Ah! I dischi post-rehab delle rockstar! La ricorrente narrazione della sobrietà, del ritorno alla natura e alle cose semplici, financo al lavoro manuale (sebbene il tentativo di sfuggirgli sia stata la ragione primaria per cui, da giovani, avevano imbracciato uno strumento). Il ritorno di Eric Clapton nel 1974, dopo una iato di quattro anni infarcita di eroina e junk food, ebbe perlomeno due vantaggi: 1) fa giurisprudenza per tutti i comeback post stravizi a venire e, soprattutto, 2) contiene grande musica. Dieci pezzi, per gli allora canonici tre quarti d'ora di durata, di cui solo tre originali e composti da Slowhand, tra il midtempo e il lento (Give me strenght; Get ready e Let it grow), dopodichè: una partenza al fulmicotone (il traditional Motherless children, rivoltato come un calzino), omaggi blues a Wille Dixon (I can't hold out) e Robert Johnson (Ready rollin' man). Ultimo ma non ultimo la cover di un emergente artista jamaicano che proprio non convinceva Eric, ma che su insistenza dei producer fu inserita, e che, ovviamente, divenne uno dei più grandi successi del disco. Si trattava di I shot the sheriff di Bob Marley.
Nella foto l'edizione deluxe doppio cd del 2004
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