mercoledì 28 ottobre 2009

Orgoglio e pregiudizi

Certo che la vita a volte è proprio strana. Dopo qualche anno di conoscenza ti convinci che hai un cognato totalmente inutile, senza alcun punto di contatto con il tuo mondo, che da dieci anni cerca di convincerti ad alzarti alle cinque della domenica per andare a funghi (a te che i funghi manco li mangi, figurarsi cercarli all'alba nell'umidità bergamasca), che è convinto che parlare dei suoi idoli Pooh e Nomadi equivalga a fare discussioni accademiche sulla musica , che parla a voce alta, spesso in dialetto, che sa tutto lui su qualunque argomento e che per giunta è juventino, e poi invece, all'improvviso ti torna utile in maniera imprevista, tempestiva e provvidenziale.

In che modo? E' presto detto. Come ho scritto qui, da qualche settimana sono in giro senza l'autoradio (defunta all'improvviso). E' ancora in garanzia, contatto l'Alpine per l'assistenza. No problem dicono. La porti qui con lo scontrino e la sistemiamo. Ovviamente non trovo più lo scontrino. Mi girano le balle, lascio passare il tempo e vado in giro con l'mp3 e le cuffiette. Poi casualmente ne parlo a lui, il cognato inutile. Che mi consiglia di cercare un piccolo foro , sulla parte fissa dell'autoradio, nel cruscotto, che, se premuto con la punta di una biro, dovrebbe servire a resettare e riavviare tutto il sistema.

Se vabbeh. Penso io. Poi però, non avendo niente da perdere, ci provo. E la sapete una cosa? Funziona. Da oggi sono ancora in giro con la mia autoradio che vomita la mia merda preferita (ho festeggiato togliendo subito Humbug degli Arctic Monkeys, "responsabile" del black-out e inserendo Ride the lighting dei 'Tallica ad un volume opportuno) .

Ecco, adesso il problema è che toccherà ringraziarlo e magari rivalutarlo anche un pochino.

Basta che poi in cambio non mi chieda di andare a funghi con lui...

martedì 27 ottobre 2009

Uncut: i migliori album degli anni zero

Dopo la classifica del meglio del decennio di quegli strafattoni di Pitchfork, eccoci agli amici dinosauri di Uncut. Beh, la differenza si vede. In una graduatoria degli anni zero riescono comunque ad inserire Dylan (due album!) e Springsteen. Poi però anche loro non si fanno mancare qualche scelta aristocratica. Degli immancabili Radiohead selezionano non il prevedibile Kid A, ma l'ultimo In Rainbows. Dei Wilco non il capolavoro YHF ma il successivo A Ghost is born. Avrei decisamente qualcosa da ridire anche sul primo in classifica. Però dai, si riscattano mettendo nella top five quel gioiellino in punta di voce che è Raisin' Sand, della coppia Plant/Krauss.

Tocca accontentarsi, dopotutto sono solo classifiche.



20 Amy Winehouse - Back to Black
19 Bruce Springsteen - The Rising
18 Kate Bush - Aerial
17 The White Stripes - Elephant
16 LCD Soundsystem - Sound of Silver
15 Radiohead - In Rainbows
14 Primal Scream - XTRMNTR
13 Gillian Welch - Time (The Revelator)
12 Portishead - Third
11 The Flaming Lips - Yoshimi Battles The Pink Robots
10 Fleet Foxes - Fleet Foxes
09 Ryan Adams - Heartbreaker
08 Bob Dylan - Modern Times
07 Arcade Fire - Funeral
06 Robert Plant and Alison Krauss - Raising Sand
05 The Strokes - Is This It
04 Brian Wilson - Smile
03 Wilco - A Ghost is Born
02 Bob Dylan - Love and Theft
01 The White Stripes - White Blood Cells

lunedì 26 ottobre 2009

Ne hanno un pò, se ti serve


Personalmente sono un po’ intimorito a recensire dischi attesi come la pioggia nel deserto da manipoli di fan esagitati, che se sbagli ad esprimere un concetto, sono pronti ad aspettarti sotto casa per menarti.
Questo è stato il contesto per l’ultimo lavoro dei Pearl Jam, Backspacer. Già settimane prima della sua release ufficiale i forum dedicati al gruppo sono esplosi con centinaia di messaggi (spesso critici) relativi non al disco completo, a volte neanche ad una canzone intera, ma anche solo a frammenti di essa.

Non voglio essere aristocratico a riguardo, diavolo, è bello essere ottusi e lapidari fan di una rock-band, anzi è una delle cose più eccitanti al mondo. L’attesa, i primi ascolti, il confronto con gli altri seguaci. Lo so perché sono stato anch’io così e ancora oggi, a volte, mi capita di esserlo. Però capite con che razza di clima ci si misuri (scherzo eh) ?

Un’altra premessa che vorrei fare è che ho un rapporto molto particolare con il gruppo di Eddie Vedder. Li rispetto profondamente da un punto di vista deontologico, compro compulsivamente da alcuni anni tutti i loro ciddì, ma accidenti, mai che sia riuscito ad andare oltre la soglia di ascolto che determina passione sfrenata. Per dire, il disco della loro produzione che ho ascoltato maggiormente è stato Riot Act, che probabilmente è anche il più controverso e il più contestato, per cui tirate un po’ voi le somme.

Terza e ultima premessa, invito i lettori del blog non utenti del forum dei Bravi Ragazzi, a leggere questa appassionante discussione su Backspacer, alla quale hanno partecipato, riuscendo nell’impresa di coniugare ragione e sentimento, amici, autorevoli esperti nonchè amanti di primo pelo del gruppo. Secondo me è quasi impossibile aggiungere altro. Se invece non fosse così, c’è sempre la recensione, molto ruocc e fuori dagli schemi, dell’amico blogger lafolle. A me è oltremodo piaciuta. Non è escluso tra l'altro, che qualcuno dei concetti espressi dagli amici sopra citati mi sia rimasto attaccato alla tastiera del piccì, e io l'abbia fatto mio. Nel caso, mi scuso in anticipo.

Dopo tutto sto pippotto, e con l’isteria di massa intorno all’album che sta finalmente scemando, paso alle mie impressioni sul disco.
Dico subito che mi piace. A partire dai pezzi più tirati: Gonna see my friend, Got some, The fixer (piazzate in sequenza, in apertura) e Supersonic, non hanno pretesa di originalità, ma raggiungono l'obiettivo di lanciare rasoiate chitarristiche, urlare ritornelli aguzzi e vanno dritte al sodo.

Le acustiche Just breath (con un Eddie che sembra afono) e la conclusiva (ma vah?) The end, outtakes o meno del progetto solista del singer dei PJ, riescono a creare una buona atmosfera (come quel brandy italiano) e ad essere suggestive.

