martedì 31 agosto 2010

Slice of life


Partirà in USA il 26 settembre la quinta stagione di Dexter.

La quarta è stata ottima, forse la migliore dopo la prima. Merito del recupero degli elementi introspettivi/esistenziali caratteristici del personaggio originale e un pò trascurati nella seconda-terza stagione. Merito anche di un personaggio come quello interpretato da John Ligthgow, assunto ad autentico mattatore della storia, e di un finale (abbastanza) a sorpresa che lascia il segno.

Il tutto nonostante qualche clamoroso colpo a vuoto nel meccanismo narrativo (lasciatemi segnalare almeno quello del bambino rapito e liberato, al quale la polizia non fa fare nemmeno un'identikit del rapitore).


Tra poco si riparte dunque. La nuova vita di Dexter potrebbe costituire una ripartenza intrigante, mentre quella dell'attore protagonista pare migliori, dopo le cattive notizie sul suo stato di salute.



P.S. Il titolo del post è for Dexter fans only

lunedì 30 agosto 2010

Smoke and me


Fumavo da sempre la media di una sigaretta al giorno, quella del caffè dopo pranzo, durante la settimana lavorativa. Da qualche mese ho raddoppiato, aggiungendo nicotina dopo il cappuccio e brioche della mattina. A casa di norma non fumo, evito anche il caffè dopo mangiato. Nelle ormai rarissime uscite serali con gli amici arrivo anche a due o tre Marlboro Medium (che adesso si chiamano Flavour Mix, vuoi mettere?), di rimorchio al vino e/o agli alcolici. Ne consegue che, al netto di quelle offerte, compro un paio di pacchetti al mese.

Quello che proprio mi piace è fumare mentre scrivo al computer. Lasciare che la cenere si protenda sul tubicino bianco della sigaretta, e sì, mi piace che offra una disperata resistenza alla forza di gravità per poi cadere fragorosamente sulla tastiera infilandosi un pò dovunque, ma prediligendo in genere lo spazio tra le lettere H,J,K,L e il tasto invio.

A volte mi concedo un sigaro. Però solo in condizioni di estremo relax, magari mentre bevo una sambuca col ghiaccio. Adoro il profumo dei sigari, mi fanno venire in mente mio nonno. Viceversa odio chi lo tiene spento tra le dita anche quando va al cesso, solo per darsi un tono.

Tempo fa ho provato la pipa, affascinato da un collega che usava un tabacco letteralmente inebriante. Mio malgrado ho smesso. Aspiravo aspiravo ma si spegneva in continuazione e finivo sempre con la testa che girava. Non tutti possono fumare la pipa. Ci vuole il giusto physique du role, che a me, evidentemente, manca.




domenica 29 agosto 2010

Last kiss


Che strano è diventato il calciomercato. E' per via del Fair Play Finanziario imposto da Platini, dicono. Fatto sta che le trattative sono diventate lunghissime, estenuanti, su cifre tra l'altro che qualche anno fa si sarebbero spese senza timore (mi si rizzano i peli della schiena se penso ai trenta milioni sborsati da Moratti per Quaresma).

Allo stesso tempo però, uno come Ibrahimovic, solo l'anno scorso pagato dal Barcellona settanta milioni di euro viene ceduto in prestito al Milan, una diretta concorrente per la Champions, che comincerà a pagarlo a rate nel 2012, per una cifra inferiore di quasi tre volte quella spesa nel 2009 dal club catalano. O la dirigenza milanista è fatta di sopraffini negoziatori o quelli del Barcellona si sono dati alla beneficenza.

A proposito dei blaugrana, Guardiola sarà sicuramente un signore (inteso come persona virtuosa) ma forse qualcuno dovrebbe cominciare a farsi qualche domanda sulle sue abilità da manager, visto che l'anno scorso si è impuntato per la cessione di Eto'o (che era perfettamente funzionale ai meccanismi della squadra ) e per l'acquisto di Ibra (che quei meccanismi perlopiù li ingrippava) facendo spendere cifre cosmiche al suo club, e quest'anno lo ha platealmente scaricato alle condizioni di cui sopra.


E a proposito di Zlatan. E' chiaro che il mio è livore da amante tradito, ma andandosene dall'Inter non aveva dichiarato che non era più stimolato dal campionato Italiano, visto che l'aveva sempre vinto e l'ultimo anno ne era diventato anche capocannoniere? E quell'appassionato bacio alla maglia dell'F.C. Barcellona lo replicherà anche con la maglia rossonera? E soprattutto, farà la fine dei "traditori" Vieri e Ronaldo, che non hanno lasciato traccia, oppure proseguirà il suo impressionante filotto di titoli nazionali consecutivi (nove tra Svezia, Ajax, Juve, Inter e Barca)? E quanti voti prenderà in più il Berlusca, con questa operazione (dopo che aveva ampiamente dichiarato che in tempi di crisi era immorale spendere per il calcio)?

Vabbeh, portate pazienza. Mi passerà...






sabato 28 agosto 2010

Album o' the week / Pearl Jam, Vs (1993)


Probabilmente sono l'unico a pensarla così, ma non mi è mai piaciuta la copertina di Ten, il debutto dei Pearl Jam. D'accordo che non bisogna giudicare un libro dalla copertina, ma quella cover l'ho sempre trovata dissonante con la musica che conteneva, comunicava l'immagine di una pose band. Potevano farla i Warrant o gli Stryper una foto così, mica i Pearl Jam.

Ecco, con Vs le cose sono andate a posto. L'immagine della pecora che sbatte contro il recinto è stavolta perfettamente congrua alla musica, all'attitudine, all'incazzatura di Eddie and co.
E che la band fosse incazzata col mondo lo si capiva immediatamente. I pezzi suonano infatti più asciutti, essenziali e punk dell'illustre predecessore (il lavoro di sottrazione sarà merito di Brendan O'Brian, qui al suo debutto come produttore della band?).
Basta scorrere i titoli per capire perchè questo è il disco preferito di molti fans dei PJ: Dissident, Daughter, Rearviewmirror, Animal, Eldery woman, Go, Indifference, Glorified G. Praticamente un instant classic, un greatest hits fatto di pezzi nuovi.

Colpiamo il recinto ancora una volta dunque, assaporiamo l'acido sapore del ferro sulla lingua, anche se sappiamo bene che la fuga non è mai la strada più sicura...

venerdì 27 agosto 2010

Hornby & Folds

Ben Folds l'ho sempre trovato un pò noiosetto, ma questo progetto con Hornby m'incuriosisce.

Nick, lo scrittore fa la rockstar
Un album di canzoni per Hornby
L'autore inglese debutta come songwriter e firma gli undici testi di "Lonely avenue", il nuovo disco di Ben Folds che il 28 settembre uscirà su cd e vinile. Un'idea nata durante una cena

Fuckin' sixty


Paradossalmente manca nella discografia di Springsteen un disco dal vivo epocale che abbia saputo riprodurre cos'è stato Bruce in concerto. Il quintuplo (parlo dell'edizione in vinile) del 1985 è un ottimo report antologico, ma imperfetto per la non sempre felice scelta dei pezzi . Dalla reunion con la E Street Band del 1999 poi, è uscito in pratica un cd e/o un dvd per ogni tour effettuato. Anch'essi eccellenti, ma ancora nessuno definitivo.

E' con queste premesse che mi metto davanti alla tv per godermi London Calling, l'ultimo dvd registrato all'Hyde Park di Londra in occasione dell'Hard Rock Calling festival, il 28 giugno dell'anno scorso. La prima cosa che salta all'occhio è l'eccezionale qualità video (è stato girato in hd). Per quanto concerne la performance invece, basta l'attacco del primo pezzo per capire che Springsteen, nella solitudine della sua camera d'albergo, ha elaborato una scaletta finalizzata a rompere scientificamente il culo ad ogni singolo spettatore nel raggio di dieci chilometri.


