mercoledì 31 dicembre 2008

Il sol dell'avvenir

Sono in molti, da tempo, a consigliarmi la lettura de Il Sole 24ore in quanto miglior quotidiano in circolazione. Non li ho mai ascoltati, mi fa un pò cagare comprarmi il giornale della Confindustria. Devò dire però che in più di un'occasione, quando si è occupato del mio settore, ci ho trovato dentro delle opinioni molto simili a quello che esprimevamo come Sindacato.

Ricordo nel 2005, quando Albertini stava tentando, attraverso una vera e propria truffa, di vendere la nostra Azienda,la pubblicazione di un corsivo corrosivo, che abbiamo addirittura fotocopiato e distribuito come volantino, tanto era puntuale e condivisibile.
Sull'edizione in edicola ieri, il punto sulla nuova Alitalia, e la pubblicazione delle nuove rotte della compagnia.
L'autore dell'articolo scrive:

(...) alla fine di un lungo gioco dell'oca la Magliana tornerà alla casella di partenza, quanto a nome, logo e, probabilmente, a partner internazionale (Air France). In mezzo, un complicatissimo risiko con tanto di gravoso accollo (circa 1,5 miliardi di sola bad company) caricato sulle spalle dei contribuenti italiani e di supervalutazione di Air One (790 milioni di fair value), specie se rapportata ai 1.052 milioni pagati da Cai per l'acquisto delle attività di Alitalia che, ripulita dai debiti, ha un fatturato di 5 volte il gruppo di Carlo Toto e in pancia ricchi slot sui principali scali europei. Ma è chiaro che su Colaninno e sulla valutazione finanziaria (a meno Toto non avrebbe venduto), ha pesato il pressing di Intesa San Paolo, decisa a rientrare dai crediti vantati verso Air One, che stavano diventando un problema per la banca guidata da Corrado Passera.(...)

Nemmeno un giornale comunista avrebbe sintetizzato meglio la porcata studiata da B. e condotta dai capitani coraggiosi ai danni di migliaia di lavoratori e degli italiani.


Il testo completo dell'articolo è qui.

domenica 28 dicembre 2008

Candidato al suicidio


"Per la maggior parte delle persone che mi ascoltano, sto dicendo cazzate
Ma se arrivi a vedere chi muove i fili dietro le scene, beh cazzo, ti viene da vomitare"
The Grand Ole Opry (Ain't so grand anymore)


Il Grand Ole Opry è una vera istituzione nell’ambito della country music americana. Iniziato come una trasmissione radio nel 1925, oltre ad essere diventato nel frattempo il più longevo programma esistente (è tuttora trasmesso), si è trasformato nel tempo in una sorta di Academy Awards della musica Country ed è anche diventato un passaggio obbligato per chi suona questo genere. Organizza show, detta le playlist alle radio, fa e disfa. E’ ovvio che tutti facciano educatamente la fila per farne parte.
Hank Williams terzo no. Anzi. Lui apre Damn right rebel proud con una canzone che si intitola proprio The Grand ole opry (ain’t so grand anymore) e gliene vomita di tutti i colori, ricordando a tutti che chi gestisce questa organizzazione è un baciapile con le chiappe strette, che non voleva più Cash dopo la prigione, che era nervoso davanti al sorriso beffardo di Waylon Jennings e che, soprattutto, non celebra il nonno Hank Williams sr, re-inserendolo nella hall of fame del GOO ( a questo proposito è in atto da tempo una petizione on-line )

Mancano, rispetto al magnifico Straight to hell, anthem hardcore country come la title track o Dick in dixie, ma in compenso si tornano ad apprezzare melodia e voce, e in un paio di episodi (Candidate for suicide e Stoned and alone) il fantasma di nonno Williams è così vicino che si potrebbe toccare.

