giovedì 29 aprile 2010

Atterraggio d'emergenza

La soddisfazione non è tanto (non solo) aver raggiunto la qualificazione per la finale della Champions League, che, considerato il fatto che l'Inter l'aspettava da 38 anni è già un risultato gigantesco, ma più che altro per aver scoperto tutti gli altarini del F.C. Barcellona.

Qualche settimana fa quasi ci si vergognava a tifare contro quello che appariva come un club splendido, sotto ogni profilo. Filosofia di crescita dei giovani, talenti in campo, modo di giocare, sorrisi, felicità, signorilità, ottime vibrazioni, cultura dello sport e del fair play, la gioia applicata ad un mondo isterico come quello del calcio. Insomma, una squadra da mondo perfetto, tutto il contrario del muro di antipatia che da tempo Mourinho, mattone dopo mattone, ha eretto attorno all'Inter.

Poi la sconfitta a Milano nella prima partita, le accuse scomposte all'arbitro portoghese che nega un rigore (solare) ai catalani. La carica a pallettoni per la partita di ritorno ("faremo odiare il gioco del calcio ai giocatori dell'Inter"), l'esasperazione dell'ambiente, le magliette con la scritta venderemo cara la pelle, gli spot in televisione sullo stesso tema, calci e sputi all'auto dell'allenatore dell'Inter, decine di tifosi sotto l'albergo della squadra milanese a fare casino tutta notte, addirittura la polizia tributaria da Eto'o (che ha casa in Spagna e ci torna spessissimo) a reclamare presunte imposte del passato, le sceneggiate dei giocatori in campo, con Busquets che viene colto dalle telecamere nella sua patetica sceneggiata alla Mario Merola, gli idranti accesi in campo per rovinare i festeggiamenti finali dei nerazzurri.

A mio avviso il Barcellona ieri ha perso molto più di una qualificazione ad una finale: società, ambiente e squadra sono tornati sulla terra in modo fragoroso, e non è dato ancora conoscere fino in fondo le conseguenze di questo improvviso, inaspettato e brutale schianto.

mercoledì 28 aprile 2010

Devil in his closet



Grazie ad un agile ma interessante libricino sul rock blues, edito da Giunti e curato da Mauro Zambellini, sono andato alla riscoperta di alcuni misconosciuti artisti che si sono dedicati a questo genere musicale tipicamente da dinosauri .

Il primo recupero è caduto su John Campbell, spigoloso (nel carattere) chitarrista e cantante, nato nel 1952 in Louisiana e prematuramente morto a soli 42 anni per un attacco cardiaco sopraggiunto mentre dormiva nel suo letto, in un appartamento a New York City.

One believer è il suo album del 1991, segue l'acclamato esordio di A man and his blues ed è un opera che, pur restando nella sua cifra stilistica iniziale ( il blues appunto) , si muove in altre oscure direzioni, quelle di norma battute dalle ballate più notturne di gente come Nick Cave, Tom Waits, Willy De Ville e Johnny Cash.

L'apertura è per il blues elettrico Devil in my closet, stile alla Elmore James e liriche che vestirebbero alla perfezione un brano di Robert Johnson, Angel of sorrow e Wild Streak invece potrebbero stare dentro Murder ballads del King Ink (che uscirà diversi anni dopo il disco di Campbell).

E' facile cadere nella capziosità dell'allegro rock and roll di Couldn't do nothing, che distrae con la spensieratezza del sound fifties ma l'accompagna con un testo del tutto adeguato al resto del mood del disco ( I couldn’t do nothin’ but sit down on the road and cry ).

Person to person è l'unica cover del disco, ed è giustamente un tributo a Elmore James mentre Take me down è il classico lentaccio blues che ha come tema conduttore il diavolo che reclama la tua anima.

Da riscoprire.

martedì 27 aprile 2010

Lazy

Invecchiando sto diventando sempre più pigro. E' così, e non ho alibi a riguardo. Nei giorni in cui non lavoro la mia sedentarietà, se le fosse permesso, toccherebbe vette inesplorate di ozio assoluto. L'altro giorno mentre ero sdraiato sul divano a scanalare, la mia gentile signora puliva casa tutto intorno a me, arrivando anche a spostare il sofà sul quale giacevo per lavare il pavimento di sotto.

Che vi devo dire? Sono quelli i momenti in cui un uomo sente di essere arrivato al suo naturale traguardo finale.
Una lenta ma inesorabile trasformazione in Andy Capp.