Le ballate in crescendo Among the waves e Untought know, piazzate come spartiacque a metà disco, rispondono alla consolidata tradizione del gruppo a misurarsi con pezzi di questo taglio epico. Sono probabilmente tra gli episodi più riusciti ed emozionanti dell’intero album.
Il resto per chi scrive è un gradino sotto, senza però scendere a livelli di insufficenza. Cito tra ciò che rimane Johnny Guitar e Speed of sound.

A mio avviso Backspacer rientra appieno nella categoria: “hard rock di stampo classico che rende al meglio nella dimensione live”, and that’s all.
Capisco che qualche fan possa vedere in quest’opera il classico compitino di transizione, ma è opportuno tenere in debita considerazione tutte le insidie che si annidano dietro alla lavorazione di ogni disco, quando una rock band così "esemplare" è vicina ai vent'anni di attività.

E’ difficile infatti, per un gruppo dalla storia dei Pearl Jam invecchiare con coerenza, evitando di diventare autoreferenziale, probabilmente (per adesso) Vedder e soci hanno smesso di cercare strade alternative al loro sound (se mai l’hanno fatto con convinzione) e può essere che se la stiano semplicemente spassando, scarnificando e semplificando al massimo il loro sound. Oppure sono davvero in crisi creativa, ma invece di aspettare che passi, si siano rifugiati in porti sicuri a sfornare un disco da band al debutto, chi lo sa?

La cosa importante è che Backspacer eviti la sindrome U2 e (di recente) Springsteen. Di contenere cioè un insieme di pezzi che cercano disperatamente di suonare come ai vecchi bei tempi del massimo fulgore, finendo così, inevitabilmente per far apparire i Pearl Jam come un gruppo che fa cover di se stesso.

Ecco, io trovo invece che Backspacer, con tutti i limiti e i difetti che gli si possano attribuire, abbia il pregio almeno di essere un lavoro sincero, non ruffiano, che non si arrampica pateticamente sui vetri della storia, e che, seppur in maniera discontinua, ha pure un bel tiraccio.
E che ci volete fare, sarò anche un pò superficiale e romantico, ma a me basta.

giovedì 22 ottobre 2009

MFT, ottobre 2009

ALBUM

Il Teatro degli Orrori, A sangue freddo
The Gossip, Music for men
Van Morrison, St. Dominic preview
Muse, The resistance
Pearl Jam, Backspacer
John Fogerty, The Blue Ridge Ranger rides again
Spandau Ballet, Once more
Gov't Mule, By a thread
Kiss, Sonic boom
Black Sabbath, Paranoid
Eels, Hombre lobo
Black Crowes, Before the frost
Pantera, The great southern trendkill
Regina Spektor, Begin to hope


LETTURE


Giorgio Scerbanenco, Racconti neri
Stieg Larsson, La regina dei castelli di carta


VISIONI

Dexter, terza stagione
The Shield, ultima stagione
Flash Forward, prima stagione

martedì 20 ottobre 2009

The sky is the limit


Carl Fredricksen è un vedovo settantottenne che vive in una vecchia casa di legno, mentre intorno a lui il quartiere viene letteralmente raso al suolo per essere riedificato. Enormi ruspe rombano per tutto il giorno intorno alla sua proprietà divorando il terreno e piantando fondamenta per enormi cubi di acciaio e cemento.
Russel è un bambino sudcoreano, sognatore, fuori peso e un pò solo. Un giorno bussa alla porta dell'anziano signor Fredricksen, e da quel momento la sua vita cambia per sempre.

Carl intanto rifiuta tutte le offerte economiche che gli vengono fatte per la sua abitazione, e si ostina a continuare a vivere lì. Appare come un anziano burbero e intrattabile. In realtà ha un animo dolce e romantico e vive nei ricordi della sua amatissima Ellie, compagna di una vita, dall'infanzia alla terza età, scomparsa da poco. Tutto nella casa gliela ricorda. E' lì dentro che si sono conosciuti da bambini, è quella la casa che hanno scelto per vivere dopo sposati, e che insieme hanno ristrutturato.

Un giorno purtroppo, a causa di un banale incidente, Carl ferisce un operaio della ditta edile, e per questo viene dichiarato non più autosufficiente e costretto a trasferirsi in una casa di riposo. Ma Carl ha un piano per sfuggire a questa specie di prigionia e al tempo stesso per realizzare il sogno che aveva condiviso con la moglie per tutta una vita...



Meraviglioso, coloratissimo, visionario, commovente e divertente il nuovo film della Pixar/Disney. Ormai non c'è neanche più da meravigliarsi della bravura e della sensibilità di questi autori. Carl ha la faccia di Spencer Tracy, è uno dei personaggi più riusciti ed inverosimili della storia dei cartoon. La prima parte del film, fino alla fuga della casa, è deliziosa. La narrazione spiega in maniera incantevole cosa si nasconda nella testa di persone anziane sole. I ricordi, la nostalgia, la malinconia, la struggente solitudine. Il mondo che non li capisce e che loro non capiscono più. La società che non li vuole tra i piedi e tenta di nasconderli alla vista perchè poco consoni all'imperante idea di nuovo o di bello. Questo progetto va nella direzione (ostinata e) contraria: cerca di avvicinare quelle solitudini al grandissmo pubblico.

In seguito il film si sviluppa secondo canoni più tradizionali dell'avventura per bambini, ma conservando comunque un gusto particolare, e alcune gag di azione tra ottuogenari davvero divertenti. Qualcuno l'ha associato in qualche modo a Gran Torino di Eastwood.

Un film splendido e per tutti. Genitori, bambini e nonni.

lunedì 19 ottobre 2009

Lucerna, Tennesse / parte uno di due

Premetto che, in considerazione del genere musicale suonato (il country, princialmente), ho sempre pensato che non sarei mai riuscito a vedere Hank 3 in concerto sui palchi nostrani. Per questo, quando mi è stato segnalato il suo lungo tour europeo, non ho avuto la minima esitazione e ho subito fatto due conti per individuare la location più vicina. La scelta è presto caduta sulla svizzera, città di Lucerna, a soli 300 km di distanza da casa.
Tra l'altro, in maniera del tutto inedita rispetto al passato, per quest' impresa sono stato coadiuvato dalla mia famiglia al completo.

Forse può apparire un pò egoista trascinarsi dietro tutti per una finalità esclusivamente personale di cui agli altri non importa un fico secco, ma devo dire che la famiglia, o perlomeno quella parte di famiglia con cui medio le decisioni, ha accettato con favore la proposta di una gita di due giorni nel cuore della svizzera tedesca, nonostante il tempo incerto e la mia assenza programmata per la prima serata di permanenza (venerdì 4 settembre, la sera del concerto).

