Dopo la disastrosa esperienza del Sonisphere, mi ero ripromesso di non assistere più ad un concerto dei Metallica (e ad un qualunque altro concerto di massa ad eccezione di Springsteen) se ospitato da strutture inconciliabili con eventi di natura musicale.
Visto che la data italiana del nuovo tour dei Metallica avrebbe toccato l'ippodromo di Milano, ho tentato di tenere salda la mia decisione.
A farmi capitolare è stata l'inclusione nel bill di due band che aspettavo alla prova del live: i Bokassa e i Ghost. Sono loro l'unica ragione per la quale ho speso la modica cifra di novanta euro per il mio posticino su un prato spelacchiato.
Un paio di considerazioni. La prima di natura metereologica: sebbene il tempo non fosse dei migliori, nella settimana del concerto non era prevista pioggia. Ad eccezione di un giorno, ovviamente proprio quello dello show, l'8 di maggio.
Non il 7, ne il 9, e nemmeno il 6 o il 10.
No. Solo l'8.
La seconda considerazione è di natura organizzativa, e mi viene dal cuore. Sta cosa del "pit" riservato ha stracciato i coglioni. Grazie al recinto limitato, venduto ovviamente a prezzo maggiorato, le due band di supporto hanno suonato con un antipatico spazio vuoto tra il pubblico del pit (mezzo vuoto fino all'arrivo degli headliner) e quello delle seconde transenne, e al tempo stesso il pubblico con biglietto normale (che comunque non era esattamente regalato) non ha potuto avvicinarsi maggiormente al palco.
Detto questo passiamo alla recensione del concerto.
Aprono i Bokassa, che confermano tutte le buone vibrazioni che emanano da disco, anche se è sembrato evidente a tutti come i tre norvegesi fossero un pò spaesati in quel palco enorme e come invece il loro stoner-hardcore-punk-metal avrebbe spaccato allegramente i culi in un locale di infime dimensioni.
Sei i pezzi proposti in tutto, tra i quali Impending doom, Last night (was a real massacre), Walker Texas danger e l'inedita (sarà sul prossimo album in uscita a giugno) Mouthbreakers Inc. .
Che dire dei Ghost? Assieme ai Cats on Space (ne parlerò), la mia band preferita al momento.
Nonostante lo spettacolo degli svedesi necessiterebbe del favore delle tenebre, la formazione del leader/frontman/one man band Tobias Forge ha lasciato il segno, in virtù di un repertorio già solidissimo e di un gusto melodico unico, che li porta a spaziare in ogni ambito, come ampiamente dimostrato dall'ultimo lavoro, Prequelle.
Spiace essermi trovato solo, nel mio spicchio di prato, a fare singalong sui cori (ma come si fa a non ululare su Rats???) o sui ritornelli (Dance macabre; From the pinnacle to the pit;Ritual; Faith), nella quasi totale indifferenza del resto dei presenti.
Il look della band, abbandonati i costumi ecclesiastici (Forge indossa l'abito papale esclusivamente durante il solo di sax, sulla conclusione di quella meraviglia strumentale che risponde al titolo di Miasma) vede i componenti vestiti completamente di nero, con maschere scintillanti color argento, raffiguranti demoni o fiere.
Tobias Forge, col viso truccato di bianco e gli occhi cerchiati di nero, sembra invece lo zombie di un dandy, elegantissimo, con tanto di coccarda sul petto all'altezza del cuore, si muove da consumato e impeccabile maestro di cerimonie.
Ironico, istrionico, in pieno controllo sulla situazione. Uno straripante talento inversamente proporzionale alla modesta altezza.
La setlist dei Ghost sfiora l'ora di durata, e si chiude con Square hammer, altro gioiellino, incluso, quale unico inedito, sull'EP di cover Popestar del 2016.
Da rivedere in condizioni adeguate as soon as possible.
Purtroppo, al momento, il loro tour non prevede date in Italia.