It's never too late to mend, i Muse


Faccio ammenda sui Muse. Non perchè con la mia recensione li abbia trattati male, anzi il giudizio conclusivo era positivo, ne per averli definiti zelig del rock (alle assonanze con gli stili di altre band già segnalate aggiungo qui i Depeche Mode, che rieccheggiano pesantemente nel brano Undisclosed desires). Mi pento piuttosto per una certa superficialità e snobberia che ho tenuto nel trattare Resistance, che si sta invece imprevedibilmente rivelando longevo e pieno di elementi interessanti.

Non è poco, di questi tempi.


P.S. Spero apprezzerete la dotta citazione cinematografica nel titolo del post

lunedì 26 aprile 2010

Get lost again


Per i curiosi, per chi non ha mai visto la serie o per chi desidera semplicemente rivederla dall'inizio, da stanotte raidue manda tutte le stagioni, dalla prima alla quinta:

Dal 26 aprile, sulla seconda rete Rai, parte 'Lost by night': due episodi ogni notte, da lunedì al venerdì, intorno all’1:55 della serie tv 'evento' del decennio, per rinfrescare la memoria in attesa della sesta stagione.


Qui il resto dell'articolo.

This note's for you, Ciccio! part 2, ovvero The other side of the story


Manco fossimo in Short Cuts di Altman, aggiungiamo un altro tassello al post su Ciccio, grazie ad uno scritto dell'altra testimone coinvolta, l'amica Lisa.

Quella storia non sono sicura di ricordarla tanto bene. Ricordo che si parlava di questa tournè acustica e meravigliosa di Springsteen, sembrava unica, irripetibile. Ciccio, il mio migliore amico, mi disse che avrebbe tanto voluto andare a vederlo.

Sembrava un’operazione impossibile: pochi, pochissimi biglietti venduti in maniera a dir poco bizzarra, ricorrendo a tagliandi, controlli, carte d’identità, impronte digitali, fotografie della retina etc. Evidentemente le sfide mi piacciono, perché mi buttai nell’impresa dedicandomi anima e corpo: ascoltavo la radio, leggevo i giornali e bazzicavo i negozi di dischi in cerca di notizie, che arrivavano centellinate e come spesso accade, si modificavano ed ingigantivano passando di bocca in bocca: “Ci saranno solo 100 biglietti!” si mormorava, “No, saranno 50!”, “I biglietti non ci sono!” e così via. Il panico serpeggiava tra i poveri ammiratori di Bruce e presto me ne feci prendere anche io, che non sono una fan sfegatata, anche se mi piace. Se Ciccio era nervoso per quel motivo è difficile dirlo, comunque ci sentivamo quasi tutti i giorni per aggiornare la situazione, manco fossimo in guerra e dovessimo preparare una strategia di battaglia.
Poi, mi ricordai del Monty. Eggià, anche lui era fan di Springsteen e certamente avrebbe cercato di andare al concerto! Uao, avevo una speranza in più.
Così gli chiesi se era possibile per lui procurarsi due biglietti. Gentilmente accettò di condividere il secondo biglietto con Ciccio, ammesso che fosse riuscito a procurarsi il primo.
Avrei potuto rilassarmi forse, ma ormai ero entrata in una specie di paranoia da biglietto: cominciavo perfino a sognarlo, quel maledetto tagliando, mi stava venendo un’ansia tremenda.

Per fortuna dopo un mese l’attesa finì e finalmente un giorno Monty mi chiamò tutto contento per dirmi che ce l’aveva fatta. Inutile dire che ero trionfante, dopo tanta fatica! Non avevo fatto nulla in concreto, ma in qualche modo avevo fatto sì che Ciccio avesse il suo biglietto.
Lo “scambio” avvenne al Lollapaloosa, un locale di Milano a pochi metri dal Teatro Smeraldo che avrebbe ospitato il Boss e destinato qualche anno più avanti a diventare parte della venefica e caciarona movida meneghina.
Contenta e soddisfatta accompagnai i due giovani verso il teatro e me ne andai saltellando.
Quella sera sera stessa, verso l’orario di inizio del concerto, ricevetti una telefonata:
-Ciao.
-Ciccio! Ma che ci fai a casa? Hanno annullato il concerto?
-No, è che io…me ne sono andato.
Inutile dire che rimasi di sasso, esplosi come un vulcano e tolsi il saluto al mio amico per un mese (anche se all’inizio avevo pensato di eliminarlo totalmente dalla lista degli amici). Ancora oggi non conosco i motivi della sua rinuncia a quel sudatissimo evento. Ma suppongo, conoscendolo, che fossero ottimi. Io però non credo che gli cercherò il biglietto per il primo concerto di Springsteen su Marte.