Meno immediato del precedente, Damn right rebel proud cresce col tempo, personalmente me la sono presa comoda per recensirlo, anche per la difficoltà di reperire i testi, letteralmente introvabili in rete.
L’open track è seguita da due pezzi, Wild & free e Me and my friends, che sono la quintessenza del way of life di Hank e della sua cricca, il sound è rilassato e il messaggio arriva forte e chiaro
(“ Each damn day that we’re living we’re damn right rebel proud”)

Con la traccia quattro si fa casino. Six packs of beer riprende finalmente lo stile country punk che è diventato ormai il marchio di fabbrica di questo Hank , i testi ovviamente sono l’ideale colonna sonora di un party selvaggio (Well I pay my dues /And I paid my rent / They still tryin to take everything they can (...) Even through i’m broke i got six packs of beer).

Il primo lento (I wish i knew) scivola via bene, così come il seguente If you can’t help youself, ma è con Candidate for suicide che il disco torna a toccare una vetta assoluta. Il titolo dice tutto, Hank canta con voce dolente, quasi remissiva. Un testo che va oltre l’autocelebrazione orgogliosa di uno stile di vita, e riflette sui lati più oscuri di un’esistenza costantemente border line.

Long hauls & close calls, la traccia nove, è spettrale. Mi sembra una canzone da omicidio, sarebbe perfetta per le serate in casa Firefly (la famiglia di serial killer inventata da Rob Zombie nei suoi La casa dei 1000 corpi e La casa del diavolo). Il brano estremizza ancora di più il concetto della vita senza regole e senza costrizioni, spingendo ancora più a fondo il pedale dell'acceleratore. Il testo è molto breve, per il coro del ritornello è forse appropriato coniare il termine death-country ( Coz' I've been drunk for 30 days / and I dont care if I die / And I'm druggin' hard and fast, and thats the way I spend my time / And I dont need someone tryin' to tell me how to live my /Own no good life My own HellBilly ride ).

Stoned and alone è uno strepitoso lento con tanto di slide guitar che dilata il tempo e lo spazio, creando un’atmosfera “stonata”, in linea con titolo e tema del pezzo. Composta probabilmente pensando alla I’m so lonesome i could cry del nonno.

La track 11, P.F.F. (Punch Fight Fuck), quasi dieci minuti di durata, è divisa in due parti: veloce ed acustica, ed è anche il pezzo più controverso dell’album. Il brano è dedicato alla memoria di Jesus Chris “gg” Allin, furioso e pazzoide hardcore singer degli ottanta, un infanzia agghiacciante con un padre psicopatico che faceva vivere la sua famiglia in una baracca isolata senza luce ne elettricità, “gg” si esibiva in show nei quali regolarmente provocava pesantemente il pubblico, lo aggrediva con l’asta del microfono, si provocava ferite (arrivando a spezzarsi i denti), veniva massacrato di botte, arrivava a defecare sul palco e a lanciare escrementi e/o a cospargersene. Beveva e si drogava senza soste. Si fece diversi periodi di carcere. Morì (ovviamente ) presto. Il party selvaggio che volle per il suo funerale si trova ancora su you tube. Hank gli rende omaggio con una traccia dal testo che più esplicito non si può, che probabilmente scatenerà una bolgia tra i suoi fans ogni qual volta verrà suonata.

3 shades of black è un omaggio allo stile di Johnny Cash (come del resto era stato Lousiana stripes nel predente Straight to hell). La canzone ha l’andatura tipica del compianto Man in black, anche se il testo del ritornello Johnny probabilmente non l’avrebbe mai potuto cantare (We all like metal and whiskey…). Altro highlight dell’album.

