venerdì 30 luglio 2010
Old acoustic movement
mercoledì 28 luglio 2010
In prigione in prigione, parte tre
La discussa iniziativa invece, ca va sans dire, è stata totalmente sprecata, rispetto a quello che doveva essere il suo obiettivo civile. Non è servita a nulla, se non a dare una breve tregua a qualche migliaia di persone.
Le carceri infatti sono già da tempo tornate ad esplodere per sovraffollamento. I secondini sono pochi, malpagati e schizzati. I detenuti... Beh i detenuti stanno ovviamente peggio. Lunedì a Siracusa si è suicidato il trentanovesimo carcerato dall'inizio dell'anno. Sono sette mesi, quasi sei persone ogni trenta giorni.
Eppoi questi tagliano che nemmeno Edward Mani di Forbice (scuola, sanità, trasporti, assistenza sociale) bisogna essere dei folli a pensare che investano per far stare meglio criminali e assassini. Cosa volete che siano una manica di delinquenti che tirano prematuramente le cuoia? Un vitto e alloggio in meno sul gobbo dello stato. L'ha detto tranquillamente qualche settimana fa un parlamentare della lega e mica si sono scandalizzati in molti, mi pare.
No.Niente da fare. E' un tema che non interessa a nessuno, anzi, che rischia di far perdere voti preziosi.
martedì 27 luglio 2010
The end?
Sarà anche vero che le nuove regole UEFA faranno della correttezza dei bilanci un ferreo vincolo per tutte le squadre europee (è notizia recente che il Maiorca è stato estromesso dalla partecipazione in Europa League a causa di un passivo da 60 milioni di euro), però tutta questa nuova smania di vendere da parte di uno come Moratti davvero non la capisco.
E' andata di lusso con la cessione di Ibra (l'affare della vita, ora dicono in molti), e passi per Maicon, che è alla soglia dei trenta, e o lo vendi adesso o te lo tieni per sempre, ma, diamine, cedere un ragazzo di talento come il Balo per "fare cassa" è fuori da ogni logica.
Dopo tutto siamo la stessa società che si è tenuta (a caro prezzo) per una decina di anni una sola irrecuperabile come il signor Alvaro Recoba.
Mi sono chiesto, e con me immagino tanti tifosi nerazzurri, dove stia il problema. Se sia davvero impossibile da gestire per un club come l'effecì Inter il carattere di un ragazzo diciannovenne dalle potenzialità straripanti, o se invece ci sia dell'altro, tipo malintesi reiterati, poca disponibilità alla mediazione, incompatibilità acclamata tra i due soggetti (il calciatore e la società) .
Forse ne sapremo di più a divorzio avvenuto, ma intanto resta una brutta sensazione, un'amarezza di fondo.
L'impressione che ci sia qualcosa di profondamente sbagliato in tutta questa vicenda nella quale si fatica a distinguere tra verità e bugie, tra buoni e cattivi, tra affari finanziari e delusioni affettive.
lunedì 26 luglio 2010
MFT, luglio 2010
Bruce Springsteen and the E Street Band, London Calling - Live in Hyde Park
Alejandro Escovedo, Street songs of love
Southside Johnny, Pills and ammo
John Mellencamp, On rural route 7609
The Baseballs, Strike!
Buddy Holly and the Crickets, Very Best
Amparo Sanchez, Tucson - Habana
Journey, Greatest Hits
Estere, Città Invisibili
Nina Zilli, Sempre Lontano
Hank III, Rebel Within
Gogol Bordello, Trans-Continental Hustle
Gaslight Anthem, American Slang
Black Eyed Peas, Singles
.357 String Band, Lightning from the north
Lady GaGa, The Fame Monster
Midlake, Courage of others
Tom Petty & The Heartbreakers, Mojo
The Stooges, Fun House
Jesse Malin, Love it to life
The Legendary Shack Shakers, Agridustrial
Lucero, 1372 Overton Park
Rolling Stones, Exile on main street
domenica 25 luglio 2010
Sergio, you've got mail
Il tono scelto dall'amministratore delegato era quello confidenziale/amicale, cosa che a mio avviso fa incazzare la gente che si spacca la schiena per l'impresa torinese più degli atteggiamenti autoritari.
E infatti, un operaio che l'ha ricevuta in contemporanea con la comunicazione del trasferimento della produzione della nuova monovolume FIAT in Serbia, e ha deciso di rispondere.