giovedì 22 aprile 2010

MFT, aprile 2010


ASCOLTI




Jimi Hendrix, Valleys of Neptune
Crookers, Tons of Friends
Goldfrapp, Head First
Fucked up, Couple tracks 2002/2009
Lady GaGa, The Fame Monster
Pan del Diavolo, Sono all'Osso
Linea 77, 10
Basia Bulat, Heart of my own
DEP, Option paralysis
Dot Allison, Afterglow
Lady Antebellum, Need you now
Midlake, Courage of others
Napalm Death, From enslavement to obliteration
Slash, omonimo 2010
Van Halen, Best of both world
Twisted Sister, Still hungry


LETTURE

James Ellroy, Il Sangue è Randagio
Kent Anderson, Simphaty for the devil

VISIONI

Lost, stagione conclusiva
Flash Forward, prima stagione (seconda parte)
Dexter, quarta stagione

mercoledì 21 aprile 2010

Carini e coccolosi


Con Stefano abbiamo raggiunto l'unanimità di giudizio riguardo al miglior cartone animato televisivo attualmente trasmesso, è I Pinguini di Madagascar.
Come molti sanno, si tratta di uno spin-off ( slegato dalla continuity della storia) del film Madagascar.

Le storie sono ambientate all'interno dello zoo di Manhattan e la scelta vincente di questo prodotto (Dreamworks/Nickelodeon) è quella di dare titolarità ai comprimari del lungometraggio, di gran lunga i personaggi più comici e riusciti di tutto il pacchetto. Mi riferisco ovviamente ai quattro pinguini, che, in contraddizione dell'immagine che abbiamo generalmente di questi animali goffi e simpatici, sono rappresentati come un corpo militare esperto, addestrato e pronto a tutto, diviso in ruoli gerarchici ben definiti (Skipper è il leader del gruppo; Kowalski il tecnico che ha sempre una soluzione ai problemi logistici e tattici che Skipper gli sottopone al grido di: Kowalski! Opzioni? ; Rico è l' armiere, rigurgita oggetti di qualsiasi tipo; Soldato è giovane ed ingenuo, ubbidisce ciecamente agli ordini ), ma che, agli occhi dei visitatori dello zoo, appaiono come dei normalissimi pinguini addestrati (la metamorfosi da macchine da guerra a innoqui peluches scatta all'ordine di Skipper: Carini e coccolosi ragazzi, carini e coccolosi!).


Ma ancora più dei pinguini il mio idolo assoluto è il lemure Re Julian inisieme alla sua corte di servitori: l'anziano e saggio Maurice e il giovane Mortino, vittima desgnata (ma entusiasta) per ogni tipo di umiliazione finalizzata a soddisfare i capricci del Re lemure. Julian a mio avviso è uno dei personaggi di cartoon più interessanti degli ultimi tempi. Capriccioso, narciso, egoista, viziato, ma anche geniale, irresistibilmente simpatico e fuori dagli schemi, con le sue danze sfrenate, la sua ricerca ininterrotta di godimento e i suoi ammiccamenti erotici (!).

Ogni cartone dura circa 10 minuti, ne sono state già prodotte quattro stagioni per un totale di una sessantina episodi, solo una parte di esse tradotte in italiano. Nel nostro paese sono trasmesse in chiaro da Italia Uno e da Nickelodeon(pacchetto Sky). In alternativa in commercio si trovano i dvd che conengono una decina di episodi ciascuno.
Consigliato a chi ancora si diverte coi cartoons.


lunedì 19 aprile 2010

This note's for you, Ciccio!

C'era una volta, nell'era pre-internettiana, una vera e propria patologia cronica che si scatenava all'indomani dell'annunciazione ufficiale di un nuovo tour italiano degli artisti internazionali più amati.

Il virus si manifestava attraverso ansia, aumento della sudorazione, sbalzi d'umore, reazioni nervose inconsuete e, nei casi più gravi, attacchi di panico.
La trafila che seguiva la comunicazione del promoter del caso era quella di organizzarsi per le file davanti ai botteghini, prepararsi a passare ore e ore all'adiaccio, e infine sperare che tutti questi sforzi venissero premiati dalla conquista dell'agognato ticket dello show.

