Anno nuovo, si riparte con le rubriche vecchie. Oggi è il turno di uno dei miei generi country preferiti, l'honky tonk. La nascita della definizione di questo termine affonda le sue radici nella cultura americana di inizi novecento, quando, negli stati del sud degli U.S.A., l'honky tonk era un bar con licenza per gli alcolici dove si suonava dal vivo e che poteva anche essere luogo nel quale esercitavano la loro attività le prostitute.
La prima applicazione in musica fu nel ragtime e nel jazz, contraddistinguendo uno stile pianistico derivante dal classico boogie-woogie. Poco prima della seconda guerra mondiale, il genere diventò popolare in Texas grazie all'interpretazione che ne diedero artisti come Hank Williams, Floyd Tilman o Enrest Tubb che stendevano testi basati sulla vita della working class bianca americana, mettendo gli accenti spesso sui suoi aspetti più tristi: povertà, fatica, alcolismo, adulterio, solitudine. Il sound fu successivamente contaminato con il western swing e fatto proprio dall'industria discografica di Nashville. Nei settanta ebbe un momento di gloria con il movimento outlaw guidato da Billy Joe Shaver, David Allen coe e Waylon Jennings mentre in pieni eighties è cominciato il suo revival grazie a interpreti come Dwight Yoakam e George Strait. Grande importanza nel consolidamento storico del genere ebbe poi in seguito Garth Brooks (anni novanta). Ancora oggi è uno degli stili country più apprezzato dai "redneck" e gode di immensa diffusione proprio sul territorio del sud e del sud-ovest americano.
3 commenti:
YYYYYAAAAAH! Mi sa chie siamo solo noi due ad amare questo genere...
Questo è quello che facciamo credere agli "altri".
In realtà siamo in parecchi e insospettabili. Ci nascondiamo tra la gente comune come gli alieni...
Essi vivono
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