lunedì 30 gennaio 2023

The menu (2022)

Julian Slowik è uno degli chef più esclusivi e ricercati del mondo. Le liste d'attesa per sedersi al tavolo del suo esclusivo ristorante (che è l'unica costruzione su di una piccola isola) sono infinite, per non parlare dei costi. La sua cucina è dunque esclusivo appannaggio di vip e miliardari. Tyler non appartiene a queste categorie, ma è un fanatico di alta cucina e riesce a prenotare un tavolo per se stesso e un'accompagnatrice, ferocemente intenzionato ad assaporare ogni singolo grammo di quelle prelibatezze. Ma il mega chef ha ben altri piani per i suoi commensali.

Vero è che, dopo il successo di programmi come Masterchef, da allenatori della nazionale siamo diventati tutti chef, e che l'arte culinaria si è presa uno spazio popolare impensabile fino a non molti anni fa. Ne consegue che anche il cinema, con modalità differenti, abbia acceso un grosso faro su questo ambito. The menu se ne occupa tuttavia in un maniera originale, in modalità grottesca con tinte ironicamente horror, mettendo alla berlina sia i fanatici radicali dei piatti esclusivi che i VIP, i critici e gli straricchi annoiati, che se ne fregherebbero anche della sofisticatezza delle pietanze, ma devono rispondere alle stringenti regole dello status quo.

E pur tuttavia, il film è anche, decisamente, altro. Il regista Mike Mylod (non esattamente un esordiente, ma con solo tre film - di cui due comici/demenziali - al suo attivo), riesce a confezionare un'opera che coglie nel segno di un cinema che intrattiene facendo pensare. Lo fa aiutato da un bel cast: la protagonista, ormai prezzemolino, Anya Taylor Joy, il bravissimo Nicholas Hoult, ma anche John Leguizamo e Janet McTeer. Discorso a parte merita Ralph Fiennes, attore per cui ho perso la testa ai tempi di Strange days e che purtroppo non ha avuto in seguito una carriera di pari livello, che in questo ruolo glaciale appare finalmente perfetto e totalmente a suo agio. I suoi improvvisi battiti di mano, visti al cinema, hanno fatto sussultare la sala, ed ancora oggi, a distanza di mesi dalla visione, danno l'impressione di poter diventare una sequenza, sebbene di un piccolo film, che resterà di culto.

Insomma a me il film è piaciuto molto, è la classica pellicola che ha molteplici piani di lettura ma che può anche divertire per quello più immediato e fruibile, grazie al livello di messa in scena, montaggio e ritmo, o per il suo messaggio più forte: la ricerca della felicità perduta. 

lunedì 23 gennaio 2023

Il ritratto del Duca

Kempton Bunton è un pensionato inglese della periferia di Newcastle, nell'Inghilterra operaia degli anni sessanta. Idealista e sognatore, scrive drammi a sfondo sociale e cerca di coinvolgere tutti nelle sue battaglie a favore dei più deboli. Lilya, la moglie, sta a servizio in una famiglia aristocratica, un figlio vive in casa con loro, mentre il maggiore è fuori di casa. La famiglia ha subìto nel passato un terribile lutto: la morte dell'unica figlia all'età di diciotto anni. Lilya malsopporta le attitudini creativo-rivoluzionarie del marito e quindi stringe con lui un patto: Kempton farà un ultimo tentativo di farsi ascoltare dal parlamento inglese, e se non ci riuscirà, egli dovrà porre fine ad ogni velleità. Nei due giorni in cui il marito tenterà di persuadere l'elite politica inglese a Londra succederà però qualcosa che cambierà drasticamente la situazione della famiglia.

Sullo spunto di una storia vera, il regista Roger Michell (i cui più rilevanti riscontri commerciali risalgono a vent'anni fa con Nothing Hill ed Ipotesi di reato) mette in scena una commedia con sprazzi di dramma che vede nei due protagonisti principali, Jim Broadbent (Kempton) ed Helen Mirren (Lilya), i mattatori dell'opera. Il film ha il ritmo giusto, il classico british humor e fino a qui sarebbe archiviabile sotto la voce "carino". 

