (pur essendo uscito a inizio 2012…) ma che, proprio in coda all’anno, mi sta regalando tante soddisfazioni con il suo oscillare elettrico tra il doom dei Sabbath, il thrash e persino lo speed-metal, nel tentativo (riuscito) di dimostrare che i generi possono anche essere considerati superati, ma tanto è la convinzione con cui li si suona che conta. E i Corrosion of Comformity questo lo sanno bene.






Beh, diamine. Non mi sarei mai aspettato di trovarmi ad essere così coinvolto, nella seconda decade del duemila a cantare, “cos i come from Alabama with the banjo on my knees” e invece… Potere dei grandi sciamani dei Crazy Horse guidati dallo spirito sacro di Neil Young e di una manciata di traditional americani (o in qualche modo all’America legati) che, evidentemente, se sollecitati da mani sapienti, hanno ancora molto da dare.








Si citano gli Husker Du, ma questo album di Bob Mould è filtrato anche dalle successive esperienze musicali del cantante/chitarrista ed ha il sapore genuinamente acido del grunge, del power pop e del post punk. Partenza fulminante, qualche calo di tensione, ma nel complesso un gran bel disco









Possibile che quest’uomo non sbagli un disco? O quantomeno, che dissemini costantemente i suoi lavori di note di rilievo, remarks che li rendono sempre, in qualche modo, speciali? O siamo noi ad avere un serio problema di dipendenza dalle sue corde vocali? Il dubbio non è sciolto da Funeral blues, che in compenso però, oltre alla solita classe a pacchi regala anche inaspettati momenti di elegantissimo pop.







Prima di ascoltare i Fine Before You Came, il genere emo-core era per me solo una delle tante definizioni di sottogenere musicali di cui non conoscevo la corrispondenza. Non è bastato Ormai a farmi appassionare a questa corrente rock, ma di certo è servito ad avvilupparmi nelle tele sonore a spirale e nelle fitte liriche della band milanese.







Band davvero particolare, quella dei Titus Andronicus. Ai loro componenti deve piacere parecchio mischiare temi alti e popolari. Depistare. Allestire gli strumenti nelle sale magne dei campus e poi nelle bettole più scalcinate dei docks. Citare i classici e scatenare l’inferno attraverso pezzi che incitano al pogo più devastante. La cosa divertente è che il tutto funziona. La speranza è che si conservino così.










Pop-country-folk-indie-rock. Che senso hanno le definizioni per una band che incrocia così tanti generi e artisti del passato, facendolo sempre con grande classe, senso dell’estetico e gusto per la melodia? Nessuna, appunto. Bisogna giusto saperseli godere.







Il disco country dell’anno e palma del più cantato. Finalmente il talento di Bob Wayne è deflagrato. Liriche rigorosamente outlaw, attitudine autodistruttiva e un duetto con Hank III che ridefinisce il significato del termine toxic twins. E alla fine, spargete le sue ceneri sull’autostrada…











I Mumfords hanno lavorato a lungo sul loro sound, riuscendo a saldargli insieme un songwriting ancora più solido e convincente del debutto, non riuscendo forse nell'impresa di raggiungere i picchi compositivi dell’esordio, ma compensando abilmente con una qualità media complessiva decisamente più alta. Lavoro emozionale.









L’ego di Capovilla esplode in mille frammenti di vetro che si conficcano nelle carni dell’ascoltatore. Artisticamente si gira meno dalle parti degli Shellac e più (ancora di più del passato) da quelle di Pasolini. Un ascolto a tratti difficile, insostenibile. Ma un’opera vera, dove dolore, disperazione e aggressività si armonizzano infine tra loro  respingendoti e attraendoti come il sapore del sangue in bocca dopo un colpo preso in piena faccia al quale, sia ben chiaro, reagisci con un ghigno di sfida.









sabato 5 gennaio 2013

Back to life

La peggiore influenza della mia vita? Non vorrei fare come i telegiornali che ogni volta che piove per una settimana a fila fanno a gare ad enfatizzare come non si vedesse tanta acqua dal 1893, salvo poi ripeterlo, paro paro, l'anno successivo. Però, cari miei, quella che mi ha colpito la sera del 31 dicembre e che solo oggi ha smesso di peggiorare, di certo è stata una delle peggiori infezioni virali che io ricordi di aver mai patito.
E' iniziata con la febbre piuttosto alta che è durata tre giorni, poi, scesa la temperatura intorno ai 38 gradi, nel momento in cui pensavo che il peggio fosse passato è scattata la fase due dell'influenza: tosse, raffreddore, mal di gola, cefalea, ossa doloranti, e muscoli di budino.Se fossi stato investito da un autobus che mi avesse fatto precipitare in un burrone al termine del quale mi avesse calpestato una mandria di bisonti impazziti credo che non mi sarei sentito cooosì   male. 
Ho ingerito pastiglie grosse come l'alluce di Giampiero Galeazzi. 
Ho sudato così tanto che nel letto ci si potevano disputare gli olimpionici di nuoto a farfalla. 
Ho ridotto le comunicazioni col mondo esterno (cioè fuori dalla camera da letto) a disarticolati rantoli primitivi.
Non sono riuscito a chiudere occhio la notte ne a leggere/accendere il pc/guardare la tv di giorno.
Nulla di buono, insomma. Beh, almeno hai staccato un pò la spina, dirà qualcuno. Sbagliato. Lunedì bene o male rientrerò al lavoro più accartocciato di prima.
Ah! Buon anno a tutti. 
Seh!