"Caro Sergio, Non posso nascondere l’emozione provata quando ho trovato la sua missiva, ho pensato fosse la comunicazione di un nuovo periodo di cassa integrazione e invece era la lettera del «padrone», anzi, chiedo scusa: la lettera di un collega. Ho scoperto che abbiamo anche una cosa in comune, siamo nati entrambi in Italia. Mi trova d’accordo quando dice che ci troviamo in una situazione molto delicata e che molte famiglie sentono di più il peso della crisi. Aggiungerei però che sono le famiglie degli operai, magari quelle monoreddito, a pagare lo scotto maggiore, non la sua famiglia. Io conosco la situazione più da vicino e, a differenza sua, ho molti amici che a causa dei licenziamenti, dei mancati rinnovi contrattuali o della cassa integrazione faticano ad arrivare a fine mese. Ma non sono certo che lei afferri realmente cosa voglia dire.
Quel che è certo è che lei ha centrato il nocciolo della questione: il momento è delicato. Quindi, che si fa? La sua risposta, mi spiace dirlo, non è quella che speravo. Lei sostiene che sia il caso di accettare «le regole del gioco» perché «non l’abbiamo scelte noi». Chissà come sarebbe il nostro mondo se anche Rosa Lee Parks, Martin Luther King, Dante Di Nanni, Nelson Mandela, Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, Emergency, Medici senza Frontiere e tutti i guerrieri del nonostante che tutti i giorni combattono regole ingiuste e discriminanti, avessero semplicemente chinato la testa, teorizzando che il razzismo, le dittature, la mafia o le guerre fossero semplicemente inevitabili, e che anziché combatterle sarebbe stato meglio assecondarle, adattarsi. La regola che porta al profitto diminuendo i diritti dei lavoratori è una regola ingiusta e nel mio piccolo, io continuerò a crederlo e a oppormi. "
sabato 24 luglio 2010
Ripresa?
Mentre in tutto il mondo (e anche al recente New Music Seminar di New York) autorevoli esperti discutono della morte annunciata del compact disc, dall’Italia arriva un inatteso segnale in controtendenza. Nei primi sei mesi di quest’anno (dati raccolti da Deloitte per conto di FIMI) le vendite di cd sono aumentate del 9 %, fatturando quasi 50 milioni di euro contro i 45 del primo semestre 2009: non succedeva da ben 11 anni.
venerdì 23 luglio 2010
Like a virgin
Certo, il soggetto è particolare, c'è qualche scena da antologia (la ceretta maschile, il tormentone "come so che sei gay"), qualche tentativo di critica ai luoghi comuni maschili(sti) e a quelli femminili, un abbozzo di introspezione alla figura di Andy, bambinone di quarant'anni, e un tentativo di critica alla società moderna, che mercifica corpi e desiderio, ma tutto resta molto, molto in superfice, privilegiando il bersaglio grosso, che è raggiunto peraltro senza eccedere in volgarità, nonostante il tema trattato.
Bravo Steve Carell, anche se un ruolo così aiuta.
Forse non ne esce meravigliosamente la donna media americana, che appare come una ninfomane all'ultimo stadio, mentre il maschio è sì un cazzone, ma in ultima analisi ci viene mostrato come un buon diavolo, che sa redimersi.
giovedì 22 luglio 2010
The spirit of rock 'n' roll
Nella mia recensione al loro set nell'ambito del Rock in Idro dell'anno scorso, parlavo in termini lusinghieri dell'impatto live del gruppo, auspicando però una crescita a livello compositivo, dato che, come su disco, mi sembrava che mancasse una valvola di sfogo (un refrain poderoso, un'apertura di gas) alla notevole tensione emotiva creata dai quattro.
Bene, direi che con America Slang la mia esortazione è stata accolta. Il nuovo lavoro contiene infatti almeno 5-6 pezzi potenti, autorevoli (la title-track su tutti) che riescono però anche ad essere non onanistici grazie ad un approccio più semplice e diretto della loro struttura.
Altra novità rilevante del terzo capitolo discografico dei G.A. è rappresentata dal mood di un brano come The diamond church street choir, che ha fatto impazzire di gioia i fan di Springsteen per la sua assonanza con lo stile che il (non ancora)boss alternava al folk nei suoi dischi del 1973 (The wild, the innocent and the e street shuffle e Greetings from Asbury Park, N.J.) in canzoni come ad esempio Kitty's back, nelle quali si sforzava di trovare un pathos alla Van Morrison. Si tratti di sincero omaggio o calcolata furbata non è dato saperlo, la cosa migliore da fare è lasciarsi andare e godersi il brano, che è indubbiamente di ottima fattura.
