La prima volta che approcciai gli irlandesi Cruachan mi trovavo nella fase in cui ricercavo spasmodicamente qualunque band il cui genere fosse catalogato sotto il prefisso "irish". In quel caso era irish-metal (lo so, non si usa più). Probabilmente all'epoca (credo fossero i primi anni duemila con l'album Folk-Lore, che comprendeva un paio di featuring di Shane Mac Gowan) le mie orecchie non erano pronte a quel tipo di contaminazioni, al punto di archiviare in fretta l'esperienza valutandola bizzarra e molto prossima ai confini del ridicolo.
Ora, io non so se avessi ragione all'epoca oppure oggi, quando, nel frattempo, provo piacere ad ascoltare qualcosa del folk-metal, fatto sta che il nono disco (in quasi trent'anni) dei Cruachan mi sta regalando momenti davvero piacevoli, laddove il raccordo tra musica e strumenti tradizionali irlandesi si armonizza con cantato scream, (ma anche clean), sonorità thrash, doom e metallerie varie.
Funziona la commistione dei pattern, siano essi strumentali, come le 100% irish The living o The festival, che quelle in cui prevale sì la componente metal (The harvest, The ghost), ma senza accantonare mai l'elemento roots.
A caratterizzare il forte valore trasversalmente identitario dell'operazione anche il ventaglio degli ospiti, che include il prevedibile contributo di un'altra importante band folk-metal, i Fintroll, con il singer Mathias Lillmans (The ghost) 0 il chitarrista dei Venom Stuart Dixon (The witch), per poi scartare sul fisarmonicista Camillus Hiney (The festival) e all'accoppiata tra la singer venezuelana Nella e l'attore Jon Campling (The changeling).
Un disco insomma che è un viaggio suggestivo, al tempo stesso malinconico ed elettrizzante, dentro un universo di tradizioni che, attraverso la centrifuga metal, invece di perdere, ci guadagna ulteriormente in allure evocativa.
E così siamo arrivati a maggio inoltrato per avere la prima recensione del 2023...
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