Si decide all'unanimità di pagare i 29€ di bollo autostradale elvetico invece di fare le strade statali, un po’ per comodità, un po’ per fare prima. Dopo una breve sosta per il pranzo a Lugano ci mettiamo in marcia con destinazione Lucerna. Ci aspetta una coda mostruosa al passo del San Gottardo, dopo la quale in poco tempo arriviamo a destinazione.

Lucerna è una cittadina veramente gradevole, una volta si sarebbe usato l’aggettivo pittoresca. E’ anche accogliente, certo a patto di limitarsi a respirare e non spingersi a comprare nemmeno una bottiglietta d’acqua da mezzo litro, perché in quel caso risulterebbe subito evidente la ragione per cui in giro ci sono quasi esclusivamente auto da trentamila euro in su.

Il tempo è coperto ma per fortuna piove a scrosci solo in un paio di occasioni, per il resto c’è una temperatura sferzante che non dispiace affatto. Lucidiamo un po’ la macchina fotografica sul ponte di legno adornato di fiori sopra il fiume Reuss e durante la passeggiata,vista l’ora, cominciamo un po’ a guardare i menù dei ristoranti . Alla fine ne scegliamo uno che propone cucina tradizionale e ci accomodiamo all’interno (con sommo dispiacere, perché la posizione all’esterno, sotto ai portici lungo il lago era meravigliosa, ma resa impraticabile dal clima, che da sferzante era diventato molto meno romanticamente umido e freddo).

Qualche zuppa bollente dopo ci sentiamo tutti meglio, attacco un wurstel con patate e salsa di cipolle, innaffiato con birra bianca, e mi sento improvvisamente davvero un po’ egoista per aver “imposto” questa trasferta alla famiglia solo per assecondare un mio desiderio adolescenziale. Però li vedo tranquilli e soddisfatti e un po’ mi rinfranco.

Resto con loro il più possibile, cioè fino alle otto e mezza (il concerto è previsto per le nove), dopodichè prendo un taxi (una delle rarissime volte nella mia vita) e in pochi minuti sono allo Schuur. Il posto è appena fuori il centro, in una zona industriale (una zona industriale sfizzera, neh. Dimenticate le nostre, tutte decadenza e sporcizia ). Mostro al muscoloso buttafuori la ricevuta del ticket stampata dal web, qualche secondo di apprensione prima di avere l’ok, e poi finalmente è fatta. Mi marchiano il polso con quei fichissimi timbri visibili solo al neon e finalmente entro, caricato a molla.

Dentro mi arrivano almeno tre sottofondi musicali diversi, tutti a palla. Dopo una veloce perlustrazione scopro che lo Schuur ha tre sale, due a piano terra (una di queste è in stile saloon, guarda un po’!) e una, quella dei concerti, al piano superiore. Mi reco subito al tavolo del merchandising per fare incetta di ciddì di Hank, ma mi dicono che non ne hanno nemmanco uno perché “costava troppo portarli dagli USA”. Mi sembra una cazzata clamorosa e un autogol da pivelli, ma mi rassegno. Salgo le scale convinto di dover attendere ancora per vedere l’open act di Bob Wayne, e invece lo trovo già lì che se la canta. E anche da un bel pezzo, probabilmente, visto che dopo un paio di pezzi saluta tutti e se ne va. Non è certo la fine del mondo, ma un po’ mi spiace.

Sono le otto e quaranta, mi guardo intorno, per studiare la flora locale. Ci sono metallari, rockabilly agghindati come se fossimo nel fottuto 1956, tipi con basettoni cosmici sopra caps da camionisti texani, nerds, e gente comune. Sento parlare in tedesco, francese e italiano, la cosa mi sorprende un po’, fino a quando realizzo dove sono. In questo luogo, entro pochi chilometri convivono infatti almeno tre lingue.
Il posto è un buco, sembrerebbe una ex-fabbrica, con tanto di tubature e strutture metalliche a vista. Un’occhiata sul palco, noto che sotto la batteria è attaccata con il nastro adesivo un grande cartoncino circolare che riporta, numerati, una lista di brani in sequenza. Sembrerebbe la scaletta della serata, messa lì in favore di pubblico e non, come consuetudine, attaccata alle assi dello stage. Non mi era mai capitato di vedere una cosa del genere, diamine il segreto della setlist per gli spettatori è sacro! Fotografo ma non leggo. Così, per sicurezza.



In bella vista, ai piedi della batteria, c’è anche un’orologio digitale. E’ per questo che posso dire, con precisione tutta elvetica, che alle 20.57, in leggero anticipo sull’orario di inizio previsto, Hank Williams Terzo e The Damn Band salgono sul palco.

Di persona, e a pochi metri di distanza (stazionerò per tutto lo show tra la terza e la quinta fila centrale), il nipote del più leggendario cantante country di sempre spicca in tutta la sua magrezza e i suoi tratti spigolosi che lo fanno somigliare in qualche modo allo Zanardi di Pazienza.

La formazione della Damn Band è composta da sei elementi, oltre ad Hank prendono posto contrabbasso, violino, slide guitar (suonata su piano orizzontale), banjio e batteria.

Noto che sia il contrabbasso che la Guild di Williams hanno la cassa armonica sigillata. Il contrabbasso con del nastro isolante nero, la chitarra addirittura con un foglio di compensato posto all’interno dello strumento. Immagino che serva ad avere un suono più secco e meno armonioso, ma attendo conferme magari dai musicisti lettori del blog.


La band prende posto, Hank saluta e attacca Straight to hell. Ecco che improvvisamente si cancellano stanchezza, sensi di colpa e menate per i soldi spesi. La musica, sempre più di rado per la verità, è ancora in grado di prenderti ed elevarti ad un punto di fanciullesca gioia ed eccitazione. Canti come se da quello dipendesse la tua vita, sai che non può esserci niente che possa andare storto in quel momento. L’acustica tra l’altro è ottima, la voce si sente benissimo, così come tutti gli strumenti (fatta eccezione forse per il violino quando il sound è pieno). Eh sì, fare il controcanto su Straight to hell (HELL! – HELL!) insieme ad un gruppetto di esagitati agghindati in modo discutibile non ha davvero prezzo.




to be continued...

domenica 18 ottobre 2009

Pitchfork: i migliori 20 album degli anni zero

Snob e intransigenti come solo il proprietario de "Il sotterraneao dell'androide" dei Simpson potrebbe essere, quelli di Pitchfork hanno stilato la loro top 20 del decennio che si appropinqua alla conclusione. Diamine, devo aver ascoltato solo robaccia se conosco a malapena la metà di questa roba (e a dire il vero quella metà manco mi entusiasma...). Tant'è:

20 Interpol - Turn On The Bright Lights [Matador, 2002]
19 Spoon - Kill The Moonlight [Merge, 2002]
18 Kanye West - Late Registration [Roc-A-Fella, 2002]
17 LCD Soundsystem - Sound Of Silver [EMI/DFA, 2007]
16 Sufjan Stevens - Illinois [Asthmatic Kitty, 2005]
15 The Knife - Silent Shout [Mute/Rabid, 2006]
14 Animal Collective - Merriweather Post Pavillion [Domino, 2009]
13 OutKast - Stankonia [La Face, 2000]
12 The White Stripes - White Blood Cells [Sympathy For The Record Industry, 2001]
11 Ghostface Killah - Supreme Clientele [Sony, 2000]
10 The Avalanches - Since I Left You [Modular/Interscope, 2000]
09 Panda Bear - Person Pitch [Paw Tracks, 2007]
08 Sigur Rós - Ágætis Byrjun [Smekkleysa; 2000]
07 The Strokes - Is This It [RCA, 2001]
06 Modest Mouse - The Moon & Antarctica [Epic, 2000]
05 Jay-Z - The Blueprint [Roc-A-Fella, 2001]
04 Wilco - Yankee Hotel Foxtrot [Nonesuch, 2002]
03 Daft Punk - Discovery [Virgin, 2001]
02 Arcade Fire - Funeral [Merge, 2004]
01 Radiohead - Kid A [Capitol, 2000]

sabato 17 ottobre 2009

He was turned to steel...


I film sui super eroi, come gli originali su carta a cui si ispirano, ruotano costantemente intorno ad un paio di elementi standard. Un fatto negativo, a volte drammatico, spesso un incidente, che provoca un’alterazione genetica nel protagonista. A seguito di ciò, il personaggio acquisisce poteri straordinari, ci prende le misure, e poi le mette a disposizione del bene, scagliandosi contro qualunque minaccia. I cattivi sono sempre brutti e malvagi. Raramente ci sono delle sfumature. Poi c’è la bellona di turno, destinata ad essere presa in ostaggio dal super cattivo e ad essere salvata dopo mille peripezie dall’eroe innamorato.

Altra costante, dal primo Spiderman di Sam Raimi in poi, è la spettacolarità delle scene d’azione. Ormai con la tecnologia si può fare tutto. Lo immagini, lo puoi creare. Fa quasi tenerezza pensare al Superman con il povero Reeve, o al panciuto Uomo Ragno dei settanta.

Cosa differenzia quindi un super-hero movie da un altro? Beh, una grossa mano la possono dare regia e cast. Ecco, Iron Man spicca per l'eccellenza di quest'ultimo elemento.
Il protagonista Tony Stark, un miliardario cinico, viziato e snob è interpretato come meglio non si potrebbe da Robert Downey Jr; un irriconoscibile e magnifico Jeff Bridges è Obadiah Stane il suo socio storico, nonché unico amico e in seguito sua nemesi; Gwynet Paltrow è la timida ma determinata segretaria Pepper, da sempre innamorata del suo capo. C’è il solito cameo di Stan Lee (creatore di tutta la galassia Marvel dei sessanta ed uno del regista Jon Favreu ( lo scrittore/protagonista dell'indimenticabile Swingers). Poi ci sono degli arabi cattivissimi, ma vabè nessuno è perfetto.

Il film scorre bene, riesce ad essere molto ironico, la cattiveria diabolica di Obadiah/Bridges è da culto, la timidezza da romanzo harmony di Pepper/Paltrow è molto romantica, Stark/Downey jr gigioneggia per tutto il tempo. L’idea del mini reattore trapiantato nel centro del petto di Stark è geniale (è un'iniziativa degli sceneggiatori, nei comics non c'è mai stato) e visivamente molto efficace, così come “l’operazione a cuore aperto” che Pepper pratica a Stark.

Un’altra costante delle trasposizioni dei comics Marvel è l’attualizzazione delle storie. Quasi tutti i character più famosi della Casa delle Idee sono stati creati nei primi sessanta, mentre i loro parenti di celluloide sono ben inseriti nel terzo millennio.
Le origini di Iron Man ad esempio, in originale avevano luogo durante la guerra in Corea (!) mentre nel film avvengono in un ipotetico Afghanistan.

Da storico fan dei fumetti Marvel, confesso di non avere mai eccessivamente amato questo personaggio in armatura rossa e oro, ma devo ammettere che la pellicola a lui ispirata è quanto di meglio finora prodotto da Hollywood in ambito di film sui super eroi. Un intrattenimento spettacolare e ben realizzato.

E’ quasi pronto il sequel, uscirà nelle sale americane a maggio 2010.

venerdì 16 ottobre 2009

Licenza di diffamare

La televisione come manganello contro gli avversari. Un concetto che mi è chiaro da tempo, da quando Berlusconi è sceso in campo per difendere la democrazia. Ormai c'ho fatto l'abitudine. M'indigno solo come esercizio di resistenza, per non assuefarmi all'andazzo italiano.
Però, porca miseria, quello che è successo ieri su canale cinque, nel corso del programma/ contenitore mattino cinque ( sul quale mi ero già espresso qui), è riuscito a superare ogni limite.
Leggere per credere:


IL CASO. Il magistrato del verdetto Fininvest-Cir seguito da una telecamera. Ironie sull'abbigliamento e la promozione ottenuta due giorni fa dal Csm

E Canale 5 "pedina" il giudice Mesiano"Stravaganti i suoi comportamenti" (qui l'articolo completo, da Repubblica)


Servizio sulla vita privata del magistrato della sentenza Cir-Fininvest. Ironie sui vestiti. Il sindacato delle toghe: "Intervenga il Garante". Fnsi: "E minacciano ritorsioni sul canone Rai"


Scoppia il caso Mesiano: Anm: "Esterrefatti e indignati"
( qui l'articolo completo, da Repubblica)


Per quanto mi sforzi, non riesco a trovare parole adatte a concludere il post.

On the railroad tracks again

Sono un fan dei lunghi viaggi in treno. Appena posso, anche se in termini di tempo è la soluzione più disagiata, scelgo questo mezzo di trasporto per gli impegni che mi portano a Roma. Se sono da solo e non ho da preparare per il lavoro, mi porto il notebook (e quindi scrivo, ascolto musica, guardo film o quantaltro) e libri. Forse è triste dirlo, ma ho più tempo per me stesso e le mie passioni in una giornata di itinere con Trenitalia che in un mese in condizioni normali.

