martedì 30 ottobre 2012

MFT, Ottobre 2012

ASCOLTI

Jamey Johnson, Living for a song:A tribute to Hank Cochran

Bob DylanTempest
Shed, The killer
Mumford & SonsBabel
Bob Mould, Silver age
Neurosis, Honor found in decay
The Gaslight AnthemHandwritten
Ry CooderElection special
Cody ChesnuTT, Landing on an hundred
Neil Young, Psychedlic pill
Wayne Shorter, Speak no evil
Iris Dement, Sing the Delta
Goat, World music
The Sword, Apocryohon
Lone, Galaxy garden
Mark Knopfler, Privateering


LETTURE

Jim Thompson, Bad boy


VISIONI

Life on Mars UK, stagione due

The Walking Dead, stagione tre
Dexter, stagione sei


lunedì 29 ottobre 2012

Angel Witch, As above, so below


Storia molto particolare, quella degli inglesi Angel Witch. Formazione di punta, insieme agli Iron Maiden, della NWOBHMW, si persero per strada senza mai raggiungere fama e successo, dopo il leggendario debutto omonimo del 1980, riuscendo faticosamente a pubblicare due altri due album solo nell'85 e nell'86, per poi sparire definitivamente nel nulla. O almeno così sembrava. Perchè all'inizio di quest'anno la band è imprevedibilmente tornata a rilasciare un full-lenght, dando l'impressione che il tempo non sia mai trascorso.

As above, so below contiene otto tracce ma supera i cinquanta minuti di durata e suona al tempo stesso vintage e attuale, visto che questo stile (come quello delle Vergini di Ferro) continua ad influenzare il metal moderno, con echi che si possono trovare nei Mastodon come negli Sword.
L'album suona coeso, compatto, non viaggia a velocità folli, ma si prende il suo tempo, piazzando  almeno tre grandi pezzi giusto all'inizio (Dead sea scrolls) a metà (Witching hour) e alla fine del lavoro (Brainwashed), e concedendo in The horla, la traccia numero quattro, pane per i denti dei nostalgici dei Metallica.

Un disco, in definitiva, che farà sobbalzare i cuori dei dinosauri metal e che restituisce visibilità ad un combo seminale.

7/10

venerdì 26 ottobre 2012

80 minuti di John Mayer

Sono dell'opinione che qualcuno nasca baciato dalla fortuna, a prescindere dalla misura del suo talento. Ragione per cui con il minimo sforzo ottiene massimi risultati, mentre altri, magari anche più dotati, si devono sudare duramente il pane quotidiano ed ogni centimetro di successo. John Mayer fa parte della prima schiera. E' bravo, ma francamente non mi spiego tutto il clamore intorno al suo nome. Questo comunque non mi impedisce di compilare una panoramica della sua musica, in bilico tra blues, rock, folk e pop, estrapolandola dai cinque dischi in studio fin qui rilasciati dall'artista del Connecticut (messaggio in codice: c'è anche Shadow days!).




1)      No such thing
2)      Queen of California
3)      Daughters
4)      Gravity
5)      Heartbreak warfare
6)      Your body is a wonderland
7)      Speak for me
8)      Chest fever
9)      Vultures
10)   Slow dancing in a burning room
11)   Half of my heart (with Taylor Swift)
12)   Waitin’ on the world to change
13)   Who says
14)   Why Georgia
15)   Belief
16)   Dreaming with a broken heart
17)   Bigger than my body
18)   Say
19)   Shadow days
20)   Edge of desire



mercoledì 24 ottobre 2012

Real steel


Real Steel è un film così avvincente, imprevedibile, mozzafiato ed adrenalinico che alla fine vi farà sobbalzare in piedi sul divano dall'emozione. A patto però che abbiate otto anni.