giovedì 3 gennaio 2013

Bill Fay, Life is people


Gli anni settanta si confermano bacino inesauribile di validissime (ri)scoperte di artisti che hanno pubblicato uno, due album e poi, in assenza di riscontri commerciali, sono stati oscurati dalla storia. Bill Fay rientra completamente in questa casistica. Inglese  ( mancano precise indicazioni sulla data di nascita), esordisce nel 1970 con un self-titled, replicato l'anno successivo da Time of the last persecution. Pochi si accorgono del suo talento, anocora in meno si filano i suoi dischi, con il risultato che la carriera del nostro è segnata sul nascere.

Un qualche debole interesse verso Fay torna a manifestarsi solo a metà anni zero, grazie ai Wilco che coverizzano un suo pezzo (Be not so fearful, dall'esordio) e che in qualche modo agevolano la pubblicazione del materiale registrato trent'anni prima per il terzo album, che esce dunque nel 2005 insieme a qualche compilation. 
Serve comunque ancora qualche anno perchè il cantautore britannico si metta a registrare musica nuova, visto che la release di Life is people vede la luce solo quest'anno.

Bill Fay si accompagna essenzialmente al pianoforte, contesto che concede alla voce e all'introspezione delle liriche tutto lo spazio che reclamano. Manifesto di questo approccio alla composizione sono l'iniziale There is a valley, la magnifica The healing day, Be at peace with yourself o la pastorale Cosmic concerto (Life is peolple) . La produzione deve essersi comunque posta il problema di un disco molto denso, evocativo ed intenso che correva però il rischio, arrivati alla traccia dodici, di risultare un eccesivamente peso. Allora, a compensare il tema conduttore dell'opera ecco qualche provvidenziale stilla full band con l'accelerazione di This world, e con lo slow corale Empires.

Personalmente sono arrivato a questo disco attraverso l'eco dell'enfasi di critica e appassionati rock, inizialmente con un pò di scetticismo (la madre di quelli che esaltano roba inascoltabile è sempre incinta), ma con gli ascolti sempre più convinto della genuinità di quest'opera che ha regalato ad un'artista (molto probabilmente) over settanta, un'insperata fama. Visto come vanno queste cose (remember Nick Drake?), per fortuna la gloria è senza dubbio tardiva ma quantomeno non postuma.

7,5/10



mercoledì 2 gennaio 2013

Danko Jones, Rock and roll is black and blue


Ho l'impressione che Danko Jones (leader e titolare della ragione sociale della band canadese) a sto giro, in fase embrionale di lavoro a Rock and roll is black and blue, si sia immerso nell'ascolto della produzione più recente dei Red Hot Chili Peppers. Con il risultato di allargare il suo range d'ispirazione, che andava indicativamente dagli AC/DC ai Motley Crue, alla band di Flea e Antony Kiedis.

La considerazione emerge spontanea a fronte dell'ascolto di tracce come Terrified, Get up, Just a beautiful day, Conceited o I don't care, che raccolgono le briciole dell'ispirazione dei puparuoli. Per il resto alla voce headbangin' segnatevi Legs e per quella "proviamo un hit commerciale" Always always, che dopo un intro alla Angus Young si rivela forse il pezzo più radiofonico del disco. 

Trovo l'album complessivamente un pelino sotto Under the belt (scusate il gioco di parole), anche a causa dell'assenza di un brano travolgente al pari di I think bad Thought, e con ogni probabilità una sforbiciata di due-tre brani (sono quindici quelli che compongono la tracklist) male non gli avrebbe fatto.

Insomma, si viaggia sempre col volume a palla, la testa che fa sìsì e il gomito fuori dal finestrino dall'auto, solo che si fa meno strada del solito.

6,5/10

martedì 1 gennaio 2013

I migliori del 2012 per quelli bravi

Forse qualche lettore particolarmente refrattario alle classifiche di fine anno, vedendo che fin qui, contrariamente alle mie abitudini, le avevo ignorate, ha pensato di averla scampata. Niente di più sbagliato! 
Ecco difatti riassunto di seguito il meglio del 2012 selezionato tra dieci diverse testate musicali, individuate cercando di coniugare target indie e mainstream, per un'indigestione di titoli che al confronto quella che avete fatto a natale era un fermino. 
Dall'analisi delle charts mi sembra emerga  un sostanziale vuoto di potere, con i soli Frank Ocean e Jack White a troneggiare in due classifiche, e invece l'alternanza come costante delle altre.

