giovedì 30 agosto 2007

Requiem


Questo è un paese dove ormai gli interessi locali hanno costantemente la prevalenza su quelli nazionali. Il caso Alitalia è emblematico.

Due biglietti venduti su tre si staccano al nord, la Cina è una delle mete commerciali più richieste, e la compagnia di bandiera prima taglia i voli per Pechino, e poi le tratte dallo scalo Varesino.

Ne Malpensa ne Fiumicino possono essere considerati hubs, però è il mercato a definire chiaramente che se c'è uno scalo sul quale puntare deve essere Malpensa, e Alitalia ovviamente sceglie Roma.

I competitors degli italiani sono Monaco, Bruxells, Parigi e sarà lì che si indirizzeranno i passeggeri dell'enorme bacino del nord, piuttosto che recarsi a Roma. Alitalia è destinata a diventare una compagnia regionale, subalterna di chi, probabilmente AirFrance, gli farà il favore di acquisirla.


Alitalia è uno dei pochi casi in cui destra, sinistra, sindacati ed enti locali sono tutti d'accordo a suicidarsi, a tirare fuori la testa dall'acqua, respirare pochi attimi a pieni polmoni, per poi affogare definitivamente.

Meglio questo che una scelta sacrosanta, ma impopolare al palazzo.

Ventimila dipendenti che sviluppano un bacino di voti verosimilmente vicino alle centomila unità, mica li puoi buttare per il piano trasporti nazionale, no?

La terra vista da un marziano


C'è modo e modo di autocoverizzarsi. C'è il modo patetico degli U2, e c'è quello sublime di Prince.

Si ha l'impressione che Prince possa fare quello che vuole quando vuole. E adesso (beh, da qualche anno in verità) vuole tornare ad avere l'adorazione delle masse, il successo commerciale, i suoi pezzi alla radio, i suoi video su MTV.

Planet Earth è il disco giusto per questo scopo. Sciorina brani in classico stile Prince-fine ottanta che c'è da rimanerci secchi.

L'inizio sublime con la lunga title track, l'irrompere di guitar, il singolo perfetto, il lento somewhere here on earth, Chelsea rodgers che sembra una outtake da Sign 'o the times, tutto rimanda al suo periodo più creativo, quello tra 1999 e Parade.

C'è tutto qui dentro, i coretti femminili, gli urletti,le chitarre, il soul, il pop e il rock 'n' roll.


Sembra incredibile, ma nel 2007 se vuoi fare una festa coi controcazzi, devi avere ancora un disco (nuovo) di Prince.

martedì 28 agosto 2007

Torna Daniele!


I nostri più reconditi e osceni desideri si realizzeranno a Ottobre, su LA7. Daniele Luttazzi torna in televesione con uno show di dieci puntate, in seconda serata, che era stato inizialmente pensato per la piattaforma di Sky, ma che non si è realizzato.

Considerato che il comico romagnolo ha sempre dichiarato che sarebbe tornato in TV solo in caso di assoluta libertà creativa, sono molto fiducioso.

Pelè all'Inter!

Scusate, non ho resistito.


F.C. Internazionale comunica di aver depositato questo pomeriggio negli uffici della Lega Nazionale Professionisti i documenti per il tesseramento di Vitor Hugo Gomes Passos in arte "Pelé".
Il centrocampista portoghese, classe 1987, nazionale under 21, è stato acquistato a titolo definitivo dal Vitoria Sport Clube de Guimaraes e ha firmato un contratto che lo legherà all'Inter sino al 30 giugno 2012.

Rassegna stampa

1) I media e molta gente sono talmente impostati a diffidare e a temere la Cina, per il suo potenziale commerciale, che nessuno ha messo minimamente in dubbio che il problema dei giocattoli Mattel ritirati dal mercato potesse essere responsabilità dell'azienda americana. Passata la sbornia polemica iniziale, con i maggiori quotidiani italiani che sono usciti con foto di giocattoli in prima pagina, manco fossimo a Cartoonia, oggi Pechino dice la sua. E guarda un pò: "circa l'85% dei giochi sono stati disegnati dal produttore statunitense ed è stato fabbricato sulla base dei requisiti richiesti dall'importatore". Mentre i giochi ritirati per l'alta concentrazione di piombo, ha sottolineato, "rappresentano un 15%".
E dunque: "se riconosciamo che i produttori cinesi devono essere accusati per i giocattoli difettosi, quale tipo di responsabilità dovrebbe essere invece addossata ai disegnatori e agli importatori statunitensi a riguardo?" .
Daì e daì anche loro si devono essere rotti i maroni di fare da sputacchiera del mondo . A tal proposito (in realtà centra poco), vi siete mai chiesti perchè una nazione come la Cina, stabilmente nella top ten della violazione dei diritti umani è uno dei primi partner commerciali degli USA, mentre Cuba persiste un imbargo che ormai è tragicomico?

2) Il drammatico errore del ginecoloco di Milano, che praticava un aborto selettivo su due gemelli per intervenire su uno dei due feti gravemente malformato,e che per errore ha eliminato invece quello sano, sembra fatto apposta per alimentare le polemiche degli integralisti cattolici e degli antiabortisti in genere (che poi sarebbero gli stessi che si dichiarano antidivorzisti per poi divorziare, per la sacralità della famiglia e poi fanno i festini a mignotte e coca, contro i culattoni e poi vanno a travesta, e chi più ne ha...).