In caso contrario dopo neanche metà visione avrete già perfettamente chiaro come va a finire la storia e non sbaglierete nemmeno di un fotogramma.
Gli autori della produzione si sono ispirati per il soggetto ad un episodio del telefilm Ai confini della realtà, ma a mio avviso dovrebbero invece riconoscere un vitalizio a Sylvester Stallone.I link con Rocky (riferimento scontato) per la parte pugilistica e Over the top (film che probabilmente ho visto solo io) per quella della relazione padre/figlio costituiscono infatti l'ossatura del film.
Il cast: posso capire che Hugh Jackman con la sua partecipazione abbia fatto un bancomat per finire di pagarsi la casa ad Aspen ed Evangeline Lilly (la canaglia dal cuore di burro di Lost) si sia giocata (male) le sue carte per una carriera sul grande schermo, ma ecco, leggere nei crediti il nome di Spielberg un pò mi ha sconcertato. Cosa non si fa per la propria casa di produzione...

lunedì 22 ottobre 2012

Ry Cooder, Election special


Ai propri idoli si perdona tutto, ma immagino che per molti fan di Clint Eastwood sia stata dura digerire l'immagine, tristissima, dell'ex ispettore Callaghan che si presta ad un patetico quadretto a favore di Mitt Romney all'ultima convention repubblicana. Non tanto per la sua discesa in campo a favore del partito repubblicano, quanto per la scelta del candidato da appoggiare. Siccome è difficile separare l'uomo dalla sua arte è complicato capire come Eastwood, che attraverso la sua arte ha saputo dipingere sapientemente l'america dei drifter e degli abbandonati, possa parteggiare per un politico miliardario che considera la parte più povera dell'america (il 47% della popolazione) alla stregua di un branco di parassiti lavativi.

Non si corre questo rischio con Ry Cooder. La sua arte è tutt'uno con la sua formazione politica. Viaggiare per le parti più povere del mondo, chitarra in spalla, ad insegnare ed imparare musica probabilmente ti regala una visuale diversa da quella filtrata dal simbolo del dollaro che occupa invece il campo visivo di Romney. La recente trilogia My name is Buddy, I, flathead e Pull up some dust and sit down parla di scioperi, di diritti e di dignità. Poteva Ry lasciarsi scappare l'occasione di dire la sua sulle prossime elezioni USA? Naturalmente no. 

E' per questo che l'album si apre con Mutt Romney blues, laddove Mutt è il cane di Mitt Romney, che abbandona il proprio cucciolo lungo la strada nonostante le suppliche della bestiola. Il canone non potrebbe essere altro se non un blues, particolarmente vibrante ed ispirato (l'ho postato qui, se volete). Ecco, si parte per il canonico viaggio  verso il miglior folk-blues-country-tejano oggi in circolazione, accompagnato da testi politici, corrosivi e diretti, come nel caso di Guantanamo, rock and roll basico sganciato come una bomba su una delle vergogne delle recenti amministrazioni USA: la prigione in terra cubana dove sono condotti in semi clandestinità i sospetti terroristi. The 90 and the 9 è invece un country leggero leggero, con un messaggio pesante, attraverso un dialogo tra padre e figlia infatti si lancia un appello a tutti gli elettori del democratic party a darsi da fare per vincere le elezioni. 

Election Special è dunque un instant-record e un disco partigiano, ma senza che per un solo attimo il suo essere congiunturale o la sua propaganda oscurino la bellezza della musica. 
Volendo infatti, si può godere di un blues sofferto come Cold cold feeling anche senza capire una mazza del testo.

Peccato solo che Ry Cooder sia entrato a far parte di quella schiera di artisti (ci metto insieme anche Steve Earle) così schierati a sinistra da far temere che un loro eventuale appoggio pubblico ad un candidato democratico possa far spaventare l'elettorato più moderato. Ovviamente al chitarrista californiano non ne può fregare di meno di stare fuori dalle luci dei riflettori e lontano dai lustrini delle convention. In questo sta sicuramente invecchiando mooolto meglio dell'ottuagenario Clint. 

7/10


sabato 20 ottobre 2012

Album o' the week / The Pogues, Red roses for me (1984)


Nel 1984 l'esordio dei Pogues si abbattè sulla tradizione folk celtica anglosassone con l'accecante luminosità del fulmine e il fragore dinamitardo del tuono. Al comando della ciurma uno Shane MacGowan ancora con l'incoscenza dentro il basso ventre, per dirla alla Guccini. Giovane e in forma straordinaria scrive tutti i sette pezzi originali del disco. E che pezzi. Transmetropolitan;  Dark streets of London; l'anthemica Streams of whiskey e quella Boys from County Hell che col tempo sarebbe diventata la mia preferita in senso assoluto della band. La tracklist è poi completata dai sei traditional dall'impatto non meno alcolico e devastante, ma anche le versioni a semi-cappella di The auld triangle e Kitty che lasciano intravedere di quanta suggestione è capace Shane quando rallenta. Un pezzo di cuore.