Ora, questa liturgia si verificava puntualmente per tutti i tour di Bruce Springsteen, dalla sua prima data in Italia nel 1985 in poi, a prescindere dalla location e quindi dalla disponibilità di posti. Che comunque di norma era in numero elevato ( diciamo 30-40mila posti nei palazzetti e 150-200mila negli stadi per una tournee di 3-4 date).
Davanti a questa premessa, provate ad immaginare in quale sconforto siano precipitati gli Springsteeniani nel 1996 (e poi nel 1997) quando, a seguito dello straordinario ritorno all'acustico di Bruce ( l'ultimo prima del trapianto di capelli) con l'album The ghost of Tom Joad, veniva annunciato anche in Italia un tour, non nei palazzetti o negli stadi, ma nei teatri.

Questa scelta (artisticamente legittima, dato il mood del concerto) faceva precipitare la capienza a poche migliaia di posti, e con essa sbriciolava, riducendola a numeri infinitesimali, la possibilità di avere accesso allo spettacolo. Spettacolo al quale, tra l'altro, i fans storici non potevano e non volevano in alcun modo mancare, data l'eccezionalità dell'evento. Un concerto acustico di Springsteen era un'intimità che ci sognavamo di notte e che ci faceva svegliare la mattina successiva bagnati per l'eccitazione

Ad oggi ancora non so quanta gente in quell'occasione è riuscita ad accaparrarsi un biglietto facendo fila di notte davanti ai botteghini. Quello che so è che personalmente, reputando già persa la partita dei sacchi a pelo davanti alla Ricordi, ho scelto di presentarmi alle biglietterie "solo" un paio d'ore prima della loro apertura per vedere un pò come buttava e sperare in un miracolo.

Tra sfottò e sfanculamenti vari da parte di quelli che invece la notte l'avevano fatta, e magari pure inutilmente, ho puntualmente preso atto che i miracoli pagani non esistono e che non c'era davvero niente da fare. Un foglio sgualcito affisso fuori del negozio, al pari di un bollettino di guerra, riportava le indicazioni delle rivendite autorizzate in tutta Italia e le relative disponibilità. Scorrendo la lista, lo scoramento raggiungeva picchi di nera disperazione: Milano sold-out ; periferia di Milano sold-out; Bergamo e provincia sold-out; Brescia Sold-out; Verona...cazzo, Verona aveva ancora tagliandi in vendita! La notizia subito funziona come lubrificante per gli ingranaggi del cervello che si riavviano all'istante.

Senza pensarci due volte chiamo il negozio di Verona che mi conferma le disponibilità. Dico che arrivo da Milano e chiedo la cortesia di tenermi da parte anche solo un biglietto che tempo un paio d'ore sono lì. Col cazzo, mi rispondono. Non si può.

Devo andare lì personalmente, e anche in fretta, non ho alternative. Ci sarebbe anche il problema del lavoro, il mio turno inizia alle 12 e sono quasi le 10. Chiamo il capo e chiedo urgentemente un giorno di ferie inventandomi il classico nonno malato. Il mio boss (quello vero, non Springsteen) mi risponde come il bigliettaio di Verona. Faccio spallucce e mi immetto sulla A4 alla massima velocità consentita (non dal codice della strada, ma dalla mia vecchia Ford). Per le giustificazioni al lavoro ci sarà tempo e modi più avanti.

Arrivo che il posto ha da poco chiuso per la pausa pranzo , lancio epiteti verso il cielo e aspetto inchiodato davanti alla vetrina qualcosa come un paio d'ore (manco mangio). Nel frattempo arriva altra gente dalle zone più disparate del nord Italia, ma stavolta sono il capo fila sono io e ho tutta l'intenzione di far rispettare questo diritto acquisito.

All'apertura del negozio il tizio alla cassa mi dice che sì, biglietti ce ne sono, ma devo obbligatoriamente comprare il "pacchetto completo", che prevede anche il pullman da Verona a Milano e ritorno.
Gli dico, guarda che io sono di Milano, che faccio, vengo a Verona in macchina a prendere il pullman per lo Smeraldo? Sticazzi risponde lui. Vabè replico io. E compro due pacchetti completi per la modica somma di quasi trecentomilalire (che si vanno a sommare alla giornata di lavoro non pagata, a voler essere pignoli). Arrivato a quel punto comunque, niente avrebbbe potuto fermarmi.

