STING
Symphonicities
Deustche Grammophone, 2010
Per chi ha amato i Police e almeno l'inizio della carriera solistica del loro leader, ogni uscita di Sting rappresenta l'ennesima prova della verità. E' proprio come sembra? Si è davvero esaurita la vena artistica del pungiglione? Detto per inciso, secondo il sottoscritto è da dopo Nothing like the sun che l'inglese non ne ha azzeccata più una e anche se di recente Sting ha tentato la strada della musica colta, accordandosi con la Deustche Grammophone e dando alle stampe un paio di dischi abbastanza pretenziosi, non mi sembra sia cambiato granchè, o che codesti lavori siano riusciti nell'impresa a raccogliere i consensi dei vecchi fans o di quelli storici dell'etichetta di musica classica.
Ma per tornare alla domanda in premessa, temo che nemmeno questo disco possa risollevare le sorti della carriera solistica di questa icona del rock, ma se parliamo di vendere qualche copia in più rispetto al recento passato, beh, magari quello sì.
L'idea di riprendere una manciata di classici e riproporli con un nuovo vestito non è esattamente nuova e anzi, assomiglia un pò al tipico grattare il fondo del barile, in questo caso se il progetto non naufraga del tutto è solo per la classe dell'operazione e per la voce di Gordon, almeno quella immutata e sempre carismatica.
L'album è aperto da Next to you dei Police, forse il brano meno adatto a subire un trattamento classicheggiante, e infatti la canzone è rovinata. Englishman in New York è invece perfetta, ma c'è da dire che già nella versione originale flirtava bene con sonorità più sinfoniche. Dopo aver sentito la versione di Johnny Cash, sentire Sting intonare (la sua) I hung my head suona contronatura, troppo aristocratica per una romanza di deriva e morte. Arrivano anche Roxanne (qui la pronuncia Oxfordiana del nostro raggiunge il suo zenith, mai sentito un "you don't have to put on the red light" così puuuliitooo). A metà durata subentra un pò di noia, ci si riscatta alla fine con una versione trasfigurata di Working for the black seam e lo swing che fa schioccare le dita di She's too good to me.
Tutto qui? Beh sì.
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