Certo, ci devono anche essere le giuste condizioni, sennò è complicato. L’ultima volta ero in beata solitudine in uno scomparto da quattro posti, ieri ho evitato di fare il quarto incomodo di una famiglia con bimbetto di pochi mesi a seguito, che, a giudicare dagli strilli,pareva fosse posseduto dal demonio. Con mossa abile ed esperta mi sono spostato lungo le carozze finchè non ho trovato da sedere di fronte (lui corridoio, io finestrino) ad un posato manager cinquantenne che per tutta la durata del viaggio non ha alzato un momento la testa dal suo macbook.
Ogni tanto ho provato a collegarmi alle moltitudini di reti internet non protette che il mio computer captava, ma senza successo. Peccato, mandarvi i saluti dalla carrozza 11 dell'Alta Velocità Roma Milano, utilizzando le altrui connessioni sarebbe stato divertente. Mi sarei sentito un pò hacker.

Per cena mi sono fatto due ignobili tramezzini al cotto preconfezionati presi all'ultimo secondo dai distributori automatici a lato binario, e meno male, perché “per problemi tecnici” la carrozza ristorante, dove mi avrebbero fatto pagare un tost come un branzino, non ha aperto.

L'ultima parte del viaggio l'ho trascorsa guardando un film. L’altra volta in treno mi ero fatto una mini retrospettiva su Woody Allen: Prendi i soldi e scappa all’andata e Manhattan al ritorno. Ieri invece sono andato più sullo spettacolare : Iron Man.
Mi mancavano giusto pop corn e cocacola. Ma vabbeh, non si può avere tutto.

mercoledì 14 ottobre 2009

Drinkin' songs (sing along) 5

Dopo un necessario periodo di riposo torna la rubrica più alcolica di Bottle of Smoke. Questa volta vado a recuperare uno dei successi di Nancy Sinatra (si fa in fretta, l'altro è Bang Bang), catalogato nel genere country, anche se di country probabilmente ha solo il testo, non certo la musica, molto sixty.

Il brano è These boots are made for walking, e secondo me il fascino di questa canzone sta nel fatto che riesce ad essere innocente e diabolica allo stesso tempo. Deve averne intuito le potenzialità anche Stanley Kubrick che l'ha voluta per il suo Full Metal Jacket, e l'ha utilizzata come spartiacque tra le due parti del film, quella angosciante dell'addestramento, che si chiude con il fader sul corpo di Palla di Lardo appensa suicidatosi, e la seconda, che si apre in Vietnam con la vietcong che sculetta nel suo vestito leggero verso il locale.

Tra le altre cose, These boots are made for walking può vantare innumerevoli versioni da artisti delle categorie musicali più diverse. Potete farvi una discreta playlist solo con questa canzone, grazie alle versioni di Nick Cave, Jessica Simpson, Megadeth , Billy Ray Cyrus, Boy George, Geri Halliwell e persino Antonio Banderas e David Hasselhoff.

All together now!

You keep saying you got something for me
Something you call love but confess
You've been a'messin' where you shouldn't 've been a'messin'
And now someone else is getting all your best
Well, these boots are made for walking, and that's just what they'll do
One of these days these boots are gonna walk all over you

You keep lyin' when you oughta be truthin'
You keep losing when you oughta not bet
You keep samin' when you oughta be a'changin'
What's right is right but you ain't been right yet
These boots are made for walking, and that's just what they'll do
One of these days these boots are gonna walk all over you

You keep playing where you shouldn't be playing
And you keep thinking that you'll never get burnt (HAH)
Well, I've just found me a brand new box of matches (YEAH)
And what he knows you ain't had time to learn
These boots are made for walking, and that's just what they'll do
One of these days these boots are gonna walk all over you

SPOKEN
Are you ready, boots? Start walkin


martedì 13 ottobre 2009

Ancora una volta


Dopo la reunion dei scorsi mesi,è stata fissata per la settimana prossima l'uscita del nuovo disco degli Spandau Ballet, atteso dai fans da 21 anni. A raffreddare un pò gli entusiasmi la notizia che si tratterà di brani classici del repertorio dei cinque, riletti in chiave più attuale. I brani sono le hits più famose, ma anche pezzi meno commerciali.

Once More è il titolo del disco e di uno dei due inediti ivi contenuti (l'altro è Love is all).Come consuetudine in questi casi, i commenti dei componenti della band sono entusiastici e tutti coesi nell'affermare la rinascita del gruppo. Come consuetudine, tra poco cominceranno ad aprirsi le prime crepe...

A marzo saranno in Italia, e nonostante tutto confesso che ci sto facendo un pensierino...


La cover e la track list di Once more (16 ottobre):



1.Once more
2.True
3.Gold
4.To cut a long story short
5.Through the barricades
6.Only when you leave
7.Communication
8.She loved like diamond
9.Love is all
10.Chant no 1
11.With the pride
12.I'll fly for you
13.Lifeline

domenica 11 ottobre 2009

Welcome to next level

La stagione sindacale italiana è una situazione di stallo. Dopo l'accordo separato sulla riforma della contrattazione, firmato da CILS UIL e UGL senza il più importante sindacato italiano, c'è grande confusione sul fronte rinnovi. Per un contratto firmato unitariamente senza applicare le nuove regole, quello degli alimentaristi, un altro, quello dei metalmeccanici, sta virando decisamente verso la direzione opposta. UIL e sopratutto CISL spingono più in avanti la lacerazione con la CGIL, per la prima applicazione importante delle nuove regole contrattuali testè condivise con il governo.

Negli infiniti dibattiti che si stanno susseguendo nell'organizzazione di Epifani (continuare così o fare un passo indietro? uscire dalla linea FIOM o restarci?), è interessante vedere con quanta sufficienza si stanno valutando le forme di auto-organizzazione dei lavoratori più in difficoltà. Si stigmatizza, si ironizza su quanti salgono sui tetti delle proprie aziende per protestare contro chiusure o licenziamenti di massa. "Prima o poi i media si stuferanno" dice qualcuno. "Ormai l'effetto è esaurito" gli fa eco qualcun'altro. Già. Ma perchè sta gente si arrampica sulle gru e ci resta per giorni, settimane, mesi invece di affidarsi alle consuete strategie dei professionisti del sindacato non se lo chiede nessuno. Lo snobismo non va bene con la disperazione di quanti credono nel lavoro, nei calli, nell'odore delle macchine utensili che impregna i saloni, nel caffè rancido delle macchinette.