Il secondo pacchetto lo prendo ad occhi chiusi per l'amico Patrizio, certo che nemmeno lui si voglia perdere il concerto della vita e anzi mi ringrazierà in eterno per questa chance che gli ho concesso senza sforzo alcuno da parte sua. A conti fatti, beh, sopravvaluto il suo affetto per Bruce. Quando lo chiamo e gli dico entusiasticamente che con la modica somma di centocinquantamilalire può avere il suo biglietto, mi risponde lapidariamente alla stessa maniera del bigliettaio di Verona e del mio capo (allora è un vizio!).

Ad ogni modo non sono preoccupato che mi resti tutto l'ambaradam in mano, con la febbre da ticket che si è scatenata, di certo il biglietto lo piazzo, alla più sporca il giorno stesso del concerto fuori dal teatro. Ad ogni buon conto, mi facilita le cose la Lisa. L'amico Christian (personaggio sulla cui fede Springsteeniana nessuno osa sollevare obiezioni) è rimasto senza tagliando e sarebbe ben felice di comprare il mio in eccesso. Affare fatto.

Nel tardo pomeriggio del giorno del concerto (11 aprile 1996) ci si trova fuori dallo Smeraldo e si regola la transazione. Più tardi, finalmente, io entrerò per occupare il mio agognato posto in platea, mentre Christian (Ciccio per gli amici) invece no. Ma...beh, questa è un'altra storia, e non posso essere io a raccontarla.



domenica 18 aprile 2010

Che barba che noia, mr president



Probabilmente anche la scelta di partecipare ad un funerale piuttosto che ad un altro fornisce indicazioni su che tipo di personaggio politico sia Berlusconi (lo sottolineo non per me, ma per quelli che ancora non l'hanno capito). In prima fila e inquadratissimo dalle telecamere alle esequie di Mike Bongiorno, il cavaliere non è mancato ovviamente nemmeno a quelle di Raimondo Vianello (personaggio che, a differenza del presentatore di Rischiatutto, considero degnissimo, a parte lo scivolone di quella clamorosa marchetta, postata in alto insieme a quelle di Mike Bongiorno,Ambra Angiolini, Mel Brooks e molti altri, a favore di Silvio all'indomani della sua "discesa in campo").

I funerali ai quali il presidente scelse di non partecipare, sono invece quelli di uomini come Antonino Caponnetto, che creò e coordinò il pool antimafia all'interno del quale operavano Falcone e Borsellino, deceduto nel 2002 nell'agghiacciante indifferenza delle istituzioni. A
discolpa dell'uomo di Arcore c'è però da ammettere che nessuno dei presenti a quei funerali avrebbe accettato, al contrario della povera Sandra, le sue viscide carezze.

venerdì 16 aprile 2010

By request




I Twisted Sister si giocano, insieme ai Motley Crue e ai Saxon, l'ambita palma di very first band di hard-rock/heavy metal da me ascoltata. Sono arrivato al gruppo della Sorella Svitata attraverso una classica (per l'epoca) cassettina C90 amorevolmente preparata dall'unico metallaro presente nella mia classe in prima superiore. Le c90 erano perfette per contenere due interi full-lenght, viste le durate medie dei 33 giri del periodo. Così l'amico metallaro pensò di farmi cosa gradita registrando, uno per lato, due dischi freschi di stampa: Shout at the devil della band di Vince Neil e Stay Hungry, dei TS appunto.

Complice la mia assoluta ignoranza nel campo "storia dell'hard rock", entrambi gli album mi appassionarono da subito, arrivando in breve a diventare una mia fissa del periodo.

Stay Hungry aveva un bel tiro, oggi posso dire che miscelava abilmente riferimenti al glam rock (non si chiamava ancora hair metal) dei maestri, espressione quindi di semplice ma efficace rock and roll al fulmicotone, a riffoni più dilatati e pesanti, mutuati senza ombra di dubbio dai Black Sabbath, oltre a qualche pezzo in classico stile N.W.O.B.H.M. . La band si presentava con un look particolare, non erano esattamente glam, si agghindavano con coloratissimi vestiti a brandelli e vistoso trucco sul viso, sembravano dei mutanti sopravvissuti a qualche conflitto nucleare, ma il tutto filtrava in modo quasi sarcastico, irriverente, erano davvero improbabili così conciati. Un misto tra la famiglia di Sly Stone e Chuck la bambola assassina. Che fosse cattivo gusto o provocazione intenzionale, non è dato saperlo.

