Disco di debutto per gli Hot Country Knights, nuova creatura del navigato countryman Dierks Bentley che bazzica con buoni risultati il genere da una ventina d'anni e nove lavori a proprio nome.
Questa volta il buon Dierks mette assieme un progetto finalizzato all'aspetto più danzereccio del genere, con un disco di esplosivo e irresistibile honky-tonk.
La copertina e le note relative a questo progetto danno molto spazio all'aspetto parodistico della nuova incarnazione musicale, in realtà dentro le dieci tracce che compongono il disco c'è solo dell'ottimo country, e l'unica traccia inconsapevolmente grottesca è l'ultima, ma ne parleremo più avanti.
Prima occupiamoci di quanto di buono (ed è parecchio) c'è nell'album, contraddistinto da alcune tracce honky tonk devastanti, a partire da una Pick her up (featuring Travis Tritt) che farebbe cantare anche un muto, per poi passare all'altrettanto notevole Moose knuckle shuffle, alla tamarrissima Wrangler danger, a Mull it over e Kings of neon. Anche il lato ballate non scherza con Asphalt e Then it rained.
Tutta roba di alto livello dentro il genere, peccato per lo scivolone finale, uno di quei pezzi che provocano psoriasi immediata a chiunque non sia americano del sud.
Si tratta di The USA begin with Us, un pezzo dal vivo (ammesso che sia davvero così, perchè suona farlocco anche in questo senso), nel quale Bentley invece di cantare si produce in un sermone al pubblico su quanto sia bello essere americano e di come, tra le altre cose, abbia nostalgia di quando le sue mutande erano made in USA invece che made in China, il tutto con lo stage che gli risponde al suono di U-S-A-! U-S-A-! .
Una roba imbarazzante a livelli patologici, senza ombra di ironia volontaria, che risulta totalmente comica.
Non vorrei però che uno scivolone (almeno ai miei occhi) come questo metta in secondo piano un lavoro che per il 90% rappresenta forse il migliore e spensierato honky tonk che mi sia passato per le orecchie da molto, molto tempo.
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