Il disco si chiude con un pezzo anomalo rispetto ai temi preferiti di Hank. Workin man è cantata insieme all’amico Bob Wayne ed è una classica bar country song che descrive la vita della working class americana, in particolare di un fiero operaio edile. Un po’ scontata, ma con qualche passaggio interessante: “ i've been working for the man since a tender age / now a rich politician wants to lower my wage / pour me a drink so i can understand / these are the struggles of a working man “

In ultima analisi, Damn right rebel proud rappresenta senza dubbio un’altra prova convincente per il nipote del leggendario Hank Williams, forse un mezzo punto inferiore al precedente Straight to hell, ma del resto era quasi impossibile fare meglio di quel lavoro. Hank ha capito che la velocità da sola non basta e allora è riuscito a controllarla, ad equilibrare più coerentemente i suoi aspetti e a produrre un disco meno selvaggio, ma più maturo. Hank Williams terzo prosegue dritto per la sua strada, incurante delle comuni regole di vita e di quelle del mercato discografico.
I suoi fans rispondono presente, mentre più di un discografico, giù a Nashville,TN, continua a masticare amaro.

sabato 27 dicembre 2008

Madagascar 2


Visto anche Madagascar 2. Niente di che, come del resto il primo. I personaggi principali non sono eccezionali, l'animazione non convince (l'ho trovata troppo pixellosa), la storia è prevedibile. Pollice su per i pinguini ( strepitosi) e il re dei lemuri ( il festaiolo fuori di testa Julian). La scena migliore è quella in cui i pinguini rubano una jeep ad un gruppo di turisti e infilano la cassetta nell'autoradio, scappando a tutto gas in retromarcia sulle note di More than a feeling dei Boston.

giovedì 25 dicembre 2008

Auguri via sms (cit)

Riprendo il divertentissimo post di Filippo, pubblicato sul suo blog in apertura di 2008 (Auguri via sms) , per segnalare anch'io la molesta usanza dei messaggini di auguri, a Natale.
Cosa c'è di molesto? Non gli auguri in se, ovviamente, che quando sono sinceri fanno anche piacere, ma che gente con cui hai zero rapporti (nella migliore delle ipotesi) ti inserisca nel suo gruppo di contatti e ti invii un impersonalissimo sms di auguri, solo perchè così perchè sembra che abbia un sacco di amici a cui mandarli.

Faccio un esempio pratico. C'è questo sindacalista che opera in un sindacato confederale che non è nè la Cgil nè la Cisl,ed è una delle persone più viscide che io conosca. Fa sempre e solo i suoi interessi, e si mette in genere d'accordo con le azienda per non avere problemi (a discapito dell'interesse dei lavoratori, ovvio). E' uno di quelli, che se sei obbligato a stringergli la mano, dopo ti conti le dita per vedere se ci sono ancora tutte. Ecco, un tipo così riesce a mandarti un messaggino di questo tenore:
"Di tutte le cose che la saggezza procura per ottenere un'esistenza felice, la più grande è l'amicizia! I migliori auguri di Buon Natale da ....."

Poi c'è quest'altro che ogni anno si trasforma nel Francesco Petrarca dei miei coglioni:
"Il Natale è un giorno calore sorrisi e tenerezze perchè apre i nostri cuori...non vergogniamoci del calore che abbiamo dentro, regaliamolo...buon Natale da ..."

Nonostante abbia l'abitudine di non rispondere mai a questi veri e propri spam telefonici, 'sta gente persevera. Ma i cazzacci vostri no, eh?

The Bob is back


Ma insomma, che volete che dica? Bob Dylan raduna un pò di outtakes pescando dagli anni ottanta (che, al netto di Oh mercy rappresentano il suo periodo meno ispirato ) e dai novanta, e sforna un disco che ha poco, se non niente, da invidiare ad un lavoro compiuto di inediti.

Se questi sono scarti, mi permetterei di consigliare ad un nutrito stuolo di presunti cantautori di appostarsi sotto la casa del signor Zimmerman, di seguirlo quando esce a buttare l'immondizia, e di rovistarci dentro alla ricerca di ispirazione.

Di cosa devo parlare, della open track, Mississippi (inedito da Time out of mind presente in tre versioni) che strazia e incanta, oppure della alernative version della grandiosa Dignity, o di Red river shore, altro inedito da Time out of mind? C'è anche una versione differente di Everything is broken, dallo splendido Oh mercy, una delle mie favorite in assoluto. Ci sono poi una manciata di traccie live, tra le quali segnalo la lenta e dilatata Ring them bells, l'elettrica Lonesome day blues e la riuscita Cocaine blues.

