mercoledì 10 aprile 2013

Way down in the hole, The Wire season 3

Ad un anno esatto dalla conclusione della season 2, ho affrontato la terza parte della saga The Wire e, come ampiamente prevedibile, è bastato poco per cascare di nuovo nella magnifica tela poliziesca creata da David Simon.
La storia riprende il filo narrativo del racket degli stupefacenti  oggetto della prima stagione, giacchè la seconda aveva spostato l'attenzione ai malaffari del porto mantenendo il tema dello spaccio di droga alle case popolari come costante sottotrama. Tornano quindi i mitologici criminali Russel "Stringer" Bell e Avon Barksdale con tutta la loro crew a seguito. Tra le new entry facciamo invece la conoscenza di Dennis " Cutty" Wise (interpretato da Chad Coleman, visto di recente in The Walking Dead), tormentato galeotto con un passato da pugile che durante la detenzione entra in contatto con Barskdale; l'ambizioso consigliere comunale Thomas J. Carcetti (l'irlandese Aidan Gillen, il viscido Lord Baelish di Games of Thrones) e approfondiamo quella del maggiore Howard Colvin (Robert Wisdom), che recita un ruolo centrale rispetto agli sviluppi della trama, che si svolge nel suo distretto, l'ovest.

La storia si svolge a cinque anni di distanza dalla conclusione della prima stagione: Avon Barksdale sta per uscire di prigione per buona condotta e a seguito degli eventi narrati nella due mentre Stringer sta diversificando le sue attività, allontanandosi sempre di più dagli atti illeciti per reinventarsi come palazzinaro. Le case popolari denominate le torri, base logistica dell'organizzazione, sono state abbattute per fare spazio al nuovo, elegante, sviluppo urbanistico di Baltimora. 

Il ritorno in libertà (vigilata) di Avon, che rivendica la sua natura di gangster ripudiando l'evoluzione a business man, provocherà una spietata guerra di territorio e metterà in crisi i progetti dell'amico fraterno, nonchè socio, Bell.
Per quanto concerne "i buoni", il detective Jimmy McNulty stronzeggia più che mai esclusivamente concentrato sull'obiettivo di chiudere il cerchio attorno a Barksdale, scontrandosi per questo con capi e colleghi (ad eccezione di Kima, con la quale evidenzia un'affinità caratteriale) che spostano inizialmente la propria attenzione su altri soggetti.
Altro aspetto importante è quello dedicato ai sordidi retroscena della politica municipale di Baltimora, nei quali sindaco, consiglieri e alti papaveri delle istituzioni vengono dipinti come squallidi figuri impegnati esclusivamente nell'attività di scaricabarile delle responsabilità/acquisizione meriti e del consolidamento delle rispettive carriere/posizioni di potere.

Il ritmo, come consuetudine, è lento, dilatato, dai fitti dialoghi non mancano mai aforismi spiccioli e humor dissacrante. Gli autori gestiscono con parsimonia la figura di Omar Little (Michael K. Williams) l'unica molto letteraria (alla Stagger Lee, per intenderci) e decisamente fuori dal tono realistico di The Wire (a questo proposito segnalo l'incipit e la conclusione quasi da western movie dell'episodio 11). Il livello qualitativo è sempre ai vertici massimi del genere, anche se forse si attesta qualcosa sotto la stagione due, che, a mio avviso, beneficiava di splendidi co-protagonisti (la gente del porto).

Way down in the hole, il pezzo degli open title originariamente composto da Tom Waits, dopo che nella prima stagione era stato interpretato dai Blind Boys Of Alabama e nella seconda dallo stesso Waits, è qui proposto dai Neville Brothers. 
Restando alle commistioni musicali, segnalo il mancato ricorso (nel ruolo di un ex-tossico) ai camei di Steve Earle, ma, in compenso, la comparsata di Clarence Clemons, compianto uomo simbolo della E Street Band di Springsteen.

Se amate il poliziesco e non l'avete mai visto, siete da ricovero.




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