venerdì 31 dicembre 2010
Mboh
giovedì 30 dicembre 2010
2010: a year in music / 2
10 Doug Paisley – Constant Companion
9 The Coral – Butterfly House
8 Phosphorescent – Here’s To Taking It Easy
7 Midlake – The Courage of Others
6 Paul Weller – Wakes Up The Nation
5 The Black Keys – Brothers
4 Edwyn Collins – Losing Sleep
3 MGMT – Congratulations
2 Arcade Fire – The Suburbs
1 John Grant – Queen of Denmark
mercoledì 29 dicembre 2010
Newche?!?
2010: a year in music
10. MGMT, Congratulations
09. Paul Weller, Wake up the nations
08. The National, High violet
07. Gorillaz, Plastic beach
06. John Grant, Queen of Denmark
05. Vampire Weekend, Contra
04. Laura Marling, I speak because i can
03. Plan B, The defamation of Strickland Banks
02. Robert Plant, Band of joy
01. Arcade Fire, The suburbs
Qui la classifica completa, con le posizioni dall'undici al cinquanta
martedì 28 dicembre 2010
Who's baddest?!?
Anche in questo caso direi che il bersaglio è centrato, magari con un punteggio giusto un pò più basso rispetto al diretto concorrente.
A Stefano è piaciuto, ma la notizia di maggior rilievo è che per la prima volta ha colto, da solo, una citazione cinematografica. Ha collegato infatti la scena in cui Metro Man (il Superman del caso), volando, batte il cinque alla folla adorante all'analoga sequenza vista in Spiderman 3.
E sò soddisfazioni...
sabato 25 dicembre 2010
Album o' the week / Frank Sinatra, Christmas songs (1948)
venerdì 24 dicembre 2010
RC2
Il periodo storico coperto va dal 1981 al 1989 e i fatti che si intrecciano con gli affari della batteria, sono la vittoria dell'Italia al Mundial di Spagna, l'ascesa dei palazzinari, l'arresto di Buscetta, il malaffare dietro alle grandi opere per Italia 90, l'avvento del flagello dell'AIDS, il crollo del muro di Berlino. All'interno della banda della Magliana, laddove c'era voglia di rivalsa sociale, spirito cameratesco e un codice d'onore, per quanto deviato e violento, s'insinuano invece sospetti, doppi giochi, tradimenti, defezioni, lotte e vendette intestine.
La batteria, tra uccisioni e galera, perde i pezzi, la forbice rappresentata dalle personalità del Dandi e del Freddo diverge sempre più, provocando in pratica l'implosione del gruppo. Il destino non farà sconti a nessuno, senza guardare in faccia a buoni o cattivi e alle sfumature che stanno in mezzo.
Tiene botta la seconda stagione di Romanzo Criminale. Tiene botta nonostante l’inevitabile calo di tensione causato dall’assenza di un personaggione come il Libanese (Francesco Montanari) e nonostante a sto giro venga narrata la fase meno "esaltante" delle gesta di questi delinquenti. Ha ragione da vendere Stefano Sollima (il regista) quando definisce la season 2 più come il secondo tempo di un film piuttosto che una canonica seconda stagione di un telefilm. Concetto questo dimostrato anche dall'epilogo della storia, che ci rivela l'identità del personaggio visto, ai giorni nostri, nel prologo della prima serie.
Il livello rimane dunque significativamente alto, rispetto al panorama medio, non solo televisivo, italiano. Alcune sequenze sono infatti girate con una maestria e una professionalità tutta cinematografica, cito come esempi la scena del regolamento di conti tra il Freddo e un doppiogiochista della banda nelle campagne fuori Fiumicino, con i passaggi degli aerei che entrano nei dialoghi come a congelare il tempo; la scena d’amore tra il Freddo e la new entry Donatella, nella quale la macchina da presa indugia sulle dita dei due che scorrono, sfiorandole, le cicatrici che marchiano i rispettivi corpi nudi, mentre a livello di spettacolarità è impossibile non segnalare il capolavoro di tecnica rappresentato da un piano sequenza che si conclude con l'esplosione di un auto che sbalza un uomo a metri di distanza.
Di nuovo mi piace evidenziare anche l'eccezionale utilizzo di canzoni pop a completamento delle immagini. Il prologo che narra l'origine del nick name del Bufalo si apre ad esempio sulle note di You really got me dei Kinks, le ultime immagini che portano ai titoli di coda sono sorrette da Liberi Liberi di Vasco Rossi. In mezzo si va da Lilli di Venditti a Shout dei Tears for Fears.