Il pezzo scelto per aprire lo show davanti a non so quante decine di migliaia di persone, è infatti London Calling dei Clash. Una versione non scevra da difetti per la verità, ma tanto basta. Quando il pubblico riconosce il riff iniziale, impazzisce in un boato che manco un gol di Rooney in finale della coppa del mondo. Il coro che sovrasta la band su ...I live by the riveeeer... è colossale, da togliere il fiato. A seguire Badlands e poi quel capolavoro a lungo trascurato che è Night. Dopo tre pezzi la missione è già compiuta, il boss li tiene tutti per palle. E il bello è che lui si è appena scaldato.

Del fatto che gli show di Springsteen siano diventati con gli anni eccessivamente autocelebrativi ho già detto, così come mi sono già espresso criticando l'idea biagioantonacciana dei fans che richiedono le canzoni per iscritto, ma ciò non toglie che non esiste al mondo uno che interpreti a questo modo la professione di stare su di un palco.


Tra l'altro, il fatto di celebrare consapevolmente il proprio mito, non impedisce a Bruce di improvvisare siparietti ironici ed esilaranti, come alla fine di Out in the street quando annaspa nel risalire le scale che vanno dal passarella di fronte al pit al main stage, e recuperato il microfono, si lamenta in modo teatrale della faticaccia di fare dieci gradini alla sua età, esclamando: ...gimme an elevator...i'm fuckin' sixty!!!

Bruce è cresciuto (invecchiato) al pari dei suoi fans, lo spettacolo che oggi porta in giro, da un certo punto di vista, si può definire in senso lato "intrattenimento rock per famiglie", vista la presenza ormai fissa di bambini, anche piccoli, trascinati nella ressa da papà sfegatati. Ed è proprio un imbarazzatissimo bambino nelle prime file il protagonista di un'altra scenetta divertente , con Springsteen che gli porge il microfono per fargli cantare il refrain di Waiting on a sunny day.


E' una festa gioiosa insomma, l'happening con cui il boss coinvolge gli spettatori, ma non mancano i momenti di riflessione, uno per tutti è rappresentato dal trittico Seeds/Johnny 99/Youngstown, tre pezzi splendidi, dalle forti connotazioni di denuncia sociale, messi in fila e suonati ferocemente, con i fiati e le chitarre che creano un wall of sound così solido che quasi si tocca con le dita.


E poi certo, i classici, Promise land, Bobby Jean, Racing in the street, The rising, Born to run, Glory days (siparietto con un ridanciano Little Steven), Dancing in the dark, ma anche Outlaw Pete, che ribadisco essere, al netto delle accuse di plagio rispetto a I was made for lovin' you dei Kiss, un pezzo strepitoso, interpretato vocalmente in maniera magnifica. Su No surrender Bruce ricambia l'ospitata ai Gaslight Anthem, per i quali era stato membro aggiunto nel pomeriggio per l'esecuzione di The 59 sound, chiamando sul palco il loro singer, Brian Fallon. Il tatuato leader degli Anthem è visibilmente emozionato, e non ha neanche a tracolla una chitarra dietro a cui nascondersi. Ad ogni modo se la cava bene, e archivia con onore una serata da raccontare agli amici.

Discorso a parte merita purtroppo la E Street Band, sempre più a margine del concerto dal punto di vista dell'apporto scenico. Bravi, non sbagliano un colpo, vengono avvisati dieci secondi prima su quale brano suonare e lo eseguono in scioltezza, ma che ci volete fare, vedere un tizio col triplo mento che si spaccia per Little Steven e Clarence Clemons a mezzo servizio che non ce la fa a muovere un passo m'immalinconisce terribilmente. Per fortuna ci pensa il violino di Soozie Tyrell e l'abbuffata irish di American Land a risollevarmi.


In sintesi, London calling è un ottimo prodotto, sia dal punto di vista tecnico (qualità immagini / audio) che artistico e riesce a riprodurre una fotografia fedele (anche nei difetti quindi) di ciò che sono ancora capaci di fare una manciata di fottuti sessantenni in quello che potrebbe essere stato il loro ultimo tour insieme.

giovedì 26 agosto 2010

MFT, agosto 2010

ALBUM

Ryan Adams, Orion
Eels, Tomorrow morning
The Texas Tornados, Esta bueno!
M.I.A. , Maya
Iron Maiden, The final frontier
Prince, 20Ten
Alejandro Escovedo, Street songs of love

Boyz II Men, Legacy
Bruce Springsteen, London calling
Estere, Città invisibili
Gaslight Anthem, The 59 sound
Hank III, The rebel within
Hole, Live through this
Il Pan Del Diavolo, Sono all'osso
Pearl Jam, Vs
Southside Jonny and the Asbury Jukes, Pills and ammo
The Clash, Live at Shea Stadium
The Replacements, Sorry ma, forgot to take out the trash





TRACKS


01. shakira, waka waka
02. ratt, best of me
03. eli paperboy reed, name
04. nina nastasia, cry cry baby
05. the coral, more than a lover
06. taylor swift, love story
07. coverdale & page, take me for a little while
08. litfiba, sole nero
09. juliette lewis,hard lovin' woman
10. bon jovi, superman tonight
11. holly williams, keep the change
12. kula shaker, only love
13. rainbow, starstruck
14. christina aguillera, sex for breakfast
15. kelis, acapella
16. slim whitman, indian love call
17. the fratellis, baby fraltelli
18. gloria jones, tainted love



Marmaduke


Film politico che tratta con audacia e coraggio le differenze di classe tra cani con pedigree e bastardi in una Los Angeles consumistica all'apice dell'effimero e del loro tentativo di abbattere una scala sociale canina basata unicamente sull'arroganza del capitale.

Se vabbeh.




P.S. In originale l'alano protagonista, prima delle strisce a fumetti di Brad Anderson e poi di questo film si chiama Marmaduke e il suo doppiatore americano è Owen Wilson, mentre per noi è un ultracinquantenne che si fa chiamare ancora Pupo.




mercoledì 25 agosto 2010

Salvate gli ostaggi (in platea)


Una tale accozzaglia dei peggiori clichè dei film polizieschi/d'azione da sfiorare la parodia involontaria. Questo è, nonostante un cast di primo livello che annovera John Travolta, Denzel Washington, John Turturro e James Gandolfini, Phelam 123 - Ostaggi in metropolitana, sedicesimo lungometraggio di Tony Scott, fratello del più affermato Ridley e onesto regista di pellicole di questo genere.


Diamine, in un film in cui la trama è sostenuta perlopiù dalla negoziazione per evitare che un gruppo di malviventi che tengono in ostaggio degli innocenti facciano una strage, è lecito aspettarsi almeno un pò di pathos, di tensione. Invece no. Niente, nada. Non ci sono nemmeno effetti speciali di rilievo a salvare la baracca, anzi, il tutto sembra girato in economia, come se fosse un tv movie, che abusa peraltro in misura insopportabile della tecnica del ralenti e del fermoimmagine.


John Travolta (il cattivo) è costantemente sopra le righe, eccessivo e assolutamente non credibile nè nel ruolo nè nello studiatissimo look.
Denzel Washington (il buono, uomo ordinario precipitato in una situazione straordinaria) se la cava un pò meglio. Turturro è in modalità autopilota. Il mio amatissimo Gandolfini ne esce dignitosamente, seppur costretto in una parte macchiettistica.