Dubito che questa gente si ponga domande e sviluppi un ragionamento (partendo magari dalla banalissima considerazione: senza 194 finiranno gli aborti o torneremo alla bassa macelleria sulle donne?), visto che molto ecclesiasticamente negano come principio la possibilità dell'aborto anche in casa di gravidanza dopo uno stupro. Credo invede profondamente alla loro malafede, sopratutto da parte di chi, e sono tanti, troppi, in caso di necessità, tipo figlia sedicenne ingravidata, chiama l'amico medico antiabortista, che però in privato e con l'opportuna discrezione, un favore non lo nega di certo.
Ho solo letto, senza ancora vederlo, di 4 mesi, 3 settimane e 2 giorni, il film di Cristian Mungiu. Anche questo capita con buona tempestività.
Le amiche che l'hanno visto, a fronte della mia affermazione "non so se me la sento di vederlo", mi hanno risposto, un pò solennemente, che è un dovere civile farlo. Sarà un dovere per chi predica bene e razzola male, dico io, a me non serve.

lunedì 27 agosto 2007

Scusate il ritardo


Come dicevo più giù, mi sono messo sotto con Gaber. Sono partito con il primo disco che ho trovato in negozio, La mia generazione ha perso + una selezione del Teatro canzone, che ho ascoltato in misura nettamente superiore al disco principale. Mi sono trovato in macchina, andando a lavorare nei giorni di metà agosto, a maledire lo scarso traffico che mi impediva di prolungare il fanciullesco stupore e il piacere dell’ascolto.


Mi è venuto allora in mente un articolo scritto dal bravo Andrea Scanzi sulle pagine del Mucchio, all’indomani della morte di Giorgio. Scanzi ricordava di non avere idea di chi fosse Gaber, ma di essere stato accompagnato a vedere l’artista milanese da suo padre. Il che rafforza la mia idea sull’importanza di avere una guida “artistica” al momento giusto.
Comunque, scriveva lo Scanzi: “si sono dette tante cose sull’artista Gaber, ma nessuno ha celebrato a dovere il fatto che nei suoi spettacoli faceva venire giù i teatri per gli applausi”. Ad ascoltare le sue performances c’è da credergli.

Dopo diversi tentativi a vuoto intanto, sicchè di scaricarlo non mi garba, sono riuscito a trovare anche Il teatro canzone, oggi lo ascolto durante il tragitto da/per il lavoro, e speriamo che sulla Rivoltana si sia tornati al traffico usuale, cioè ad una percorrenza obbligata di almeno cinquanta minuti.


Mi è venuto in mente, a post pubblicato, qualè stato il mio primo approccio con Gaber. My sisters avevano comprato un doppio, Io se fossi Dio, inquietante monologo che da bambino mi aveva attratto e terrorizzato. Anche le facciate del vinile erano uniche: tre facciate incise e una completametamente liscia. Avete mai visto un vinile senza solchi? Paura...

venerdì 24 agosto 2007

Bruno Trentin, 1926/2007

Volevo solo ricordare una figura seria, responsabile e appassionata, che ha attraversato la storia Italiana della resistenza, del PCI e del sindacato. E' stato segretario della CGIL tra Pizzinato e Cofferati, svolgendo quel ruolo in un momento delicato per la vita del paese.
Durante tangentopoli, con l'Italia che stava attraversando una crisi economica spaventosa, dalla quale rischiava di non riprendersi, compiva un atto, per lui e la CGIL, doloroso e lacerante: la firma dell'accordo del 23 luglio 1993, che normava il vuoto lasciato dalla cancellazione della scala mobile da parte del governo Amato l'anno prima.
bruno Trentin ha compiuto le sue scelte,impopolari e ideologicamente conflittuali con le sue idee e i suoi valori di uomo di sinistra, perchè consapevole del suo ruolo. Che gli imponeva di cercare soluzioni politiche e sindacali contestuali al momento storico. In un mondo di egocentrismi personali, prima ancora che politici, di arruffapopoli e di furbetti del quartiere, mi sembra un'eredità da non trascurare.

Bruno Trentin, morto ieri a Roma all'età di 81 anni, era nato a Pavia, in Francia, il 9 dicembre 1926.
Laureato in giurisprudenza, ha studiato anche presso la Harvard University, per poi tornare in Francia nel 1941, dove ha combattuto la Repubblica di Vichy. Dal 1943 al 1945 ha preso parte alla Resistenza, sia in Francia che in Italia, dove ha militato nelle formazioni partigiane di "Giustizia e Liberta" alla cui fondazione ha contribuito, assumendo nel 1944 il comando di una brigata.
Nel 1949 si è iscritto alla Cgil, iniziando a lavorare nell'Ufficio studi economici. L'anno dopo è entrato nel Partito comunista italiano, diventando membro del Comitato Centrale dal 1960 al 1973: con il Pci è stato eletto consigliere comunale a Roma (1960-1973) e deputato nazionale (1962-1972).
Nel sindacato è stato eletto vicesegretario nel 1958, mentre dal 1962 è stato segretario generale della Fiom, mantenendo l'incarico, assieme a quello di segretario generale della Federazione unitaria della metallurgia (Flm), fino al 1977. In quell'anno è diventato segretario confederale della Cgil nazionale.
Eletto segretario nazionale della Cgil il 29 novembre 1988, succedendo a Pizzinato, ha ricoperto l'incarico fino al 30 giugno 1994. Nel 1993 ha stipulato con Cisl e Uil lo storico accordo sulla politica dei redditi che pose termine al sistema della scala mobile.
Negli anni successivi Trentin ha assunto la responsabilità dell'Ufficio programma della Cgil, carica ricoperta fino all'elezione al Parlamento europeo nel giugno 1999. Nel Parlamento europeo è stato membro della Commissione per i problemi economici e monetari, membro sostituto della Commissione per l'occupazione e gli affari sociali, membro della Delegazione per le relazioni con il Consiglio legislativo palestinese.
Membro anche del Cnel (Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro), il 25 gennaio 2002 è stato eletto deputato nelle liste dei Democratici di Sinistra, divenendo presidente della Commissione nazionale per il Progetto. Ha scritto tre libri: Lavoro e libertà (1994), Il coraggio dell'utopia (1994), La città del lavoro (1997).

