Maximo Park
The national health
V2 (2012)
Sto cercando con tutte le mie forze di uscire da questa tremenda, deliziosa dipendenza dal country 'n' western 'n' blugrass che ciclicamente mi attanaglia e che a sto giro sta letteralmente monopolizzando i miei ascolti.
Dopo un primo ascolto in cuffia durante le pulizie delle scale condominiali, provo allora a concentrarmi sul nuovo dei Maximo Park, quelli di Our velocity, il singolo che nel 2007 avevo eletto canzone dell'anno, contenuto nell'album Our earthly pleasures, che invece, condizione alquanto anomala e bizzarra, avevo trovato atroce.
Il loro nuovo album, a tre anni di distanza da un Quicken the hearth che non avevo considerato, è The national health ed è contraddistinto da un sound che richiama il pop inglese degli ottanta, non sempre però (e questa insomma mi sembra la particolarità rilevante) quello considerato più nobile.
Se accostarsi agli Smiths (Write me down) apre infatti le porte al salotto buono della critica, non penso faccia lo stesso effetto intonare alcuni pezzi in pericolosa (per gli altri, sia chiaro) similitudine con lo stile di un Tony Hadley (Reclutant love ma anche l'incipit della titletrack) degli Spandau Ballet.
I pezzi nel complesso sono ariosi ed orientati ad una facile fruizione, nel solco di una tradizione pop abbastanza evidente, diversamente da quanto ricordavo essere quelli del passato. In compenso probabilmente si registra un passo indietro in termine di originalità e riconoscibilità del brand (ammesso che prima ci fosse).
L'album, una quarantina di minuti di durata, si fa ascoltare tanto facilmente quanto facilmente se ne fa a meno. Se devo indicare qualche estratto, trovo che Unfamiliar places, Waves of fear e Hips and lips abbiano qualcosina in più degli altri.
Ok, posso tornare alla Nitty Gritty Dirt Band.
6/10
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