Domani, dopo quindici mesi di lotte, la maggior parte dei quali lontani da qualunque esposizione mediatica di massa, i lavoratori della INNSE firmeranno i nuovi contratti di lavoro con un nuovo gruppo dirigente (Camozzi). Dovremmo avere tutti ben chiaro che se non fosse stato per questi quarantanove folli (e per centinaia di cittadini che li hanno sostenuti concretamente) i vecchi proprietari, moderni padroni della ferriera , avrebbero tranquillamente chiuso e smantellato già un anno fa, e buonanotte ai suonatori.
Cosa voglio dire, che l'unico modo di tutelare i posti di lavoro è emulare quelli dell'INNSE? No, certo. La vittoria dei quarantanove lavoratori di via Rubattino a Milano resta purtroppo un eccezione, in un panorama in cui sono stati emulati senza lo stesso riscontro dai lavoratori della Cim di Roma; della Lasme di Melfi; dell'Ideal Standard di Brescia; la Novico di Ascoli; la Adelchi di Tricase; dagli insegnanti sui tetti dei provveditorati, dagli addetti del municipio a Lecce (fonte l'Unità).
Alcune di queste lotte sono ancora in corso di svolgimento, altre si sono concluse se va bene con un trafiletto in cronaca locale e un aumento dell'incentivo legato al licenziamento.

Ma non è questo il punto. Il punto è che il sindacato, al pari della politica, si sta allontanando dalla gente. Troppi impeccabili funzionari e pochi appassionati che si consumano le scarpe a parlare con la gente, che si espongono, che ci sono quando serve. Non fosse per i servizi offerti (fiscale, pensioni, etc) e per il sostegno dei pensionati avremmo poco più di cinque milioni di lavoratori attivi iscritti ai sindacati confederali storici. Cinque milioni. E' questo il punto. Le nuove forme di lavoro, in parte condivise dalle Organizzazioni Sindacali tutte, in parte solo dai soliti CISL-UIL, rendono quasi impossibile tutelare diritti e garanzie di milioni di giovani, che sono letteralmente alla mercè di chi (agenzia o impresa) gli offre un contratto.

Come si esce da questa empasse? CISL e UIL spingono per una riforma sindacale che in sostanza porterebbe le union a non avere bisogno del sostegno diretto dei lavoratori, a diventare una sorta di sportello istituzionale tipo direzione provinciale del lavoro, ovviamente con fondi statali.

La CGIL no. Persegue, giustamente, la sua storia fatta di tutele a tutti i lavoratori, non solo degli iscritti, come come previsto dal suo statuto (a differenza di CISL e UIL appunto, che rispondono ai soli associati), ma anche il sindacato che fu di DiVittorio ha bisogno di un tagliando, di una messa a punto, di un reset. Il congresso è alle porte (inizio 2010), non si sa ancora se ci sarà una tesi unica (soluzione questa auspicata dal segretario) o più di una (maggioranza-minoranza/e), e questa sembra la maggiore preoccupazione dell'attuale fase organizzativa.

La Francia, che sulla perentorietà delle lotte dei lavoratori sembra sempre insegnarci qualcosa, oltre alle ultime iniziative di "sequestro" dei manager aziendali responsabili di ridimensionamenti delle aziende, si segnala purtoppo anche per la spietatezza dei suoi top manager. Quelli di France Telecom, Didier Lombard su tutti, hanno messo in atto una politica di vessazione e di attacco ai diritti, alle certezze acquisite, alle libertà individuali dei lavoratori, tali da provocare in soli sette mesi, 24 casi di suicidio, legati direttamente allo stress a all'angoscia del lavoro.
Uno sviluppo incredibile e senza precedenti per le tradizioni europee. Non so se resterà un caso isolato o se avrà un seguito anche fuori dai confini francesi, di certo rappresenta un nuovo, drammatico, livello di scontro sul quale riflettere, quando si parla di costruire un nuovo sindacato.


W.U.T.I. OF: Regina Spektor, Begin to hope

Hair on parade


In questi giorni MTV sta trasmettendo a puntate un'ambiziosa classificona dal titolo "100 GREATEST HARD-ROCK SONGS".

Il format è della rete americana VH1, quella che ha ideato l'ottimo Storyteller, il live/monologo durante il quale gli artisti spiegano la gestazione delle canzoni che suonano, la loro storia, il contesto attorno al quale ruotavano.

Ma qui si tratta di classifiche, e le classifiche si sa, scontentano sempre qualcuno.
Questa qui poi...Basti sapere che è presentata da Bret Michels dei Poison per avere un valido indizio delle scelte operate e del periodo selezionato.
Barra a dritta sugli ottanta e su quella interpretazione del Glam che fu definita a posteriori Hair Metal.

Ora, io sono anche pronto ad ammettere che in quel periodo i miei ascolti erano saturati da Bon Jovi e Motley Crue, ma qui si ripesca anche gente davvero imbarazzante, fenomeni da one hit e via.
Nomi non ne faccio per delicatezza, ma basta scorrere la lista.

Per il resto il campo da gioco preso ad esame è molto più vasto di quello dell'hard rock. Ci troviamo pop, punk, prog, psichedelia, grunge, blues,southern, ma vabbeh. Sono solo classifiche.



VH1's 100 greatest hard rock songs:



100 Sammy Hagar - "I Can't Drive 55"
99 Grand Funk Railroad - "We're An American Band
98 Buckcherry - "Lit Up"
97 The Edgar Winter Group - "Frankenstein"
96 Kansas - "Carry On Wayward Son"
95 Creed - "Higher"
94 The Darkness - "I Believe In A Thing Called Love"
93 Autograph - "Turn Up The Radio"
92 Night Ranger - "Don't Tell Me You Love Me"
91 Smashing Pumpkins - "Bullet With Butterfly Wings"
90 Jethro Tull - "Aqualung"
89 Andrew W.K. - "Party Hard"
88 Alice In Chains - "Would?"
87 Winger - "Seventeen"
86 Marilyn Manson - "The Beautiful People"
85 Velvet Revolver - "Slither"
84 W.A.S.P. - "I Wanna Be Somebody"
83 Evanescence - "Bring Me To Life"
82 Rainbow - "Since You Been Gone"
81 Black Sabbath - "Heaven And Hell"
80 Journey - "Any Way You Want It"
79 Billy Idol - "Rebel Yell"
78 Bad Company - "Feel Like Making Love"
77 Soundgarden - "Black Hole Sun"
76 Lita Ford - "Kiss Me Deadly"
75 The White Stripes - "Seven Nation Army"
74 The Cult - "Love Removal Machine"
73 Thin Lizzy - "Jailbreak"
72 Pat Benetar - "Heartbreaker"
71 Jane's Addiction - "Mountain Song"
70 Foreigner - "Hot Blooded"
69 Living Colour - "Cult Of Personality"
68 White Zombie - "More Human Than Human"
67 ZZ Top - "Tush"
66 Europe - "The Final Countdown"
65 MC5 - "Kick Out the Jams"
64 Rollins Band - "Liar"
63 Survivor - "Eye Of The Tiger"
62 Dokken - "Breaking The Chains"
61 Ratt - "Round And Round"
60 Skid Row - "18 And Life"
59 Billy Squier - "The Stroke"
58 Stone Temple Pilots - "Interstate Love Song"
57 The Kinks - "You Really Got Me"
56 Warrant - "Cherry Pie"
55 Blue Oyster Cult - "Don't Fear The Reaper"
54 Faith No More - "Epic"
53 Steppenwolf - "Born To Be Wild"
52 The Runaways - "Cherry Bomb"
51 Megadeth - "Peace Sells"