giovedì 23 agosto 2007

25 settembre 2007



Tennessee Blues
Down Here Below
Satellite Radio
City of Immigrants
Sparkle and Shine
Come Home to Me
Jericho Road
Oxycontin Blues
Red Is the Color
Steve's Hammer (For Pete)
Days Aren't Long Enough
Way Down in the Hole

2 ottobre 2007




Radio Nowhere
You'll Be Comin' Down
Livin' In The Future
Your Own Worst Enemy
Gypsy Biker
Girls In Their Summer Clothes
I'll Work For Your Love
Magic
Last To Die
Long Walk Home
Devil's Arcade

mercoledì 22 agosto 2007

MVB




Lo sapete no, perchè la sinistra non parla più male di Berlusconi? Tranquilli non tirerò in mezzo che è tutto un magna magna e via discorrendo, anche perchè in fondo non lo penso. Hanno smesso di mettere in mezzo i rapporti con cosa nostra, la corruzione dei giudici, della guardia di finanza, la P2, le amicizie politiche, Oscar Mammì eccetera eccetera solo perchè quella condotta non pagava in termini di consenso.

Adesso lo trattano come da soggetto politico vero e proprio. Non è che lui sia cambiato o migliorato, solo non è politicamente conveniente cantare quella canzone lì, la gente comune non lo apprezza.

Magari è anche giusto, che ne so io. Berlusca per me resta quanto di peggio sia possibile esprimere in politica. Responsabile a pieno titolo insieme alla Lega dell'imbarbarimento della scena politica, traghettatore sdoganante dei fascisti, inventore delle convention invece dei congressi e dei clabs invece dei partiti.

Io continuo a detestarlo, e ringrazio film come Il Caimano, seppur imperfetti e contraddittori, perchè ricordano a chi vuole conservare memoria chi è quest'uomo. E lo fa proprio quando sta per passare anche di qua il messaggio: "massì dai, in fondo è simpatico!"

Inadeguato a ricoprire un qualunque incarico pubblico-istituzionale, non solo per il suo passato, ma anche per la sua cultura, o meglio, per l'assenza di essa. E' uno che non sa. E se sa è anche peggio.

Solo un soggetto così poteva inventare e lanciare un prodotto come MVB, MichelaVittoriaBrambilla per gli amici.

Sorta di troglodita in autoreggenti che se fossi una donna di destra la odierei a morte per l'immagine che porta avanti (e visto il simpatico clima che ha creato bruciando le tappe nella coalizione credo di averci preso), modello antiquato di donna in carriera, prodotto stereotipato del nord che "produce e lavora".

Non voglio insistere sull'aspetto fisico, che poi sembro uno del Bagaglino, infatti sono le doti intellettuali che detesto in lei, volgare nell'atteggiamento prima che nella lingerie, prevaricatrice nel contraddittorio, incapace di misurarsi, argomentando, con l'interlocutore è davvero il candidato ideale del PDL. Fini è troppo fighetta e comunque non c'è da fidarsi. Casini dopotutto è un vecchio DC, quelli lì poi si accordano sempre coi Comunisti. La Lega è troppo ruspante ed imprevedibile e tolto Bossi con chi parli, con Calderoli?

No, la Brambilla è perfetta.

Fidatevi di Silvio.


martedì 21 agosto 2007

Rewind

Una quindicina di anni fa ho fatto il deejay. E' stato in quell'occasione che ho preso coscienza dell'inadeguatezza sociale dei miei gusti musicali.

Capodanno del 1992. Il mio ex-cognato aveva uno squallido barettino perso nelle nebbie tra Rivolta e Cassano; lì, nella taverna priva di agibilità, aveva organizzato la festa di fine anno. Recuperato un mixer di fortuna e un banco ante bellico, e in considerazione del fatto che era già sulle spese per tutto il resto, mio cognato mi chiese se ero interessato a mettere su la musica. Era l'occasione che aspettavo. Passai tutta la giornata a preparare il fagotto di dischi da portare, selezionando il meglio tra la roba che ascoltavo (e in parte ancora ascolto).


Arrivo, mi sistemo, metto in ordine i dischi, faccio qualche prova di missaggio, mi dò un tono. Cominciano ad avvicinarsi le ragazze (quelle due o tre che non avevano trovato un posto migliore in cui intristirsi) e mi chiedono Please don't go, non l'originale di KC and the Sunshine Band, ma la cover di un certo Haddaway, che oggi probabilmente sarà sotto un ponte qualunque in una qualunque città inglese.
Io le guardo schifato. Non ce l'ho quella roba. Le liquido. Tornano, "massì dai quella che fa: plis don go...don goooooooo", sì la conosco, ma non ce l'ho, mi spiace da morire.