Tutti i peggiori clichè dei film di genere, dicevo. Come quello per cui viene data una pistola ad un civile, lui la usa per uccidere a sangue freddo e alla fine se ne va a casa tranquillo, elogiato e ringraziato da tutti, senza che nessuno l'arresti per omicidio intenzionale.



In questo naufragio si salva solo lo spunto che fa da volano a tutta la storia: quanto potrebbe guadagnare dal crollo delle borse mondiali, a seguito di un attacco terroristico a New York, un ipotetico investitore che conoscesse l'attentato in anticipo?

Cosa vi ricorda? Esatto, proprio quello.

martedì 24 agosto 2010

Ode alla F...risa


No, non voglio far concorrenza alla nuova rubrica dell'amico blogger Filo, mi limito a segnalare la mia dedizione alla fresola (o frisa o fresa), piatto tradizionale del sud Italia (credo nasca pugliese anche se io l'ho scoperto una vita fa in Campania) che in estate è spesso presente sulla mia tavola, soprattutto quando ho poca voglia/tempo di cucinare.

Credo che in molti la conoscano già, ma nel caso ci fosse qualche lettore del profondo nord alla lettura, serve semplicemente un pò di pane pugliese raffermo (si trova anche in vendita, già pronto), olio, pomodori, basilico e origano.
Il pane va immerso nell'acqua fredda, e il tempo di permanenza in ammollo dipende dal risultato che si vuole ottenere e quindi dalle proprie preferenze. Meno tempo pane più croccante, più tempo effetto "pan bagnato".
Poi lo si condisce con l'olio, si aggiungono pomodori e spezie ed è pronto da mangiare.

Questa ricetta povera dell'Italia contadina ha innumerevoli varianti e possibilità di aggiunta di ingredienti (tonno, pomodori secchi, mozzarella, acciughe) ma in genere io resto fedele alla ricetta base, semplice ma assolutamente soddisfacente.


P.S. Questo post è stato realizzato anche grazie alla collaborazione dei Bravi Ragazzi e in particola di Giuppy

lunedì 23 agosto 2010

Domande retoriche



Ipotizziamo per un momento che Berlusconi sia un politico normale. Nè meglio nè peggio dei tanti di estrazione pentapartitica che l'hanno preceduto nella storia della prima repubblica. Che non si sia mai fatto leggi ad personam per liberarsi di processi e debiti. Che non abbia mai frequentato ragazzine. Che non abbia conflitti d'interesse. Che non sia stato promotore del Family Day mentre si trombava tutto il trombabile che c'era in giro, vantandosene. Che non abbia mai detto, riferito a Bossi, io con quello lì non mi berrò mai più nemmeno un caffè per poi considerarlo il suo migliore amico e partner più fedele. Che non abbia mai usato la politica per fini personali.

Ecco, facciamo finta che tutto questo non sia mai accaduto.

Anche se fosse, e pure resettando gli ultimi vent'anni, in un altro paese mediamente normale (Francia, Spagna, Germania, Usa, Inghilterra, Argentina, Messico, Russia) non sarebbero bastate le due notizie di questi giorni per far dimettere un primo ministro?


Con il conseguente (periodico?) rigurgito di coscienza degli scrittori di sinistra che scrivono per l'azienda del cavaliere e il puntuale progettino di legge che per graziare mr. B s'inculerebbe millemila altri processi.


Eccerto, la Costituzione è una formalità, una traccia. Poi il modo si trova sempre, no? Dev'essere più o meno così che gli diceva anche Tremonti riferendosi al fisco, ai tempi in cui gli faceva da commercialista.



Potete anche non rispondere.


Don't look back

Alla fine non è un problema di prezzo. Non più almeno. Ci siamo stracciati le balle per anni a dibattere sul taglio dell'iva ai dischi e adesso che si trovano quasi tutti entro i dieci euro (in giro o on-line) non li vuole più nessuno. Ai ragazzi il supporto non interessa. L'album inteso come prodotto fisico, plastica e cartone, non è percepito come un bisogno,una necessità. La fruizione della musica ha definitivamente preso altre strade.
E' uno step in più rispetto al problema della pirateria musicale che, nell'incapacità di leggere i processi delle major, ha ridotto ai minimi termini il mercato discografico.

Prova di questa mia teoria è l'assioma dei cestoni.

Ognuno di noi appassionati di musica credo abbia provato prima o poi l'esperienza dei cestoni di ciddì scontati nei supermercati o nelle catene d'elettronica.

Ebbene, fino a poco tempo fa, quando un negozio proponeva codesto tipo di svendite, c'era la calca intorno a questi benedetti contenitori metallici, con la gente che frugava freneticamente e intanto reggeva tra i denti o in mezzo alle ginocchia serrate i frutti della febbrile ricerca, guardando in canegnesco il vicino di posto. Come conseguenza questi improvvisati pozzi di san patrizio si svuotavano nel giro di poche ore. Come risultato il negozio aveva eliminato le giacenze e i musicofili se ne andavano a casa convinti di aver fatto l'affare della vita.

Oggi non è più così. Non per i dischi almeno. Qualche settimana fa sono stato da Mediaworld e subito la mia attenzione è stata calamitata da un cestone stracolmo di cd che strillava "tutto a 4.99". Ci ho potuto frugare dentro senza che nessuno mai si affacciasse ad insidiarmi. Ho potuto fare con calma la mia scrematura (Ingrediente Novus di Moltheni con annesso dvd, Black Sunday dei Cypress Hill, One foot in the grave remasterizzato e con extra tracks di Beck, l'Unplugged di Clapton, un best of doppio,ufficiale, esaustivissimo di Buddy Holly) e portare il malloppetto alle casse.

Ebbene, ci torno ieri e il cestone è sempre lì, più o meno colmo come la prima volta. I titoli sono gli stessi, non è stato rifornito. Semplicemente per quella roba non c'è più domanda. Lo si evince anche dal fatto che tutto intorno gli scaffali di dvd e giochi elettronici si sono mangiati altro spazio rispetto a quelli di dischi.
Altra prova è il rapporto dei nipoti riguardo la musica (ne ho di 13, 15, 17 e 19 anni), ma di questo magari ne riparlo in un'altra occasione.

Perciò, mentre da noi e nel resto del mondo i dibattiti proseguono, sospesi tra autoritarismo e tolleranza, nel mondo reale il turnover tra i fruitori del prodotto si è interrotto. Un'era si è definitivamente chiusa. Forse tra una decina d'anni lo capiranno anche i padroni della ferriera.


P.S. A prezzo speciale ho anche comprato Backspacer dei PJ. Beh, il packaging è molto bello, curato, originale (qui sotto un estratto del libretto interno), c'è un corposo booklet, tutti i testi.
In aggiunta il cd ha dei contenuti multimediali che puoi esplorare inserendolo nel pc. L'extra più consistente è che puoi scaricare dal Ten Club due bootleg ufficiali del gruppo, a tua scelta tra una ventina messi a disposizione . Davvero un prodotto di tre spanne sopra la media.


Questo per dire che, magari, la validità di un prodotto, la sua originalità, la sua unicità potrebbe contribuire a ricreare da zero una cultura musicale per le nuove leve. Dare un motivo concreto che ne giustifichi l'acquisto. Far apprezzare di nuovo la "fisicità" dell'oggetto disco.