In tutto questo ben di dio ci si perde (e sto parlando della versione di Tale tell signs a due dischi, ne esiste anche una a tre cd...), ma è un naufragio dolcissimo.

Per inciso, la voce che Dylan ha tirato fuori nei novanta, calda, roca, e maledettamente southern, è quella che preferisco in senso assoluto, non nego che questa mia preferenza possa incidere sul giudizio generale dell'album, ma si parla di giusto mezzo punto, che porta il voto finale da 8 a 8 1/2.

mercoledì 24 dicembre 2008

Best cover of the year

La migliore copertina di un quotidiano, per l'anno 2008, arriva quasi a tempo scaduto. E' del Manifesto in edicola oggi, riassume in maniera perfetta quello che tutti pensiamo riguardo alla cordata dei "capitani coraggiosi" che ha rilevato tutta la ciccia di Alitalia. Per chi non lo sapesse, "la magliana" è la sede romana della compagnia di bandiera, mentre "la banda della magliana" non ha bisogno di spiegazioni. Come spesso accade per il quotidiano comunista, un vero capolavoro di sarcasmo.

lunedì 22 dicembre 2008

MFT, dicembre 2008



ALBUM

Airbourne, Running wild
Bob Dylan, Tell tale signs
The Eagles, The very best of
Brian Setzer, The ultimate christmas collection
Bluvertigo, Pop tools
The Mavericks, Live in Austin e omonimo 2004
Pain, Cynic paradise
Hank III, Damn righ rebel proud
Ryan Adams & The Cardinals, Cardinology
Vinicio Capossela, Da solo
The (international) Noise Conspiracy, The cross of my calling
Fun lovin criminals, 100% colombian



Libri

Stephen King, On writing
Michel Faber, Sotto la pelle


Visioni

Dexter, season 2

sabato 20 dicembre 2008

Dipendenze


Confesso una drammatica dipendenza da maron glàces. Da sempre. Ne mangio fino a stordire le papille gustative. Dopo le feste dovrò farmi ricoverare in un apposito rehab.

The Watchmen, il film!

Finalmente il film sui Watchmen è pronto (la data di uscita prevista è il 6 marzo 2009). Per chi non sapesse di cosa sto parlando, The Watchmen è probabilmente il fumetto di Super eroi più rilevante degli ultimi trent'anni. Al punto che, nel campo supereroistico americano si può tranquillamente parlare di un prima The Watchmen e di un dopo.

Alan Moore (scrittore, inglese) e Dave Gibbons (disegnatore) diedero vita nel 1982, ad una saga cupa e realistica, che utilizzava, stravolgendoli, tutti i clichè sui quali si era fondato fino ad allora il comicdom di genere. La storia di questo gruppo di eroi, composti da personalità controverse, violente, misogine e reazionarie, era quanto di più vicino alla realtà potesse essere una vicenda che parlava di esseri in calzamaglia (o impermeabile, come il fantastico Rorschach).

Il film invece, in lavorazione da anni, vede finalmente la luce dopo diverse peripezie che ne hanno messo in discussione l'effettiva realizzazione, e un passaggio di produzione tra major (dalla Fox alla Warner), che è oggetto di causa legale (prima udienza a gennaio).

Inizialmente, per la regia si parlava di Tery Gillam, che a mio avviso sarebbe stato fantastico per una pellicola di questo tipo. Adesso, a raffreddare un pò l'entusiasmo dei fans, il film esce con un cast abbastanza anonimo ("spicca" la sola Carla Gugino) e per la regia di tale Zack Snider.

Qui si può vedere un trailer.
La speranza è che la produzione renda le atmosfera e lo spirito della graphic novel di Moore, evitando di trasformare la storia in un banale film di esplosioni ed effetti speciali.