Arriva il culmine della serata dopo qualche giochino idiota che nemmeno uno sceneggiatore della saga di Pierino avrebbe osato proporre, e si scende tutti in taverna per il deejay set.
Spengono le luci, l'unica strobo che c'è crea un effetto più deprimente che psichedelico, parto con il primo disco.
Ecco, non ricordo cosa ho messo, forse un pezzo di Terence Trent D'Arby, seguito da una versione veloce di Dub be good to me dei Beats International sulla quale ho fatto confluire Born in the USA di ...ehr..Springsteen. A quel punto sollevo lo sguardo estasiato e vedo tutti i convenuti fermi immobili a fissarmi come se stessi cagando sul dance floor. Preoccupato si avvicina il mio ex (ci tengo) cognato e mi fa: "cazzo cazzo metti un lento!". Mi metto a cercare imbarazzato tra la mia roba mentre Bruce continua a cantare alle bocche spalancate. "Metti questo, metti questo", mi impone l'ex cognato. Parte If you leave me now dei Chicago, la tensione si scioglie, le coppie si abbracciano, torna l'armonia.

Sembrava una scena da manicomio, l'imprevisto che manda nel panico i ricoverati, le pastigliette verdi che mettono tutto a posto.


Mi si avvicina un ragazzotto che conoscevo di vista per averci scambiato qualche parola lì al bar. Mi fa, raccogliendo tutta la diplomazia di cui è capace: "vedi, tu ascolti roba tosta. Cazzo, una vera figata. Ma alle feste...la gente...vuole ascoltare...altre cose. Vogliono sballare...agitare le mani...vogliono ascoltare QUESTA ROBA" E tira fuori una cassettina di techno. La guardo, me la giro tra le mani. E' bianca senza nemmeno i titoli delle canzoni. C'è la durata però. Un ora e mezzo di sballo non stop! Guardo la cassetta e la gente che balla i Chicago. La canzone sta per finire. Fisso il ragazzetto, vorrei ribattere puntigliosamente qualcosa. Non me la sento, troppo grande lo smacco, troppo pubblica la figura di merda. Mollo il colpo. Infilo la cassetta nell'impianto di diffusione e premo play.
Gli avventori apprezzano.

Prima o poi Anders arriva


Da bravo e diligente scolaretto mi sono messo sotto con Giorgio Gaber. Ho comprato il suopenultimo lavoro (La mia generazione ha perso) che ha un bonus cd dal vivo a teatro. Però difficilmente in questo periodo riuscirà a stare dietro ad Anders Osborne di Ash Wednesday blues. Non ho la minima fottuta idea da dove sia sbucato questo tizio, ma per la puttana, suona una musica che ti fa tornare bambino davanti alla tavola imbandita di leccornie. Aveva ragione il dott. Allyouneedislove a segnalarlo(http://www.forumcommunity.net/?c=15088&t=1781727&view=getlastpost#lastpost ) ben due anni fa, pirla io a mollare il colpo data la difficile reperibilità del prodotto.

E' difficile collocare un prodotto così. Nel gioco dei rimandi e delle ispirazioni c'è da far venire una sincope ai dottoroni della musica scritta. I più ci vedono Van Morrison affamato d'arte. Poi Ry Cooder, i Neville Brothers, il New Orleans sound. Io sottoscrivo facendo salire su questo pulmino magico anche Dr John e in alcuni passaggi, non mi vergogno a scriverlo, il Billy Joel degli esordi.


E' uno di quei dischi che ti viene la rabbia a sapere che lo conoscono in pochi e che ti spinge ad assumere il sacro compito di diffonderlo. Va bene in sottofondo, come sparato al massimo volume sostenibile, ferma il tempo ma dura un attimo, è riflessivo ma anche leggero, è elegante ma non impegna.

Non gli sto facendo un gran servizio con questo sproloquio, ma si sa, l'amore rende folli (e idioti).

sabato 18 agosto 2007

Due o tre cose che so di Elvis.


uno - A Memphis, Tennesse è sempre festa. O almeno lo è ogni cinque anni dal 1977 a questa parte. Celebrazioni per i dieci anni dalla morte, per i venti, i venticinque, i trenta... Ho sempre pensato che fosse macabro celebrare la ricorrenza della morte. Mi sembrerebbe più opportuno festeggiare la nascita di un artista, no? In questo caso nel 2005 si sarebbero festeggiati i settantanni dalla nascita di Elvis Aaron Presley.

due (questa è personale) - Elvis Presley è il primo artista non italiano che ho ascoltato da ragazzino, un mio amico del piano di sopra mi aveva prestato un doppio greatest hits della RCA che ascoltavo voluttuosamente, ma più ancora ero rimasto folgorato da Jailhouse rock (canzone e balletto)all'interno de "Il delinquente del rock and roll". Si può parlare probabilmente del primo, inconsapevole, videoclip della storia che molto avrebbe insegnato in termini di coreografia a centinaia di prodotti a venire.


tre - Elvis era un perfezionista. Alcune sue canzoni prima di registrarle le ha ripetute decine di volte, mettendo a dura prova nervi e pazienza i componenti della band.