Non fosse che Il ritratto del Duca ha l'abilità di toccare dei temi quali anarchia, socialismo e lo strisciante razzismo dell'epoca, non banalissimi quando si tratta di un film commerciale e, siccome a pensar male si fa peccato ma spesso ci si prende, deve essere stata questa la vera ragione per cui la censura americana ha imposto ad una pellicola leggera e divertente un divieto di visione ai diciassette anni (!!!) per presunte scene contenenti "linguaggio inappropriato e sessualità", laddove la sessualità si risolve in un'unica scena, perfettamente coerente con la narrazione, di un amplesso consumato con i due amanti vestiti di tutto punto. Siamo d'accordo invece sul rischio che correrebbero le giovani menti americane nel sentir parlare di collettività, solidarietà e "io sono voi e voi siete me". 

In ultima analisi, probabilmente, il film mi è piaciuto più del suo reale valore anche perchè Kempton (un misurato e spassoso Jim Broadbent) mi ha ricordato mio padre quando si metteva a discutere con il droghiere sulla disonestà dei prezzi esposti e io gli chiedevo che ragione ci fosse per fare caciara quando sarebbe bastato andare da un'altra parte. Ogni volta lui rispondeva che era invece necessario farsi sentire, mettere il disonesto di fronte alle sue responsabilità, non lasciare cadere la cosa. Ed era così per ogni questione, ovviamente a partire da quelle più serie. 

La forza dirompente de Il ritratto duca sta tutta qui: un buon film di genere che fa passare un messaggio politico forte con misura, sentimento e leggiadria.

lunedì 16 gennaio 2023

Dropkick Murphys, This machine still kills fascists (2022)


Nonostante lo sconfinato amore per i Pogues (titolo e primi post di questo blog sono dedicati proprio a loro) ho sempre faticato ad appassionarmi ai gruppi che stilisticamente venivano a loro associati. Il caso più clamoroso di questa distanza è proprio verso i Dropkick Murphys, forse i più noti "eredi" della band di Shane MacGowan, al cui ascolto mi sono diligentemente applicato senza tuttavia riuscire ad raggiungere mai l'epifania necessaria, nonostante la chiara appartenenza al vasto bacino combat-folk della band americana, e pertanto continuando a "rispettare da lontano" questi debosciati from Boston.

This machine still kills fascists cambia tutto. La band, temporaneamente orfana del cantante Al Barr (assente per accudire la madre malata), si dedica ad un disco prevalentemente acustico, che viaggia tra atmosfere traditional irish, country e protest songs, e lo fa grazie alla collaborazione con Nora Guthrie (figlia del leggendario Woodie), che gli ha messo a disposizione il vasto repertorio di scritti e canzoni inedite del padre. Se pensiamo che in passato anche i Wilco assieme a Billy Bragg avevano fatto la stessa operazione con ben due album, Mermaid avenue I e II del 1998 e del 2000, cominciamo ad avere un'idea della profondità dell'eredità artistica inedita (oltre a quella edita) lasciata dall'imprescindibile Guthrie. In questo caso il cordone ombelicale è talmente solido, il posizionamento politico talmente netto, da indurre i DM a riprendere, nel titolo del disco, la celebre scritta che Guthrie aveva impresso sulla sua chitarra e che mostrava sempre a favore di fotografi. 

In un parallelo con le moderne crisi sociali, i Dropkick Murphys ci proiettano idealmente nella Great Depression americana, quando, a causa del Wall Street Crash e dei cambiamenti climatici (le tempeste di sabbia che colpirono varie aree rurali degli States) milioni di americani del midwest (chiamati con disprezzo oakies) emigrarono verso ovest alla ricerca di una vita migliore e trovarono invece sfruttamento, disperazione e violenza, spesso perpetrata dalla Polizia, al soldo del capitale invece che al servizio della gente comune. 