giovedì 18 ottobre 2012

The bookmark blues / Cormac McCarthy

Ecco una nuova rubrichetta fill-in. Si tratta molto banalmente di citazioni (in genere brevi) estrapolate rigorosamente da libri letti o in corso di lettura. L'idea non è certamente originale, e di recente l'ha adottata anche l'amica Lisa. Nel mio caso la periodicità sarà, come consuetudine dei miei post seriali, slegata da una cadenza precisa e inoltre tenterò di abbinare la citazione con un brano musicale in qualche modo riconducibile all'atmosfera del libro.

Esordisco con un passaggio tratto da Non è un paese per vecchi, di Cormac McCarthy, straordinario affresco di un mondo di confine tra due culture (quella yankees e quella messicana) ancora violento e letale. Il passaggio che segue è una riflessione del vecchio sceriffo Ed Tom Bell sugli effetti del tempo sulla società. Colonna sonora facile facile. Due pezzi di grande suggestione, Across the borderline di John Hiatt e Ry Cooder e Carabina .30 - .30, traditional messicano qui nella versione dei Los Lobos. A voi.

"Qualche tempo fa ho letto sul giornale che certi insegnati avevano ritrovato un sondaggio inviato negli anni trenta a un certo numero di scuole di tutto il paese. Era stato fatto un questionario sui problemi dell'insegnamento nelle scuole. E loro hanno ritrovato i moduli compilati e spediti da ogni parte del paese, con le risposte alle domande. E i problemi più gravi che venivano fuori erano tipo che gli alunni parlavano in classe e correvano nei corridoi. O masticavano la gomma. O copiavano i compiti. Roba così. E allora avevano preso uno di quei moduli rimasto in bianco, ne avevano stampate un pò di copie e le avevano mandate alle stesse scuole. Dopo quarant'anni. Bè, ecco le risposte. Stupri, incendi,assassini.Droga. Suicidi. E io ci penso a queste cose. Perchè il più delle volte, quando dico che il mondo sta andando alla malora, e di corsa, la gente mi fa un mezzo sorriso e mi dice che sono io che sto invecchiando. E che quello è uno dei sintomi. Ma per come la vedo io uno che non sa capire la differenza tra stuprare e ammazzare la gente e masticare la gomma in classe è messo molto peggio di me."


martedì 16 ottobre 2012

Madagascar 3


Vale lo stesso discorso testè fatto per L'Era glaciale 4? Un pò sì, dai. Fidelizzazione massima con i personaggi degli episodi precedenti della saga, storia al minimo sindacale  e nuovi characters che stentano a tenere il passo di quelli più noti. A discapito del risultato finale ci si mette anche l'aver creato un'eccellente serie animata a cartoni per la tv sui pinguini e lemuri coprotagonisti degli episodi di Madagascar, che ha indubbiamente indebolito il potenziale di questi personaggi, fin qui indubbiamente i più divertenti.

Però. Rispetto all'altro mangiasoldi, Madagascar 3 si salva per almeno un paio di scene d'azione scoppiettanti (all'inizio e alla fine del film, direi) e per le impennate registrate dal risatometro quando sullo schermo appare il cattivo. Che a sto giro è una cattiva e che è anche una poliziotta. Francese. Abbastanza fanatica.

Mi sarei lagnato anche di quanto gli americani continuino a dipingere le periferie del loro impero come se fossero ferme agli anni cinquanta e popolate da inetti (il capitolo italiano è da questo punto di vista inequivocabile), ma con un pò di pazienza si vede il magnate del petrolio americano di turno dipinto come un texano tronfio, stetson in testa e aquila sulla spalla, perciò, vabè, almeno in questo par condicio sui luoghi comuni è fatta.