Vabbeh, dico potrebbe.



sabato 21 agosto 2010

Album o' the week / Boyz II Men, Legacy: The Greatest Hits Collection, 2007



Mi piace la melassa nella quale t'invischiano i Boyz II Men, gruppo di black music americano dalle squisite capacità vocali, prodigo di un soul/errenbì melodico, accattivante e commerciale.
Il trio, che ha raggiunto il suo livello massimo di popolarità nella prima metà dei novanta, riusciva a destreggiarsi tra pezzi acappella (per tutti It's so hard to say goodbye to yesterday sul disco d'esordio, Yesterday dei Beatles sul secondo), irresistibili ballatone romantiche (The end of the road è il loro singolo più noto, seguito da I'll make love to you) e qualche pezzo più movimentato, sempre giocato su vorticose armonie vocali (la scoppiettante Motownphilly).
I loro dischi migliori riprendono la tradizione classica del soul americano e sono scevri da contaminazioni hip hop. Paradossalmente, fu proprio lo tsunami del successo dell'hip hop a spazzarli via dalla scena che conta. Da lì in poi più che altro dischi di cover piuttosto prevedibili.

Indeciso tra il consigliarvi Cooleyhigharmony (il debutto) o II (il seguito) mi sono salomonicamente buttato su un raccoltone compensativo (ha dentro anche One Sweet Day, l'hit con Mariah Carey).
Vivamente sconsigliato ai diabetici.





P.S. Ho pensato di allungare l'orizzonte musicale di queste mie segnalazioni, nel tentativo di farne una rubrichetta più o meno fissa.

venerdì 20 agosto 2010

To be true

Seppure in qualità di blogger io sia con ogni probabilità intimamente motivato da una qualche forma di esibizionismo, e sebbene il blog dovrebbe in qualche misura essere un diario personale, quando si tratta di parlare di me, mi (ri)scopro improvvisamente chiuso e introverso. Mi scanso, filtro, ometto, censuro, sorvolo, spesso rinuncio.

Queste ultime settimane sono però state davvero pese. Un lutto ad un parente acquisito ma molto vicino, rapporti tesissimi con una cara amica e per finire rivelazioni sconvolgenti (di cui avrei fatto a meno) da parte di una conoscente in merito all'ex marito (mio amico e persona che ho sempre considerato splendida, sotto ogni punto di vista), mi hanno profondamente turbato.

Non ne ho fatto menzione in queste pagine un pò per discrezione, un pò per riservatezza ma anche e soprattutto (ritenevo) per libero arbitrio. Il web è uno spazio virtuale, ognuno lo usa come meglio crede. Sono in molti quelli che mentono riguardo se stessi, consciamente o meno. Altri si ritagliano una dimensione tutta per loro nella quale riescono a realizzare avatar così riusciti che spesso rischiano di risultare più fedeli alla proiezione che idealmente hanno di loro stessi, di quanto siano riusciti a concretizzare nella vita reale.

Figurarsi se io non possa decidere di dire o non dire, mica si pongono questioni di coerenza o correttezza...
Però, non so com'è, mi sono sentito un pò insincero (con me stesso? Con chi legge?) ad andare avanti come se niente fosse coi miei argomenti "leggeri" mentre attraversavo diverse tonalità di tristezza, e questo sì, mi andava di condividerlo.
Tutto qui.

giovedì 19 agosto 2010

Forme di vita intelligenti nel calcio

Mi sorprende un minuscolo trafiletto su Repubblica:

In Lega Pro la squadra di calcio del Taranto vende a cinquanta centesimi i biglietti per i tifosi della Ternana: "Gli ospiti sono amici" è la motivazione.

Colpito, vado sul sito dell'AS Taranto Calcio e leggo questa nota:

"Ritenendo il calcio, come lo sport in generale, ambasciatore di tutta una terra e avendo preso con orgoglio in carico l’onore e l’onere di rappresentare la dignità e l’orgoglio di questa splendida città, la AS Taranto Calcio intende riproporre per la stagione sportiva 2010/2011 i gesti di concreta amicizia e di fraterna accoglienza riservati ai tifosi ospiti dello scorso anno.

Il progetto calcio di Enzo D’Addario ha tra i suoi principali obiettivi quello di fare del pallone un biglietto da visita per questa splendida terra e un volano per la sua promozione. A tal fine il presidente D’Addario è orgoglioso di accogliere una società dall’indiscusso blasone come la Ternana offrendo ai tifosi rossoverdi la possibilità di acqustare i tagliandi per il Settore Ospiti alla cifra simbolica di 0.50 euro. Ciò con l’auspicio che il rettangolo di gioco possa davvero diventare non solo teatro di un serrato confronto agonistico, ma anche strumento per creare condizioni di scambio culturale e reciproco rispetto tra terre."

Chapeau!

Fratelli coltelli

Posto una bella intervista di Antonio Gnoli a Giorgio Bocca, in occasione dei suoi 90 anni. L'ha pubblicata Repubblica (ma solo sul quotidiano, non sulla versione on line del giornale) e mi sembrava opportuno riprenderla, quale nitida fotografia dei tempi moderni scattata da uno che usa la sua memoria storica per una feroce analisi del nostro presente e per tirare un pò le somme della sua esistenza.
E' un pò lunga, ma non sono riuscito a linkarla dal sito attraverso il quale ho recuperato il testo (micciacorta.it).


Giorgio Bocca: "Non sapevo fare altro sono diventato giornalista"

Ha attraversato la storia d´Italia raccontandola con articoli e libri che hanno segnato un´epoca
A fine mese compie 90 anni: "Oggi mi sento rassegnato siamo un Paese senza redenzione"

MILANO. A fine mese Giorgio Bocca compirà 90 anni. Sul lungo tavolo del suo studio
intravedo le bozze del nuovo libro che uscirà a settembre per la Feltrinelli. Sbircio il titolo:Fratelli Coltelli, l´Italia che ho visto e ho raccontato, 1945-2010. Le mani di Bocca sfiorano quel grosso plico. È come se lì dentro si raccogliesse la parte fondamentale della sua vita, nelle diverse espressioni: come provinciale, partigiano, giornalista, scrittore, moralista. Quante cose ci sono in quest´uomo che ha conservato lucidità di ragionamento, amarezza, indignazione per il modo in cui le cose sono andate a finire e quel tanto di nostalgia che nel nostro lungo incontro torna come una donna che non si riesce a dimenticare.