Lo stile classico di Bruce: la sua intonazione vocale, il tipico drumming di Weinberg della E Street, e suoi caratteristici backing vocals rieccheggiano anche in altri brani (Bring it on, The spirit of Jazz, The queen of lower chelsea), ma nonostante ciò, emerge ugualmente lo sforzo dei ragazzi di affermare un proprio stile, una propria autonomia, di imprimere a fuoco un loro marchio, che è quello della ricerca dell'epicità dentro tematiche di romanticismo da strada, degli improvvisi cambi di tempo, degli stop and go, della furia che si placa, con le chitarre che lasciano spazio a delicate armonie vocali.
Nessuna invenzione assoluta, è chiaro, ma tanta umiltà e passione che fanno apprezzare gli sforzi di emergere della band. Il difetto di American slang può essere semmai identificato nell'eccessiva produzione di alcuni brani, che partono bene, in uno stile chitarristico a volte punk-rock, ma che poi vengono malauguratamente soffocati da arrangiamenti rindondanti, quasi eighties (Stay Lucky su tutte). Niente di male, c'è il tempo di crescere e sistemare le cose, tanto poi dal vivo è tutto più chiaro, e i libri di scuola sui quali i ragazzi si sono fatti le ossa (Pearl Jam, Who, Bruce, Clash, forse persino Social Distortion) risultano evidenti a tutti.
E' curioso invece che sulla band ci siano da parte di pubblico e critica pareri totalmente contrastanti. Non parlo solo di chi si esprime favorevolmente e chi no nei riguardi del valore della proposta musicale, ma anche su chi ritiene che American Slang sia un passo indietro rispetto ad The 59 sound e chi invece, come il sottoscritto, pensi che quest'ultimo disco sia un evoluzione dello stile dei quattro del N.J.
L'importante è che se ne parli, sostengono quelli bravi in comunicazione. Ecco, alla fine dei Gaslight Anthem se ne sta parlando davvero moltissimo. E sono convinto che si continuerà a farlo.
mercoledì 21 luglio 2010
martedì 20 luglio 2010
Scream
Quand'ecco che in tanta mestizia, dopo una mattinata carica di tensione lavorativa, si sale in macchina e la radio (Capital) manda a tradimento un brano che non fa parte della solita, ristretta, cerchia dei brani del boss buoni per le frequenze fm italiane.
Così, all'improvviso, talmente all'improvviso che inizialmente fatichi a riconoscerle, partono le note introduttive di Prove it all night.
Dopo un primo momento di smarrimento è solo gioia irrefrenabile il sentimento che provi, la manetta del volume non basta a far deflagare l'urlo primordiale che sale e che, come La Cosa di Carpenter, cerca una valvola di sfogo all'esterno.
I've been working real hard trying to get my hands clean, porca puttana!
I've been working real hard, trying to get my hands clean
Tonight we'll drive that dusty road from Monroe to Angeline
To buy you a gold ring and pretty dress of blue
Baby just one kiss will get these things for you
A kiss to seal our fate tonight, A kiss to
prove it all night
Prove it all night
Girl there's nothing else that we can do
So prove it all night, prove it all night
And girl I'll prove it all night for you
Everybody's got a hunger, a hunger they can't resist
There's so much that you want, you deserve much more than this
But if dreams came true, oh, wouldn't that be nice
But this ain't no dream we're living through tonight
Girl, you want it, you take it, you pay the price.
Prove it all night, prove it all night girl and call the bluff
prove it all night, prove it all night and girl
I prove it all night for your love.
Baby, tie your hair back in a long white bow
Meet me in the fields out behind the dynamo
You hear the voices telling you not to go
They made their choices and they'll never know
What it means to steal, to cheat, to lie
What it's like to live and die.
lunedì 19 luglio 2010
Tagli, ritagli e frattaglie
Il primo è farlo utilizzando pezzi completamente inediti, al massimo B-sides, brani prestati o comparsi su dischi (compilation, tributi, colonne sonore) introvabili. Fanno parte di questa tipologia, per esempio, gli ottimi Tracks di Springsteen e Orphans, di Tom Waits.
Il secondo modo è grattare il fondo del barile farcendo la raccolta di pezzi già pubblicati che differiscono per arraggiamenti quasi impecettibili dagli originali, versioni demo o acustiche, alt-taken da studio. Il classico prodotto che nulla aggiunge alla storia dell'artista e che rientra esclusivamente nel target del die hard fan completista.