L'incipit del disco omaggia come meglio non si potrebbe, sia in ambito stilistico (il "boom chicka boom") che lirico (una classicissima prison song) l'uomo in nero Johnny Cash cui questa Two 6's upside down sarebbe piaciuta tanto quanto a me. Quando un disco raggiunge il suo scopo ha la capacità di immergerti immediatamente nel suo mood e This machine still kills fascist esercita questa capacità, a patto ovviamente in essere in sintonia con i generi presi a riferimento. In questo modo si può godere della marziale Ten times more, così come dell'incantevole irish ballad Never git drunk no more, che, grazie alle atmosfere e al featuring di Nikki Lane, parrebbe uscita direttamente da The rum, the sodomy and the leash dei Pogues. Altra ospitata che va a pescare nel pantheon country di qualità è The last one, che vede il featuring di Evan Felker, leader dei Turnpike Troubadours, mentre per Dig a hole viene "resuscitata" proprio la voce di Woodie Guthrie che si accompagna a quella di Ken Casey. Non posso infine tributare tutto il mio entusiasmo per All you fonies, pezzo dal forte orgoglio operaio che afferma il ruolo del sindacato nella difesa della classe più debole.

This machine still kills fascists probabilmente, dal punto di vista stilistico, resterà un episodio a se stante, nella lunga storia dei Dropkick Murpyhs, ma davvero a chi importa? Arrivo a dire che, in questi tempi di trumpismi, post-berlusconismi e postfascimi di governo, di un disco così si avvertiva l'urgenza anche solo per il titolo, capirete quindi la mia gratitudine nel constatarne anche lo spessore musicale, che raccorda il contributo del folk alla causa della lotta di classe di quasi cento anni fa con quelle di oggi.

lunedì 9 gennaio 2023

Avatar 2 - La via dell'acqua


Molti anni dopo la vittoria nella battaglia contro gli uomini e la loro cacciata da Pandora, Jack Sully, che aveva rinunciato al suo involucro umano scegliendo definitivamente l'aspetto Na'vi, ha messo su famiglia con Netyri, dalla quale ha avuto tre figli. Ma gli umani non hanno rinunciato a sfruttare le potenzialità di Pandora e anzi ora pensano di trasferirci i terrestri a causa del deteriorarsi della terra. A questo scopo i militari impiantano i ricordi e le attività cerebrali del colonnello Quaritch in un potente corpo Na'vi, mandandolo con un manipolo di soldati su Pandora per pianificare un secondo, decisivo, assalto.


Ci sono voluti undici anni perchè Cameron ci regalasse il seguito di uno dei blockbuster più stupefacenti e visionari della storia dell'intrattenimento. Non è una novità per il cineasta americano, visto che per mandare il primo Avatar nei cinema intercorsero ben dodici anni dal precedente Titanic.
Cameron è uno dei (pochi, ormai) registi che più rappresenta per le major garanzia di successo commerciale e tuttavia si prende tempi tipici dei cinema d'autore, in una contraddizione probabilmente unica nel panorama di questo business. 
Colpiti come un pò tutti siamo da incontrollabile bulimia da prodotti audiovisivi (tra serie e film gli appassionati si sparano potenzialmente migliaia di titoli l'anno) c'era il rischio di aver perso magia e sensazioni del primo capitolo di Avatar e quindi, magari, di snobbarne il seguito. I numeri dicono che, fortunatamente, così non è stato e, personalmente, posso confermare che le immagini sono talmente coinvolgenti ed immersive da avere la sensazione che non sia passato un giorno da quando la freccia scagliata da Netyri si è conficcata nel petto di Quaritch, uccidendo il suo corpo umano.

Ma la magia di questo nuovo capitolo è soprattutto legata all'ampia parte del film che si svolge sopra e sotto il mare. Si sa, il filo rosso che lega Cameron all'oceano è solidissimo e di lunga data (Abyss, Titanic) e qui il sessantottenne raggiunge con le immagini di questo elemento un apice di verosimiglianza inarrivabile. Tutte le sequenze subacque, anche grazie al 3D, sono sbalorditive e finanche emozionanti, in particolar modo quelle che vedono protagoniste i giganteschi e meravigliosi Tulkun (enormi ceatacei dotati di sviluppata intelligenza e sensibilità) e insomma basterebbero queste parti per certificare l'elevatissimo rango di intrattenimento di qualità di questo film.

