A meno di due anni dal precedente esordio solista (Egomania), torna Hans Eric Dyvik Husby, l'ex frontman dei Turbonegro che si è scelto il nome d'arte di Hank Von Hell. Il solco stilistico tracciato con quel lavoro, un rock-metal con poche asperità, costanti aperture melodiche, ritornelli a presa rapida, viene confermato in pieno in questo Dead e anzi, in qualche modo la componente ruffiana è forse ancora più calcata del recente passato, elemento questo che mi ha fatto apprezzare in misura inferiore il disco. Dentro le tredici tracce che compongono la tracklist (dieci canzoni e tre "skit") ritroviamo il grande talento pop di questo divertentissimo istrione ma, forse, una voglia eccessiva di avvicinarsi al celebrato suono dei Ghost, dai quali Hank prende in prestito il produttore Tom Dalgety che calca un pò troppo la mano rispetto al mood vincente di Egomania.
Dead ad ogni modo si fa ascoltare più che volentieri, sopravvive il coraggio di contaminare generi lontani (la disco-metal, con Disco) e il gas del rubinetto dei ritornelli marpioni è sempre aperto al suo massimo, con la title-track (la mia preferita); Blackned eyes; Crown (ospite Guernica Mancini delle Thundermother) e Forever animal, solo per citare gli episodi più clamorosi.
Insomma un altro disco divertente ma a mio avviso, contrariamente alle opinioni della critica che ho letto in giro, un passo indietro in personalità rispetto ad Egomania.