On rural route 7609, l'attesissimo cofanetto di John Mellencamp, purtroppo rientra in questa seconda categoria. Io adoro il musicista della contea di Jackson, Indiana e uno dei miei più grandi rammarichi è di non essere mai riuscito a vederlo in concerto (in Italia non è mai venuto), ma davvero non capisco il senso di un'operazione come questa. Certo, per chi, come me, ha adorato i suoi dischi (in particolare quelli pubblicati nel periodo 1982/94) è sempre emozionante risentire alcune canzoni, e in alcuni casi (banalmente, ascoltando la versione integrale di Grandma's theme, che su Scarecrow introduceva Smalltown mi è venuto il groppo in gola) l'effetto nostalgia (cit) è garantito, ma al tempo stesso si è costretti a prendere oggettivamente atto che l'ex Cougar ha già pubblicato, nel corso degli anni, il 95% di ciò che ha inciso, e quel che è rimasto (la manciata di inediti persa tra i 4 cd e i 54 brani dell'opera) non è certo trascendentale.
Per dedicarsi a musica davvero inedita di Mellencamp non bisogna comunque aspettare molto.
sabato 17 luglio 2010
La cricca ha il jet privato
venerdì 16 luglio 2010
Talk talk
Alla Rai sono da tempo abituati a suonarsela e a contarsela da soli; eppure, questa volta, sarà difficile negare il mezzo disastro della spedizione dei Mondiali in Sudafrica. Con tutta quella gente in allegra trasferta, alla faccia della crisi! Stiamo parlando di telecronache, commenti, notti «mondiali», non di ascolti: roba da filodrammatica, non degna di un Servizio pubblico.
Stiamo parlando dei commenti di Salvatore Bagni, uno che sa tutto di calcio ma che è completamente privo di autorevolezza: le sue osservazioni sono quelle tipiche che si sentono in un qualsiasi Bar Sport della riviera romagnola, le sue contraddizioni si manifestano più veloci di una ripartenza, e certe sue espressioni appaiono degne del rosso diretto (un conto è dire «forza d’inerzia», un conto è dire «inerzia », cioè inattività, passività, tutto il contrario di quello che sta succedendo in campo: «l’inerzia del gioco è ora passata a favore della Spagna »).
Non che i commenti di Fulvio Collovati o Beppe Dossena (l’unico ex torinista con l’aria antipatica) fossero migliori, anzi (domanda interessante: chi l’ha scelti e con quali criteri?). Speriamo solo che i criteri con cui è stata decisa la spedizione sudafricana non siano i soliti vigenti in Rai, cioè politici: però qualcuno dovrebbe dirci cosa ci facevano a Johannesburg Ubaldo Righetti, Carlo Longhi, Daniele Tombolini, Sandro Mazzola, Serse Cosmi e gli irreparabili Marino Bartoletti e Ivan Zazzaroni.
Le liti quotidiane fra Tombolini e Collovati restano fra le cose più stomachevoli che la Rai ha saputo regalarci. Stiamo parlando, ovviamente, anche del triste teatrino inscenato ogni sera a piazza di Siena tra Bisteccone Galeazzi e Maurizio Costanzo. Solo il rispetto per l’età ci impedisce di infierire e accodarci allo stuolo dei maramaldi. Però ci piace sottolineare che in Svizzera hanno trasmesso tutto le partite del Mondiale commentandole sobriamente da studio.
Telecronisti sbagliati anche per Sky
Massimo Mauro è il Salvatore Bagni di Sky, forse peggio. Sky ha investito molto sui Mondiali in Sudafrica. Soprattutto dal punto di vista tecnologico: i cinque canali dedicati all’avvenimento hanno offerto una straordinaria qualità d’immagine, come mai era capitato prima. Lavorando molto sulla tecnologia, Sky ha forse sottovalutato il fattore umano: le telecronache e i commenti, invece di migliorare, denunciano ormai una preoccupante fase involutiva. Urge intervenire. Sto parlando della coppia principe Caressa-Bergomi. Per non ripetere cose già dette, faccio un solo esempio: Beppe Bergomi, durante tutta la partita, si rivolge continuamente al suo compagno: Fabio di qui, Fabio di là. Possibile che non ci sia uno che gli spieghi che le sue pur pregevoli osservazioni acquistano più valore se rivolte al pubblico e non al suo amichetto? Luca Marchegiani e Antonio Di Gennaro sono molto bravi: ma non so se gli accoppiamenti fossero quelli giusti. Marchegiani rende di più con Maurizio Compagnoni, quanto meno ne tempera l’enfasi.