Al netto di una sceneggiatura da molti criticata per la sua semplicità (ma diciamocelo, quanti sono i canovacci narrativi dei film in generale, quattro o cinque? Avatar 2 sta dentro uno di essi) Cameron infila una serie di messaggi stavolta precisi e senza possibilità di fraintendimento. Infatti, dentro l'immaginaria popolazione di Pandora che vive in completa simbiosi e interdipendenza con la natura e gli animali, molto assimilabile ai nativi americani, vive il forte messaggio ambientalista del regista che fa riecheggiare lo scientifico sterminio perpetrato dai suoi eredi anglosassoni. Dentro la spietata e crudele caccia ai pacifici Tulkun per estrarre dal loro cervello una sorta di siero della giovinezza, di nuovo, c'è la denuncia sulla presunta superiorità dell'uomo che per il proprio tornaconto non si cura del dolore e dei danni che provoca a specie, diverse dalla sua, essenziali all'ecosistema. Ma Cameron prende di petto anche la questione razzista, e lo fa nella maniera meno banale, puntando cioè sulle discriminazione tra i Na'Vi stessi (i figli di Sully sono "meticci" e hanno mani umane, a differenza dei nativi che hanno quattro dita), rinfacciando (io penso) agli afroamericani il razzismo che spesso emerge tra loro nelle discriminazioni tra chi è black e chi è brown. 

E poi Avatar 2 è un'opera che si prende tutto il tempo che serve, con uno sguardo quasi anni settanta. Anche su questo aspetto molte critiche per la sua durata (oltre tre ore). Ma senza gli approfondimenti sul territorio dei Metkayna, senza la spiegazione dei loro rapporti con i Tulkun, senza le tensioni tra Jack e il figlio adolescente e la nascita dell'amicizia tra egli e il Tulkun reietto, l'atteso scontro finale sarebbe stato ben altra, più banale, cosa. Fortunatamente Cameron è uno degli ultimi registi ad essersi guadagnato sul campo (cioè al botteghino) il diritto al final cut, quindi se vuoi la meraviglia di questo spettacolo ti prendi il pacchetto completo.

Quando si analizza Avatar mi piacerebbe infine si riflettesse sul fatto che parliamo di un film creato su un soggetto e personaggi basati su di uno spunto originale, contrariamente alla dinamica corrente degli ultimi venti, venticinque anni, che vede trasportare su grande e piccolo schermo qualunque opera (fumetti, libri, saghe, videogiochi) già edita, e quindi nota, teoricamente a minor rischio di flop. Gli ultimi soggetti originali quali sono stati? Guerre Stellari? Alien? Terminator? Non mi sembra sia un argomento di poco conto, nel giudizio complessivo su di un progetto, che un film emerga dallo smarmellamento Marvel-DC-Harry Potter-trasposizioni di libri young adult.

Va da sè che, se c'è un film da vedere al cinema, assecondando le "regole imposte", vale a dire il (da me) detestato 3D e relativi (da me) detestatissimi occhialini, beh, quello è Avatar. Prova l'esperienza e capirai perchè. Dopodichè in sala ci si imbatte anche in branchi di giovani che probabilmente avrebbero preferito stare a casa a smanettare il telefonino mentre sul tablet girava una qualsiasi serie, visto il loro continuo e irritante viavai dentro-fuori la sala per buona parte della proiezione e l'attenzione prestata al proprio smartphone invece che alle meraviglie sullo schermo.