Tornando al disco, i brani più famosi sono gli anthem We're not gonna take it, traccia per la quale ricevettero dure critiche da parte di qualche associazione bigotta in quanto avrebbe istigato i giovani a ribellarsi alle autorità ai genitori o alla scuola (a ripensarci oggi viene da sorridere ) e I wanna rock, oltre alla ballatona The price.
Ottime e corpose anche la title track, Burn in hell (eccoli, i riffoni alla Iommi), la lunga suite in due parti Horror-Teria e The beast.

Stay hungry non è certo un disco seminale, ma ha il suo perchè, rispetto a molti altri che fanno riferimento a questa stessa tazza da tè.

Un'opera da riscoprire, magari nella sua edizione celebrativa avvenuta nel 2004 a vent'anni esatti dalla sua prima pubblicazione. In questa replica infatti, la band ha reinciso tutti i pezzi restando fedele alle versioni originali, ma con una qualità sonora nettamente migliore e con l'aggiunta di sette bonus tracks.



P.S. Prima di scrivere il post ho dato un occhiata alla scheda del gruppo su wikipedia Italia. Ho scoperto elementi molto interessanti, come ad esempio il fatto che la band è nata nel lontano 1973 e che il chitarrista e fondatore Jay Jay French prima di radunare il combo era stato scartato da un provino per entrare a far parte della band embrionale dei Kiss.
Alla fine i conti tornano.

mercoledì 14 aprile 2010

Shoot to thrill


Il network americano ABN è in crisi strutturale di ascolti e ricavi commerciali. La sua programmazione è fiacca ed è battuto sistematicamente in tutti i suoi palinsesti: serial, tv dei ragazzi, informazione, reality. La patata bollente finisce in mano a Katy (Eva Mendez), giovane e rampante dirigente televisiva che si arrovella alla ricerca di un'idea rivoluzionaria che faccia recuperare terreno alla TV rispetto alla concorrenza.

Durante una riunione, quasi per scherzo, qualcuno fa una battuta sulla roulette russa. Katy comincia seriamente a pensare di costruirci sopra un reality show. Sembra una pazzia, un progetto irrealizzabile, un muro troppo alto da scalare dal punto di vista burocratico e legale. Un limite mediatico e di buon senso invalicabile. La Mendez invece ci crede, riuscendo con la sua caparbietà a piegare la volontà di chiunque dentro e fuori il network, usando la pubblicità negativa ancora meglio di quella positiva, agendo sull'ego smisurato di avvocati e dirigenti, riuscendo a contagiare anche i pubblicitari che alla fine pagheranno a peso d'oro per il loro spazio nel programma.

Le regole del reality sono costruite per essere tremende, spietate. Sei concorrenti, una pallottola dentro una magnum 3.57. Ai cinque vincitori vanno cinque milioni di euro ciascuno, al perdente (beh, ai familiari del perdente) assolutamente nulla.

Sceneggiato e diretto da Bill Guttentag, Live! è un film interessante, anche se imperfetto. Girato quasi interamente come un docufilm (camera a spalla giustificata nella storia da un operatore che segue passo passo la Mendez/Katy), fa della critica sociale e della deriva assunta ormai stabilmente dai media televisivi il suo obiettivo principale.

Ha anche il merito di rivelare dettagli poco noti dei programmi delle tv commerciali: gli spazi da dare agli sponsor contestualizzati alla durata dello show, il ruolo del Buraeu delle telecomunicazioni (il famigerato FCC sfanculato anche da Steve Earle in un suo brano), degli uffici legali, dei politici, dei manager. Nelle clip di presentazione dei concorrenti ritroviamo gli stessi stucchevoli filmati mandati dai vari Grandi Fratelli italiani, insomma ci rispecchiamo negli stessi mix artificiali di posticcia commozione/empatia di qualunque altro reality.

Quello che non va nel plot è il progressivo venire meno, troppo semplicisticamente e senza molte spiegazioni, di tutti gli ostacoli razionali che si frappongono tra un idea come quella di portare la roulette russa in tv e il metterla in pratica. Siamo davanti ad un'estrema provocazione, d'accordo. Ma nel momento in cui scegli di contestualizzarla a questa realtà (e non al futuro o ad una realtà alternativa, come in altre opere analoghe) e scegli di spiegare al pubblico tutti i tecnicismi che stanno dietro le macchine da presa di uno studio tv, allora secondo me ti devi sforzare un pò di più di superare l' incredulità dello spettatore.