lunedì 15 ottobre 2012

Bob Mould, Silver age

Merge, 2012


Ieri mi sono svegliato ed ero nel 1991. Ho guardato perplesso camicia di flanella a scacchi bianchi e neri e jeans sdruciti appoggiati sulla sedia e le scarpe beige chiaro da boscaiolo sotto di essa e ho cominciato a chiedermi che caspita mi stesse accadendo. Ho pensato ad una sindrome analoga a quella raccontata nel serial inglese Life on Mars, ma avevo la certezza di non essere stato vittima di alcun incidente che mi avesse causato uno shock di questa natura. D'altro canto non avevo nemmeno mangiato pesante, visto che la sera prima mi ero mantenuto con un' insalatina scondita. No, la ragione poteva essere una e una solamente. Negli ultimi giorni avevo ascoltato così assiduamente, da ricavarne probabilmente danni irreversibili al cervello, Silver age di Bob Mould.



Sì perchè l'ex leader degli Husker Du, band seminale degli ottanta che ha contribuito (insieme ai Pixies) a gettare i semi di un genere (il grunge) monopolizzatore dei successivi primi novanta, dall'alto della sua autorevolezza se ne è uscito con un disco che suona fresco e non di maniera, riprendendo quel sound a cavallo tra indie e mainstream, tra l'immediatezza punk e l'acidità del rock dei seventies che ha rappresentato probabilmente l'ultimo fenomeno di massa nel rock a livello planetario.


Ci si innamora all'istante di Silver age. Un colpo di fulmine formidabile la tripletta iniziale, costituita da Star machine, Silver age e The descent, un tripudio di riff semplici, solo, batteria incalzante e una voce (quella voce) che è sempre un tuffo al cuore riascoltare. Con una partenza di queste fattezze Bob potrebbe vivacchiare per il resto della durata del lavoro. E invece tira fuori altri assi da mazzo, come quando rallenta un pò riavvicinandosi al sound HD con i riverberi e i feedback di Steam of Hercules, o con il power pop (Fugue state)che scherza i REMquando, scusate il gioco di parole, riarrangia  l'hard rock attraverso Angels rearrange, quando mette in campo velocità e cambi al fulmicotone con  Keep believing, in maniera di far godere fino all'ultima stilla della conclusiva First time joy, non un lento, ma il pezzo con la partenza più lenta dell'opera.

Quando ti trovi ad ascoltare un disco così riuscito nella sua semplicità e immediatezza ti trovi a chiederti - Ebbeh, ci voleva tanto? - . Evidentemente sì, o perlomeno ci voleva uno con la giusta cassetta degli attrezzi e l'esperienza necessaria per portare a termine il compito.

Lasciatemi in questa epoca ancora un pò, per cortesia.

7,5/10

sabato 13 ottobre 2012

Album o' the week / Vinicio Capossela, Il ballo di S.Vito (1996)


Ad oggi probabilmente Il ballo di S. Vito resta il mio disco preferito di Vinicio Capossela. O al massimo si gioca il primato con Ovunque proteggi. Le motivazioni sono probabilmente del tutto personali. Per prima cosa questo disco è stato il mio primo approccio con il maestro. Ricordo di aver ascoltato i brani in anteprima all'interno di una lunga intervista da lui concessa a Radio Popolare, quando ancora il suo affabulare confuso era frutto di spontaneità e probabilmente poca lucidità indotta dall'alcol e ancora non era standardizzato. Che poi ovviamente anche le canzoni ebbero il loro bel peso eh. Morna, La notte se n'è andata; Il corvo torvo; Il ballo di S. Vito e sopratutto la trilogia conclusiva L'accolita di rancorosi, Pioggia di novembre e Tanco del murazzo.  Il disco autunnale per eccellenza.

venerdì 12 ottobre 2012

80 minuti di The Alarm

Gli Alarm ebbero il loro momento di gloria nella seconda metà degli ottanta, quando sembrava che la fortuna sorridesse alle band provenienti dalla periferia dell'impero inglese. Così, insieme a Simple Minds, Big Country, Waterboys e, naturalmente, U2, i gallesi capitanati dal leader Mike Peters ebbero modo di giocarsi le loro carte contraddistinte da semi di rock anthemico, homeland pride e messaggi politici positivi. La discografia che conta (escludendo quindi recenti comeback e progetti del solo Peters) va dal 1983 al 1991, ed è da questo orizzonte temporale (non senza un pizzico di nostalgia) che ho estratto le seguenti 18 tracce.

