mercoledì 15 settembre 2010

Of union and men


E' già qualche anno ormai anni che faccio sindacato a tempo pieno. Conoscendomi come mi conosco, sembra impossibile che, con tutte le difficoltà che ho sempre avuto a risolvere i miei problemi personali e a prendere decisioni importanti, io riesca a svolgere un'attività che prevede la gestione e la risoluzione di problemi altrui.

E invece... E invece eccomi qui a discutere con la gente, spesso a tentare di convincere gli imprenditori a cambiare idea, a intervenire, a negoziare, a parlare in pubblico in assemblea o in mezzo a gruppi di lavoratori infoiati. Ad alternare ruoli da pompiere a quelli da incendiario. Riuscendo non di rado a farmi anche ascoltare. Davvero incredibile.

Nella mia azienda (una grande impresa di servizi uscita a pezzi dalla fine del monopolio del settore)il sindacato è sempre stato parte integrante del sistema. Ti accorgi del suo ingombro quando parli con amici o conoscenti che lavorano altrove, in altri settori privati. Da noi se ti rifiutano un giorno di ferie chiami il sindacato; se ti mandano in mensa troppo presto o troppo tardi chiami il sindacato; se hai l'impressione di lavorare più dei tuoi colleghi chiami il sindacato; se un capo ti riprende chiami il sindacato, mentre negli altri posti in linea di massima se hai il posto fisso t'incazzi ma poi te ne fai una ragione, se sei precario fai buon viso a cattiva sorte.


Le organizzazioni sindacali qui presenti sono per molti lavoratori (per fortuna non per tutti) al pari di assicurazioni a basso costo, è sempre opportuno averne una in tasca, quale sia, spesso non fa nessuna differenza, l'importante è che confaccia alle tue esigente individuali.


L'ipocrisia più evidente si palesa nei momenti assembleari. In privato la gente dà magari fiducia ai sindacati più abietti e incapaci ma capaci di garantire clientela col padrone (che si ottiene attraverso cessione di diritti collettivi, sennò in che altro modo?!?), mentre in pubblico si slogano i polsi ad applaudire i esponenti di organizzazioni autonomie che dal pulpito fanno interventi tipo Breda anni settanta, attaccando più "i confederali" che l'azienda, ma non raccogliendo, all'atto pratico, alcuna adesione tra i dipendenti.


Certo, non fossero queste le condizioni generali, difficilmente Cgil, Cisl, Uil, Ugl e gli altri avrebbero tanti iscritti, visto che con le recenti leggi sulla regolamentazione dei conflitti e in generale sui diritti dell'impresa, l'agire sindacale tradizionale in questo settore è frantumato. Di conseguenza c'è chi si è adattato perfettamente al clima e chi, seppur tra contraddizioni e compromessi, cerca di svolgere il suo ruolo.


Tra i lavoratori invece ognuno si gestisce come meglio può, come se fosse un libero professionista. Alla fine a posto io, degli altri chi se ne fotte.


Non l'hanno inventato loro questo modello di vita, si sono semplicemente limitati a prendere esempio da molti (per fortuna non tutti) sindacalisti a tempo pieno.

3 commenti:

Filo ha detto...

beh, direi che "io curo il mio orticello e degli altri chissenefotte" è anche il credo che ha portato la Lega a un così grande successo in termini di voti.

monty ha detto...

Ah sì, certo.
Però da loro te lo aspetti, lo metti in conto, è la loro "mission".
Se invece chi dovrebbe fare da collante
sociale, dare l'esempio, tutelare,
pensa esclusivamente a sistemare se
stesso e qualche amico, allora la cosa è diversa e ancora più grave.

Anonimo ha detto...

AH, mi ricorda quando ero in banca, stessa solfa!!!
C'era gente che se lasciavano una finestra aperta chiamava il sindacato! Ma sai che c'è? Loro venivano ascoltati, quelli come me che chiamavano solo per vere necessità (mobbing e quant'altro) non ricevevano troppa attenzione...
E poi c'erano i paradossi, gente iscritta alla CGIL che però votava Berlusca...che roba...
PS per Monty, il fatto che tu sia a fare sto lavoro è un simpatico contrappasso dantesco, non trovi?