quattro - Con il suo celebre comeback televisivo del 1968, uno show per buona parte solo acustico, ha probabilmente accesso la lunga miccia del MTV Unplugged (merito condiviso con i Tesla, ma questa è un'altra storia).


cinque - Pare che Elvis sia morto sul cesso della sua faraonica casa, stroncato da un infarto. La causa più probabile dell'ostruzione delle arterie è stata eccesso di tranquillanti e di dieta americana (pane, marmellata e burro di arachidi tutti i giorni, più volte al giorno, per anni).


sei - Difficile potesse sopravvivere da come era minato il suo fisico. Se l'avesse fatto avrei goduto a vederlo maggiormente impegnato sul soul e sul rhythm and blues, se non, al pari di Cash, trovato un produttore capace come Rick Rubin, affrontare la vecchiaia tornando a cantare solo per la gioia di farlo.

lunedì 13 agosto 2007

Touched like the very first time

Esistono un buon numero di grandi canzoni storiche sputtanate dalla sovraesposizione e dalla pigrizia della maggior parte delle radio. Canzoni che hai sentito centinaia di volte, fino a trascurarne il valore. Penso a pezzi come Wish you were here dei Pink Floyd, un testo degno del miglior Dylan avvilito peraltro da troppe chitarrate sulla spiaggia. Cocaine di J.J.Cale (via Clapton) resa insopportabile nella sua reiterazione. Satisfaction dei Rolling Stones. Knocking on heaven's door di Dylan. I shot the sheriff di Marley. E si potrebbe continuare a lungo.

Ci sono però delle situazioni in cui, invece di farti scivolare addosso la canzone, le parole superano la tua carta millemiglia da hard listener e cominciano a scavare. A me è successo con una delle poche tracce di Springsteen che col tempo mi ha dato più rigetto: The river.

Sì, perchè Springsteen probabilmente si è persuaso che il pubblico italiano non può continuare a respirare se non gli suona The river. Non c'è fottuto tour dalla sua prima volta del 1985 ad oggi in cui questa canzone sia mancata durante le esibizioni, con la E Street, da solo o con accompagnatori estemporanei (92/93). Abbiamo dovuto perfino sorbirci una versione simil jazz di dieci minuti, durante il reunion tour del 99.
Quando parte l'intro di armonica la folla impazzisce (alimentando così la convinzione di Bruce sulla opportunità di riproporre il brano) e io lo mando a cagare mentre mi dirigo al bar o al cesso.
Come cantava Guccini però :"in un attimo, ma come accade spesso, cambia il volto d' ogni cosa", e l'altro giorno, complice l'ascolto dello straordinario boot dello show di Milano del Devils and dust tour, mi sono dovuto ricredere.

Detto per inciso, quel tour è uno dei migliori in assoluto di Bruce. Lui da solo, padrone del palco come con la E Street, senza le incertezze della turnè nei teatri dopo The ghost of Tom Joad, a pasticciare coi suoni, dal blues all' elettronica. A mettere alla prova la fedeltà del suo pubblico riducendo la voce ad un sussurro quasi impercettibile durante Long time coming e Brilliant disguise. Proponendo Open all night finalmente fedele all'originale e una Wreck on the higway al piano che chi non ha pianto non è di questa terra e nemmeno di questo mondo.

Ed è dal pianoforte che è seduto quando, dopo un breve e irriconoscibile intro, parte con "I come from down in the valley..." subito tributata a festa dai convenuti. Io sto per smadonnare ma stavolta mi trattengo. Ascolto davvero dopo tanto tempo le parole di questo racconto sulla fine dell'innocenza. Un tributo alla giovinezza, una fuga d'amore finita con poche righe scritte da lei riguardo la sua gravidanza. Su come, nel giorno del diciannovesimo compleanno, il protagonista riceva in regalo "una tessera del sindacato e un cappotto da cerimonia".

Su come poi il lavoro non basta a pagare i conti, l'amore lascia il posto al rancore,la passione all'inidifferenza: "le cose più importanti sembrano dissolte nell'aria. Mi comporto come se non ricordassi. Mary si comporta come se non le importasse più nulla."

Resta il ricordo, ma anche quello serve solo per aumentare il dolore: "Ma io ricordo le nostre corse nell'auto di mio fratello, il suo corpo abbronzato e bagnato giù al lago. Di notte su quelle sponde restavo sveglio e la stringevo a me solo per suo respiro. Adesso questi ricordi ritornano per perseguitarmi, mi perseguitano come una maledizione. Un sogno che non si avvera è una bugia o qualcosa di peggio?"

Fa male, cazzo se fa male.

domenica 12 agosto 2007

Amen

Ci sono pochi argomenti che mettono alla prova il mio (presunto?) essere di sinistra, e pertanto solidale e aperto, come quello del problema nomadi.

Quattro bimbi morti in un rogo avvenuto in un campo di baracche sotto un ponte, a Livorno. Accampamenti, se è giusto chiamarli così, come quello ce ne sono a decine, in tutta Italia, e molti anche nella mia zona.
I telegiornali nazionali ci pucciano il pane in queste storie, pietismo e misericordia a fiumi, posticci come il colore dei capelli di Fede. Domani smonteranno la troupe e andranno a casa di qualcuno che ha sparato ad un ladro, "sicuramente rom", che ha tentato di entrargli in casa e rilanceranno il dibattito se sparare in testa ad un ragazzino che si introduce nella tua proprietà debba essere un atto perseguito o meno dalla legge.