Volendo cercare una morale nella storia di una sanguinaria associazione criminale che ha flagellato l'intero paese mi farei aiutare da un'immagine che è probabilmente una metafora semplice ma efficace delle istituzioni non corrotte di quell'epoca: il commissario Scialoia (per lui, cavaliere senza onta e paura, un finale davvero sorprendente) pestato fino a subire menomazioni permanenti e gettato agonizzante in un'immensa discarica di rifiuti. Volendone cercare un'altra, i criminali più pericolosi e spietati sembrano essere quelli che si vedono solo di sfuggita, sempre eleganti, a stringere mani e firmare progetti di edilizia, gli intrallazzati, i palazzinari, quelli che, per citare il Dandi, "i soldi li fanno firmando dei pezzi di carta e no cò e pistole".
martedì 21 dicembre 2010
Che suono fa il sole?
Apre con una struttura semplice e un ritornello arioso The sound of sunshine, poi il ragamuffin si palesa, sfociando anche nella black, con Shake it e Hey Hey Hey, mentre con Anytime you need me emerge abbastanza esplicito un richiamo agli Specials.
Anche in queste vesti disimpegate il grande Franti riesce a comunicare empatia, a scaldare e a coinvolgerci, peculiarità questa propria solo dei grandi artisti. Solo dio sa quanto servono dischi così solari in periodi così freddi (da tutti i punti di vista). Ups.
venerdì 17 dicembre 2010
I giorni dei morti viventi, finale di stagione
Dopo una prima parte più sbilanciata sul canone horror, che si conclude con la carneficina nel quarto episodio, The walking dead vira improvvisamente sull'introspettiva. Il gruppo di superstiti fa il bilancio di un improvviso attacco degli zombie al loro campo, ognuno piange i suoi morti, qualcuno aiutando gli altri a “trattare” i cadaveri in modo che non risorgano, altri invece vegliando fino alle estreme conseguenze un familiare contagiato.
Dopo Michael Rooker, nelle ultime due puntate della mini serie esordisce un altro volto noto del cinema: Noah Emmerich nei panni di uno scienziato barricato all'interno di un modernissimo centro di ricerca nel quale il gruppo di fuggiaschi cerca rifugio. Molto toccante l'epilogo del quinto episodio, in bilico tra disperazione e sollievo, e anche l'amara conclusione della puntata finale.
C'è qualcosa di più abusato e sterile nello sviluppo di un film sugli zombie? No, in teoria. In pratica invece gli autori di questa serie riescono nell'operazione di colpire nel segno, spostando progressivamente l'attenzione dello spettatore dall'azione splatter fine a se stessa alla psicologia dei personaggi, traguardandoci nell'immedimazione con i protagonisti, con le loro terribili angosce e le loro flebili speranze. Il tutto senza dire praticamente nulla sulle cause del flagello apocalittico che rischia di estinguere l'umanità.
The walking dead è riuscita nell'impresa di emergere come inaspettata e tostissima outsider nella galassia delle produzioni americane, imponendo all'attenzione dei grandi network la AMC, emittente fuori dal grande giro di tv.
mercoledì 15 dicembre 2010
De profundis
Con rassegnazione ho cominciato a girare concessionari alla ricerca di un'occasione in pronta consegna.
lunedì 13 dicembre 2010
Natale senza rete
Per questioni burocratiche legate al cambio di operatore, i tempi per riaverla si stanno allungando, al punto che molto probabilmente se ne parlerà solo a gennaio.
Devo ammettere che questo evento mi ha inizialmente gettato in un leggero stato di panico, alimentato ulteriormente dalle reazioni di alcuni amici ( “sei senza adsl?!? Per un mese?!? E come fai, io sarei morto!!!”) che hanno fatto del loro meglio per non farmi pesare la cosa, e dalla paranoia per l’interruzione forzata della mia attività di blogger e di musicofilo compulsivo (and you know what i mean).
Poi però, più trascorrevano i giorni e più mi scoprivo immune da crisi d'astinenza. Verificavo che:
Resta il dispiacere di non poter seguire le evoluzioni degli amici sui rispettivi spazi virtuali, perché, contestualmente, al lavoro gli impegni sono tanti, e quasi sempre fuori sede, per cui le possibilità di collegarsi dall’ufficio si assottigliano.