50 Red Hot Chili Peppers - "Give It Away"
49 The Stooges - "Search And Destroy"
48 Korn - "Freak On A Leash"
47 Kid Rock - "Bawitdaba"
46 Anthrax - "Madhouse"
45 Foghat - "Slow Ride"
44 Cream - "Sunshine Of Your Love"
43 Dio - "Holy Diver"
42 The Clash - "Should I Stay Or Should I Go"
41 Quiet Riot - "Cum On Feel The Noize"
40 Poison - "Talk Dirty To Me"
39 Boston - "More Than A Feeling"
38 Queen - "Stone Cold Crazy"
37 The Who - "My Generation"
36 Van Halen - "Hot For Teacher"
33 Alice Cooper - "School's Out"
34 Heart - "Barracuda"
33 Green Day - "Basket Case"
32 Ted Nugent - "Cat Scratch Fever"
31 AC/DC - "Dirty Deeds Done Dirt Cheap"
30 Pearl Jam - "Even Flow"
29 Joan Jett - "Bad Reputation"
28 Foo Fighters - "Everlong"
27 Whitesnake - "Still Of The Night"
26 Lynyrd Skynyrd - "Free Bird"
25 The Ramones - "Blitzkrieg Bop"
24 Iron Butterfly - "In-A-Gadda-Da-Vida"
23 Ozzy Osbourne - "Crazy Train"
22 Jimi Hendrix Experience - "Hey Joe"
21 Led Zeppelin - "Kashmir"

20 Bon Jovi - "You Give Love A Bad Name"
19 Rush - "Tom Sawyer"
18 Scorpions - "Rock You Like A Hurricane"
17 Twisted Sister - "I Wanna Rock"
16 Kiss - "Rock And Roll All Nite"
15 Motley Crue - "Dr. Feelgood"
14 Iron Maiden - "Run To The Hills"
13 Def Leppard - "Photograph"
12 Judas Priest - "Breaking The Law"
11 Deep Purple - "Smoke On The Water"

10 Motorhead - "Ace Of Spades"
09 Van Halen - "Runnin With The Devil"
08 Aerosmith - "Walk This Way"
07 Nirvana - "Smells Like Teen Spirit"
06 The Who - "Won't Get Fooled Again"
05 Metallica - "Enter Sandman"
04 Black Sabbath - "Paranoid"
03 Led Zeppelin - "Whole Lotta Love"
02 AC/DC - "Back In Black"
01 Guns N' Roses - "Welcome To The Jungle"

sabato 10 ottobre 2009

Go Ireland! part 2


Stasera l'Italia gioca a Dublino contro l'Irlanda di Trapattoni, in un Croke Park meravigliosamente sold-out. Avevo già espresso in questo post le mie sensazioni riguardo la nostra nazionale infarcita di arroganti, fighi di legno e destrorsi, ma da allora, se possibile, le cose sono ulteriormente peggiorate.

Lippi è più egocentrico di Berlusconi, tra non molto ci dirà che è il miglior ct della storia italiana, le domande su Cassano (ah che ventata di freschezza, non solo tecnica, rappresenterebbe l'arrivo del talento barese...) l'hanno fatto sbarellare inducendolo a comportamenti (che poi sono i suoi) di altezzosa presunzione nei confronti dei media.

A proposito del fantastico numero dieci della Sampdoria, a mio avviso abbiamo avuto nei giorni scorsi una risposta indiretta alla domanda sulla sua mancata convocazione. E' arrivata da De Rossi, che ha spiegato in pratica che quelli presenti in nazionale segnano di più e sono più forti di Cassano, e che il problema del barese è la presunzione.

Ergo: è il gruppo, non solo l'allenatore, a non volere l'irrequieto Antonio tra le sue fila. La smetteranno adesso i giornalisti di tormentare la squadra? E che cacchio! "Si sono dimenticati che campioni del mondo siamo noi" (l'ha detto Lippi ieri) ?

E il glorioso capitano azzurro Fabio Cannavaro? Chiuso a tempo di record il suo caso di presunto doping. Non voglio insinuare niente, per carità. Ma, a memoria, altri casi analoghi al suo non si sono certo chiusi nel giro di poche ore...


Dall'altra parte c'è una squadra operaia, un pubblico gioioso, un allenatore che di professione sdrammatizza.

Ricordate il bellissimo film di Frears Due sulla strada? Era ambientato ai tempi di Italia 90, i pub erano strapieni (beh diciamo più strapieni del solito...) per le partite dell'Eire. All'attesissimo quarto di finale, proprio contro l'Italia, in molti indossavano una splendida T-shirt con scritto FUCK SCHILLACI. Quanto sarebbe attuale e condivisibile oggi una creazione di questo tipo!

Per il nome del giocatore, beh non c'è che l'imbarazzo della scelta.



P.S. La foto allegata rappresenta un auspicio

venerdì 9 ottobre 2009

The Shield: final season

Finalmente ho trovato il tempo per vedere i primi tre episodi della settima e ultima serie di The Shield, che, per quei pochi che ancora non lo sanno, è il mio poliziesco più preferito.
Non dirò molto, perchè ci sono amici che devono ancora guardarlo, mi limiterò a scrivere che rivedere i poliziotti dell'Ovile fa sempre piacere, che però parte un pò lento e sopratutto che la trama è giocata molto sulla psicologia dei rapporti tra Vic, Shane e Ronnie, gli ultimi rimasti dello Strike Team.

Il commento musicale dei primi minuti dell'episodio 7.01 è folgorante: Reach for the sky dei Social Distortion.

Evvai così!

mercoledì 7 ottobre 2009

Gli Arctic Monkeys menano rogna

Prima di decidere se Humbug, il nuovo lavoro delle Scimmie Artiche, sia bello o brutto, ispirato o fiacco, valido o trascurabile, posso dire con certezza che porta sfiga.
Ero sulla Clio intento all'ascolto della traccia numero due del suddetto disco, quando la radio si è spenta e non ne ha voluto più sapere di funzionare.
Mentre aspetto la prognosi dell'elettrauto, per puro scrupolo, sospendo gli ascolti anche su altri supporti. Non me ne vogliano i simpatici inglesi.

martedì 6 ottobre 2009

See the future


Il 29 ottobre 2009 l'intera umanità si ferma. Allo stesso momento, in tutto il mondo le persone svengono per due minuti e sedici secondi. Per questo breve lasso di tempo ognuno ha una visione diversa di se stesso nel futuro. Un salto in avanti nel tempo di sei mesi esatti, fino al giorno 29 aprile 2010. Alcune di queste visioni sono angoscianti, altre insignificanti, altre ancora foriere di buone nuove.