La speranza è che ci sia un prima e un dopo The Watchmen anche per il cinema supereroistico.

venerdì 19 dicembre 2008

Dexter, season 2


Attendevo con impazienza la seconda serie di Dexter, un pò perchè la prima è stata tra le mie preferite della scorsa stagione, un pò perchè tutto il parlare che ne ha fatto Jumbolo aveva creato una certa curiosità.

Dico subito che l'attesa è stata premiata, il primo episodio parte forte, introducendo nuovi elementi e fili narrativi interessanti, oltre ad un cambiamento drastico (e pericoloso) nell'attività segreta di Dexter.

Come sempre eccellente Michael C. Hall e tutto il cast, davvero ben composto.

Segnalo un paio di intuizioni fulminanti degli autori: la scena iniziale si svolge in un bowling, la squadra della polizia è riunita per una partita . Come si chiama il team? Bowl till you bleed, che fa bella mostra di se sulle camicie dei poliziotti. Ironico che un serial killer (per quanto "buono") faccia sfoggio di uno slogan come questo.
Altra scena: Dexter cattura una sua preda. E' un serial killer,che uccide le persone avvelendole, ma è anche cieco. Il nostro, mentre l'assassino è come da procedura narcotizzato e legato sopra un tavolo, si sta facendo qualche scrupolo ad assassinare un non vedente. Alla fine però arriva alla conclusione che: - nel mio lavoro non faccio distinizioni di razza, sesso, religione...o handicap - .

L'unica vera uguaglianza americana.

mercoledì 17 dicembre 2008

Il CAI-mano

Pubblico rado i nostri comunicati sindacali, ma questa volta ne vale la pena. Per denunciare anche da qui cosa sta accadendo ai lavoratori Alitalia in questi giorni, mentre Silvio si bulla della soluzione italiana che ha trovato per la crisi della ex compagnia di bandiera. Quello che segue è un nostro comunicato stampa regionale:

Cai nasce senza dignità e rispetto delle persone

In queste ore sono in corso la messa in Cassa Integrazione di parte dei dipendenti Alitalia e la contestuale assunzione dei futuri dipendenti CAI che provenga sia dal Gruppo Alitalia che Air One.

A nessuno sfugge il contesto complicato dato dal fallimento di Alitalia e dalla nascita di Cai.
Ma nessuno può spiegare e capire il cinismo con cui i lavoratori sono trattati senza alcun rispetto della loro dignità. Gli accordi prevedono i numeri dei nuovi assunti e la messa in Cig dei restanti.
Prevedono però criteri il più possibile oggettivi nel decidere chi saranno i nuovi assunti e dovrebbero anche prevedere modalità e comunicazioni degne di un paese civile nel quale ai lavoratori si danno le dovute informazioni in modi che possiamo definire umani e comprensibili.
Anche quando sono comunicazioni negative.

Invece assistiamo a lavoratori messi in cig al telefono, informati di notte sul luogo di lavoro, costretti a restituire subito telefono e tesserino aziendale e accompagnati fuori aeroporto da un agente di polizia,
non assunzione di persone monoreddito o ancora peggio, con figli portatori di handicap, richieste perentorie di risposta entro 24 ore pena la perdita anche della Cig, trasformazione, sempre a rischio di perdita della Cig, del rapporto di lavoro da indeterminato a determinato.

Tutto questo non doveva avvenire così. I contenuti degli accordi si stanno trasformando in una operazione cinica di selezione del personale, fuori da ogni logica.

I “capitani coraggiosi” dimostrano con queste modalità di non sapere rispettare le persone che hanno lavorato a volte 20 o 30 anni in Alitalia che certo non sono i responsabili del fallimento.
Non è bastato aver stravolto norme, leggi e contratti. Non è bastato che in Lombardia gli esuberi risultano essere oltre il 50%.
Non è bastato che i lavoratori di Alitalia devono recuperare il Tfr attraverso una azione giudiziaria. Non è bastato che Cai usufruirà di sgravi fiscali e contributivi per tutti i futuri assunti.