Siamo più fratelli o coltelli?
«Nei momenti difficili, quando tutto sembra perduto, l´italiano ritrova la solidarietà e la partecipazione alla vita civile. Siamo un popolo che riscopre il valore nell´eccezione. Mettilo nella normalità ed è il peggiore della terra».
«Abbiamo forse una soglia dell´etica molto alta. Io ho avuto la fortuna di scoprirla grazie all´impegno partigiano e al Partito d´Azione. Era l´epoca dei condannati a morte della resistenza. Gente che scriveva alle famiglie dicendo: "domani mi fucilano, ma state tranquilli ce la faremo a realizzare un´Italia migliore". È incredibile cosa veniva fuori da quelle
esistenze».
Cos´è per lei l´etica?
«Semplice: non rubare, non mentire, insomma essere onesti. Sono virtù evangeliche da
applicare nello studio, nella professione, nella vita».
Lei ha studiato giurisprudenza.
«Non l´ho finita, mi mancavano tre esami».
Voleva fare l´avvocato?
«Era una scelta provinciale. Ma cosa avrebbe dovuto fare uno di Cuneo? Poi arrivò la guerra partigiana che scompigliò i progetti».
C´era il fascismo.
«A Cuneo non fu una cosa feroce. Sembrava di vivere in un piccolo mondo di cartapesta e la sensazione che provai nel momento in cui mi si offrì l´opportunità di uscire da questa Italia finta fu straordinaria».
Come maturò la sua decisione?
«Fu un processo lento che iniziò con il corso del 1939 di allievo ufficiale alpino. Lì incontrai i primi intellettuali antifascisti e scoprii improvvisamente il significato delle parole democrazia e libertà».
Quella democrazia alla quale aspirava si è realizzata?
«Solo in parte. Se guardo l´Italia di oggi, mi appare irriconoscibile rispetto a quella che uscì dai valori della resistenza».
Non c´è un po´ di retorica?
«La memoria si serve anche di un pizzico di retorica. Arrivo a dire che quella Italia era povera e onesta perché c´era poco da rubare. L´Italia del capitalismo avanzato e dei giochi della finanza è una fabbrica di beni, un emporio di mercanzie che in molti vogliono saccheggiare».
Trova detestabile il consumismo?
«Nella maniera più assoluta. La provincia e la guerra partigiana mi hanno insegnato ad essere essenziale».
Anche la sua prosa giornalistica è asciutta, essenziale appunto.
«Il giornalismo è quello che vedi, ma anche quello che hai già nella testa».
Perché ha scelto questo mestiere: per vocazione, per caso, per necessità?
«Fu vocazione totale. Ma nel senso peggiore. Cioè di chi non sa fare nulla di diverso. Quindi fu anche una necessità e il caso, infine, ha voluto che io diventassi giornalista».
Quanto conta il caso nella vita delle persone?
«Il caso fortunato ti arriva due o tre volte nella vita e devi essere pronto a riconoscerlo.
Altrimenti starai fino alla fine dei tuoi giorni a pentirti. Io lo incontrai con il giornalismo e il Partito d´Azione. Se non coglievo l´occasione sarei rimasto a Cuneo tutta la vita, a giocare a bigliardo e a fare, se mi andava bene, l´avvocato».
Cos´è scrivere per lei?
«Eseguire un compito senza orpelli».
Chi sono gli scrittori che le piacciono?
«Hemingway, Calvino, Fenoglio. Non mi piace Pavese».
Ha mai desiderato scrivere un romanzo?
«Non ne sarei capace. Ho anche, in un paio di occasioni, provato a scriverne, ma alla seconda pagina mollavo. Non capisco la finzione. Per quanto io possa aver praticato una scrittura saggistica, vicina alla forma del romanzo, non sono mai riuscito a entrare nel genere».
Scrivere è raccontare quello che si vede?
«Sì, non credo all´inventato».
Non prova nessuna attrazione per l´invisibile?
«Se resta tale no».
Anche se l´invisibile prende il nome di Dio?
«Per il mio spiccato senso pratico mi ha sempre infastidito questo Dio nascosto che non si fa vedere. Ma fatti vedere! Fatti riconoscere! Mi verrebbe da dirgli».
Un credente le replicherebbe che è un problema di fede.
«La fede è un sentimento poco razionale e difficilmente difendibile con argomenti fondati.
Quando vedo nell´universo rotolare senza alcun senso dei globi, la disperazione mi avvinghia. E mi chiedo: "ma che razza di mondi ha creato questo Dio?" E non hai nessuna risposta convincente davanti alla scoperta che solo da noi c´è vita, mentre in tutto il resto dell´universo c´è solo ammoniaca e metano».
Che definizione darebbe di sé?
«Oscillo tra alcuni aspetti di me che ritengo nobili e altri abitudinari e provinciali».
Concretamente cosa significa?
«Sono uno che quando c´era da fare la guerra partigiana l´ha fatta. Ma sono anche attaccato ai soldi e al mangiar bene. Sono abitato da piccole pigrizie mentali. Insomma c´è in me un lato grigio col quale convivo».
Non è colorabile?
«Direi di no, visto che non ci sono riuscito in tutti questi anni».
Ma questo attaccamento ai soldi è un po´ curioso in una persona che non si è mai lasciata condizionare da niente. Non trova?
«Per i soldi sono semplicemente prudente. Però vedo anch´io la contraddizione: sono un mix di alte qualità e di mediocrità».
Abbiamo tutti qualcosa di mediocre.
«Ma io parlo per me. Non ho scelto di essere eroico quando l´occasione si è presentata. Sono stato costretto a comportarmi da eroe. Voglio dire che l´occupazione tedesca è stata per me una manna, mi ha obbligato ad essere coraggioso».
È stata dura la guerra partigiana?
«Dura e insieme una straordinaria e meravigliosa vacanza».
Che cosa le ha insegnato?
«Ho capito che ero negato al comando degli uomini. Ho fatto molte missioni rischiose. Alcune le ho dirette. Ma è stata una grande sofferenza sapere che da una tua decisione dipendeva la vita di altre persone».
Cos´è che non le piace del comando?
«La finzione e i rituali che il potere innesca. Sono sempre fuggito dal potere, dai suoi condizionamenti, dai suoi compromessi. Meglio la libertà dai vincoli».
Quanta anarchia c´è in questa affermazione?
«Molta. L´intollerabilità alla disciplina era in me un fatto spontaneo. Il che non mi ha impedito,
da buon piemontese, di fare sempre il mio dovere, anche nelle situazioni più difficili».
Ha mai provato il sentimento della paura?
«Tantissime volte. Sia nella guerra partigiana che in quelle in cui andavo come inviato. Ricordo che durante la "Guerra dei sei giorni", nel bel mezzo di una tregua, ci spingemmo con una camionetta sino al Canale di Suez. Dormivamo sulla sabbia in un freddo terrificante, quando gli egiziani, dall´altra parte del Canale, cominciarono a spararci colpi da mortaio. Non è stato piacevole».
Cosa prova oggi davanti a quegli episodi?
«Mi fanno ripensare soprattutto alla mia immoralità. Avevo una moglie e una figlia. Ma per il giornalismo ero disposto a piantare tutto e andare via per mesi. Rischiando la pelle, spesso inutilmente. Quando ero a Saigon, uscivo la sera. Il portinaio dell´albergo cercava di dissuadermi: "non esca, o perlomeno non si porti molti soldi, in giro ci sono solo ladri, puttane e assassini" diceva. Ma io sono sempre stato un uomo di rischio e il gioco per me era di non avere paura della paura».
Lei ha raccontato questo paese in lungo e in largo. Con speranza, delusione, rabbia. Si può dire che con gli anni Sessanta comincia la grande trasformazione?
«Per me l´Italia è cambiata nel momento in cui sono diventato vecchio. Prima di allora ho sempre coltivato la speranza che questo paese attraverso i suoi uomini migliori ce la potesse fare. Ora ho l´impressione che siamo finiti nella merda. Gente che ruba, gente che sta al governo ed è intrinseca al potere mafioso. I romanzi spesso raccontano di dannati che alla fine si redimono. Qui non vedo nessuna redenzione».
La causa?
«Il fattore principale è l´abbondanza. C´è ancora molto da rubare».
La scopriamo pauperista?
«Non sono religioso, ma come insegna il Vangelo la povertà non è un difetto. Un po´ di castità e di risparmio farebbe bene alla nostra società. E anche un po´ meno televisione, che ha contribuito a questa mutazione antropologica, per cui gli italiani sono diventati irriconoscibili».
Lei guarda la televisione?
«Purtroppo sì, la sera mi metto davanti allo schermo».
Si indigna?
«No, provo un senso di schifo. Se fossi più giovane troverei le ragioni di combattere e di sperare nuovamente. Ma sono vecchio e mi sento molto rassegnato».
Ma cos´è questa vecchiaia che la incatena?
«È non avere più la forza necessaria. Il che per uno che è stato sempre molto attivo è una bella seccatura».
Tutto qui?
«È anche il prosciugarsi dei desideri. Quando ero giovane prima di addormentarmi conquistavo sempre un impero. Adesso al massimo conquisto un po´ di sonno».
Sogna?
«No, almeno non ricordo e quelle poche volte che accade sono sogni strani, quasi degli incubi. Ma non mi preoccupo più di tanto. La sola cosa che rimpiango è l´assenza del desiderio. Non sono più giovane, non ho appetito, le donne non mi interessano più. Capisce? Tutto è diventato molto noioso».
Però scrive.
«È vero, almeno da quel lato mi è andata bene. Non mi sono rincoglionito».
E Dio - per tornare sull´argomento - lo ha proprio escluso del tutto?
«È lui che ha escluso me. Capisco il bisogno di cercarlo. Ma non capisco tutta la fatica che ci vuole. Sono amico di alcuni teologi, ma non mi hanno convinto della necessità di cercare questo Dio nascosto. Ci sarà anche, ma se devo fare una fatica così grande per trovarlo, ne faccio a meno».
Cosa prevede per i suoi novant´anni?
«Ho un po´ paura dei festeggiamenti. Li trovo ridicoli. E poi non sai mai se quello che ti accade intorno sia sincero oppure no. Di cosa dovrei rallegrarmi? Sono un giornalista al tramonto, il cui mestiere - per come lo svolgevo - è morto. Non avrei del resto più la forza per giustificarlo».
Senza retorica, lei rimane un grande giornalista.
«Sa, il giornalismo non è come la filosofia o la religione, alle quali ti puoi attaccare anche quando sei sul letto di morte. Comunque meglio che se mi dicessero: sei stato un fesso».
Lei è davvero così burbero e di poche parole come pensa larga parte di chi la conosce?
«Nell´intimo, diciamo affettivamente, mi sento un napoletano. Se appaio burbero e di poche parole è perché a volte mi sento a disagio».
Un timido?
«Diciamo un piemontese dal carattere un po´ difficile».