Non mi sono mai considerato un malato di internet, dopotutto l’unico momento del giorno nel quale non mi facevo mai mancare l’ingresso nel web era la mattina (un appuntamento fisso)col caffè e la prima cosa che facevo tornando a casa dal lavoro non era certo connettermi, anzi, l’esatto contrario. Però in qualche modo l’utilizzo di questo strumento si prendeva il suo spazio, sia in termini di tempo d’utilizzo, sia in quelli di ingombro mentale.
E come ogni vacanza che si rispetti accarezzo buoni propositi per il futuro, in attesa di avvertire, immancabile, il desiderio di tornare a casa.
giovedì 9 dicembre 2010
1707: la vergogna
VIOLENZA SESSUALE "LIEVE" AI MINORI: ECCO I NOMI DEI SENATORI FIRMATARI
Si commenta da sé. Si erano inventati un emendamento proprio carino.
Zitti zitti, nel disegno di legge sulle intercettazioni avevano infilato l'emendamento 1.707, quello che introduceva il termine di "Violenza sessuale di lieve entità" nei confronti di minori.
Firmatari alcuni senatori di Pdl e Lega che proponevano l'abolizione dell'obbligo di arresto in flagranza nei casi di violenza sessuale nei confronti di minori, se - appunto - di "minore entità". Senza peraltro specificare come si svolgesse, in pratica, una violenza sessuale "di lieve entità" nei confronti di un bambino.
Dopo la denuncia del Partito Democratico, nel Centrodestra c'è stato il fuggi-fuggi, il "ma non lo sapevo", il "non avevo capito", il "non pensavo che fosse proprio così" uniti all'inevitabile berlusconiano "ci avete frainteso".
Annotateli bene (e ricordate le facce):
sen. Maurizio Gasparri (Pdl),
sen. Federico Bricolo (Lega Nord Padania),
sen. Gaetano Quagliariello (Pdl),
sen. Roberto Centaro (Pdl),
sen. Filippo Berselli (Pdl),
sen. Sandro Mazzatorta (Lega Nord Padania)
sen. Sergio Divina (Lega Nord Padania).
Per la cronaca: il sen. Bricolo era colui che proponeva il "carcere per chi rimuove un crocifisso da un edificio pubblico" (ma non per chi palpeggia o mette un dito dentro ad una bambina o un bambino);
il sen. Berselli è colui che ha dichiarato "di essere stato iniziato al sesso da una prostituta" (e da qui si capisce molto...);
il sen. Mazzatorta ha cercato di introdurre nel nostro ordinamento vari "emendamenti per impedire i matrimoni misti";
mentre il sen Divina è divenuto celebre per aver pubblicamente detto che "i trentini sono come cani ringhiosi e che capiscono solo la logica del bastone" (citazione di una frase di Mussolini).
...e adesso cominciamo a riflettere se essere sempre politically correct con chi li ha votati sia una mossa che paga...
fatela girare se avete voglia e tempo..l'informazione da oggi è un dovere quasi etico... anche per ciascuno di noi.
martedì 7 dicembre 2010
Good old boy
Che siano state le tournee con i Cream e Winwood a restituire fiducia e voglia di suonare ad Eric Clapton non è dato sapere, accontentiamoci di avere tra le mani un disco che fa ben sperare per l'ultima (per ragioni anagrafiche) parte della carriera del più noto bluesman inglese. Pur mettendo in conto alti e bassi di una vita con la Fender a tracolla , a quasi mezzo secolo dall' esordio negli Yardbirds un lavoro così è un traguardo di tutto rispetto.
venerdì 3 dicembre 2010
RC
Tutto è cominciato con il libro di Giancarlo De Cataldo, poi è venuto il film di Michele Placido e infine Sky, che ne ha ricavato una serie televisiva, realizzata anche con il contributo del magistrato/scrittore (per il soggetto) e dell'attore/regista (come consulenza).
La storia è quella ormai nota, ma ovviamanente, potendo contare su circa dieci ore di prodotto contro le due e mezzo del film ( e mettiamoci anche che al cinema venivano "coperti" tutti gli eventi mentre la prima stagione del telefilm si ferma più o meno a metà) , la narrazione si prende il suo tempo, amplia il respiro, aumenta le "licenze" rispetto al plot di partenza, indugia nelle "origini" dei personaggi.