1) Knife edge
2) Marching on
3) Devolution workin man blues
4) Love don't come easy
5) Unsafe building
6) Rain in the summertime
7) Sold me to the river
8) Strengh
9) Where were you hiding when the storm broke
10) Spirit of 76
11) Sixty eight guns
12) Rescue me
13) Presence of love
14) Absolute reality
15) The deceiver
16) The stand (prophecy)
17) The chant has begun
18) A New South Wales


mercoledì 10 ottobre 2012

L'era glaciale 4


Da qualche anno a questa parte sono immancabili come le drag queen al gay pride le sagome cartonate dei sequel dei film di animazione preferiti dai bambini, esposte in bella vista nei cinema. Nel senso che non c'è modo di andare a vedere un film senza ritrovarsene almeno una a fissarti. Al punto che ti domandi: "ma come, ancora?!? Ma che, è già passato nartro anno?!?" In pratica la tua aspettativa di vita è scandita più dalle nuove uscite della tigre dai denti a sciabola Diego che dai compleanni.

Che una cosa bisogna dirla a difesa della Disney. Nel tempo che 20th Century Fox o Dreamworks mettono in azione la catena di montaggio per produrre giusto una saga intera o due, l'azienda di Micky Mouse se proprio deve fare il seguito di una produzione di successo (Cars 2006/2011; Toy Story 1995/99/2010; il ritorno dell'ottimo Monster and co. addirittura, dopo l'uscita nel 2001 è previsto per il 2013) si prende invece tuuutto il suo tempo, a beneficio, in genere, del risultato finale.

Il problema insomma è che questi sequel sono una macchina mangiasoldi, una volta affezionato ai personaggi sei fottuto. E così anche questo ennesimo episodio che vede protagonisti il bradipo Sid e il suo branco "multirazziale" attira la mia famiglia come una camicia di Missoni fa con Formigoni. Più azione (la scena si sposta sul mare) che risate (quasi tutte per Scrat, al solito), il gruppo che si allarga (ancora!) e una batteria di doppiatori di prim'ordine belli lucidati e in forma. Ai soliti Bisio e Insegno si aggiungono infatti Filippo Timi (che sostituisce alla proboscide del Mammuth Manny Leo Gullotta) e l'irresistibile Francesco "dài, dài, dài" Pannofino a caratterizzare il villain pirata Capitan Sbudella.

E' inutile che si critichino certe operazioni, tanto poi le nostre belle trenta euro di biglietto+bibite+popcorn le spendiamo sempre. Meno male che almeno si risparmia l'eurino del 3D.  

lunedì 8 ottobre 2012

New wave of american country music / 8


Lone Wolf
One Man Band

Totò. O anche Bennato Edoardo. Ve li ricordate quando si facevano vedere con un'intera orchestra musicale costruita addosso, a rievocare musicisti di strada dei secoli passati? Nel caso li aveste snobbati, trovandoli eccessivamente folkloristici, ecco che forse tocca ricredervi.

Perchè oggi, A.D. 2012, ecco Mr. Lone Wolf da qualche parte del sud degli states, nell'assenza pressochè assoluta di notizie biografiche, di precedenti esperienze discografiche, o di note su wikipedia, con il suo armamentario a gravargli (o forse no) sulle spalle, le mani che si muovono veloci sul banjo, il fiato sputato nell'armonica, la voce come catrame bollente.
Arriva, comincia a suonare i suoi strumenti contemporaneamente (percussioni, armonica, banjo, il tutto in rigorosa presa diretta) e ti stordisce come il fischio di un treno merci che squarcia all'improvviso la notte silente.

E' blues. E' blugrass. E' country. E' folk. E' agrindustrial, per citare i Th' Legendary Shack Shakers. E' una vettura che percorre una discesa a perdifiato, con le gomme lisce e senza freni. E' Tom Waits, John Lee Hooker e Jimmy Martin. E' l'umidità delle paludi della Lousiana e l'asciutto del Mojave. E' un monolite che alla lunga affatica, pur compensando con la puzza del sudore e l'urgenza comunicativa.Il tutto in un solo uomo. Un One Man Band.


venerdì 5 ottobre 2012

80 minuti di Ryan Bingham

Trentenne del New Mexico, Ryan Bingham è forse l'autore sul quale si concentrano le maggiori aspettative degli appassionati di folk-rock del globo. Autore fin qui di quattro album più una convincente apparizione nel film e nella colonna sonora di Crazy heart, Bingham è appena uscito con il suo nuovo lavoro, Tomorrowland, presente con cinque tracce nella playlist monografica che segue.  