mercoledì 18 agosto 2010

Album o' the day / Hole, Live through this (1994)

L'otto di aprile del 1994, pochi giorni prima che uscisse questo album, Cobain si tolse la vita, due mesi dopo fu il turno di Kristen Pfaff, la bassista delle Hole a lasciare questa valle di lacrime per un overdose. Precedentemente, alla Love e al marito era stata sottratta la figlia Frances a causa delle loro dipendenze da droghe.

Ad ascoltarlo oggi Live through this (e quale titolo poteva essere più azzeccato) suona come una spugna che ha assorbito tutto quel dolore, tutte quelle tensioni. E anche come un'opera contestualizzata ad un periodo definito, ad uno stile(il grunge ) al tramonto.
Eppure si fa ancora apprezzare per la qualità delle composizioni, il tiro dei pezzi veloci (che di certo pagavano dazio ai Nirvana) come la dilaniante Violet posta in apertura o Plump, She walks on me, Gutless, le atmosfere più intime di Doll parts e Softer, Softest o il crescendo drammatico di I think that i would die.

Ad ascoltarlo oggi lo si può definitivamente giudicare per quello che è, cioè un buon disco rock che resiste al tempo, e lasciare finalmente riposare i fantasmi che gli si agitano dentro.

martedì 17 agosto 2010

Blogfest

Ogni tanto un'occhiata di aggiornamento a Macchianera bisogna darla (il link è fianco, nella colonna blog), che qualcosa di interessante si trova. A sto giro, tra l'altro, si rammenta la raccolta di candidature per il Blogfest del 2010, manifestazione che premia i migliori blog italiani.

La notizia, almeno per me, non sta tanto qui, perchè non sono attratto nè in modo propositivo (cioè votare per qualcuno) nè in modo passivo (cioè fare pubblicità al mio spazio) alla cosa, ma a sfrucugliarmi sono i dettagli della premiazione, che, ancora una volta, illuminano un incredibile universo di menti geniali nascoste dietro incredibili pseudonimi e keyboards di piccì.

La porta sul mondo di questi scrittori si spalanca attraverso una suddivisione degli spazi in varie categorie, proprio come per i festival cinematografici. E proprio come per gli Oscar, accanto al miglior film (blog) e al miglior attore protagonista (blogger) , appaiono poi in sequenza tutte le altre categorie, ordinate per aree di interesse.

Qui, per darvi un idea, ci sono tutti i premiati del 2009. Tra gli altri è possibile celebrare il miglior blog cinematografico , musicale, letterario, giornalistico, erotico (quattro su cinque scritti da donne), e anche il miglior post dell'anno.
C'è da perderci un pò di tempo, lo so, ma mi sembra ne valga la pena.


Se volete partecipare alle votazioni 2010 potete esprimere la vostra candidatura fino al 2 settembre (
qui il post ufficiale).

Pagherò

Linko un articolo del Corsera su un fenomeno di cui si parla poco, ma che è estremamente preoccupante: quello dell'indebitamento delle famiglie italiane.
Da tempo ormai, rispetto ai sacrifici profusi dai nostri genitori, i debiti non li facciamo più per l'acquisto della prima casa (e al massimo per l'auto), ma per il superfluo, che è diventato essenziale con il mutamento della società che ha imposto nuovi "bisogni", nell'ottica di un trionfo del consumismo più sfrenato.
L'analisi di questi dati sembrerebbe prefigurare un'Italia non lontanissima dalla crisi argentina di qualche anno fa e questo, proiettando l'analisi al 2017-2018, primi anni in cui ai neo pensionati sarà pagato circa il 20-30% in meno rispetto alla percentuale delle pensioni attuali, mette seriamente i brividi rispetto alla tenuta sociale del paese.

Italiani sempre più indebitati: nel 2009 la media è salita a 15.930 euro a famiglia

Indagine della Cgia di Mestre: dal 2002 (anno di introduzione dell'euro) al 2009 debiti cresciuti del 91,7%.
MILANO - Gli italiani sono sempre più indebitati. L'indebitamento medio delle famiglie ha toccato infatti, nel dicembre del 2009, i 15.930 euro. Lo rileva un'indagine di Cgia Mestre che ha preso in considerazione i debiti derivanti dall'accensione di mutui per l'acquisto della casa, dai prestiti per l'acquisto di beni mobili, dal credito al consumo, dai finanziamenti per la ristrutturazione di beni immobili. Rispetto al dicembre 2008, l'indebitamento medio nazionale delle famiglie consumatrici è cresciuto in termini assoluti di 863 euro.

LA CLASSIFICA - A livello provinciale le «sofferenze» maggiori sono a carico delle famiglie di Roma (22.394 euro), seguite da quelle di Lodi (22.218 euro) e da quelle di Milano (22.083 euro). Al quarto posto troviamo Trento (21.644 euro), di seguito Prato (21.442 euro), Como (20.695 euro) e via via tutte le altre. «Le province più indebitate - spiega Giuseppe Bortolussi segretario della Cgia di Mestre - sono quelle che presentano anche i livelli di reddito più elevati. È chiaro che tra queste famiglie in difficoltà vi sono molti nuclei appartenenti alle fasce sociali più deboli. Tuttavia, la forte esposizione di queste realtà, soprattutto a fronte di significativi investimenti avvenuti negli anni scorsi nel settore immobiliare, ci deve preoccupare relativamente».

lunedì 16 agosto 2010

Through the storm

Non è per lamentarmi eh (in realtà la ragione del post è esattamente quella), ma madonnina quanto vento, pioggia e freddo ho patito 'sto ferragosto (e anche la vigilia, per la verità)!
Poi venitemi a dire che la montagna rilassa...
Alla mia influenzucula non è parso vero di vincere cooosì facile. E' come se la vedessi che maramaldeggia tra intestino e bronchi indicandosi il numero di maglia sulla schiena coi pollici, come fanno alcuni calciatori dopo un gol importante.

