giovedì 8 novembre 2018

Behemoth, I loved you at your darkest

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Non c'è recensione, soprattutto recente, dei Behemoth, che si astenga da una lunga descrizione sulla complessa personalità del carismatico leader Nergal (al secolo Adam Michal Darski, nato nel 1977 a Gdyna, città portuale polacca che si affaccia sul mar baltico). Effettivamente non si può fare a meno di concentrarsi su questo personaggio, che, nonostante sia nato così geograficamente lontano dai riflettori del music business, in quasi un quarto di secolo di attività è riuscito a portare la sua creatura sul podio più alto del metal estremo e la propria immagine ad una visibilità ancora più ampia, praticando una tale diversificazione commerciale da far storcere il naso a tanti puristi del metal. Ha fatto di tutto, Nergal, da un deep endorsement con bibite energetiche (Demon energy), ai biscotti per cani (collegati al brano God = Dog), al giudice del talent The voice polacco, al conseguimento di lauree in storia e latino che lo qualificano come curatore di musei. E' "riuscito" anche, Adam, ad ammalarsi gravemente di leucemia e a guarire solo grazie alla compatibilità con un donatore (evento abbastanza raro).

In tutto questo la sua vena artistica non si è mai affievolita. Undici album dal 1995 ad oggi sono lì a dimostrarlo in un crescendo di consensi inarrestabile che l'hanno visto affrancarsi dal blackened black metal delle origini fino a giungere ad un'ampia contaminazione che è andata di pari passo con l'allargamento della sua fanbase. Se The satanist del 2014 aveva messo abbastanza d'accordo critica (per molti un capolavoro) e pubblico, questo I loved you at your darkest, a partire dal titolo, permeato di poesia, oscurità e in sintonia con le opere di Poe, rischia di far definitivamente deflagrare la popolarità della band. Dico rischia perchè, inevitabilmente, quando i suoni, pur restando ostici, trovano la chiave per allargare la platea di ascoltatori, ecco subito alzarsi il ditino degli integralisti pronti a scagliarsi contro il venduto di turno.

Da parte mia, che ascolto roba marcia a piccole dosi alternandola rigorosamente a mood più solari, questo è un gran bel disco. Nergal non rinuncia al suo spiccato anti clericalismo (vi bastano titoli come il già citato God=Dog - impreziosito da un video "pittorico" -  o Ecclesia diabolica catholica o ancora If crucifixion was not enough?) e nemmeno a violentissimi blast beat in pieno stile black (Angels VIII; Wolves of Siberia), ma il tradizionale monolite distruttivo previsto dal genere è intervallato da break acustici, canti gregoriani, cupi rallentamenti, potenti refrain, cori fanciulleschi. Il tutto all'insegna del gotico e del malsano, ma, e qui sta a mio modo di vedere la grandezza della band, servito dentro una portata accessibile anche a fruitori "normali" (certo, pur sempre avvezzi a sonorità aspre).

Facendo le debite proporzioni, I loved you at your darkest mi ricorda, come operazione, il black album dei Metallica, disco che impose un certo tipo di metal di nicchia (il thrash, per quanto edulcorato) a tutto il mondo. 
E questo per me è un complimento, se fosse facile l'avrebbero già fatto tanti altri.

A gennaio saranno a Milano. Un pensierino è doveroso.

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