Qualcosa di più mi aspettavo dallo studio: ho la sensazione che ormai a Ilaria D’Amico, chiamata a più alti impegni giornalistici, il calcio cominci a stare stretto. Se in Rai i criteri di scelta sono essenzialmente politici, a Sky si privilegia la geopolitica del calcio padrone (l’inutile Boban per i milanisti, Mauro per gli juventini, ecc.). Così, di fronte agli ottimi commenti di Gianluca Vialli, lo spettatore si deve sorbire la vuvuzela di Mauro, uno che non volendo mai scontentare nessuno finisce per scontentare tutti, persino se stesso.
Un vizio comune ai telecronisti Sky è quello di voler interpretare la psicologia degli arbitri (piuttosto scarsini quelli visti all’opera in Sudafrica): non ha fischiato perché, non ha estratto il cartellino perché... Nelle telecronache, Sky denuncia una sudamericanizzazione, ma siamo in Europa, abbiamo pur sempre una tradizione.
giovedì 15 luglio 2010
Tormentoni
Il divudì era lì perchè piaceva a noi, lui ha chiesto di vederlo, e da quel momento ne è diventato dipendente.
Beh, è positivo, no? E' un gran bel film, oscuro e gotico come le cose migliori del regista di Edward Scissorhands.
Come sapete si tratta di un film che alterna la storia alle canzoni, un pò sulla falsariga dei musical, ebbene anche la colonna sonora è schizzata immediatamente nella heavy rotation del ragazzo, che ne canta senza soluzione di continuità sopratutto alcune tracce.
A forza di ascoltarla, qualcuna è diventata un tormentone anche per me. Un titolo come esempio non esaustivo, Questo è Halloween che trovo fantastico nel suo irresistibile crescendo dark.
mercoledì 14 luglio 2010
Marchetta sentimentale
..
lunedì 12 luglio 2010
Rebel rebel
Per fortuna ogni tanto ci sono delle eccezioni. Hank Williams III, durante una recente intervista ha tranquillamente dichiarato: " I honestly don’t think that (Rebel Within, n.d.r.) it tops Straight To Hell it’s got the slow ones, it’s got the fast ones, and a little attitude. But I still don’t think it tops… I still got another four years before I come close to knocking that one down(non penso davvero che Rebel Within sia superiore a Straight to hell, ha pezzi veloci, pezzi lenti e un pò di attitudine. Ma ancora non è a quel livello... Mi dò ancora quattro anni per cercare di avvicinarmi a quel disco).
Ovviamente sono d'accordo, Straight to hell resta un picco creativo inarrivabile, un masterpiece che ha fatto scuola, ma questo non impedisce a Rebel within di essere un gran bel lavoro, che ha nel sostanziale recupero di un sound maggiomente classico e bluegrass oriented (con qualche significativa eccezione) il suo maggiore punto di forza.
La terza opera in tre anni di Hank arriva quasi in sordina e senza clamori. Contiene diversi brani che l'artista del Tennesse da tempo proponeva in concerto, pezzi nati sul tourbus, qualche variazione al suo classico schema compositivo, un solo pezzo country-punk.
Ma andiamo per ordine. Dopo un breve arpeggio di chitarra, un intro di violino porta al cantato di Gettin drunk and fallin down, la traccia di apertura. Sound caratteristico, voce nasale che gratta come unghie sulla lavagna, tematiche classiche da drifters, grande cantabilità, insomma un incipit perfetto a questo nuovo viaggio.
La title track è piazzata in seconda posizione. Di questo pezzo mi ero innamorato all'istante già l'anno scorso a Lucerna, quando l'avevo ascoltato per la prima volta. E' una sintesi perfetta della contaminazione inventata da Williams terzo, una base country che sfocia in un ritornello ossessivo e ripetitivo nel quale subentra la voce growling di Gary Lindsey . Davvero un brano straordinario, essenziale ma identificativo dello stile di questo artista.
Con Looking for a mountain il banjo di Daniel Mason torna a prendersi la posizione di rilievo che gli compete, in un bel pezzo che si incastra nella tradizione bluegrass sia come sound che come liriche, così come fa più avanti la travolgente Moonshiner's life (che "celebra" le gesta dei produttori illegali/contrabbandieri di whiskey, figure mitologiche tra i fuorilegge del sud degli states).