1)      Guess who’s knocking
2)      Dollar a day
3)      The other side
4)      Change is
5)      Hallelujah
6)      Western shores
7)      Tell my mother i miss her so
8)      Bluebird
9)      Sunshine
10)   Heart of rhythm
11)   Boracho station
12)   Bread and water
13)   The weary kind
14)   Sunrise
15)   Risin of the ghetto
16)   Junky star
17)   Day is done
18)   Never far behind



mercoledì 3 ottobre 2012

Better in jail

"Non ho paura del carcere sono un uomo forte e mi sento innocente, sono certo che verrà dimostrato. E poi in carcere non credo che troverò gente peggiore di quella che ho frequentato in regione e nel partito. Anzi"
Non c'è dibattito politico, elezione presidenziale americana o grande meeting internazionale che tenga, l'aforisma dell'anno se l'aggiudica Franco Fiorito, probabile maneggione del laziogate ma arguto battutista. "Meglio in carcere che nel PdL", come è stata sintetizzata dai media, dovrebbe diventare slogan unificato per i partiti che sfideranno il popolodellelibertà alle prossime elezioni. Amen.

martedì 2 ottobre 2012

Ribelle

 
Una gioiosa festa per gli occhi ma un passo indietro a livello di storia. Questa potrebbe essere in sintesi la mia opinione sul tredicesimo episodio della collaborazione tra Disney e Pixar. Ribelle (The Brave in originale) è infatti realizzato in maniera spettacolare dal punto di vista tecnico, con ambientazioni mozzafiato (le highland scozzesi) e una caratterizzazione visiva dei personaggi più che azzeccata (la protagonista Merida con la sua tempesta di riccioli rossi, l'enorme padre dal cuore gentile, l'accozzaglia di alleati), ma davvero banale nello sviluppo della trama, deludente per chi si aspettava una favola sull'emancipazione femminile e prevedibile dall'inizio (ampiamente anticipato dai trailer) alla fine. Funzionano gli elementi comici del film (i tre gemellini) e, ma non è una novità in casa Pixar, il poetico corto proiettato prima del film.
Niente di che insomma.
 
 

lunedì 1 ottobre 2012

The XX, Coexist

Young Turks, 2012

All'andata scelgo sempre rock tirato, per combattere la sonnolenza appiccicosa delle sei del mattino, mentre al ritorno, quando non opto per radiogiornali o talk show delle diciannove, mi oriento sempre alla musica più riflessiva (spesso jazz)e liquida, che ha il potere di permettere ai mille pensieri residui della giornata di divagare e disperdersi in libertà.

E' assecondando questa dinamica che sono finito, fuori dai miei canonici campi da gioco, ad ascoltare il secondo album dei The XX, Coexist. La band inglese, acclamata in patria e fuori con il debutto omonimo del 2009, persevera nel suo indie-pop soffuso e avvolgente, utilizzando alternativamente e/o intrecciandole, la voce femminile  di Romy Madley Croft e quella di Oliver Sim, riuscendo a realizzare un prodotto che si muove trasversalmente al trip-hop di Massive Attack e Tricky, al pop elegante degli Everything But The Girl ma anche all'elettronica dei Depeche Mode.Poi vabè, sarò sicuramente fuori strada, ma in qualche occasione mi ricordano, per il loro giocare con la doppia voce maschile e femminile, persino i Cock Robin.

Tirata la riga sotto influenze ed ispirazioni, il risultato è un sound molto rallentato ed evocativo, felicemente ipnotico, densamente suggestivo. I momenti migliori di un album che si attesta sotto i trentotto minuti sono a mio avviso rappresentati dalle tracce Fiction, Angels, Chained, Tides, Reunion e Our song.

Coexist non è insomma un disco per tutte le stagioni o per ogni momento della giornata, ma una volta trovata la sua collocazione ci sta dentro alla grande.

7/10