Londra è (era?) la capitale europea della finanza, ma anche il cuore pulsante di speculatori, associazioni criminali internazionali e traffici sporchi di ogni tipo. Il tutto, a chi ci si arrischia, promette potere e ricchezza oltre qualunque immaginazione. In questo scenario, il delicato equilibrio tra le varie "cupole" della città viene rotto dall'omicidio di Finn Wallace, capo dell'omonima famiglia, che tiene le fila tra i clan e gestisce in esclusiva i rapporti con gli "investitori", in cima alla piramide di tutti gli affari, leciti ed illeciti, della City. Con il passaggio dei poteri al figlio di Finn, Sean, considerato non all'altezza del padre, oltre che un istintivo e un violento, l'equilibrio si spezza e si scatena la lotta per il potere dentro e fuori la famiglia Wallace.
Sono tante le influenze della serie, di sicuro anche quelle con le prime stagioni della nostra Gomorra, ma più guardavo Gangs of London e più ci vedevo analogie con i gangster movie asiatici attraverso scelte narrativo-stilistiche quali un'ultra-violenza che sfocia nel sadismo e, su tutto, l'assenza di una dicotomia assoluta tra bene e male: ogni spettatore sceglie per chi tifare tra i tanti personaggi che affollano la storia, nella consapevolezza che sono comunque, per ragioni diverse, tutti marci e corrotti, se non dalla fame di potere, da quella di rivalsa personale o vendetta. Quando finalmente ho dato una scorsa agli autori dietro al soggetto, la mia percezione ha trovato clamoroso riscontro: dietro al progetto (saltuariamente anche dietro la mdp) c'è infatti il mitico Gareth Evans, deus ex machina della saga thailandese The Raid, due film che rappresentano la migliore sintesi oggi possibile dell'action movie.
Il cast, al netto del grandissimo irlandese Colm Meaney (Finn Wallace) e di Michelle Fairley (la moglie Marion, ce la ricordiamo come miss Stark nel Trono di spade), è ottimamente composto di volti (a me) poco noti e caratteristi che fanno tutti un figurone, con una menzione d'onore per Sean Wallace, l'erede al trono, per cui il casting ha trovato la faccia perfetta in Joe Cole (Peaky Blinders).
Quando una serie crime, una gangster story, è costruita e messa in scena in maniera così avvincente, tesa, angosciante (guarda l'episodio 2X6 e poi ne riparliamo) e violenta, anche colpi di scena discutibili, come quello cardine della stagione due, trovano una loro giustificazione e sono quasi coerenti, hanno ragion d'essere nel contesto generale. Impossibile poi, non tornare fanboy ed attendere con impazienza la terza stagione dopo il cliffhanger che chiude la due.
Per gli orfani di quando Gomorra era una grande serie, per gli amanti del crime, dell'action, dell'horror/splatter e degli yakuza movie, una serie da non perdere per nessuna ragione al mondo.
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