lunedì 23 gennaio 2023

Il ritratto del Duca

Kempton Bunton è un pensionato inglese della periferia di Newcastle, nell'Inghilterra operaia degli anni sessanta. Idealista e sognatore, scrive drammi a sfondo sociale e cerca di coinvolgere tutti nelle sue battaglie a favore dei più deboli. Lilya, la moglie, sta a servizio in una famiglia aristocratica, un figlio vive in casa con loro, mentre il maggiore è fuori di casa. La famiglia ha subìto nel passato un terribile lutto: la morte dell'unica figlia all'età di diciotto anni. Lilya malsopporta le attitudini creativo-rivoluzionarie del marito e quindi stringe con lui un patto: Kempton farà un ultimo tentativo di farsi ascoltare dal parlamento inglese, e se non ci riuscirà, egli dovrà porre fine ad ogni velleità. Nei due giorni in cui il marito tenterà di persuadere l'elite politica inglese a Londra succederà però qualcosa che cambierà drasticamente la situazione della famiglia.

Sullo spunto di una storia vera, il regista Roger Michell (i cui più rilevanti riscontri commerciali risalgono a vent'anni fa con Nothing Hill ed Ipotesi di reato) mette in scena una commedia con sprazzi di dramma che vede nei due protagonisti principali, Jim Broadbent (Kempton) ed Helen Mirren (Lilya), i mattatori dell'opera. Il film ha il ritmo giusto, il classico british humor e fino a qui sarebbe archiviabile sotto la voce "carino". 

Non fosse che Il ritratto del Duca ha l'abilità di toccare dei temi quali anarchia, socialismo e lo strisciante razzismo dell'epoca, non banalissimi quando si tratta di un film commerciale e, siccome a pensar male si fa peccato ma spesso ci si prende, deve essere stata questa la vera ragione per cui la censura americana ha imposto ad una pellicola leggera e divertente un divieto di visione ai diciassette anni (!!!) per presunte scene contenenti "linguaggio inappropriato e sessualità", laddove la sessualità si risolve in un'unica scena, perfettamente coerente con la narrazione, di un amplesso consumato con i due amanti vestiti di tutto punto. Siamo d'accordo invece sul rischio che correrebbero le giovani menti americane nel sentir parlare di collettività, solidarietà e "io sono voi e voi siete me". 

In ultima analisi, probabilmente, il film mi è piaciuto più del suo reale valore anche perchè Kempton (un misurato e spassoso Jim Broadbent) mi ha ricordato mio padre quando si metteva a discutere con il droghiere sulla disonestà dei prezzi esposti e io gli chiedevo che ragione ci fosse per fare caciara quando sarebbe bastato andare da un'altra parte. Ogni volta lui rispondeva che era invece necessario farsi sentire, mettere il disonesto di fronte alle sue responsabilità, non lasciare cadere la cosa. Ed era così per ogni questione, ovviamente a partire da quelle più serie. 

La forza dirompente de Il ritratto duca sta tutta qui: un buon film di genere che fa passare un messaggio politico forte con misura, sentimento e leggiadria.

3 commenti:

jumbolo ha detto...

Concordo soprattutto con la chiosa. Visto tempo fa.

monty ha detto...

Grazie.
E poi quanto era più affascinante l'Inghilterra operaia dei 60/70 vs quella fighetta odierna? :D

jumbolo ha detto...

Eh si, ma tu sei dinosauro anche per questo!