martedì 8 luglio 2008

Damned sky

In merito a questi articoli, postati da Ale sul blog che divide con Livio, mi scappano un paio di considerazioni/valutazioni. Non ho mai vissuto situazioni di disservizi gravi (perdite definitive di bagagli, lunghe controversie per i rimborsi) in seguito ad un viaggio in aereo, un paio di volte la mia valigia non è arrivata con il volo, ma il giorno dopo ce l’avevo. Non ho motivo però di dubitare dei dati pubblicati nell’articolo, in realtà non volo con bagaglio in stiva da anni, e nel frattempo l’intero mondo del trasporto aereo è stato stravolto dai cambiamenti.

Per circoscrivere il discorso agli aspetti legati ai disagi per i passeggeri, ad esempio, non c’è più alcuna compagnia aerea che fa in proprio l’assistenza a terra. Si affidano tutte ad aziende di “handling”. Già, solo che anche in questo campo non esiste più il monopolio (prima ad esempio chi atterrava a Milano era obbligato a farsi assistere da SEA, a Roma da AdR, a Napoli da Ge.Sa, etc.), perciò ogni vettore può scegliere, e la scelta come è ovvio si basa esclusivamente sui costi, a quale soggetto affidarsi. Per rimanere a Milano, a Linate e Malpensa ci sono quattro società che fanno handling, e che di conseguenza, effettuano un proprio servizio di Lost and Found. A loro volta queste società si affidano ad altre aziende (in genere corrieri) per la consegna della valigia al passeggero (e siamo a tre passaggi).

Ovviamente, le condizioni del servizio non sono le stesse per tutti. Le società “storiche” degli aeroporti, almeno a Milano, continuano ad avere spazi (e mezzi/strumenti di lavoro) migliori, formazione più accurata, più esperienza. Non per colpa dei lavoratori delle altre aziende, sia chiaro, si tratta solo di investimenti in formazione, e di condizioni contrattuali migliori. Per cui potrebbe verificarsi che sulla stessa tratta, servita però da due vettori diversi, a parità di disservizio (la valigia persa) il viaggiatore A ritrovi il suo bagaglio in poche ore e il viaggiatore B mai. Potrà sembrare che faccio questo discorso per ragioni di convenienza (indubbiamente la liberalizzazione del mercato ha introdotto un peggioramento delle condizioni di lavoro), ma in realtà è una considerazione abbastanza semplice da dimostare.

Altro discorso le compagnie aeree. L’Alitalia due anni fa ha fatto dell’overbooking una micidiale strategia commerciale. L’overbooking, per chi non lo sapesse, è quella procedura, per cui se su di un volo normalmente si presenta circa il 15% in meno dei passeggeri prenotati (la percentuale varia da compagnia a compagnia), io vettore aereo, invece di fermare le prenotazioni al massimo della capienza dell’aereo o poco più, come buon senso vorrebbe, sforo di un tot, a volte spingendomi anche fino a raggiungere la percentuale media di mancata presentazione (quel 15% di cui sopra). Peccato che 1) spesso non lo comunico al passeggero, che quindi è ignaro del fatto che potrebbe restare a terra. 2) nel periodo estivo i prenotati si presentano sempre tutti 3) sulle tratte intercontinentali o sulle tight connection,in caso di mancato imbarco per overbooking, sono costretto a pagare oltre alla consueta riprotezione (in questo caso su più tratte) anche l’albergo, e immaginate i costi per la compagnia! 4) nei periodi di picco, per i voli poco frequenti, può capitare che il malcapitato aspetti anche giorni prima di poter partire.

Nell’estate del 2006 Alitalia ha compiuto dei veri e propri stillicidi ai danni dei viaggiatori. Passeggeri che scoprivano all’ultimo di non partire, banchetti del check-in presi d’assalto, aggressioni, interventi della polizia, intere famiglie che facevano la conta su chi partiva e chi no, situazioni davvero indegne.
Credo che in quell'anno Alitalia, tra riprotezioni e alberghi abbia speso più del fatturato dei voli, il che è tutto dire sulle strategie della compagnia di bandiera.
Per oggi mi fermo qui.

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