lunedì 4 giugno 2012

Metamorfosi

Afterhours
Padania
(Germi) 2012
















Hanno ancora qualcosa da dire, gli Afterhours? La band, tra le più più autorevoli del panorama italiano degli ultimi vent'anni, prova con Padania a rispondere affermativamente. E lo fa in maniera rumorosa e spiazzante, assecondando la personalità del suo leader, Manuel Agnelli.

Il disco che saluta dopo dieci anni il ritorno in formazione del chitarrista Xabier Iriondo infatti è talmente denso, stratificato, contraddittorio, geniale, controverso e ricco di spunti da disorientare in più di un occasione l'ascoltatore, reclamando una soglia di attenzione e sedimentazione non comune già a partire da Metamorfosi, la prima traccia in scaletta, dove i nostri dimostrano che il collegamento con gli Area non si è esaurito dopo l'impersonificazione di quella band nel film del 2004 Lavorare con lentezza. Palese è infatti il tributo che Agnelli paga all'approccio di Stratos all'intonazione. I risultati, per una forma di rispetto dei due interpreti, non sono paragonabili, visto che l'estensione vocale del cantante degli Area, che usava la sua voce come un vero e proprio strumento tentando di spingerla oltre i limiti umani, è inarrivabile, ma è da apprezzare il coraggio di proporre un approccio al pop che era all'avanguardia nei settanta e che continua anche oggi ad essere tuttaltro che accessibile alle masse. La traccia poi è posta in apertura quasi con intenti intimidatori verso l'ascoltatore, in modo da destarlo dai suoi preconcetti sui contenuti dell'opera.

Di segno opposto sono invece le successive Terra di nessuno e La tempesta è in arrivo, rientranti nell'ambito di uno stile meno di rottura e riconducibile al marchio Afterhours, mentre la pregnante Costruire per distruggere rappresenta il primo climax dell'opera: un pezzo davvero sincero e palpitante, così come la title-track Padania.
La parte centrale dell'album è probabilmente quella in cui la band si concede la maggiore dose di sperimentazione, tra dissonanze, cambi di tempo,riverberi, violini usati come unghie sulla lavagna e sovrapposizioni di voci (Ci sarà una bella luce, Spreca una vita, Giù nei tuoi occhi) e dove, inevitabilmente, coesistono intuizioni felici e meno riuscite.
La struggente Nostro anche se ci fa male è uno degli episodi più vincolati al modo classico di comporre degli Afterhours. Una canzone che parla d'amore, d'abbandono e dei demoni oscuri che agitano questi sentimenti. Chiude il lavoro La terra promessa si scioglie di colpo, che dietro l'apparenza di una ballata pianistica nasconde una tensione trattenuta e che è anch'essa da annoverare nel lotto dei pezzi che lasciano il segno.

La considerazione finale che mi sento di fare è che Padania, a partire dal titolo (che continua a non piacermi nonostante la band si sia sperticata in spiegazioni filosofiche sulla sua origine, dissociandosi dalle connotazioni secessioniste/politiche) è un lavoro sporco, imperfetto e slabbrato. Proprio queste caratteristiche in alcune parti costituiscono la sua forza genuina mentre in altre si ha l'impressione che siano un pò derivate e fini a se stessi. E' un disco che esalta e coinvolge ma che in alcuni pasaggi rischia concretamente la comicità involontaria: talvolta l'interpretazione di Agnelli più che accostarsi a Demetrio Stratos richiama Celentano, addirittura Elio.

L'album è tuttavia la feroce dimostrazione che gli Afterhours non si sono imborghesiti, non tirano a campare e non fanno dischi tanto per fare. Non sono insomma diventati la cover band di loro stessi come tanti altri illustri colleghi italiani e stranieri. Continuano al contrario a sfidare il loro passato, inciampando magari, ma rialzandosi sempre. E io, nell'ammirare questo coraggio non comune e parafrasando una strofa da Nostro anche se ci fa male, "ho imparato a amare il loro dolore piuttosto che non amarli più".



7/10

2 commenti:

lafolle ha detto...

la voce in metamorfosi più che agli area è ispirata da diamanda galas.

comunque a me piace molto il disco.
molto molto.

monty ha detto...

Grazie del contributo livio. Nella rece ho dimenticato di citare un altro link degli Afterhours con gli Area. Oltre al film Lavorare con lentezza infatti la band milanese ha anche interpretato il brano Gioia e rivoluzione.
Vabè, niente, mi era rimasto nella tastiera del pc.