La scena d'apertura nasce da una grande intuizione. Mentre il prologo del film di Placido era affidato ad un flashback nel quale si vedevano i futuri gangster da ragazzini, la serie di Stefano Sollima (un padre regista, e qualche episodio di serie televisive ) parte con un flashforward nella Roma di oggi. Assistiamo ad un violento pestaggio da parte di un branco di ragazzi ai danni di un uomo di mezz'età che reagirà in maniera ancora più spietata al sopruso subito, insinuando nello spettatore un collegamento (da definire) con i protagonisti della storia di trent'anni prima.
Poi si parte con la storia della scalata del potere criminale di Roma da parte del Libanese, ambizioso e dotato di grande personalità, di una naturale predisposizione alla leadership, ma anche privo di valori morali, spietato e senza scrupoli. La sua batteria (è così che chiamavano le bande nella capitale) si unisce per un avvenimento casuale a quella del Freddo, taciturno e carismatico, a capo di un suo gruppo delinquentelli. Il primo atto, che consolida il capitale economico della banda, è il rapimento che finisce in tragedia di un nobile della borghesia romana, poi la decisione di investire nello spaccio e di allargare, di quartiere in quartiere, il proprio dominio su tutta la città, fino a controllarne totalmente il traffico. A differenza delle abitudini della mala locale, i nostri acquisiscono potere e rispetto attraverso l'uso indiscriminato della violenza, "parcheggiando" (è il sinonimo che sta per omicidio) indiscriminatamente chiunque si metta sul loro cammino. Arriveranno in seguito rapporti con camorra, mafia e "obtorto collo" con i servizi segreti (deviati?), Moro, la strage di Bologna. Parallelamente si svolgono le indagini di Scialoja, un commissario tanto isolato (per le sue idee politiche di sinistra) quanto abile e di Borgia, un magistrato che va lealmente controcorrente rispetto alla linea fascista della gestione delle forze dell'ordine.
Non se questa serie, come qualcuno ha affermato, sia davvero la migliore mai prodotta in Italia. Di certo risulta evidente lo sforzo di farne un prodotto d'eccellenza, dal taglio adulto, cinematografico. Un grande impegno è stato profuso nella ricostruzione del contesto del periodo storico, nello slang dell'epoca, nelle location, nei costumi (ecco, forse un eccesso di "falso vintage"). Ancora di più è stato speso (in tutti i sensi) nella costruzione della colonna sonora. I settanta sono magistralmente rappresentati dalle popolari hits italiane (Tutto il resto è noia, Figli delle stelle, Pazza idea, Albachiara, Sabato pomeriggio) e internazionali (Le freak, You meake me feel mighty real, Knock on wood, Disco inferno, Please don't go), quasi sempre usate come congruo accompagnamento alle immagini, e spesso, a farne da contrasto.
Tutti queste scelte alzano il ivello dell'opera oltre la media dei competitors italiani. Così come risultano azzeccate alcune scene di chiaro tributo al primo Tarantino. Su tutte, ad esempio, quella di un'efferata esecuzione camorristica all'inizio del secondo episodio, che si svolge con lo spensierato sottofondo musicale di Gianna (Rino Gaetano), e che sembra stare a Romanzo Criminale come Stuck in the middle with you sta a Le iene, nella scena delle sevizie al poliziotto. E poi le discussioni sulle preferenze musicali dei membri della banda, fatte all'interno dell'alfetta poco prima di un colpo, con il Dandi che adora la disco music (Sylvester, Kool and the gang, Diana Ross) e gli altri che lo accusano di "froceria" per poi ammettere però di apprezzare Baglioni, sono anch'esse squisitamente tarantiniane.
Due parole sugli attori, tutti pressochè sconosciuti (almeno per il sottoscritto). Seppur con qualche eccesso di ghigno malefico che a volte sfocia nel caricaturale, ottimo lavoro di Francesco Montanari (il Libanese), così come di Vinicio Marchioni (il Freddo), Alessandro Roja (il Dandi) e del resto della banda (su tutti un nome: Andrea Sartoretti aka Bufalo), qualche perplessita in più su Marco Bocci (Scialoja), penalizzato dal look da fotoromanzo e su Daniela Virgilio (Patrizia, la prostituta/maitresse/donna del Dandi). Le scene e i dialoghi tra i due sono forse il punto più basso dell'intera serie, poco credibili e prive di ogni intensità.
