Escono talmente a fari spenti i dischi di Jim Finkley aka Joe Buck Yourself che il rischio di perderseli è più che elevato. Questo Who dat? per esempio è stato rilasciato alla fine del 2012, proprio quando avevo appena scoperto, e apprezzato, il precedente Piss and vinegar (del 2011), senza che me ne fossi minimamente accorto.
Rispetto a quel lavoro l'artista del Tennessee modifica in maniera sostanziale il suo approccio alla composizione, non tanto dal punto di vista dello stile, che continua a muoversi dalle parti di un personalissimo psychobilly, ma piuttosto per il raggiungimento di una diversa maturità artistica che gli consente di diminuire un pò la velocità delle esecuzioni e l'asprezza delle tematiche, entrambe fin qui orientate a senso unico verso nichilismo, aggressività e deriva esistenziale.
Non che quegli spunti, così cari a tutta la scena indipendente che parte dal country per addentrarsi nel territori musicali più paludosi degli stati americani del sud, venga del tutto a mancare: tracce come Hellbound o When evil comes to town sono in questo senso classici wild bites, ma in compenso aumentano i momenti più articolati e meno rabbiosi, come ad esempio l'opener Blood river, la meravigliosa Tango of death, Genocide con il suo controcanto in falsetto e la title track, probabilmente il pezzo più riuscito del disco, a cavallo com'è tra rockabilly e swing anni cinquanta. Jesus is dead si raccorda invece con la tradizione country grass pre-bellica della canzone religiosa, il tutto ovviamente coniugato con la "sensibilità" di mr. Finkley che non inficia messaggio e risultato, ma che anzi, ne amplifica la valenza.
Who dat? rappresenta un passo importante nella carriera artistica di Joe Buck Yourself, perchè ci dice in maniera esplicita che dietro alle attitudini da bad guy e le oltraggiose pose da punk di questo artista c'è dell'altro. C'è un urgenza comunicativa che non si accontenta (più) di scalciare e sputare ma tenta di catturare l'attenzione dell'ascoltatore attraverso composizioni più mature e accessibili che comunque stanno sempre dentro un perimetro di orgogliosa indipendenza. Un altro tassello di una carriera minore ma all'insegna di un'invidiabile libertà artistica e personale.
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