lunedì 23 novembre 2020

Thundermother, Heat wave



Attiva da una decina d'anni, ma fresca di un robusto rimpasto di line-up, la all-female band svedese delle Thundermother (basso, chitarra, batteria, voce) arriva con Heat wave al quarto lavoro di studio.
La ascolto per la prima volta e quindi nulla posso dire sulle loro origini e sulla (eventuale) evoluzione stilistica sviluppata, quindi mi limito a riportare le mie impressioni, che sono quelle di trovarmi al cospetto di un robusto rock/arena-rock con rimandi ai gloriosi anni settanta/ottanta e al revival per un certo tipo di sonorità. Quali sonorità? 
Beh, volendo rimanere nel benchmark del rock al femminile i collegamenti sono doverosi: le Heart del periodo Mutt Lange, le Runaways, Joan Jett (Back in '76 fa scopa con I love rock and roll) pur senza farsi mancare episodi più tosti, che richiamano, nel bersaglio piccolo Danko Jones, e in quello grande gli immancabili AC/DC.
Uno ascolta un disco così e pensa, si carino, ma tutta roba derivativa e già ascoltata. 
Vero. Ma posto che questo discorso varrebbe per il novanta per cento del rock (e del metal) che gira oggi, o, perlomeno, che gira sui miei devices, c'è da puntualizzare come elaborare pezzi dal grande impatto anthemico quali Dog from hell; Back in '76; Into the mud (tra i Motorhead e i Motley Crue, se posso osare); la title track o Mexico (con tributo iniziale agli ZZTOP), beh, non è proprio roba che si compra tutti i giorni dal pizzicarolo.
E poi le ragazze appaiono genuine e non artefatte, che, di questi tempi in cui le major spingono il metal al femminile, non è elemento scontato.

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