Capisco bene che oggi la musica vada da un'altra parte, ma chi dice di amare il rock classico e non si fionda su questo lavoro dovrebbe far pace con sè stesso.
martedì 22 giugno 2021
Thunder, All the right noises
giovedì 17 giugno 2021
Comedians (2021)
Un gruppo di sei persone, aspiranti comici, si prepara ad affrontare un'audizione dopo aver frequentato un corso serale con Eddie Barni, ex comico di successo dalle idee molto controcorrente rispetto al tipo di comicità mainstream e televisiva. Le convinzioni del gruppo, che Barni ha plasmato sulle sue, vacillano nel momento in cui arriva Celli, anche lui ex comico, ma "inserito nel sistema", in aperto conflitto con le posizioni di Barni.
Il film, completato in meno di un mese, mantiene l'impostazione teatrale, con i monologhi mediamente lunghi degli attori e il frequente ricorso ai piani sequenza, ma riesce ad ottenere un crescendo e una tensione tipici dello strumento cinematografico.
Quanto mai attuale ed opportuna infine, nonostante il testo originale sia dei primi anni settanta, la riflessione su cosa debba essere la comicità, che rapporto debba costruire col pubblico e la funzione sociale che debba esercitare. In un periodo nel quale anche in Italia si è scoperta l'arte dello stand up comedy, con risultati spesso sconsolanti e battute che girano sempre attorno al solito tema (i rapporti tra i due sessi), Comedians spicca in maniera intellettuale, divertente (anche se non è un film "da ride"), provocatoria e stimolante.
E poi, un film italiano che inizia (Rain dogs) e finisce (Downtown train) con due pezzi di Tom Waits è promosso a prescindere.
lunedì 14 giugno 2021
Maneskin, Teatro d'ira vol I
Strano caso, anche perchè raramente si è visto l'armamentario di tutto quello che è convenzionalmente considerato rock in Italia (da Vasco ad Agnelli passando per Pelù) prodursi in endorsement così sfacciati a favore di questi quattro ragazzi, contrapponendosi ai salotti buoni, e a quelli dei social, che invece, tendenzialmente, li stroncano.
Chi invece li attendeva senza pregiudizi alla prova del secondo lavoro, dopo il botto di Sanremo e dell'Eurofestival grazie al brano Zitti e buoni, probabilmente dovrà attendere ancora un pò. Questo Teatro d'ira vol.1 infatti non scioglie i dubbi sul reale valore del gruppo, che, quando scende dal palco (la dimensione dove evidentemente è più a suo agio dimostrando effettivamente un'attitudine e una maturità "molto poco italiana" che va ben oltre la giovane età dei componenti, in particolar modo per il frontman, Damiano) ha evidenti problemi di scrittura e creazione complessiva delle composizioni. Infatti, tolto il singolo trionfatore delle manifestazioni di cui sopra, un ottimo pezzo glam-rock, ruffiano ma ruvido, e poco altro (Coraline), il livello cala paurosamente, tra pezzi che magari vorrebbero essere punk ma appaiono scolastici (I wanna be your slave) e pattern vocali che flirtano in maniera poco convincente con il rap (Lividi sui gomiti), con un utilizzo forzato, insincero (almeno per un matusa come me) di epiteti e slang giovanilistici vari. Certo, ci sono i chitarroni e, soprattutto a queste latitudini, di questi tempi, i chitarroni fanno sempre piacere (soprattutto in ambito mainstream), nella speranza che tornino a fare "tendenza", però, ecco, senza voler fare gli snob a tutti i costi che si scandalizzano perchè i Maneskin arrivano dai talent e non si sono "sudati" la ribalta, consiglierei alla band di trovarsi songwriter e produttori artistici che gli consentano il definitivo salto di qualità.
giovedì 10 giugno 2021
Un altro giro (2020)
Gentofte, Danimarca. Quattro amici, colleghi insegnanti delle superiori, diversi tra loro, ma tutti disillusi e resi cinici dalla vita sia dal punto vita personale/sociale che da quello professionale, vengono affascinati dalla teoria di uno psicologo relativa al presunto deficit alcolico dello 0,05% dell'organismo umano, deficit che inficerebbe prestazioni e umore di ciascuno e che, pertanto, andrebbe compensato. I quattro decidono di sperimentare su sè stessi la teoria, cominciando ad assumere dosi minime quotidiane di alcol, con risultati, almeno inizialmente, estremamente efficaci.
lunedì 7 giugno 2021
Loretta Lynn, Still woman enough
Mi soffermo doverosamente, non avendolo mai fatto in precedenza, su una delle ultime leggende del country popolare (l'altra è Willie Nelson) ancora in vita. Loretta Lynn, classe 1932, ha avuto un'esistenza avventurosa, al punto da essere portata sul grande schermo con un film del 1980 (La ragazza di Nashville) che fece vincere un Oscar a Sissy Spacek proprio per l'interpretazione della Lynn.
La cantante nativa del Kentucky, caratterizzata nell'outfit con onnipresenti abiti colorati modello vecchio West, arriva alla soglia dei novant'anni con il suo quarantaseiesimo album ed è sempre grande l'attenzione che le riserva lo stardom nashvilliano.Infatti, come accade regolarmente almeno negli ultimi vent'anni (Van Lear Rose del 2004 fu prodotto da Jack White) anche quest'ultimo Still woman enough è infarcito di ospitate.
Lo schema dell'album riprende la formula "a geometria variabile" ormai consolidata, presentando un mix di brani di repertorio assieme a tracce inedite. Il titolo stesso dell'opera, che è anche la canzone che apre la tracklist, featuring Reba McEntire e Carrie Underwood, è una sorta di replica a You ain't woman enough, canzone (anch'essa ripresa in coda a questo disco) e album che Loretta pubblicò nel 1966. Non credo serva mi dilunghi più di tanto sullo stile del disco: country classico, immortale, suonato da una lista di tre pagine dei migliori session men di Nashville. Tra le sette canzoni ripescate e reinterpretate dal repertorio della Lynn (il lotto di tredici pezzi si completa con un traditional e quattro inediti) spicca una versione totalmente spoken di Coal miner's daughter, forse il pezzo più identificativo della storia di questa vera e propria leggenda americana.