Ah! Fate ballare l'occhio perchè mi sono limitato al copia/incolla, per cui in qualche caso l'ordine dei titoli è crescente e in altri è l'esatto opposto.



SPIN

10 Santigold - Master of My Make-Believe 
 09 Ty Segall - Twins 
 08 Killer Mike - R.A.P. Music 
 07 Swans - The Seer
 06 Bat for Lashes - The Haunted Man
 05 Miguel - Kaleidoscope Dream 
 04 DJ Rashad - TEKLIFE Vol. 1 - Welcome to the Chi
 03 Japandroids - Celebration Rock 
 02 Kendrick Lamar - good kid, m.A.A.d city 
 01 Frank Ocean - channel ORANGE

ROLLING STONE

01 Bruce Springsteen – Wrecking Ball
02 Frank Ocean – Channel Orange
03 Jack White – Blunderbuss
04 Bob Dylan – Tempest
05 Fiona Apple – The Idler Wheel Is Wiser Than The Driver Of The Screw And Whipping Cords Will Serve You More Than Ropes Will Ever Do
06 Kendrick Lamar – Good kid, m.A.A.d city
07 Edward Sharpe and the Magnetic Zeros – Here
08 Green Day – !Uno!
09 Japandroids – Celebration Rock
10 Neil Young and Crazy Horse – Psychedelic Pill



MOJO

10 Bob Dylan – Tempest 
09 Julia Holter – Ekstasis 
08 Dr. John – Locked Down 
07 Django Django – Django Django 
06 Black Keys – El Camino 
05 Dexys Midnight Runners – One Day I’m Going To Soar 
04 Leonard Cohen – Old Ideas 
03 Bill Fay – Life Is People 
02 Frank Ocean – Channel Orange 
01 Jack White – Blunderbuss


NME

10 Jack White – Blunderbuss 
09 Jake Bugg – Jake Bugg 
08 The Cribs – In The Belly Of The Brazen Bull 
07 Pond – Beard Wives Denim 
06 The Maccabees – Given To The Wild 
05 Alt-J – An Awesome Wave 
04 Crystal Castles – (III)
03 Frank Ocean – Channel Orange 
02 Grimes – Visions 
01 Tame Impala – Lonerism


RUMORE

01 Swans - the seer
02 Ty Segall - slaughterhouse
03 Beach House - bloom
04 Goat - world music
05 Tame Impala - lonerism
06 Colapesce - un meraviglioso declino
07 The XX - coexist
08 Dirty Projectors - swing lo magellan
09 Chromatics - kill for love
10 Hexwessel - no holier temple


Q

1. The 2 Bears – Be Strong 
2. Alabama Shakes – Boys & Girls 
3. Alt-J – An Awesome Wave 
4. Paul Banks – Banks 
5. Bat For Lashes – The Haunted Man 
6. Beach House – Bloom 
7. Jake Bugg – Jake Bugg 
8. David Byrne & St. Vincent – Love This Giant 
9. Cat Power – Sun 
10. Leonard Cohen – Old Ideas


STEREOGUM

10 Dirty Projectors – Swing Lo Magellan 
09 Chairlift – Something 
08 The Walkmen – Heaven 
07 Japandroids – Celebration Rock 
06 Cloud Nothings – Attack On Memory
05 Jessie Ware – Devotion
04 Swans – The Seer 
03 Kendrick Lamar – good kid, m.A.A.d. City 
02 Frank Ocean – Channel Orange
01 Fiona Apple – The Idler Wheel… 


PASTE

10 First Aid Kit, The lion's roar
09 Beach House, Bloom
08 Japandroids, Celebration rock
07 Dirty Projectors, Swing lo Magellan
06 Alabama Shakes, Boys and girls
05 Sharon Van Etten, Tramp
04 Fiona Apple, The idle wheel...
03 Titus Andronicus, Local business
02 Father John Misty, Fear fun
01 Frank Ocean, Channel orange


INTERNAZIONALE

1) jack white - blunderbuss 
2) alt j - an awesome wave 
3) Bob dylan - tempest 
4) Fiona apple - the ilder 
5) animal collective - centipede 
6) andrew bird - break it yourself 
7) Spiritualized - sweet heart sweet light 
8) andy scott - luxury problems 
9) clouds nothing - attack on memory 
10 ) bruce sbringsteen - wreking ball


PITCHFORK

10. Grizzly Bear - Shields 
09. Death Grips - The Money Store 
08. Chromatics - Kill For Love 
07. Beach House - Bloom 
06. Grimes - Visions 
05. Swans - The Seer 
04. Tame Impala - Lonerism 
03. Fiona Apple - The Idler Wheel ... 
02. Frank Ocean - Channel Orange 
01. Kendrick Lamar - good kid, m.A.A.d city