Comunque, ready or not, oggi si torna a lavorare. Hai visto mai che l'aria viziata di Milano riesca dove quella pura e cristallina delle cime da cartolina ha fallito?

sabato 14 agosto 2010

Marchetta sentimentale / 2



Quelli del Mucchio hanno deciso, in corrispondenza con il numero estivo, di abbinare la vendita del mensile a quella di Extra, il trimestrale.
Ottima scelta per chi d'estate si (ri)avvicina alla lettura musicale di qualità (e non solo), un pò meno per chi vorrebbe acquistare una sola delle due riviste, perchè non si può averle separatamente.

Io era da tempo che mancavo l'appuntamento con entrambe le pubblicazioni, nonostante per un pò sia stato abbonato del Mucchio settimanale e fedele acquirente delle prime annate di Extra. Leggere ogni tanto le riflessioni di Stèfani, Guglielmi and co. fa sempre piacere (mentre farlo con continuità è forse un pò peso) e il supplemento trimestrale, con il suo profilo di retrospettiva musicale, è senza dubbio un giornale che non ha competitors in Italia grazie anche alla passione, all'indipendenza e alla competenza dello staff.

Vedete un pò voi.

venerdì 13 agosto 2010

STING
Symphonicities
Deustche Grammophone, 2010

Per chi ha amato i Police e almeno l'inizio della carriera solistica del loro leader, ogni uscita di Sting rappresenta l'ennesima prova della verità. E' proprio come sembra? Si è davvero esaurita la vena artistica del pungiglione? Detto per inciso, secondo il sottoscritto è da dopo Nothing like the sun che l'inglese non ne ha azzeccata più una e anche se di recente Sting ha tentato la strada della musica colta, accordandosi con la Deustche Grammophone e dando alle stampe un paio di dischi abbastanza pretenziosi, non mi sembra sia cambiato granchè, o che codesti lavori siano riusciti nell'impresa a raccogliere i consensi dei vecchi fans o di quelli storici dell'etichetta di musica classica.

Ma per tornare alla domanda in premessa, temo che nemmeno questo disco possa risollevare le sorti della carriera solistica di questa icona del rock, ma se parliamo di vendere qualche copia in più rispetto al recento passato, beh, magari quello sì.

L'idea di riprendere una manciata di classici e riproporli con un nuovo vestito non è esattamente nuova e anzi, assomiglia un pò al tipico grattare il fondo del barile, in questo caso se il progetto non naufraga del tutto è solo per la classe dell'operazione e per la voce di Gordon, almeno quella immutata e sempre carismatica.

L'album è aperto da Next to you dei Police, forse il brano meno adatto a subire un trattamento classicheggiante, e infatti la canzone è rovinata. Englishman in New York è invece perfetta, ma c'è da dire che già nella versione originale flirtava bene con sonorità più sinfoniche. Dopo aver sentito la versione di Johnny Cash, sentire Sting intonare (la sua) I hung my head suona contronatura, troppo aristocratica per una romanza di deriva e morte. Arrivano anche Roxanne (qui la pronuncia Oxfordiana del nostro raggiunge il suo zenith, mai sentito un "you don't have to put on the red light" così puuuliitooo). A metà durata subentra un pò di noia, ci si riscatta alla fine con una versione trasfigurata di Working for the black seam e lo swing che fa schioccare le dita di She's too good to me.

Tutto qui? Beh sì.


giovedì 12 agosto 2010

A quick one

Scusate, lo so, non è bello prendere e andarsene così, senza dire nulla. Quando però, sabato, alla fine di un estenuante tira e molla abbiamo finalmente deciso di farci qualche giorno last minute al mare, le cose da fare erano tante e tali da non trovare il tempo di scrivere due righe di post di saluto.
Anche a destinazione giornate pienissime. Basti sapere che mi ero portato appresso il lettore mp3 ma non ho avuto modo di ascoltare nemmeno una singola nota, preso com'ero, di giorno, a progettare e a costruire gigantesche dighe (altro che il MOSE, tsè!) sul bagnasciuga insieme a Stefano e di sera a trascinarmi stremato per lo struscio locale.

Ad ogni modo rieccomi. Più abbronzato (si vede eh?), un pò stanco ma soprattutto raffreddatissimo (gambe molli, mal di gola, testa pesante...non manca nulla).
Diamine, ormai sta diventando una fastidiosa abitudine l'influenzina di mezza estate.
Mi potrei concedere altri due-tre giorni in montagna, ma le passeggiate in alta quota col naso che cola e lascia una traccia tipo Pollicino con le molliche di pane non mi sembra il massimo. E lunedì si torna a lavorare.

lunedì 9 agosto 2010

People first


Pellicola del 2004 apprezzabile per l'aspetto particolare che mette in scena, nell'ambito del mondo del lavoro, rispetto alla gestione delle risorse umane una grande impresa.

In una ipotetica azienda italiana appena acquisita da una multinazionale francese infatti, si pone il problema di liquidare un certo numero di esuberi, facendo meno clamore possibile e soprattutto senza allarmare i sindacati. Viene scelto per questo compito un dipendente della formazione (interpretato da Giorgio Pasotti) che inizialmente accetta l'incarico per ambizione. Le condizioni poste sono però rigide e vincolanti: o riuscirà a convincere tutti gli esuberi a lasciare l'azienda (con una modesta buonuscita) oppure, anche se dovesse mancare l'obiettivo di un solo dipendente, avrà fallito.

Come spesso capita, il film parte bene, poi si perde un pò, mano a mano che aumentano i dubbi esistenziali del protagonista e che la narrazione si occupa più di lui e meno della sua missione. Per lo stesso ragionamento, le parti migliori sono dunque quelle che si svolgono all'interno dell'azienda, con le dinamiche classiche degli uffici, le relazioni interpersonali, i gossip sui colleghi, gli slogan aziendali, le invidie, le personalità che cercano di emergere, i colloqui di Pasotti con i lavoratori.


I personaggi di contorno sono un pò troppo caricaturali (il collega bauscia, il francese stronzo, la segretaria fricchettona),ma finchè il gioco regge, il risultato è sicuramente godibile, ben sospeso tra il tono drammatico e quello leggero.

Probabilmente io l'ho apprezzato anche perchè nel periodo in cui l'ho visto stavo passando una situazione identica nella mia azienda, con colloqui serrati al personale per esodi volontari e via dicendo. La scena in cui il personaggio di Pasotti riceve il sindacalista cinquantenne, vestito da sindacalista cinquantenne(quindi male), che gli fuma in faccia mentre gli dice serafico che "va bene le offerte di incentivo ma occhio a non intimidire la gente", mi ha strappato un sorriso di identificazione.

Di completamente sbagliato, se proprio vogliamo, c'è il titolo della produzione, molto poetico, ma che porta fuori strada rispetto ai contenuti principali del film.

P.S. Il titolo del post riprende (l'ipocrita) slogan della multinazionale francese della storia.

domenica 8 agosto 2010

Album o' the day / Death, Symbolic (1995)


Felicità è: scoprire classiconi dell'heavy metal che ancora non avevi ascoltato.
I Death in particolare meritano di entrare con Symbolic nel novero dei dischi di genere più importanti di sempre, in virtù di un sound brutale, ma ascoltabile, almeno per i miei standard.
It's never too late lo learn...

sabato 7 agosto 2010

La sera leoni...