Per concludere una considerazione. Si è tanto polemizzato (da molte parti senza nemmeno aver visto il film) sull'opera, in uscita, di Placido su Vallanzasca. Il motivo può anche essere condivisibile: evitare di enfatizzare troppo l'opera di un criminale assassino, non farne un esempio, un simbolo. Ma allora ci sarebbe molto da dire sulla trasposizione di quella, che a detta di tutti (a proposito, in questi giorni su History channel c'è un documentario sulla vera storia della banda) è stata una delle associazioni criminali più spietate e colluse con il malaffare e la parte oscura dello stato, che viene invece rappresentata come un gruppo di gangster sì violenti e senza scrupoli, ma con un solido codice d'onore e che agisce quasi esclusivamente contro altri criminali, lasciando in qualche modo che nello spettatore maturi una sorta di assoluzione morale, visto che "s'ammazzano tra loro" e che gli innocenti non ci vanno mai di mezzo. Nella realtà questa gente ha sparato in testa a persone comuni solo per una risposta sgradita o uno sguardo di troppo, sicuri della propria impunità.
Ma lo dicevo in premessa, questo prodotto ormai con la realtà dei fatti ha poco a che fare. Ha molto invece in comune con le grandi produzioni anglosassoni di serial, con la professionalità che li contraddistingue e con il coinvolgimento/fidelizzazione che riescono a creare nello spettatore. Non mi sembra poco, in questi tempi di stucchevole buonismo da Squadre e Distretti di Polizia.
lunedì 29 novembre 2010
Problemi di linea
sabato 27 novembre 2010
Album o' the week / Billy Bragg, Talking with the taxman about poetry (1986)
Negli ultimi anni partecipavo quasi per dovere e senza molto entusiasmo a queste mobilitazioni d'organizzazione, ma stavolta è diverso. Forse il vaso è davvero colmo, o magari c'è bisogno di stringere i ranghi, la necessità di stare in mezzo al mare di bandiere rosse. C'è l'illusione di contribuire a dare una spallata definitiva a questo esecutivo-azienda del cavaliere nero. Probabilmente non sarà così, ma la speranza mi basta a caricarmi di sano entusiasmo lottaiolo e perciò mi preparo, berretto rosso calcato in testa e Billy Bragg nel lettore mp3, a marciare.
Talking with the taxman about poetry è dell'ottantasei, praticamente un concept album socialista, un invito alla rivolta contro la politica della Tatcher. Impegno sociale, denunce alla società inglese, anti-imperialismo, inni da corteo.
There is power in a factory, power in the land
Power in the hands of a worker
But it all amounts to nothing if together we don’t stand there is power in a union
Now the lessons of the past were all learned with workers’ blood
The mistakes of the bosses we must pay for
From the cities and the farmlands to trenches full of mud
War has always been the bosses’ way, sir
The union forever defending our rights
Down with the blackleg, all workers unite
With our brothers and out sisters from many far off lands
There is power in a union
Now I long for the morning that they realise
Brutality and unjust laws can not defeat us
But who’ll defend the workers who cannot organise
When the bosses send their lackies out to cheat us?
Money speaks for money, the devil for his own
Who comes to speak for the skin and the bone
What a comfort to the widow, a light to the child
There is power in a union
The union forever defending our rights
Down with the blackleg, all workers unite
With our brothers and out sisters from many far off lands
There is power in a union.
venerdì 26 novembre 2010
Il santo
Con Sinners and saints si risente invece il sound senza confini che mi ha portato a definire i Mavericks come i Creedence Clearwater Revival degli anni novanta. Si capisce subito dalla prima canzone del disco (la title track) che si respira un'aria diversa rispetto al recente passato. Una lunga introduzione di tromba mariachi in stile Herp Albert ci conduce al cantato ed ad un'accattivante composizione che oscilla tra melodie arabe e sudamericane. A seguire il rhythm and blues di Living for today con i fiati che pompano sangue nelle vene e nella successiva San Antonio baby la fisa sorregge uno scatenato tex mex.
Dopo il canonico slow 'Til i gain control again, Malo va in modalità Elvis Presley (una delle mie preferite!) e attacca Staying here, un bel midtempo soul. Tequila e birra tornano a scorrere a fiumi con Superstar, mentre Sombras timbra un altro gradito comeback, quello alla melodia sudamericana.