Però sto facendo il furbo, è della mia posizione riguardo queste popolazioni che mi ero ripromesso di parlare.
Io sono diviso, tra la repulsione e il rispetto per il mantenimento di una tradizione di libertà che è costato, da sempre, a questa gente il sospetto di tutte le comunità tradizionali, violenza e morti.

Non so cosa pensare quando vedo celebrati nei bar luoghi comuni sui rapimenti di neonati, topi d'appartamento undicenni, parabole sui tetti delle roulotte, mercedes parcheggiate a fianco di bambini che giocano intorno al fuoco,
A Milano,quando vedo le donne che elemosinano con bambini sporchi in braccio, combatto con il mio istinto di strappargli i bambini, per salvarli e dargli una vita normale. Ma subito dopo penso di non essere così sicuro
che la mia vita sicura e occidentale sia meglio di quella che lo aspetta.
Vedo le ronde leghiste nei campi nomadi e spero che le donne e i bambini invece di guardarli come si guardano i marziani li prendano a sberle da Milano a Pontida. Vedo famiglie rom al supermercato e con l'occhio cerco subito mio figlio.


Credo di non essere poi così illuminato come voglio far credere, sotto sotto probabilmente sono conservatore e spaventato dalle cose che non capisco.
Borghese.
Negli settanta, volendo offendermi mi avrebbero chiamato borghese.

venerdì 10 agosto 2007

Proverbi, aforismi, citazioni

Inauguriamo la nuova rubrica "Proverbi,aforismi,citazioni" con una testimonianza di umiltà di Bob Dylan:
"Satisfaction dei Rolling Stones? Bella canzone. Avrei potuto scriverla io. Dubito invece che loro avrebbero potuto comporre Like a rolling stone."

Perseverare è diabolico

Propongo un'interrogazione parlamentare per introdurre la patente a punti per le testate giornalistiche. Cioè, uno non può continuare a scrivere minchiate abnormi smentite dal successivo svolgimento dei fatti e/o dai tribunali, e andare avanti senza pagare dazio.
Sto parlando de Il Giornale, il quotidiano di proprietà - per chi ci crede - di Paolo Berlusconi.

Cazzo, negli anni ha accumulato un tale stillicidio di figure di merda, eppure sembra che non gli basti mai. Hanno perso cause a garganella, quelle più gustuse con Di Pietro (scuse imbarazzatissime di Feltri in prima pagina) e la CGIL (i cui funzionari sono stati accusati di ricevere una doppia pensione, con tanto di pubblicazione di nomi e cariche).

Hanno subito la radiazione dall'albo per Feltri e smerdamenti colossali su presunti scoop, uno su tutti, il caso Mitrokin.

L'ultima batosta l'hanno avuta dalla cassazione in merito all'attentato di via Rasella. Una decina d'anni fa questa favolosa testata simbolo di libertà e autonomia giornalistica, era partita con una delle sue famigerate campagne diffamatorie, ricostruendo i fatti in modo da far sembrare i partigiani assassini spietati e vigliacchi mentre i nazisti innocui villeggianti finiti trucidati. Se la erano presa in particolar modo con il capo dei gappisti che aveva condotto l'operazione, Rosario Bentivegna.
Ebbene, è di questi giorni la notizia che la cassazione ha condannato per diffamazione Il Giornale, obbligandolo a risarcire a Bentivegna €45000, ha stabilito l'esatto numero di morti civili (2 e non nove come sosteneva il quotidiano) ed ha infine affermato che l'operazione di Via Rasella è riconducibile ad un'azione di guerra e non di terrorismo, come invece cercava di persuadere l'organo dei Berluscones.
Il commento di Bentivegna: "e' la quarta sentenza di un'alta corte italiana, militare penale o civile che ci dà ragione con le stesse motivazioni, ma il il mondo è pieno o di imbecilli o di faziosi ancora disposti a sostenere il contrario. C'è poco da fare..".

Ovviamente l'effetto di una campagna mediatica come quelle di cui sopra, trascinata da tutto l'indotto Berlusconiano (TG4,Studio Aperto,TG5,programmi di approfondimento, talk show), ha un'effetto dirompente, incomparabile con il lancio d'agenzia della successiva sconfitta processuale. Per cui il messaggio dei partigiani sadici massacratori è passato e sedimentato. Il risultato l'hanno portato a casa, tanto le penali le paga papà.

Però, se almeno ci vosse la patente a punti delle testate adesso Il Giornale dovrebbe esimersi a scrivere stronzate per quelche mese, il che significherebbe uscire solo con le strip dei fumetti e il sudoku, i responsabili editoriali dovrebbero tornare a scuola di giornalismo, sostenere un esame, e se dovessero superarlo,cosa di cui dubito, tornare a scrivere, ma solo sotto diffida.

mercoledì 8 agosto 2007

Torna Daniele


Mi rendo conto che spesso usiamo l’America come un elastico. La tiriamo di qua se ci fa comodo citare un esempio di rettitudine sul conflitto di interessi. Di là se si parla di sanità pubblica o welfare. Ancora di qua per la celerità del sistema giudiziario.Di là per la pena di morte, la politica estera, eccetera eccetera.

Metto le mani avanti perché sicuramente mi sono trovato e mi troverò a criticare gli states e giacchè sono permaloso non mi piace che mi venga fatta notare la contraddizione.

