"Here i am, not quiet dying" (The next day)
L'uscita del nuovo disco di David Bowie si porta dietro due ricorrenze. Una marginale e l'altra significativa. La prima riguarda me, non un grande fan del Duca Bianco, che torno ad ascoltare per intero un suo disco di inediti dal concept che vedeva protagonista il detective Nathan Adler in Outside del 1998. L'altra, storica, concerne proprio il ritorno del sessantaseienne artista inglese a dieci anni di distanza da Reality.
The next day è frutto del lavoro di due anni, svolto pare in gran segreto, con il produttore Tom Visconti. Where are we now, il brano che ne ha anticipato l'uscita è stato diffuso senza preavviso (rinunciando dunque ad ogni marketing commerciale), accompagnato da un video che più lo-fi non si poteva e la copertina dell'album, infine, è la medesima di Heroes, con la bizzarra trovata di coprire il viso di Bowie con una patch bianca e di cancellare il titolo del disco del 1977, lasciandolo comunque ben visibile sotto la riga nera.
E' difficile capire le motivazioni di scelte così anomale e di basso profilo per un artista che, da sempre, ha giocato con i media attraverso le variazioni spiazzanti del look e degli aspetti visivi della sua arte. Ma, come si dice (o perlomeno lo dico io) quello che conta alla fine è solo la musica, e io trovo che dentro questo disco ce ne sia di grandiosa, a partire dalla title-track posta in apertura (e dalla quale ho estratto un significativo e forse autobiografico verso in premessa del post) : un testo amaro sopra un ritmo che riconduce inconfondibilmente alle cose migliori di Bowie, ed un refrain, superfluo sottolinearlo,trascinante.
Ma è tutta la prima parte del disco (direi fino alla traccia numero sei, Valentine's day) a convincere appieno, con una suadente Dirty boys incorniciata dall'affascinate e costante lavoro del trombone, una già classica The stars (are out tonight), alle malinconiche Love is lost e, soprattutto, Where are we now. Anche nei pezzi successivi non si registrano ad ogni modo grosse flessioni, grazie all'ispirazione che continua a supportare David ne I'd rather be high, Boss of me e la quasi citazione ad Hank Williams sr di You feel so lonely you could die.
Il grande momento creativo del ritrovato Bowie è sottolineato anche dal gran numero di tracce presenti nel disco: quattordici nell'edizione normale più ulteriori quattro in quella deluxe. Se fossimo in un mercato discografico d'altri tempi, questa sarebbe un'opera capace di produrre non meno di cinque singoli d'alta classifica.
Il tutto per dire che a mio avviso The next day, oltre a celebrare degnamente il comeback di uno degli artisti musicali più influenti di sempre, si guadagna sul campo, senza privilegi acquisiti, stima e apprezzamento, al punto di candidarsi autorevolmente per la decina dei migliori del 2013.
7,5
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