Avevo messo a nudo tutto il mio entusiasmo da nerd nel recensire Avengers Infinity War, la prima delle due parti di questa saga cinematografica (mutuata dal fumetto), nella quale i super eroi di terra e spazio cercavano, invano, di impedire al tiranno Thanos di avere il potere di mille dei attraverso il possesso delle sei gemme dell'infinito.
Successivamente ho letto in rete molte critiche al film, che potevano anche essere comprensibili, soprattutto se espresse da chi non ha mai letto un albo Marvel, ma che comunque, a mio avviso, non vedevano la maestosità del progetto degli studios, e soprattutto, non tenevano in alcun conto di un finale di pellicola straordinario, che lasciava letteralmente ammutoliti gli spettatori in sala.
Il difficile doveva venire. Perchè tutti sapevamo che gli eroi sarebbero tornati dalla morte, e la sfida del team creativo era proprio quella di rendere credibile, e non banale, questo comeback.
Dico subito che la missione è compiuta appieno, anche oltre le più rosee previsioni, non tanto per l'espediente dei viaggi nel tempo, quello sì un pò scontato, ma per tutta la costruzione della storia che si dipana per tre ore piene di un film che bilancia magistralmente dramma, azione, commedia ed epicità.
La prima ora di narrazione scorre volutamente lenta, con l'unica eccezione del blitz attraverso il quale Thor prima amputa il braccio guantato di Thanos e poi lo decapita (in implicita risposta a quanti sostenevano andasse fatto nel primo film: quei Vendicatori, pieni di virtù e dotati di un codice morale cavelleresco, non potevano macchiarsi di un gesto così brutale; questi Vendicatori invece, umiliati e divorati dai sensi di colpa per la morte dei compagni, non esitano un attimo a farlo).
In ogni caso, l'atto è purtroppo inutile, in quanto Thanos, prima di morire, sostiene di aver distrutto le gemme per evitare che le stesse distruggessero lui.
Salto temporale di cinque anni in avanti.
Ant-Man riesce a tornare dal regno quantico, dove era rimasto intrappolato nell'epilogo di Ant-Man and the wasp, e, appresi i fatti che hanno sconvolto la terra, propone agli Avengers superstiti di usare proprio quella dimensione sub atomica per viaggiare nel tempo e recuperare le gemme nelle epoche antecedenti all'arrivo di Thanos.
Gli autori si giocano bene questa carta, consapevoli della debolezza dello spunto, con una buona dose di ironia, laddove tutto quello che i protagonisti sanno dei viaggi nel tempo deriva dalla visione di una serie di film, a partire da Ritorno al futuro, che vengono snocciolati uno a uno per discutere degli effetti che viaggiare nel passato può avere sul presente.
A quel punto, con i protagonisti sul grande schermo che si pongono le medesime domande dello spettatore medio, la sospensione dell'incredulità è pienamente raggiunta.
Ma la parte centrale, quella del recupero delle gemme con relativi conflitti, che normalmente dovrebbe essere quella per cui lo spettatore paga il biglietto, passa quasi in secondo piano rispetto allo splendido lavoro di ricostruzione dei personaggi operata dagli sceneggiatori.
Partendo da un assunto in cui i personaggi preposti al lato comedy della storia avrebbero dovuto essere Ant-Man (Paul Rudd) e il "procione" Rocket (doppiato da Bradley Cooper), gli screenplayers mettono in scena un vero colpo di genio, alternandoli ad un irresistibile Thor (Chris Hemsworth) ingrassato, depresso, alcolizzato ed incline alla lacrima facile e ad un Hulk verde pastello che, assieme alla forza bruta del mostro, conserva l'intelligenza e l'umorismo di Bruce Banner (Mark Ruffalo). Grazie a questa intuizione, i due personaggi, che rischiavano di inaridirsi dal punto di vista delle possibilità di sfruttamento, rinascono letteralmente.
Infine, le parti drammatiche. Sebbene un pò telefonato, il fato di Tony Stark/Iron Man (Robert Downey Junior) è comunque reso in maniera epica, come se si trattasse di un eroe da peplum anni cinquanta e lo stesso si può dire (in quanto a prevedibilità) del destino di Vedova Nera (Scarlett Johansson), accoppiata nella ricerca di una gemma, a Hawkeye (Jeremy Renner). E' viceversa meraviglioso l'epilogo pensato per Captain America (Chris Evans), il quale, a missione ultimata, sceglie di recuperare gli anni del suo tempo e l'amata perduta nel 1945. Un finale davvero dolcissimo e coinvolgente per un personaggio che ha sempre sofferto l'aver vissuto fuori dal suo tempo.
Con Endgame i Marvel Studios ribadiscono, attraverso una straordinaria, prepotente dimostrazione di forza, la propria leadership nel genere cinematografico. E lo fanno imponendo le nuove regole del gioco, riuscendo a conciliare in maniera armonica un numero impressionate di super eroi dentro la stessa storia, rinunciando in prospettiva ai suoi attori feticcio (Downey jr, Evans, Johansson), chiudendo un ciclo durato dieci anni e ventidue film con un epilogo maestoso, coinvolgente, divertente, commovente, bellissimo.
Persino rinunciando ad un trend che non aveva inventato la Marvel, ma che certamente essa aveva consolidato, cioè quello delle sequenze "nascoste" dopo i titoli di coda, che in Endgame non ci sono.
Le ultime pellicole della Casa delle Idee mi avevano lasciato indifferente (Ant-Man and the Wasp, Black Panther, Venom), ma qui, dentro il genere supereroistico di massa e anche oltre, siamo a livelli difficilmente replicabili.
E allora tocca ripetermi: davvero ci voleva la Marvel e un approccio alla storia che, raccordandosi con la complessa continuity dell'universo fumettistico, parla anche di letteratura epica, di cavalieri e di creature demoniache, dell'eterno scontro tra bene e male.
Insomma di tutto quel mondo fantastico con il quale la nostra generazione ha avuto la fortuna di crescere.
Migliore modo di dire addio a Stan Lee, l'uomo che ha dato vita a questo incredibile universo (e che "compare" ancora una volta in un cameo) non ci poteva essere.
Migliore modo di dire addio a Stan Lee, l'uomo che ha dato vita a questo incredibile universo (e che "compare" ancora una volta in un cameo) non ci poteva essere.
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