Due parole in conclusione sulla Mendez, brava ma che ha gioco facile, completamente padrona della scena nei suoi eleganti tailleur da dirigentissima. Un pò troppo di contorno tutti gli altri.

Finale, all'insegna del binomio biblico redenzione & castigo, da dimenticare.

martedì 13 aprile 2010

Steve & Sarah


Alla fine Stefano si è rassegnato. Gli abbiamo spiegato che, no, da grande non potrà davvero sposare sua mamma e lui ha dovuto farsene una ragione.
Ha deciso perciò di spostare le sue attenzioni sulla Daphne di Scooby Doo ("quella del film in carne e ossa, eh, non del cartone"), vale a dire Sarah Michelle Gellar. Adesso è lei che vuole impalmare, e si è anche informato con noi del suo stato civile ("non è che è già sposata, eh?").

Secondo me è per via degli stivali. Sospetto abbia ereditato questa debolezza dal papà.

lunedì 12 aprile 2010

More pop than country


Lungo la strada del tempo che parte nobilmente da Gram Parsons e via via diventa sempre meno impervia, avventurosa e sincera e sempre più liscia, prefabbricata e prevedibile, su un percorso già ampiamente battuto da Eagles, Corrs, Dixie Chicks, Rascal Flatts (in ordine di decadimento) e dalle decine di bands sempre più pop e sempre meno country, arrivano i Lady Antebellum, new sensation che ha sbancato in USA sia le classifiche di genere che quelle generaliste.

La formula è quella delle due voci, maschile e femminile, tanti cori e sovrapposizioni vocali, liriche esclusivamente orientate alla love thing. Il tutto molto levigato e con tutte le note al posto giusto. Non c'è niente di formalmente sbagliato in Need you now, fatto salvo che si fa fatica a capire per quale ragione questa roba debba essere considerata in qualche modo country. Davvero uno sporadico violino e una dodici corde piazzata abilmente qua e là bastano a giustificarne il suo inserimento negli scaffali informatici di questo genere? A quanto pare, almeno per i redneck o i truckers americani, sì.

Detto questo, il secondo album dei Lady Antebellum (una delle più brutte ragioni sociali mai coniate) si può anche ascoltare (dal mazzo estraggo Need you now, Hello world, Our kind of love, Something 'bout a woman) è il tipico disco da tenere in sottofondo mentre fai altro, poco invasivo, prevedibile e dalla longevità della neve all'inferno (cit.).

venerdì 9 aprile 2010

Evergreen


Non voglio essere troppo perentorio ma, insomma, tra i tanti modi di iniziare al meglio la giornata (lo so che ve ne viene in mente subito un altro), l'ascolto a volume congruo di Ace of Spades dei Motorhead, sopratutto dopo tanta astinenza, è sicuramente nella top three.



P.S. Quella allegata non è la cover dell'album ma del singolo, l'ho messa perchè mi garbava di più

giovedì 8 aprile 2010

Un centesimo per i tuoi pensieri, Giorgio


A differenza di molti amici, non sono mai stato troppo duro con l'atteggiamento di Napolitano in merito al suo ruolo e rispetto alle decisioni che la costituzione gli impone di assumere.
Analogamente a quanto sta facendo a destra Fini e all'opposto dei comportamenti di Schifani, lui come altri uomini di sinistra che si trovano a rappresentare lo stato nelle cariche più importanti,ha tralasciato la sua storia politica personale pur di adempiere fino in fondo al proprio dovere, e per evitare accuse di faziosità pratica una trasparenza ed una correttezza che sfiorano l'autolesionismo.

Il Presidente poi ha iniziato ad handicap il suo mandato, senza cioè l'opportuna ampia condivisione delle forze politiche attorno alla scelta del suo nome e con i falchi della destra che strumentalizzavano a prescindere questa scelta, ancora prima che muovesse i primi passi con la nuova carica.