In USA vanno da anni i cosiddetti tonight show, se smanettate sul satellite o se avete fatto un viaggio da quelle parti, sapete di cosa parlo. Sono spettacoli da seconda serata dove si alterna musica (c’è la band di casa in presenza fissa), interviste a personaggi della tv, dello sport, della politica,dello spettacolo, tormentoni (classifiche strampalate, prove di abilità assurde, coinvolgimento del pubblico in studio) e dove il conduttore in genere apre con un monologo comico sui fatti del giorno (o della settimana).

Uno degli show più longevi, e quello che probabilmente vanta più imitazioni, è il Letterman show (trasmesso sottotitolato su Raisat) che va in onda credo da una ventina d’anni. David Letterman è un tipo sui cinquanta, aria sorniona e simpatica, dalla battuta pronta e caustica (spesso mette in serio imbarazzo gli ospiti) e da un’attitudine cronica alla flemma.

In questo show vengono tirate delle sassate contro l’establishment americano, Bush in testa, che neanche GigiRiva caricato a peperoncino. Queste cose succedono quotidianamente, 365 giorni all’anno senza che nessuno si scandalizzi, tiri in ballo il ministro delle telecomunicazioni o minacci epurazioni dalla Bulgaria. E i riferimenti sono davvero pesanti, vengono fatte seppur in chiave comica, pesanti insinuazioni sui rapporti del presidente con la famiglia di Bin Laden, sulle "capacità" che l'hanno portato a diventare l'uomo più potente del mondo, sulle sue battute da microcefalo, sulle sue espressioni idiote, su tutte le volte che, durante un discorso, perde il filo e si avvita facendo roteare gli occhi alla disperata ricerca di un aiuto. Non sono cose divertenti da vedere per uno come lui, credetemi.
Se moltiplichiamo poi questa trasmissione per un numero imprecisato di show simili (Jay Leno non è da meno, ve lo assicuro) avremo un quadro su quella che, a malincuore, si può definire una libertà di espressione impensabile da noartri.

L’unico che ha provato a fare una cosa del genere in Italia (l’unico in grado di farlo per la verità), sfidando plastici di Cogne e salotti al Parioli è stato Luttazzi. E, beh, sappiamo tutti come è finita.




lunedì 6 agosto 2007

Per Alberto

Ecco, mi piacerebbe che il lettore di questo post mettesse in sottofondo Higher Ground, nella versione di Stevie Wonder o dei RHCP, come colonna sonora ai pensieri che seguono.


Un ruolo fondamentale nella mia conoscenza musicale del jazz nelle sue diverse sensibilità, l'ha avuto Alberto. Qualche anno in più di me, tante esperienza di vita prima di finire a lavorare in aeroporto. Grande appassionato di musica di ogni tipo, aveva cominciato con il rock, poi il jazz e la classica. Da ragazzo lavorava saltuariamente con un'impresa che montava i palchi per i concerti al palazzetto a Milano, in modo da avere poi accesso gratuito agli spettacoli. Era una persona dotata di carisma e personalità, aveva fatto anche il sindacalista, si era sposato ed era diventato papà di tre bambine.

Qualche anno fa aveva scoperto di avere la leucemia ed aveva cominciato il suo iter di visite, esami, ricoveri, speranze, delusioni. A un certo punto avevano deciso di fargli un trapianto di midollo osseo, e siccome nessuno dei suoi parenti era compatibile, i familiari hanno chiesto a quanti lo conoscevano di sottoporsi ad un esame del sangue per verificare eventuali compatibilità. Anche diverse associazioni di malati di leucemia e qualche ospedale si erano attivate in tal senso.

Hanno risposto più di quattrocento persone, tra amici e colleghi, tanto che in quel periodo al San Raffaele di Milano un potenziale donatore su due era lì per Alberto. Il mio medico di famiglia, quando gli ho chiesto di farmi il certificato per l'esame del sangue, mi ha guardato sconsolato, secondo lui c'era una possibilità su un milione che si potesse trovare un riscontro.

Dopo qualche settimana, la botta di fortuna. E' stato trovato un donatore compatibile, si può fare il trapianto. Alberto viene operato, ma qualcosa va storto. Si becca quello che per chiunque altro sarebbe stato un innoquo virus, che nel suo caso diventa dirompente e mina il suo fisico già duramente provato.

Dopo l'intervento rimane a lungo da solo in una camera sterile, le sue condizioni peggiorano, finchè un giorno ai primi di luglio del 2005, si aggrava ulteriormente e muore.

C'è stato un momento durante la malattia (pare che sia una situazione diffusa) in cui sembrava che ce la potesse fare. In quel periodo era persino rientrato a lavorare per qualche giorno ed era passato presso la nostra sede per un saluto. Dopo i convenevoli abbiamo cominciato un pò a parlare di musica e mi ricordo di averlo ringraziato per le dritte e il molto materiale jazz che mi aveva passato.

Si è messo a ridere e mi ha risposto che da quando è stato costretto dalla malattia a lunghi periodi in una camera d'ospedale era tornato al rock e al punk, che gli veniva la depressione ad ascoltare miles o trane. Appena è potuto uscire aveva svuotato la carta di credito a botte di Ramones, RHCP, Clash, AC/DC, Led Zeppelin, Sex Pistols, Talkin Heads e Lynyrd Skynyrd.

Era un tipo sempre positivo e dall'entusiasmo contagioso, ed ha continuato ad esserlo nei momenti di lucidità durante la malattia. La musica lo coinvolgeva come un ragazzino, lo appassionava e lui aveva la capacità di farti appassionare. E così è stato fino all'ultimo.