Ma non c'è festa per ritorno a casa che si rispetti senza la conclusione di effetti pirotecnici e fuochi artificiali. E infatti gli ultimi colpi sono garantiti da Better in Texas che, a dispetto del titolo, è un altro vorticoso omaggio alla musica messicana. Mrs Brown, fiati e cori che maramaldeggiano, è una bonus track che avrebbe meritato di essere titolare.
giovedì 25 novembre 2010
I giorni dei morti viventi 1-3
Il serial, la cui prima stagione consta di soli sei episodi, mette in scena un presente alternativo popolato, per cause misteriose, da eserciti di zombie che vagano affamati per le strade alla ricerca di carne viva (umana o animale) di cui nutrirsi.
Rick Grames è uno sceriffo della periferia di Atlanta che rimane ferito in uno scontro a fuoco prima del contagio, e che si sveglia dal coma giusto in tempo per trovare l'ospedale e la città invasi dai non morti e la sua famiglia scomparsa da casa. Si mette allora in marcia, e dopo aver scovato qualche sparuto essere umano che è sopravvissuto perlopiù nascondendosi, scopre la regola principale per restare vivo: evitare ogni tipo di rumore, gli zombie ne sono attratti come falene dalla luce. Ne consegue che usare le armi da fuoco per eliminarli è un'azione mortalmente controproducente.
Devo dire che ho cominciato a guardare The Walking Dead con molta diffidenza. Lo spunto di partenza infatti mi interessava quanto a Mourinho giocare la Mitropa Cup. Col tempo però mi sono ricreduto. Certo, gli zombie a volte provocano effetti di involontaria comicità, ma nel complesso la tensione regge, e ci sono alcune trovate davvero riuscite (ad esempio il protagonista e un socio che per non farsi annusare dagli zombie, si spalmano addosso budella, sangue e resti vari di un morto vivente e percorrono la strada che li separa dalla libertà mischiandosi a queste spaventose creature) oltre a dei congrui cliffhanger al termine di ogni puntata.
Da segnalare la presenza di Sarah Wayne Callies (la dottoressa Tancredi di Prison Break) e gli interessanti cameo dei fratelli Dixon, beceri e razzisti, interpretati dal sempre ottimo Michael Rooker e dal bravo Norman Reedus (Boondock Saints, Blade 2).
Three to go.
martedì 23 novembre 2010
Forti coi deboli / 2
Questo impegno informale dei datori di lavoro condiziona pesantemente le scelte dei precari. E' ovvio che rischiare una causa contro un'azienda significa compromettere ogni potenziale rapporto futuro, e con esso ogni possibilità di essere stabilizzato regolarmente, senza cioè conflitti legali.
lunedì 22 novembre 2010
MFT, novembre 2010
ASCOLTI
REM, Document
Tim Buckley, Morning Glory
John Mellencamp, Worlds and music
Lady Gaga, The fame monster
Iggy Pop and the Stooges, Raw power
Afterhours, Germi
The Cult, Pure Cult
Robert Plant, Band of Joy
Raul Malo, Sinners & saints
Eric Clapton, Clapton
Bruce Springsteen, The promise
Dalla De Gregori, Work in progress
VISIONI
The Walking Dead, prima stagione
Romanzo Criminale, prima e seconda stagione
LETTURE
Paolo Sorrentino, Hanno tutti ragione
Problemi col ferro
domenica 21 novembre 2010
That's life!
è un apparecchio momentaneo
infilato sotto il petto
Forse perché da quella data di settembre
è aumentato il senso
corrisposto del sospetto
Dal cielo arrivano le bombe
garantite intelligenti
che feriscono i sopravvissuti
e comunque crean carie ai denti
Che vita!
Ah, puoi dirlo, sento sempre il peso
di un controllo appeso al collo
Che vita!
Si direbbe fuori dal contesto
su nell’universo nello spazio…
Infatti forse un po’ per punizione
che ci batte in testa il sole
nonostante la tettoia
Non credo che nessuno ormai si stupirebbe
se un bambino gli chiedesse
a cosa serve una grondaia?
A cosa servono i palloni
incastrati sotto le marmitte
a ricordare quando fuori
si giocava fra le 127
Che vita !
Ah puoi dirlo sento sempre il peso
di un ricordo appeso al collo
Che vita !