Vi ricordate del cameo di Mike Tyson ne Una notte da leoni? L'avevate trovate anche voi un pò rinco? Ecco.

Mike Tyson ha ammesso di aver preso parte al film 'Una notte da leoni' (2009) solo per pagarsi la droga. In diretta radiofonica da una stazione di Las Vegas, l'ex campione del mondo dei pesi massimi ha confessato il suo vizio, l'ennesimo in una vita di scandali, dipendenze, abusi e follie di ogni genere. "Non immaginavo che il film avrebbe vinto il Golden Globe e incassato così tanto ai botteghini. Pensavo solo a quanta roba avrei potuto comprare con quei soldi". E invece, quel bizzarro quanto indimenticabile cameo ha regalato a Tyson un posto accanto alla stella dei Beatles, Paul McCartney, durante la notte dei Golden Globe. "Ora sono pulito", ha ammesso iron Mike. Un profondo cambiamento segnato dalla tragedia che lo ha colpito a maggio del 2009, con la morte della piccola figlia Exodus a causa di un incidente domestico. "Sono una persona nuova. Conduco una vita molto ritirata. Ora mi piace stare con i miei figli e mia moglie. Questa è l'unica cosa che mi tiene coi piedi per terra".


Da Trovacinema di Repubblica

venerdì 6 agosto 2010

The devil's bread


IL PAN DEL DIAVOLO
Sono all'osso
La Tempesta, 2010


Scalciano, strepitano e reclamano spazio per la loro urgenza comunicativa Pietro e Gianluca, in arte i "Il Pan del Diavolo" (splendido nome per una band, tra l'altro). Lo fanno essenzialmente con due chitarre (una è a dodici corde) e, occasionalmente, una gran cassa.
Se è vero che negli esordi discografici si tirano fuori tutti i riferimenti che hanno contribuito alla formazione personale di un musicista, beh qui mi sento di chiamare in causa Joe Strummer, Rino Gaetano, i Suicide, Edoardo Bennato, i Pogues e anche Fred Buscaglione. Spesso ammassati uno addosso all'altro ad imprecare e darsi di gomito, un pò brilli ma felici di essere stati traghettati nel nuovo millennio da questo impertinente duo di Palermo.

Chiaro, non tutti i brani sono esenti da pecche. Qualcuno (Pertanto, Bomba nel cuore, Il boom, Centauro, Sono all'osso, Università, Blu laguna, Ciriaco e la meravigliosa ninna nanna "storta" Scarpette a punta) è uscito più col buco di altri, mentre alcuni alternano buone intuizioni a cali di tensione, ma considerando l'età dei musicisti (20 anni ciascuno), trovo senza ombra di dubbio questo esordio sulla lunga distanza (è stato preceduto da un EP), molto più che incoraggiante per il futuro dei due.

P.S. Non mi dilungo mai sulle label, ma non si può non celebrare La Tempesta, che in pochi anni d'attività (una decina) è riuscita a radunare e a dare voce ai migliori (vecchi e giovani) artisti della musica indie italiana (Teatro degli Orrori, Moltheni, Le luci della centrale elettrica, Giorgio Canali e altri).
Complimenti sinceri. Continuate così.
Lo stesso augurio vale ovviamente per Il Pan del Diavolo.


giovedì 5 agosto 2010

We gotta go back! (cit)

E' un pò che volevo segnalare questo piccolo libro, uscito abbastanza anonimamente nel 1999, per mano di Lewis Shiner, scrittore poco noto che nasce autore di fantascienza.
Visioni rock (Glimpses: a novel, in originale) ha però il pregio di aver assecondato il trend (Hornby ed epigoni) del raccontare la passione per la musica rock estrapolandola dai toni e dai tomi ad uso esclusivo degli espertoni un pò sfigati, ed avvicinarla (o almeno tentando di farlo) al grande pubblico, attraverso la forma popolare del romanzo.


La storia in breve, verte su un ingegniere del suono quarantenne (con, ovviamente, vita sociale in frantumi), che scopre di avere il potere di spostarsi nel tempo ed intervenire nei momenti topici della vita dei più grandi artisti del rock, avendo quindi la possibilità di condizionarne le scelte (esistenziali o semplicemente artistiche) che li hanno condotti a conseguenze negative. Le rockstar con le quali l'alter ego di Shiner riesce ad interagire (con esiti che non anticipo) sono Brian Wilson dei Beach Boys, Jim Morrison e Jimi Hendrix.


L'espediente narrativo funziona, e riesce a ricostruire un contesto (l'artista nel suo periodo di massima espressione) da un punto di vista originale (l'uomo che viene dal futuro e dunque sa) ed appassionante. Le parti che riguardano la vita reale del protagonista sono invece piuttosto mediocri e prevedibili, solo funzionali alla struttura globale del racconto e il lettore si trova di conseguenza a viverle attendendo con impazienza il "viaggio successivo" (un pò come si fa con i dialoghi tra una scena di sesso e la successiva, in un porno).


Non un capolavoro, ma da riscoprire. Ideale per la stagione in corso.


mercoledì 4 agosto 2010

Album o' the day / Tricky, Blowback (2001)


Forse non è il disco migliore di Tricky (di certo è quello con la copertina più coooolll), ma a differenza di altri lo si riprende volentieri, e poi ha bel giro di ospiti.
Alanis Morisette che gorgheggia nella open track Excess, tre quarti dei Red Hot Chili Peppers che imprimono il loro sound a Girls (Frusciante/Kiedis) e a #1 Da woman (Flea), addirittura Cindy Lauper che alza la cresta su Five Days.
Per il resto ritmiche ossessive, atmosfere da post millennium tension e tanta cannabis.
E' un disco di Tricky, no?

martedì 3 agosto 2010

Ajeje Brazov 2.0


Stamattina ho portato la macchina dal meccanico e ho dovuto prendere il treno per arrivare al lavoro. Il fatto che l'officina aprisse alle 9, oltre alla riduzione del numero dei convogli per i pendolari durante il mese d'agosto, ha drasticamente ristretto la possibilità di partire ad un ora decente.
Il primo utile era infatti previsto alle 9:40, il che mi avrebbe condotto a destinazione con un ritardo folle.

Per questo, una volta lasciata l'auto, visto che proprio mentre entravo in stazione alle 9,10, stava fermandosi un treno per la Centrale in ritardo di una mezzora sul programmato(8:50), ci sono saltato sopra al volo. Senza biglietto.

Una volta su, mi piazzo con circospezione nell'inframezzo dei vagoni e comincio a comportarmi da clandestino, osservando febbrilmente a destra e sinistra per monitorare a mò di vedetta l'eventuale arrivo di un uomo in divisa grigia con cappello d'ordinanza. Alla fine,nonostante un paio di falsi allarmi da panico, riesco a sfangarla.

Mentre ero lì con le palpitazioni mi è però tornato in mente di quell'altra unica volta nella mia vita in cui sono salito su di un mezzo pubblico senza biglietto.
Quindicenne, avevo passato il pomeriggio nel reparto metal del negozio di dischi Mariposa, a Milano. Ne ero uscito che era buio pesto, con sottobraccio The Last Command degli Wasp e senza una lira in tasca.
Giunto a Lambrate mi sono buttato sul primo treno per casa incrociando le dita.Ovviamente,SUBITO DOPO DI ME è salito il controllore.
Ne è seguita una scena tragicomica alla Ajeje Bravoz, conclusasi però senza fuga e con un compassionevole "per oggi lasciamo perdere, vah" da parte del controllore.

Per fortuna oggi non sono stato costretto a replicare quella patetica manfrina. Visto il pessimo periodo, si sarebbe sicuramente conclusa in maniera diversa.