Sono certo che lui avrebbe preferito la versione dei Red Hot Chilli Peppers.
People
Keep on learnin'
Soldiers
Keep on warrin'
World,
Keep on turnin'
Cause it won't be too long.
Powers
Keep on lyin',
While your people
Keep on dyin'
World,
Keep on turnin',
Cause it won't be too long.
I'm so darn glad He let me try it again,
'Cause my last time on earth I lived a whole world of sin.
I'm so glad that I know more than I knew then.
Gonna keep on tryin' till I reach the highest ground.
Teachers,
Keep on teachin'
Preachers,
Keep on preachin',
World, keep on turnin',
'Cause it won't be too long.
Oh, no
Lovers,
Keep on lovin'
While believers
Keep on believin'.
Sleepers,
Just stop sleepin'
'Cause it won't be too long.
Oh, no!
I'm so darn glad He let me try it again,
'Cause my last time on earth I lived a whole world of sin.
I'm so glad that I know more than I knew then.
Gonna keep on tryin' till I reach the highest ground.
(Spoken) An' Stevie knows that, uh, no-body's gonna bring me down.
Till I reach the highest ground.
(Spoken) 'cause me 'n' Stevie, see, we're gonna be a sailin' on the funky sound
Till I reach the highest ground.
(Spoken) Bustin' out, an I'll break you out, 'cause I'm sailin' on.
Till I reach the highest ground
(Spoken)Just, uh, sailin' on sailin' on the higher ground
Till I reach the highest ground





domenica 5 agosto 2007

Un metallaro ci salverà

Da quando il mercato discografico è in crisi, capita di sovente vedere band di metal (una volta si sarebbe detto estremo) entrare nella classifica italiana dei dischi più venduti ( Cradle of filth, Dark tranquillity, Lacuna coil e via discorrendo). Inizialmente questo fenomeno mi aveva stupito, poi ho indagato e ho scoperto che, diversamente dagli anni 70-80, quando, per avere un numero uno in classifica bisognava vendere diverse centinaia di migliaia di copie di un album, oggi con 20-30mila si ha il vertice della chart in tasca.

Lo standard di vendita di quei gruppi è quindi verosimilmente lo stesso di prima, il che con il piangi piangi che persiste nell'industria di settore è quasi un miracolo.
I metallari si confermano la popolazione di fans di un genere più fedeli e appassionati.

E' la specie che più di ogni altra continua ad affollare gli ultimi negozi di dischi, e questa prerogativa gli viene riconosciuta anche dai grandi megastore, se è vero che il settore heavy metal degli scaffali è quello che, in dimensioni e numero di titoli, meno risente della cura dimagrante riservata agli altri generi.

L'altro giorno bazzicavo Mariposa dischi a Milano, e curiosando nel vasto reparto metallico mi è sembrato di tornare ragazzino, ai tempi di Radio Peter Flowers,quando, unica del circuito, tutte le sere aveva un paio d'ore di spazio per l'hard rock e l'heavy metal, appoggiandosi come riferimento per gli acquisti, proprio a Mariposa Dischi.

Mi piace l'immagine dell'industria discografica che dopo il naufragio resta a galla grazie ad un salvagente fatto di amanti dell'opera, della classica, del jazz e da un mucchio di capelloni vestiti di nero e stivali,guardati di traverso ma nobilitati anche da recenti studi che hanno riconosciuto agli amanti del metallo pesante un quoziente intellettivo superiore alla media.

Mi piace anche immaginare il management delle major costretto ad ascoltare a volume adeguato tonnellate di roba trucida e pestilenziale alla ricerca della next big thing con cui salvarsi il culo di dirigente, o gli stessi personaggi fare contratti a cazzoni senza talento solo perchè vestiti in modo opportuno e con le distorsioni e il crawling di rigore.

Non è un'immagine poetica?

If i had a time machine

Non sono un esperto, ma Vanity Fair è uno dei migliori giornali futili e in assoluto la migliore rivista da cesso in circolazione. Tante interviste a personaggi della politica, dello sport, dello spettacolo. Opinionisti trasversali (da Lerner a Mentana passando per prezzemolino Bignardi) e a volte reportage non banali da zone di guerra.
Unica pecca, pochissimo spazio alla musica, niente recensioni degli album, e quanto peggio, quel poco che c'è, è spesso affidato a Luca Sofri. Vabbuoh, resta il fatto che ci faccio delle cagate bukoskiane prolungate all'inverosimile, con VF.
Nell'ultimo numero, all'interno dello striminzito spazio di cui sopra, ci sono due righe interessanti sui dischi usciti nell'anno della summer of love, il 1967. E' una sequenza da restarci secchi, le basi per molta musica a venire sono stati seminati lì, e i semi continuano a germogliare ancora oggi.
Non ci credete? Giudicate da soli:

THE DOORS - The Doors
JIMI HENDRIX - Are you experienced?
THE VELVET UNDEGROUND - The Velvet Underground and Nico
THE BEATLES - Sgt. Pepper
JEFFERSON AIRPLANE - Surrealistiv pillow
LOVE - Forever changes
CREAM - Disraeli gears
PINK FLOYD - The piper at the gates of dawn
THE ROLLING STONES - Flowers
ARETHA FRANKLIN - I never loved a man the way i love you