Dopo tanti generi "rurali", oggi cambio totalmente ambito, esplorando il downbeat.
La definizione che segue proviene dal sito storiadellamusica.it , dove potete leggere l'articolo per intero.
Il downbeat
Le radici del fenomeno musicale battezzato dalla rivista inglese Mixmag “ trip hop” affondano nella metà degli anni ’80, quando a Bristol si crea un collettivo di Dj che prende il nome di Wild Bunch: si tratta essenzialmente di un soundsystem con una forte predilezione per l’hip hop, il dub e, più in generale, la battuta lenta (il downbeat), vale a dire tutto ciò che ha un numero di battute per minuto inferiore alle 120. L’organico del collettivo varia ma tra le sue fila passa gente come 3D, Mushroom e Daddy G, Tricky, Smith & Mighty e Nelee Hopper, vale a dire tutti i protagonisti della primissima ondata del trip hop: i primi tre, nel 1987, formano i Massive Attack ed escono nel 1991 col primo Lp, “Blue Lines”; è il disco che inventa il genere, con un suono che per molti versi risulta ancora acerbo, ma in cui tutte le caratteristiche tipiche del genere sono già presenti : la matrice dub, la vena melanconica dei pezzi e le atmosfere oscure da subito marchio di fabbrica delle produzioni musicali di Bristol.
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Il downbeat
Le radici del fenomeno musicale battezzato dalla rivista inglese Mixmag “ trip hop” affondano nella metà degli anni ’80, quando a Bristol si crea un collettivo di Dj che prende il nome di Wild Bunch: si tratta essenzialmente di un soundsystem con una forte predilezione per l’hip hop, il dub e, più in generale, la battuta lenta (il downbeat), vale a dire tutto ciò che ha un numero di battute per minuto inferiore alle 120. L’organico del collettivo varia ma tra le sue fila passa gente come 3D, Mushroom e Daddy G, Tricky, Smith & Mighty e Nelee Hopper, vale a dire tutti i protagonisti della primissima ondata del trip hop: i primi tre, nel 1987, formano i Massive Attack ed escono nel 1991 col primo Lp, “Blue Lines”; è il disco che inventa il genere, con un suono che per molti versi risulta ancora acerbo, ma in cui tutte le caratteristiche tipiche del genere sono già presenti : la matrice dub, la vena melanconica dei pezzi e le atmosfere oscure da subito marchio di fabbrica delle produzioni musicali di Bristol.
Quando nel 1994 i Massive Attack danno un seguito al loro esordio,quel suono è ormai diventato fenomeno musicale a sé e il trip hop sta già regalando i suoi primi capolavori: da “Dummy” dei Portishead (di cui fa parte quel Geoff Barrow che in “Blue Lines” figurava tra i produttori) a “Maxinquaye” di Tricky ( ex Wild Bunch che ha collaborato su entrambi gli album di Daddy G e compagnia), passando per l’esordio di Smith & Mighty, Bass Is Material . Nel frattempo un altro ex Wild Bunch, Nelee Hopper, lavorando dietro le quinte come produttore, si rivela altrettanto vitale per la diffusione di quelle atmosfere uggiose: già arrangiatore in quel “Raw Like Sushi” di Neneh Cherry che ha anticipato di due anni buoni la nascita del trip hop, Hopper sviluppa ulteriormente quelle sonorità lavorando con artisti come Soul II Soul, Bjork ( su “Debut” e “Post”) , la Madonna di “Bedtime Stories”, Sneaker Pimps ed Everything But The Girl, curriculum impressionante che ne fa (con Howie B) produttore-chiave per lo sviluppo di un genere che è peraltro al 50% creazione di produttori ed ingegneri del suono.
2 commenti:
Blue Lines disco fondamentale. Ma è Protection il vero masterpiece dei Massive Attack.
E poi Tricky. Vabbè, lui era (ed è) avanti anni luce.
Non è la mia tazza di tè, ma almeno i titoli dei MA che citi, più Dummy dei Portishead e i primi lavori di Tricky sono imprescindibili, se ami la musica.
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