Pietro Mennea e Sara Simeoni
son rivali alle elezioni…
Però sul ponte fra Messina e Reggio
gli operai a gettoni sono progettati dalla Sony
Alla mafia han dato in cambio un Tamagochi
e il monopolio nazionale
del settore videogiochi!
E mentre inaspettatamente
comincio a perdere i capelli
Ho visto in giro i miei gemelli
pettinati ancora uguali-guali
Che vita!
Ah, puoi dirlo, sento sempre il peso
di un controllo appeso al collo
Che vita!
Si direbbe fuori dal contesto
su nell’universo nello spazio
Che vita !
Ah puoi dirlo sento sempre il peso
di un ricordo appeso al collo
Che vita !
Pietro Mennea e Sara Simeoni
son rivali alle elezioni…
sabato 20 novembre 2010
Album o' the week/ REM, Document (1987)
Aridatece quella band.
venerdì 19 novembre 2010
La fine dell'innocenza
Harry ha dodici anni, vive con i genitori e la sorellina di nove ai margini della cittadina di Marvel Creek, in una casa a ridosso della palude. Il padre Jacob è un uomo severo ma giusto, che rispetta tutti (neri compresi) e da tutti è rispettato, svolge l'attività di agente di polizia (pur non avendo divisa e non essendo uno sceriffo) oltre ad occuparsi del negozio di barbiere del paese.
Proprio durante una di queste scorribande Harry e Tomasina (Tom) fanno una scoperta agghiacciante: il cadavere di una donna orribilmente seviziato.
Tra gli omicidi e la caccia ai negri considerati colpevoli a prescindere, Jacob cerca di innalzare una barriera di equità e di rispetto della legge tanto giusta quanto destinata ineluttabilmente a frantumarsi. Harry invece, nella tipica incoscenza dei bambini, vivrà un estate terribile e meravigliosa, che gli resterà marchiata a fuoco per tutta l'esistenza e segnerà la fine della sua innocenza.
Joe R. Lansdale è un autore straordinario, unico e impossibile da limitare nel recinto di un genere letterario. Dico cose risapute se ricordo che la sua arte spazia dal noir alla fantascenza al western al fantasy fino al cosidetto pulp fiction, riuscendo quasi sempre a mantenere la qualità a livelli d'eccellenza.
In fondo alla palude racchiude in se le diverse anime dello scrittore,è un noir, un romanzo storico ma anche un opera di formazione, nel solco, per dire, di Mark Twain.
Attraverso gli occhi di Harry osserviamo infatti un pezzo di storia americana. Quello delle diseguaglianze, della violenza, delle sopraffazioni. Che però, seppur allo stato embrionale, è anche quello della lunga strada per la conquista dei diritti.
La violenza che si respira nel libro non è solo quella del serial killer, anzi, quella probabilmente è la meno paurosa, perchè fa parte dell'anormalità dell'essere umano, della malvagità che si manifesta attraverso l'opera di un singolo essere che diviene mostro (e infatti il mistero riguardo l'identità dell'assassino non è il punto di forza del racconto, visto che si intuisce abbastanza presto).
Quello che terrorizza nel profondo è invece la violenza del sottotesto, della mancanza di un autorità giusta, di un clima da costante sopraffazione da parte del più forte, o del branco, nei confronti dei più deboli. Contro questa cattiveria, reale, palpabile e documentata, gli atti di coraggio sono sparuti e destinati a fallire.
Tutto torna. Citando Ellroy, l'America, a differenza del piccolo Harry non può perdere l'innocenza, semplicemente perchè non l'ha mai avuta.
mercoledì 17 novembre 2010
Raisin' emotions
Dopo il grande riscontro di critica avuto con Raisin sand, l'album del 2008 registrato insieme alla Krauss, Robert Plant torna, novello hobo, con un viaggio a piedi lungo i binari della tradizione popolare americana, succhiando fino in fondo le radici del rigoglioso albero musicale statunitense. Lo fa attraverso undici cover e un brano originale.
Si apre con con Angel dance, e nonostante il pezzo sia del repertorio dei Los Lobos risulta evidente il richiamo alla classica progressione irish folk . House of cards è invece un arioso soul, originariamente composto da Richard Thompson, ex componente dei Fairport Convention.
