lunedì 17 marzo 2025

Bastion 36


Antoine è un "flick" tormentato dalla sua infanzia. Milita nella polizia anti-gang parigina ma periodicamente partecipa a sessioni di combattimento clandestine organizzate da un amico. A causa di una di esse viene allontanato dalla sua brigata e trasferito in una sezione di periferia. Mesi dopo la sua cacciata i membri della sua ex brigata cominciano ad essere uccisi o a sparire. Coinvolto dalla moglie di uno di loro, comincia ad indagare tra diversi ostacoli, anche interni.


Considero Olivier Marchal il più degno erede del polar d'oltralpe, quello che meglio porta avanti, aggiornandola, la forma e la sostanza dei grandi registi del genere come Melville, Giovanni, Clouzot o Becker. Ma questo l'ho già detto e della sua formazione che salda assieme vita privata (ex poliziotto) e arte (scrittore, attore, sceneggiatore, regista) pure. Bastion 36 è il suo nono film, al quale vanno sommate due serie (Braquo e Pax Massilia) e ormai la sua cifra stilistica è immediatamente chiara e riconoscibile. Il forte cameratismo tra gli agenti, ma anche la sfiducia verso le istituzioni, solo orientate all'auto-conservazione e sempre pronte, a seconda dei casi, alla retorica o allo scaricabarile, la corruzione, il tradimento.

Quest'ultima opera, purtroppo distribuita solo in streaming, non fa differenza. La tenuta noir della storia è fedele a Marchal e agli stilemi del noir dall'inizio alla fine, le facce di buoni e cattivi perfette (con un'eccezione, di cui parlerò a breve), la mano cinica del fato a determinare gli eventi, immancabile. Qui il regista girondino compie un passo indietro rispetto al livello di violenza mostrata di consueto e si concentra maggiormente sul plot e sulla progressione ad orologeria degli eventi. Il passo è lento come deve essere, gli ingranaggi girano a dovere e, sebbene forse non arrivi all'eccellenza di altre produzioni di O.V. (36 Quai des Orfèvres, A gang story, L'ultima missione, Bronx) la categoria è sempre superiore.

Se proprio devo trovare un difetto, non mi ha convinto l'interpretazione del lanciato  Victor Belmondo (sì, nipote di), nel ruolo del protagonista Antoine Cerda,  che mi è sembrata priva del phisique du role necessario: i tratti troppo delicati anche quando appesantiti da occhi gonfi, tagli e cicatrici, la faccia poco adatta ad atmosfere cupe e tragiche. Parere personale che comunque non scalfisce un impianto che funziona e una mano che non tradisce mai, quella di Olivier Marchal.


Netflix


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