Alle 20:50 circa (unico ritardo nell'altrimenti precisissimo schedulato) parte il consueto filmato de Il buono il brutto e il cattivo di Sergio Leone, con le musiche (Ecstasy of gold) di Morricone, ed entrano in scena i Metallica.
Hardwire apre la loro gig, in una modalità che non mi arriva con l'impeto della versione registrata, ma più compassata.
James, al solito, interagisce molto col pubblico tirando in ballo come da prassi la fidelizzazione dei fan con la Metallica family, ma ho l'impressione che la reazione dei presenti sia un pò freddina.
Purtroppo la sfiga che contraddistingue la mia partecipazione ai concerti dei Four Horsmen prosegue, perchè, a differenza delle date precedenti a questa, dove ad esempio avevano rispolverato la meravigliosa Disposable heroes, a Milano ci propinano due terzi di concerto (prima dei bis) con solo un brano estratto dai primi tre, seminali, dischi (trattasi di Ride the lightning), soffermandosi più sul recente Hardwired to self destruct e sui dischi post ...And justice for all.
Perciò mi sorbisco The memory remains, The unforgiven, Sad but true, e persino quella ciofeca di St. Anger.
Ora, è chiaro che la band si sia stufata del vecchio materiale e voglia suonare altro, infatti anche stavolta, come la precedente, James Hetfield, sollecita ripetutamente il pubblico a mostrare apprezzamento per le canzoni più recenti, ma così come per Salvini sarebbe contro natura partecipare al corteo del 25 aprile, alla stesso modo St. Anger (per dirne una) non diventa un classico solo perchè sono trascorsi sedici anni dalla sua release.
Ma il problema più generale della serata è che i Metallica propongono i loro pezzi, anche quelli che nascono spinti, in una velocità midtempo che sa di stanco, fiacco, quasi annoiato.
Insomma, il concerto non decolla.
E di certo non aiutano le tante pause tra un pezzo e l'altro, spudoratamente necessarie a James e Lars per riprendere fiato.
Nella più lunga di queste prosegue la nuova, tristissima abitudine di far suonate a Trujillo e Hammett un pezzo della tradizione "rock" del Paese ospitante. Dopo la terrificante versione di C'è di chi dice no del Blasco, è toccato a El diablo dei Litfiba.
Giuro, un'esibizione così raffazzonata da rappresentare una delle cose più brutte che abbia mai visto in un concerto di professionisti. Una sciatteria che equivale ad un autentico insulto al pubblico pagante.
Penso a quanto potrebbe aver avuto più senso, anche in termini di aiuto concreto e di riscoperta per un'audience enorme, realizzare un tributo alle tante band sconosciute ai più del punk-metal italiano degli ottanta. Quanto sarebbe stato coerente suonare un pezzo dei Negazione, di Strana Officina, Sabotage, Steel Crown o RAF, solo per citarne qualcuno?
Purtroppo anche questo è il segnale incontrovertibile della vascorossizzazione di una band (che è stata) meravigliosa.
La pioggia, che contro ogni previsione, aveva dato fino a quel momento tregua, si scatena senza più ritegno durante gli assoli di basso successivi a El diablo (e non può essere un caso), esattamente prima del momento in cui arriva la parte più attesa dello show, quella coi classiconi.
Acqua a secchiate dunque proprio durante One, Master of puppets, For whom the bell tolls, Creeping death e Seek & destroy. Tra l'altro il palco è completamente privo di copertura (ad eccezione della batteria) e i musicisti sono del tutto esposti all'acquazzone, che genera due dita d'acqua sulla pedana.
Io ne ho abbastanza. Mi perderò senza troppe menate dei bis irritanti (Lords of summer, Nothing else matters, Enter sandman), risparmiandomi una ventina di minuti di diluvio.
A mai più, cari James, Lars, Kirk e Robert.
A prestissimo Bokassa e Ghost.
Non ho postato mie foto in quanto posizionato a distanza siderale, come si può vedere
Quindi:
Le foto dei Bokassa sono del sito metalhammer.it
Le foto dei Ghost, come indicato, sono del sito francesco-castaldo.it
Le foto dei Metallica sono del sito onstageweb.com