domenica 30 maggio 2010

Blue


Che meraviglia. Quale inarrivabile splendore. Come si fa a vivere senza aver mai ascoltato Otis Redding sings soul (Otis Blue per gli amici)? Un disco che è consapevole della sua forza devastante, a cui non importa restare nascosto in mezze alle tante ciofeche che possiedo, tanto sa che quando arriva il momento dell'intervento di un Dr. Feelgood l'unico candidato,l'unico prescelto è sempre e solo Lui.

Nel 1965, a pochi mesi dalla terribile fine di Sam Cooke, e a meno di due anni dal tragico incidente che l'ha prematuramente ucciso, Redding registra il suo disco migliore, tributando all'amico l'interpretazione di tre suoi brani: la straziante A change is gonna come,la spensierata Wonderful world e Shake.
Poi prende Satisfaction degli Stones e la soulizza, tenendo botta alla grande laddove avrebbe potuto cadere e farsi male, torna nelle sue corde maramaldeggiando su My girl di Smokey Robinson e Down in the valley di Solomon Burke, trasfigura il blues di Rock me baby con il serafico benestare del suo autore, l'immenso B.B. King.


Solo tre canzoni originali di Otis. Si beh, però valgono un intera discografia, visto che si tratta di Ole man trouble, I've been loving you too long (e qui chi non si commuove è totalmente privo di sentimenti) e poi LA canzone soul: Respect.

Uno, due, tre ascolti consecutivi e poi Otis Blue può tornare on the shelf. Fino alla prossima emergenza...


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