È una notizia piccolina, insignificante, che arranca nelle cronache locali, poche righe messe lì quasi per dovere.
Due donne di nazionalità marocchina rubano al supermercato prodotti per cura della persona (shampoo e bagnoschiuma di pregio), per una sessantina di euro di valore. Entrambe mamme, nascondono i flaconi nel passeggino dei bimbi e sotto le creature stesse.
Vengono viste, fermate, processate con rito abbreviato e condannate a due anni di carcere.
Carcere vero, non arresti domiciliari, senza attenuanti.
E pensate che, con il rito abbreviato hanno ottenuto uno sconto di un terzo della pena, altrimenti per un taccheggio (lo posso dire che tutti, da ragazzi lo abbiamo fatto almeno una volta?) si beccavano più di qualche omicida, pirati della strada, pedofili, amministratori corrotti, e compagnia cantante.
Il tormentone sulla certezza della pena deve avere sfrucugliato talmente la mente di questo giudice che, adducendo “la condizione di grave prostrazione degli esercenti commerciali…quotidianamente esposti a furti e saccheggi”, si deve essere persuaso che elevare una condanna di un paio d’anni di galera a due ree confesse di furto al supermercato, madri tra l’altro di bambini piccoli, avrebbe rasserenato gli animi degli esercenti. Dopotutto la legalità è una roba seria. O no?
Il tormentone sulla certezza della pena deve avere sfrucugliato talmente la mente di questo giudice che, adducendo “la condizione di grave prostrazione degli esercenti commerciali…quotidianamente esposti a furti e saccheggi”, si deve essere persuaso che elevare una condanna di un paio d’anni di galera a due ree confesse di furto al supermercato, madri tra l’altro di bambini piccoli, avrebbe rasserenato gli animi degli esercenti. Dopotutto la legalità è una roba seria. O no?
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