Apposto. Che il film m'è piaciuto l'ho detto. La mia parte da sociopatico l'ho fatta. Possiamo chiuderla qui.

giovedì 5 gennaio 2023

Playlist sciuè sciuè (tra passato e presente ma molto d'atmosfera)

01. The Delines, Little Earl
02. Mastodon, Had it all
03. Ambrose Akinmusire, A blooming bloodfruit in a hoodie
04. The Hanging Stars, Weep and whisper
05. The Teskey Brothers, Rain
06. The Stranglers, Strange little girl
07. George Michael, Older
08. Falkenbach, Eweroun
09. Norah Jones, Steer your way
10. Red Hot Chili Peppers, I could have lied
11. Dropkick Murphys, Never git drunk no more
12. Little Simz, Woman
13. Zeal & Ardor, Golden liar
14. U2, Every breaking wave
15. Tash Sultana, Crop circles
16. Ithaca, Hold, be hold

lunedì 2 gennaio 2023

Mis Cosas Favoritas: novembre dicembre 2022

ASCOLTI

Sanhedrin, Lights on
Pusha T, It's almost dry
Tyler Childers, Can I take my hounds to heaven?
Ithaca, They fear us
Carpenter Brut, Leather terror
An abstract illusion, Woe
David Townsend, Lightwork
Rattlesnake milk, Chicken fried snake
Zeal and Ardor, S/T
Bruce Springsteen, Only the strong survive
Dropkick Murphys, This guitar still kills fascists
Marracash, Noi, loro gli altri 
Messa, Close
Ashley McBryde, Presents Lindeville
Soul Glo, Diaspora problems
Teskey Brothers, Run home slow
Lorna Shore, Pain remains
Tash Sultana, Terra Firma
The Offering, Seeing the elephant
Midnight Rider, Beyond the blood red horizon
John Mellencamp, Scarecrow (2022 remix)
Gogol Bordello, Solidaritine
Simple Minds, Direction of the heart
Goat, Oh death
Francesco Guccini, Canzoni da intorto
Lee Fields, Sentimental fool
Neil Young, World record
Nikki Lane, Denim & diamonds
Jean Michele Jarre, Oxymore
Poison, Hollyweird
The White Buffalo, Year of the dark horse
Idles, Joy as an act of resistance
Mastodon, Hushed and grim
Avatarium, Death, where is your sting
Rosalìa, Motomami
Nova Twins, Supernova
Wet Leg, S/T
Riot City, Electric elite
Bruce Springsteen, Nebraska
Bruce Springsteen, The ghost of Tom Joad
Meat Loaf (R.I.P.), Bat out of hell















Mono e playlist

Mastodon
Vektor
AA/VV, Punk e dintorni 1976/1980
Queensryche
Sam Fender
The Soulsavers
Tom Waits
Mark Lanegan (R.I.P.)













VISIONI

Solo Dio perdona (4/5)
Come un padre (docufilm) (3/5)
The trip (2021) (3,75/5)
Il mammone (2,25/5)
Perchè un assassinio (3,5/5)
Le streghe son tornate (2013) (3,75/5)
La ira de dios (2/5)
La padrina - Parigi ha una nuova regina (3/5)
No exit (2022) (3/5)
Italia 82 - Una storia azzurra (2/5)
Overdose (3,5/5)
The menu (3,75/5)
The Batman (3/5)
Battle Royale (4,25/5)
Black phone (3/5)
La legge del mercato (3,5/5)
Hunger games (3/5)
Hunger games - La ragazza di fuoco (3/5)
7 Donne e un mistero (1/5)
Uno di noi (2020) (3/5)
Una notte violenta e silenziosa (3/5) 
Un altro mondo (3,5/5)
L'ipnotista (2018) (2,75/5)
Goodnight mommy (2022) (2,75/5)
Il grande giorno (2,5/5)
Natale a tutti i costi (2,25/5)
Glass Onion - Knives out (2,75/5)
Avatar - La via dell'acqua (3,75/5)
Hunger Games - Il canto della rivolta, parte 1 (2,75/3)
Hunger Games - Il canto della rivolta, parte 2 (3/5)
I came by (2,75/5)

Visioni seriali

Pistol (3,5/5)
Gangs of London, 2 (4/5)
Boris, 4 (3,25/5)
The White Lotus, 2 (2,5/5)

LETTURE

Ray Bradbury, Cronache marziane