Ovviamente al suo risveglio, l'umanità si trova davanti ad una catastrofe umanitaria immane. Pochi secondi di black out hanno causato milioni di morti in tutto il mondo.

Mark Benford è un agente FBI ex alcolista che ha un salto nel tempo direttamente collegato agli eventi che lo hanno provocato. Insieme ai suoi colleghi capisce che i flash forward hanno un legame diretto con la perdita collettiva di sensi e che da lì bisogna partire per capire cosa è successo. Il suo, di salto in avanti, è collegato alle indagini che lo porteranno, da lì a sei mesi, molto vicino alla verità.

Tratto da un romanzo di Robert J. Sawyer, Flash Forward è il nuovo serial mistero/avventura dell'americana ABC (in Italia per ora su Fox tv, pacchetto Sky). Nella scena iniziale del risveglio delle persone sulla strada, dopo lo svenimento collettivo che ha causato uno spaventoso incidente automobilistico, le analogie con Lost sono così evidenti che viene da pensare ad un tributo. Laddove nel serial dei naufraghi il dottor Jack si svegliava sull'isola e con le orecchie che ancora fischiavano cominciava a prestare i primi soccorsi ai naufraghi, qui Benford esce confuso dall'auto e fa lo stesso.

A parte questa somiglianza, il nuovo telefilm promette bene, intriga. Fa piacere rivedere dopo tanto tempo Joseph Fiennes (nei panni del protagonista ), che personalmente avevo perso di vista da molto. Altro collegamento con la serie dei naufraghi più famosa della tv è la moglie di Benford, interpretata da Sonia Walger, la famosa (e inespressiva) Penny di Lost.


La curiosità di vedere come andrà a finire la storia c'è tutta, insieme allo scoramento nel pensare che, con ogni probabilità, anche questi la tireranno alla lunga. Diciamo almeno cinque stagioni?

domenica 4 ottobre 2009

300 (mila)


Sapete qual'è il colmo per una manifestazione sulla libertà d'informazione? Sono più di uno, per la verità:

1) che la diretta dell'evento la faccia Fede su Rete 4 condendola di interviste in studio ad ospiti addomesticati ed un campionario delle sue migliori espressioni di disgusto, che non serve il dottor Lightman di Lie to me ad interpretarle.

2) che la notizia, nei tiggì nazionali Rai (con l'eccezione di Rai Tre, ça va sans dire) arrivi dopo il quarto o quinto titolo, e che il servizio venga mandato prima della rubrica sul folklore del Turkmenistan

3) che i mezzibusti delle reti sopra citate proprio non ce la facciano a dire T-R-E-C-E-N-T-O-M-I-L-A- persone in piazza, e balbettino cose tipo: decine di migliaia di partecipanti o grande folla in piazza.


Questa è Sparta! (pardon, Italia).

venerdì 2 ottobre 2009

One man band


E' arrivato ieri alle poste il mio regalo di compleanno. L'ordine su Amazon USA era partito il 6 settembre, ero un pò preoccupato perchè l'ultima volta, anni fa, il pacco era stato intercettato alla dogana di Linate dove mi avevano trattato come se, invece di ciddì, avessi cercato di introdurre in Italia il virus ebola, per poi accontentarsi infine di impormi una tassa stratosferica per ritirare la roba che ovviamente avevo già pagato. Da lì in poi non ho più ordinato sul sito di musica americano, meglio, molto meglio Play.com (inglese) che ha ottimi prezzi e che non fa pagare le spese di spedizione.

A questo giro però l'occasione era irresistibile. L'intera discografia country di Hank III (quattro album, di cui i primi tre raccolti in un cofanetto di latta, come nell'immagine postata), più il disco metal degli Assjack, il tutto a 38€.

Potevo resistere? E infatti non l'ho fatto. Mi è andata bene. Invece che in dogana, il pacco è arrivato all'ufficio postale del mio paese, dove con 11€ di dazi sono entrato in possesso del mio agognato malloppo.

E' sempre emozionante passare dal freddo e astratto mp3 al buon vecchio (a questo punto possiamo dirlo...) supporto in cd. Si possono apprezzare i packaging dei dischi e, nel mio caso, leggendo le note interne degli album già mandati a memoria, si scoprono cose interessanti, come ad esempio questa, relativa ai musicisti che hanno lavorato nel disco debutto degli Assjack:

Vocals: Hank III Drums: Hank III Guitars: Hank III Synth noise: Hank III


Straordinario.

giovedì 1 ottobre 2009

Gli zelig del rock


Premetto che non ho mai ascoltato un disco dei Muse in precedenza, niente di più facile quindi che davanti alle due considerazioni che sto per fare qualcuno se ne abbia a dire che ho scoperto l'acqua calda.

The Resistance arriva nei negozi dopo un enorme campagna pubblicitaria. Oramai quando le major hanno un gruppo che ritengono possa vendere qualche ciddì in più, lo pompano manco fossero i Beatles, cominciando mesi prima a parlarne in termini apocalittici. La promozione dura quanto le primarie del piddì.

Per essere un gruppo affermato da tempo e con un proprio brand personale, devo dire che i ragazzi saccheggiano mica male a destra e manca. In Uprising (il singolo che ha anticipato l'uscita dell'album) per fare un esempio, il tappeto di percussioni iniziale e tutto il brano fino al ritornello, ricordano molto da vicino alcune delle cose più recenti di Marilyn Manson.
Buona la title track, altro pezzo dalle potenzialità commerciali, possibile nuovo singolo.

L'opera è spesso in bilico tra una certa pomposità di fondo, un'utilizzo pop della musica classica (per i lunghi break di pianoforte), molte assonanze con i Queen. In questo senso, la traccia numero quattro, la lunga United States of Eurasia, paga un tributo così evidente al gruppo di Freddy Mercury da sembrare una autentica outtake da Innuendo.

Il disco si chiude con la suite in tre parti di Exogenesis. Qui emerge un certo amore per le colonne sonore strumentali e... per i Radiohead, sopratutto per l'uso del falsetto e delle sonorità orchestrali tipiche della band di Yorke.

Un imbarazzante disco di plagi quindi? No, o non solo almeno. Da neofita del gruppo trovo The Resistance un album piacevole. Il sound è apprezzabile, così come le composizioni e le aperture melodiche: un pop elaborato che riesce a non essere saccente.
E poi gente, dopo quello che hanno fatto dalla Ventura (dal blog di Ale: qui e qui)questi qui si sono guadagnati sul campo le mostrine di miei idoli assoluti. Potete giurarci.