Gone but not forgotten è la prima sorpresa nel sound del disco. Siamo abituati ad ascoltare tributi del giovane Hank al mito del nonno, ed è quindi naturale stupirsi di fronte ad un lentaccio in stile southern, che ricorda molto le cose del papà Williams jr, noto appunto per aver inciso anche alcuni album di rock sudista. Personalmente trovo questo brano debole e prevedibile, il più delle volte arrivo a metà e poi lo skippo. Cosa rappresenti, uno sfizio levato o l'inizio di una nuova strada stilistica, davvero non saprei dirlo.
Si torna in carreggiata con Drinkin' ain't hard to do ("an honky-tonk bar is where i'd rather beee") e dopo la già citata Moonshiner's life arriva #5, la classica murder ballads cantata low, in stile Johnny Cash. Intensa e drammatica, si trascina per oltre cinque minuti.
Kharmageddon è l'altra deviazione dalla carreggiata principale di Hank e della band, stavolta però la prova è superata appieno. Siamo ancora dalle parti della ballata acustica, ma stavolta assistiamo a qualcosa che ricorda il folk inglese dei sessanta, tanto che ci si aspetta da un momento all'altro che spunti un flauto traverso (che ci starebbe da dio). Poco apprezzato dai die hard fans, a me il pezzo piace parecchio.
Il trittico finale è esaltante. Un crescendo travolgente di emozioni, ritmo e bad attitude. Lost in Oklahoma è forse il pezzo country migliore del lotto, non preme sull'acceleratore, se la prende comoda, ma lo stesso entra sottopelle e raggiunge in fretta le corde più emotive del redneck che è in me.
Tore up and loud è l'addio carico di rancore alla sua etichetta discografica, la Curb Records, che l'aveva meso sotto contratto nel lontano 1996 e che in seguito gli aveva messo più volte il bastone tra le ruote, arrivando provocargli un'infinità di problemi per la pubblicazione di Straight to hell (primo disco country a dover esporre l'etichetta di avvertimento per i testi espliciti). Non a caso questa traccia è l'unica del lotto che vira in maniera decisa sul country-metal, con tanto di sfanculamento urlato nel finale "After 14 years, I’m finally motherfucking free!".
Chiude il lavoro un altro pezzo che è un classico dei concerti, Drinkin' over mama. E qui mi è venuto da pensare al brano Mama, di Holly Williams, la sorellastra (padre in comune) di Hank, che ha celebrato con dolcezza il ricordo della mamma, recentemente persa. Anche il nostro qui canta di una madre che se ne va, lasciando soli e disperati padre e figli. La fuga però è motivata dalla discesa agli inferi della donna, che a sessantun anni comincia a bere pesante e a fumare crack. Il pezzo è (finalmente) un country indemoniato e senza freni inibitori ne rispetto per l'istituzione famigliare, un fondamento della retorica ipocrita sulla quale è fondata la tradizione americana.
domenica 11 luglio 2010
Hai un amico in me
Così, dopo aver sfornato capolavori del cinema d'animazione come Ratatouille,Wall-E, Up (solo per restare ai titoli più recenti), ecco Toy Story 3, Cars 2 (l'anno prossimo) e Monster & co 2 (nel 2012).
Com'era quello slogan pubblicitario? "Io guardo al risultato"? Beh dovrebbero adottare questo sistema anche i criticoni con il mignolo all'insù, perchè in questo caso il risultato è eccezionale. La saga di Toy Story conferma la sua peculiarità, migliora coi sequel. E il terzo capitolo rischia seriamente di essere il migliore della trilogia, con il suo mix di divertimento, azione e sentimento. I nuovi personaggi sono perfetti, lo sviluppo della trama è avvincente, in qualche caso adrenalinico. Il finale è commovente, per fortuna poi sui titoli di coda si torna a ridere di gusto.
venerdì 9 luglio 2010
Un silenzio assordante
“I giornalisti italiani sono chiamati ad una forma di protesta straordinaria che si esprimerà in un “rumoroso” silenzio dell’informazione nella giornata di venerdì 9 luglio, contro le norme del “ddl intercettazioni” che limitano pesantemente il diritto dei cittadini a sapere come procedono le inchieste giudiziarie, infliggendo gravi interruzioni al libero circuito delle notizie. Quanti lavorano nel settore della carta stampata si asterranno dalle prestazioni nella giornata di giovedì 8 luglio, per impedire l’uscita dei giornali nella giornata di venerdì.
