giovedì 13 maggio 2021

Rifkin's Festival


La coppia americana composta dall'anziano critico cinematografico ed ex insegnante di settima arte, Mort Rifkin, e la più giovane moglie, manager cinematografica, Sue, è a San Sebastian, in Spagna, per seguire il locale festival cinematografico. Sue è lì per lavoro in quanto rappresenta un regista francese in forte ascesa, mentre Mort, che non esercita più l'attività di critico, segue la moglie per il sospetto che lei abbia una tresca proprio con il regista francese.

Sono particolarmente felice che Woody Allen sia riuscito, nonostante il feroce e bieco ostracismo del cinema americano (sulle cui cause mi sono sufficientemente espresso qui), e grazie all'imperituro affetto dell'Europa, a portare a termine il suo cinquantesimo film da regista (in cinquantacinque anni). Lo sono poi doppiamente perchè sono riuscito a vederlo in sala.

Rifkin's Festival è un film che, anche ad occhi chiusi, limitandosi ai dialoghi (ma anche al contrario, senza audio e limitandosi alle immagini), rientra inequivocabilmente nell'ambito della cifra stilistica e filosofica di Allen. Questa volta le caratteristiche tipiche di Woody (eccentricità, nevrosi, insicurezza, cinismo) sono impersonate efficacemente dal noto caratterista Wallace Shawn (Mort), mentre la controparte solare, giovane, intraprendente, passionale della moglie è affidata a Gina Gershon. La narrazione, mostrata attraverso le suggestive immagini della cittadina basca ed enfatizzate dalla fotografia di Vittorio Storaro, prende spunto dal matrimonio ormai logoro dei due, ma in realtà, tra le altre cose, posiziona in maniera netta il pensiero del regista su taluni "fenomeni" del cinema moderno e, per antitesi, sul suo amore verso i classici di quest'arte. Allen compie la scelta di manifestare la sua passione per la grande epopea del cinema del passato, in particolar modo quello europeo, attraverso i sogni (in bianco e nero) del suo alter-ego Mort, che, a volte in tono ironico, altre didascalico, si trova proiettato in prima persona dentro capolavori come Quarto potere, Jules e Jim, Il settimo sigillo, 8 1/2 , Fino all'ultimo respiro ed altri (qui la lista completa delle pellicole rievocate).

Non il migliore film di Allen, ma una pellicola deliziosa che ancora una volta fa riflettere con leggerezza su grandi temi esistenziali, sul valore del cinema e su "stronzate tipo la famiglia a cui ci affidiamo per dare un senso alla nostra esistenza", con il valore aggiunto di un breve ma indimenticabile cameo di Chistoph Waltz, cui va riconosciuto il coraggio e la scelta controcorrente di fare ciò che terrorizza gli altri grandi nomi di Hollywood: partecipare ad un film di Woody Allen nel 2020.

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