Si chiedeva almeno il rispetto delle regole minime. Quelle che non vengono nemmeno scritte. Perché dovrebbero far parte di ogni società e luogo civile.
Alitalia e Cai stanno morendo e nascendo ponendo in atto un ricatto verso i lavoratori.

Bravi capitani coraggiosi!!

La recita

Alle recite natalizie dei bambini d'asilo, ci sono più videocamere e macchine fotografiche di quante ce ne sarebbero nella conferenza stampa di presentazione di un nuovo disco dei Beatles. E' un continuo flashare e chiamare i pargoli: - Uhuuuuuuhhh!!! Davideeeeeeeeeee!!!Guarda di quiii!!! Siamo qui, tesooorooooo!!! Sorriiidiiii!!!-
Si regredisce tutti un pò allo stato di imbecillità, alla recita natalizia dell'asilo.

Ricordi di gioventù



Confesso una mia travolgente passione giovanile per l'attrice americana Diane Lane. Classe 1965, sembrava destinata ad una carriera di primo piano, ma dopo un inizio promettente ed una serie di buoni film (I ragazzi della 56a strada; Rusty il selvaggio; Cotton Club) è rimasta un pò ai margini delle grandi produzioni, anche se di recente si è rivista in buona forma (tre film nel 2008). Dopo un matrimonio fallito con Christopher Lambert è oggi felicemente accoppiata al bravo Josh Brolin (Non è un paese per vecchi; "W").

La mia era proprio una cotta adolescenziale, se è vero (ed è vero!) che giravo con una sua foto ritagliata da un giornale nel portafogli. Il motivo di tanta passione è probabilmente il suo ruolo in Streets of fire, scontato lavoro tra il film d'azione e il musical, di Walter Hill, che a me però, nel 1984, aveva fatto da imprinting musicale. Restringendo il campo, la mia adorazione è probabilmente dovuta, per buona percentuale a questa scena e a questo brano, posti all'inizio del film.



Clamoroso

Ho sfogliato il nuovo Playboy, recentemente tornato in edicola dopo diversi anni di assenza. Articoli di politica, attualità, spettacoli, cronaca (anche qui Saviano!). Dopo qualche secondo ho aperto il paginone centrale. Confuso, ho sfogliato l'intero servizo con la signorina del mese...Sabotaggio! Non mostrano più la pucchiacca delle playmate! Praticamente è diventato un Max o un GQ qualunque. Che tempi...

martedì 16 dicembre 2008

Le pezze al culo

A proposito di scuola pubblica. L'anno scorso Stefano ha iniziato la materna, e da subito mi sono reso conto di quanto abissalmente sia cambiata rispetto ai miei ricordi, nel bene (metodi didattici) e nel male, una valanga di materiale che devono comprare i genitori per permettere ai figli di disegnare, lavarsi, giocare.

Si è creato un bel rapporto di mutuo soccorso con il personale docente, e ogni tanto ci si inventa qualcosa per reperire fondi utili all'attività dell'asilo.
Nella riunione periodica, svoltasi la settimana scorsa, ci hanno comunicato che le scorte di asciugamani e di sapone, passate dal Comune, che dovevano durare fino a giugno, sono terminate, che in tutti gli asili della città è rimasto un residuo cassa di quarantotto euro, e che la giunta non intende cacciare nemmeno un centesimo in più.

Dopo aver formulato diverse proposte, tra le quali scrivere al sindaco (mamma di Fabio), scrivere ai giornali locali (Mamma di marco) e portare i bambini a lavarsi le mani sporche di tempera nell'edificio del comune (io, modestamente), abbiamo optato per il momento per una vendita di torte fatte in casa, in modo da fare immediatamente cassa. Ci siamo divisi in tre categorie: chi prepara i dolci, chi li acquista e chi li vende.
Detto fatto. Oggi sarò presente dalle 8 alle 9, presso l'ingresso della scuola materna, per indurre all'acquisto i genitori dei piccoli.