Questa situazione ha significativamente condizionato il suo operato, vincolandolo, in nome del rispetto della libera espressione di voto, ad un complicato esercizio di equilibrismo ed a una gestione troppo spesso meramente burocratica delle decisioni. Si è preso pochi rischi, ha avuto pochi slanci di orgoglio, ha pronunciato pochi no. Tutto al contrario di quanto fece Oscar Luigi Scalfaro, democristiano fino al midollo, ma che potè condurre una lotta senza quartiere andando a costituire un insperato argine contro l'avanzata del nuovo autoritarismo di Berlusconi, Bossi & co., anche attraverso iniziative al limite (se non oltre) del legittimo.

Questa lunga premessa per dire che, ecco, non sono un contestatore della prima ora del caro Giorgio, ma che adesso sto cominciando ad averne pieni i maroni (e non mi riferisco al ministro dell'interno) anch'io.
La cialtroneria del legittimo impedimento, dopo qualche rinvio, è stata approvata. E' stato ancora una volta sancito che il cittadino B. è più uguale di tutti gli altri cittadini del nostro paese. Per il Presidente della Repubblica non ci sono più dubbi di incostituzionalità.
Per i PM di Milano invece persistono dei forti dubbi, tant'è che insistono su questo punto. Se alla fine dovessere avere ragione loro (i PM) , e l'incostituzionalità fosse quindi sfuggita dalle maglie della verifica del Presidente, allora si che la misura da colma comincerebbe a tracimare.

mercoledì 7 aprile 2010

Per tutto il resto...

Purtroppo non ho files visivi a sostegno di quanto sto per dichiarare (accidenti al telefonino che è sempre scarico quando serve davvero!), per cui vi chiedo di credermi sulla parola.
Ieri Stefano ha imparato ad andare in bici senza rotelle.
Per ora va solo dritto, per le curve c'è tempo. Che faccio, lo scrivo o no che vederlo pedalare felice, realizzato e ridanciano è uno spettacolo priceless?

domenica 4 aprile 2010

L'allenatore nel dragone (rigorosamente in 2D, neh!)


Di certo quello che si può dire in premessa rispetto a Dragon Trainer, è che si tratta un soggetto creativo, originale, una storia ed un'ambientazione finalmente un pò innovative.

Gli autori hanno pensato di collocare l'eterno conflitto padre/figlio e l'attualissimo sentimento di rifiuto verso le diversità, in un villaggio vichingo infestato da tante specie di draghi volanti, dove l'unica ragione di vita è battersi a morte cone queste bestie .

Protagonista della storia è l'adolescente problematico Hiccup, che proprio non ha il fisico massiccio del vichingo, ma che prova a rendersi utile inventando sofisticati marchingegni per abbattere i draghi. E' proprio dopo averne colpito uno grazie ad una sua invenzione, che capisce quanto l'approccio degli adulti (il padre su tutti) nei confronti di queste bestie volanti sia completamente sbagliato .

Tra un "per Odino!" e un "per la barba di Thor!" la storia si avvia un pò prevedibilmente alla sua conclusione, ma un particolare amaro nel finale conferisce al film una sua particolare dignità, un suo quasi realismo, se non addirittura un aggancio alle vicende di guerra di questi tempi.

Io e Stefano siamo concordi nel definirlo un ottimo film.

venerdì 2 aprile 2010

And nothing gets me down

Che siano stati speranza tradita dell'hard rock, pop stars in disguise o campioni dell'AOR; che Eddie sia passato da guitar hero a keybords player, che alla voce ci sia Lee Roth, Hagar e perfino Cherone, è comunque sempre divertente riascoltare dopo taaaanto tempo i Van Halen.

Qualcuno volò sul nido del cuculo

Mentre cercavo un mio vecchio post, mi sono imbattuto in questo, della categoria drinking songs. Mi ha meravigliato avesse 19 commenti, perchè, a memoria, non ne ricordavo nemmeno uno.
Infatti, aprendo il box apposito mi accorgo che i commenti sono tutti di due tizi che hanno usato quello spazio per parlare comodamente degli affari loro. Ma a voi sembra normale?

giovedì 1 aprile 2010

Scoop

E' davvero clamorosa la notizia che da qualche minuto sta rimbalzando dalle agenzie:

RICONTATI I VOTI NEL LAZIO E IN PIEMONTE: LE VITTORIE VANNO ALLA BRESSO E ALLA BONINO!

La prima dichiarazione della nuova governatrice del Lazio: "asfalteremo il Vaticano per costruire in sua vece il più grande parco antiproibizionista europeo, dove ognuno sarà libero di stonarsi e fare all'ammòre senza divieti."