Tutti gli altri, giornalisti dell’emittenza nazionale e locale, pubblica e privata, delle agenzie di stampa, del web, dei new media e degli uffici stampa non lavoreranno nella giornata di venerdì. Free lance, collaboratori e corrispondenti si asterranno dal lavoro secondo le modalità previste per la testata presso la quale prestano la loro opera. I giornalisti dei periodici, infine, si asterranno dal lavoro venerdì 9, ma assicurando, già da ora, la pubblicazione sui numeri in lavorazione delle proprie testate di comunicati sulle motivazioni della giornata del silenzio.
Lo sciopero è una protesta straordinaria e insieme la testimonianza di una professione, quella giornalistica, che vuole essere libera per offrire ai cittadini informazione leale e la più completa possibile. Una protesta che si trasforma in un “silenzio” di un giorno per evidenziare i tanti silenzi quotidiani che il “ddl intercettazioni” imporrebbe se passasse con le norme all’esame della Camera, imposte sin qui dal Governo e dalla maggioranza parlamentare. Molte notizie e informazioni di interesse pubblico sarebbero negate giorno dopo giorno fino a cambiare la percezione della realtà, poiché oscurata, “cancellata” per le norme di una legge sbagliata e illiberale che ne vieterebbe qualsiasi conoscenza.
Giornalisti, ma anche gli editori e migliaia di cittadini, da mesi denunciano le mostruosità giuridiche del “ddl intercettazioni”. Sono state anche avanzate proposte serie per rendere ancora più severa e responsabile l’informazione nel rispetto della verità dei fatti e dei diritti delle persone: udienza filtro per stralciare dagli atti conoscibili le parti relative a persone estranee e soprattutto alla dignità dei loro beni più cari protetti dalla privacy; giurì per la lealtà dell’informazione che si pronunci in tempi brevi su eventuali errori o abusi in materia di riservatezza delle persone; tempi limitati del segreto giudiziario; accessibilità alle fonti dell’informazione contro ogni dossieraggio pilotato.
Nessuna risposta di merito. Lo sciopero, con la giornata del silenzio, è espressione di indignazione, di partecipazione, di richiamo responsabile a principi e valori che debbono valere in ogni stagione. Lo sciopero è un momento della protesta e dell’azione incessante che proseguirà, fino al ricorso della Corte europea di Strasburgo per i diritti dell’uomo, qualora la legge fosse approvata così com’è. Lo sciopero è anche segnalazione di un allarme per una ferita che si aggiungerebbe ad un sistema informativo che patisce già situazioni di oggettiva difficoltà e precarietà non solo per la crisi economica, ma anche per una politica di soli tagli che rischiano di allargare bavagli oggi altrimenti invisibili.
L’informazione è un bene pubblico, non è un privilegio dei giornalisti, né una proprietà dei padroni dei giornali e delle televisioni, né una disponibilità dei Governi. E per i giornalisti non è uno sciopero tradizionale contro le aziende, ma un atto di partecipazione e di sacrifico della risorsa professionale per la difesa di un bene prezioso, dei cittadini, proclamato con un silenzio che vuol parlare a tutti”.
giovedì 8 luglio 2010
Retromarcia
Tender heart
La sequenza iniziale dei brani è micidiale. Apre Anchor, chitarre, tastiere e cori in bella evidenza su di un testo perfetto, una canzone che esorcizza il male che ha rischiato di portarselo via, che esprime al massimo gioia e voglia di vivere. Basta un secondo e già ti ritrovi ad urlare il ritornello: I'm in loooove with looove!!!
Seguono Silver clouds, This bed is getting crowed e Street song che continuano a pigiare sull'acceleratore, potenti e senza cedimenti.
Atteso, arriva il momento topico della ballata, anzi delle ballate: Down in the bowery e la deliziosa After the meteor showers, saggiamente intervallate da Tender heart (I got a dream/ Do you wanna be in my dream?/I got nothing indeed / But everything you want) la traccia più dura dell'album, strutturata su di un drumming potente e su riff di chitarra affilati come rasoi.
Il disco scorre che è un piacere, in un momento, e senza avvertire mai la necessità di skippare alcuna traccia (cosa davvero rara di questi tempi, almeno per me), si arriva alla conclusiva Fort Worth blue. Uno strumentale in punta di slide guitar, alla Ry Cooder di Paris, Texas. Delicato e suggestivo, funge da macchina del tempo e dello spazio, ti strappa dalle miserie del traffico dei pendolari e ti porta nella frescura della notte del deserto del Mojave, su una Caddy decappottabile del 56.