Central two-o-nine, la traccia numero tre, è l'unica di proprietà di Plant (insieme a Miller). Si tratta di un affascinante blues acustico che mi rimanda alle prime cose da solista di Mark Lanegan, mentre con la successiva Silver rider siamo ad uno degli acme del disco, canzone splendida, struggente, capace di grande fascinazione. L'inizio non è lontano dalla tradizione dei migliori slow dei Led Zeppelin, ma poi muta di forma, mantenendo sempre alta l'emotività e regalandoci un palpitante contributo della Griffin al controcanto.
Il rock and roll di You can't buy my love e sopratutto la ballatona crooning Falling in love again non possono non riportarmi agli Honeydrippers, strampalato progetto di cover partorito con Jimmy Page pochi anni dopo lo split degli Zeppelin (ricordate Sea of love?). I peli del collo tornano a rizzarsi su Monkey, altro grandissimo duetto con Patty Griffin, poi c'è spazio ancora per un'efficace cover di prezzemolino Townes Van Zandt, la non notissima Harm's swift way, e per due traditional del diciannovesimo secolo riadattati da Plant e Miller (Cindy i'll marry you someday e Satan, your kingdom must come down, gospel rurale che avrebbe potuto tranquillamente stare nella ost di Brother, where art thou?).
Plant si sta ritagliando quasi fuori tempo massimo una seconda giovinezza attraverso il recupero di una tradizione classica che quando era un martello degli dei aveva solo sfiorato, senza immergersene. L'ispirazione e la voce sono a livelli di maturazione eccezionale, e così la determinazione nelle interpretazioni.
martedì 16 novembre 2010
Forti coi deboli / 1
L'obiettivo dichiarato di questo insieme di norme è quello di intervenire sulla materia del diritto del lavoro semplificandone alcuni aspetti, in realtà, concettualmente si riprende la strada della destrutturazione dei diritti già iniziata con la legge 276/03 (che molti ancora chiamano legge 30 o legge Biagi) e che verosimilmente proseguirà con l'attacco allo Statuto dei lavoratori (da sostituire con lo "statuto dei lavori"), già iniziato con il tentativo di aggiramento dell'art. 18, smascherato (dalla Cgil) e cancellato dal testo di legge.
La parola d'ordine quindi è depotenziare il diritto del lavoro. Un diritto, vale la pena ricordarlo, nato sul principio di considerare il lavoratore parte debole e come tale meritevole di tutela attraverso la legge e la contrattazione collettiva, rispetto all'altro soggetto chiamato in causa, il datore di lavoro.
Con gli interventi di questo esecutivo, dal suo insediamento fino al collegato lavoro, non sarà più così.
lunedì 15 novembre 2010
Work in progress
I problemi si chiamano "compiti a casa". Anche qui m'immaginavo una situazione idilliaca, padre e figlio che sbrigano in armonia le faccende di prima elementare, ma non avevo fatto i conti con l'iper dinamicità di Stefano, che a stare fermo una mezzoretta per ripetere le sillabe, leggerle o compilare una paginetta di nove non ci pensa proprio.
Per farla breve, giorno dopo giorno parto con una scorta di pazienza tipo escort che aspettano che a mr B. faccia effetto il viagra, e finisco con sclerate epocali.
domenica 14 novembre 2010
Web alla francese
sabato 13 novembre 2010
Album o' the week / Ministry, KΕΦΑΛΗΞΘ (1992)
Un recupero doveroso, quello di KΕΦΑΛΗΞΘ (noto anche come Psalm 69) quinto album della ragione sociale Ministry, dietro alla quale si cela sostanzialmente il solo Al Jourgensen, coadiuvato, nel corso degli anni, da diversi collaboratori.
venerdì 12 novembre 2010
Photobook
"Dal letto della cameretta guardando il soffitto"
"Action Man e Hulk(particolare)"
"Relaxin'"
continua...
giovedì 11 novembre 2010
Promesse in anteprima
Anche mettendo in conto le scontate difficoltà di collegamento al sito, un bell'antipasto di quella che sarà l'indigestione dell'anno.
martedì 9 novembre 2010
Why them Lord?
Sì, se il lavoro di recupero nei suoi archivi porta alla luce brani dalla bellezza cristallina, che coprono quasi un trentennio (70/95) di stili e influenze.
Come fosse un prezioso vino d'annata, si assapora la voce di Ray, il suo stile pianistico, di ogni singola nota distillata dalla band, come nel lentaccio There'll be some change made, di un irresistibile midtempo quale Isn't wonderful, della contaminazione tra modern e classic soul di I don't want no one but you, del quasi country di She's gone.