lunedì 26 ottobre 2009

Ne hanno un pò, se ti serve


Personalmente sono un po’ intimorito a recensire dischi attesi come la pioggia nel deserto da manipoli di fan esagitati, che se sbagli ad esprimere un concetto, sono pronti ad aspettarti sotto casa per menarti.
Questo è stato il contesto per l’ultimo lavoro dei Pearl Jam, Backspacer. Già settimane prima della sua release ufficiale i forum dedicati al gruppo sono esplosi con centinaia di messaggi (spesso critici) relativi non al disco completo, a volte neanche ad una canzone intera, ma anche solo a frammenti di essa.

Non voglio essere aristocratico a riguardo, diavolo, è bello essere ottusi e lapidari fan di una rock-band, anzi è una delle cose più eccitanti al mondo. L’attesa, i primi ascolti, il confronto con gli altri seguaci. Lo so perché sono stato anch’io così e ancora oggi, a volte, mi capita di esserlo. Però capite con che razza di clima ci si misuri (scherzo eh) ?

Un’altra premessa che vorrei fare è che ho un rapporto molto particolare con il gruppo di Eddie Vedder. Li rispetto profondamente da un punto di vista deontologico, compro compulsivamente da alcuni anni tutti i loro ciddì, ma accidenti, mai che sia riuscito ad andare oltre la soglia di ascolto che determina passione sfrenata. Per dire, il disco della loro produzione che ho ascoltato maggiormente è stato Riot Act, che probabilmente è anche il più controverso e il più contestato, per cui tirate un po’ voi le somme.

Terza e ultima premessa, invito i lettori del blog non utenti del forum dei Bravi Ragazzi, a leggere questa appassionante discussione su Backspacer, alla quale hanno partecipato, riuscendo nell’impresa di coniugare ragione e sentimento, amici, autorevoli esperti nonchè amanti di primo pelo del gruppo. Secondo me è quasi impossibile aggiungere altro. Se invece non fosse così, c’è sempre la recensione, molto ruocc e fuori dagli schemi, dell’amico blogger lafolle. A me è oltremodo piaciuta. Non è escluso tra l'altro, che qualcuno dei concetti espressi dagli amici sopra citati mi sia rimasto attaccato alla tastiera del piccì, e io l'abbia fatto mio. Nel caso, mi scuso in anticipo.

Dopo tutto sto pippotto, e con l’isteria di massa intorno all’album che sta finalmente scemando, paso alle mie impressioni sul disco.
Dico subito che mi piace. A partire dai pezzi più tirati: Gonna see my friend, Got some, The fixer (piazzate in sequenza, in apertura) e Supersonic, non hanno pretesa di originalità, ma raggiungono l'obiettivo di lanciare rasoiate chitarristiche, urlare ritornelli aguzzi e vanno dritte al sodo.

Le acustiche Just breath (con un Eddie che sembra afono) e la conclusiva (ma vah?) The end, outtakes o meno del progetto solista del singer dei PJ, riescono a creare una buona atmosfera (come quel brandy italiano) e ad essere suggestive.

Le ballate in crescendo Among the waves e Untought know, piazzate come spartiacque a metà disco, rispondono alla consolidata tradizione del gruppo a misurarsi con pezzi di questo taglio epico. Sono probabilmente tra gli episodi più riusciti ed emozionanti dell’intero album.
Il resto per chi scrive è un gradino sotto, senza però scendere a livelli di insufficenza. Cito tra ciò che rimane Johnny Guitar e Speed of sound.

A mio avviso Backspacer rientra appieno nella categoria: “hard rock di stampo classico che rende al meglio nella dimensione live”, and that’s all.
Capisco che qualche fan possa vedere in quest’opera il classico compitino di transizione, ma è opportuno tenere in debita considerazione tutte le insidie che si annidano dietro alla lavorazione di ogni disco, quando una rock band così "esemplare" è vicina ai vent'anni di attività.

E’ difficile infatti, per un gruppo dalla storia dei Pearl Jam invecchiare con coerenza, evitando di diventare autoreferenziale, probabilmente (per adesso) Vedder e soci hanno smesso di cercare strade alternative al loro sound (se mai l’hanno fatto con convinzione) e può essere che se la stiano semplicemente spassando, scarnificando e semplificando al massimo il loro sound. Oppure sono davvero in crisi creativa, ma invece di aspettare che passi, si siano rifugiati in porti sicuri a sfornare un disco da band al debutto, chi lo sa?

La cosa importante è che Backspacer eviti la sindrome U2 e (di recente) Springsteen. Di contenere cioè un insieme di pezzi che cercano disperatamente di suonare come ai vecchi bei tempi del massimo fulgore, finendo così, inevitabilmente per far apparire i Pearl Jam come un gruppo che fa cover di se stesso.

Ecco, io trovo invece che Backspacer, con tutti i limiti e i difetti che gli si possano attribuire, abbia il pregio almeno di essere un lavoro sincero, non ruffiano, che non si arrampica pateticamente sui vetri della storia, e che, seppur in maniera discontinua, ha pure un bel tiraccio.
E che ci volete fare, sarò anche un pò superficiale e romantico, ma a me basta.

1 commento:

sam ha detto...

Bellissima, Angelo.
Mi vedi d'accordo praticamente su tutto... anche se però volevo farti notare che nel tuo CD è stata estromessa Force of Nature.

Se vuoi te la passo io!! Eheh... :D