Considerato il genere , difficile che Street songs of love possa contribuire a far uscire Escovedo dalla stretta dimensione dell'artista di culto, adorato da pochi fans e da molti colleghi. Il sound è fuori dal tempo, molto "americano", se mi passate il termine. Un genere che fatica ad avere mercato al di fuori della sua ristretta cerchia di ammiratori.
Dovrei dire massì chissenefrega, quel che conta è il valore della musica, ma in realtà un pò mi spiace per Alejandro, una botta di successo se la meriterebbe tutta, e con gli interessi, vista la dedizione che ha messo durante tutta la vita nel suonare il suo rock and roll.
Ad ogni modo comunque, per quello che può valere, è già nella mia nella top ten dell'anno.
mercoledì 7 luglio 2010
The winter of our discontent
lunedì 5 luglio 2010
Disabili della politica
The big heat
Ieri sera poi, alla ricerca di frescura artificiale, abbiamo acciuffato per i capelli l'ultima proiezione di Tata Matilda e il grande botto. Tra maialini che facevano nuoto sincronizzato, corvi che ruttavano ed enormi bombe inesplose, abbiamo passato un oretta divertente (e un pò commovente, vah) al cinema.
Nonostante un bel temporalone notturno, mi sa che oggi si torna a boccheggiare. E stasera uno psicopatico totale è riuscito a coinvolgermi in una partita di calcetto.
Si salvi chi può...
venerdì 2 luglio 2010
La sapete l'ultima della Ryan? Ahahah
Dopo l'obbligo del check-in on line, le toilette a pagamento, i diversi episodi di intolleranza accaduti, i disservizi e gli epiteti rivolti ai suoi clienti,Mr O'Leary fa un altro passo per portare la sua compagnia verso l'eccellenza (nel trasporto bestiame):
Ryanair annuncia: entro due anni posti in piedi per i biglietti più economici
(da corriere.it)
MILANO - Dall'annuncio all'attuazione pratica. Il «posto in piedi» in aereo debutta davvero sui voli di Ryanair della durata di un'ora circa. La compagnia aveva comunicato giudo un anno fa di aver chiesto l'autorizzazione per questo tipo di posti, con i passeggeri che hanno diritto a una sorta di «sedile verticale» cui appoggiarsi. Ora l'annuncio del via nei prossimi due anni.
DIECI FILE - «Viaggiare nei sedili verticali muniti di appoggia-spalle e cintura di sicurezza - ha affermato il ceo della linea low cost Michael O'Leary - costerà circa 4 euro. Ryanair spera di riuscire a finanziare l'introduzione e la sperimentazione dei nuovi posti in piedi con il "pedaggio" da una sterlina o da un euro da poco introdotto per l'uso della toilette a bordo. Ryanair sta pensando di rimuovere le ultime 10 file di sedili e due delle toilette per far posto ai 15 file di sedili verticali, permettendo così di far viaggiare fino a 50 persone in più e di ridurre il costo dei biglietti. L'ultima trovata di Ryanair è stata tuttavia accolta con scetticismo dall'autorità britannica dell'aviazione civile, secondo la quale i posti in piedi non passeranno i test sulla sicurezza. Ma l'aerolinea non è d'accordo. «Siamo sicuri che sedili passeranno i test. Boeing è riuscita a mandare l'uomo sulla luna quindi credo che riuscirà anche a fare di questi sedili un successo», ha detto un portavoce di Ryanair.
Cesare I
Ecco. Già sento che ricomincio ad amare la nazionale italiana di calcio.
giovedì 1 luglio 2010
Il nemico è tra noi
Ma se possibile, gli istruttori che li tengono sono ancora più insopportabili della materia che trattano. Tutti a modino e perfettini nella loro divisa aziendale splendidamente indossata, sono talmente presuntuosi ed egocentrici che dopo un secondo di lezione già cominciano a parlare di se stessi. Di come in aeroporto conoscono tutti, delle loro amicizie altolocate, della loro vita lavorativa, delle loro esperienze, di quanto sono appassionati a ciò che fanno, di storie che sanno tanto di leggende metropolitane, di come si comporterebbero loro al posto nostro e via discorrendo.
Una roba che metterebbe a dura prova la pazienza di un monaco tibetano.