Mi chiedo solamente: se siamo messi così con 8 miliardi di euro in più, cosa succederà l'anno prossimo, con la stessa cifra in negativo?

lunedì 15 dicembre 2008

Poetic justice

Ogni Presidente ha l’attentato che si merita. Kennedy e Lincoln colpiti a morte da armi da fuoco. Persino Reagan ebbe il suo momento di gloria grazie agli spari maldestri di un attentatore.
Cosa ci può essere di più coerente quindi, che il peggior presidente americano di sempre, sia stato fatto oggetto ( e purtroppo mancato) di un lancio di scarpe (entrambe) , da parte di un inferocito cronista Irakeno? Quando si dice giustizia poetica.


sabato 13 dicembre 2008

If you want rock , you got it!



Cosa chiediamo ad un disco di rock and roll? Divertimento, cori sguaiati, sfacciataggine, attitudine tamarra e orecchiabilità.

No, l'originalità non è indispensabile. A volte nemmeno l'onestà artistica.

Ecco perchè esistono gruppi come gli Airbourne, che, a scanso di equivoci, intitolano l'album d'esordio Running Wild, l'open track Stand up for rock 'n' roll, e agiscono costantemente nel campo di gioco degli AC/DC, con qualche escursione in quello degli Scorpions.

Carte scoperte, in modo che non possano in alcun modo esserci equivoci sulla mission aziendale.

venerdì 12 dicembre 2008

Sciopero generale!

Get up, stand up: stand up for your rights!
Get up, stand up: stand up for your rights!
Get up, stand up: stand up for your rights!
Get up, stand up: don't give up the fight!

Preacherman, don't tell me,
Heaven is under the earth.
I know you don't know
What life is really worth.
It's not all that glitters is gold;
'Alf the story has never been told:
So now you see the light, eh!
Stand up for your rights.

Come on!
Get up, stand up: stand up for your rights!
Get up, stand up: don't give up the fight!
Get up, stand up: stand up for your rights!
Get up, stand up: don't give up the fight!

Most people think,
Great God will come from the skies,
Take away everything
And make everybody feel high.
But if you know what life is worth,
You will look for yours on earth:
And now you see the light,
You stand up for your rights.

Jah! Get up, stand up! (Jah, Jah!)
Stand up for your rights! (Oh-hoo!)
Get up, stand up! (Get up, stand up!)
Don't give up the fight! (Life is your right!)
Get up, stand up! (So we can't give up the fight!)
Stand up for your rights! (Lord, Lord!)
Get up, stand up! (Keep on struggling on!)
Don't give up the fight! (Yeah!)

We sick an' tired of-a your ism-skism game -
Dyin' 'n' goin' to heaven in-a Jesus' name,
Lord. We know when we understand:
Almighty God is a living man.
You can fool some people sometimes,
But you can't fool all the people all the time.
So now we see the light (What you gonna do?),
We gonna stand up for our rights! (Yeah, yeah, yeah!)

So you better: Get up, stand up! (In the morning! Git it up!)
Stand up for your rights! (Stand up for our rights!)
Get up, stand up!
Don't give up the fight! (Don't give it up, don't give it up!)
Get up, stand up! (Get up, stand up!)
Stand up for your rights! (Get up, stand up!)
Get up, stand up! ( ... )
Don't give up the fight! (Get up, stand up!)
Get up, stand up! ( ... )
Stand up for your rights!
Get up, stand up!
Don't give up the fight!

giovedì 11 dicembre 2008

Happy Christmas your arse

Mi rendo conto che di post sul potere della musica ne ho scritti a pacchi, ma che ci volete fare, è più forte di me. Sono un song victim. In certe occasioni, quando vengo colto alla sprovvista da talune melodie, mi vengono le gambe molli e il groppo in gola. In questo sono un pò una fighetta.

Bene, espletata la doverosa premessa, passiamo ai fatti. Ieri sera, dopo il lavoro, faccio una scappata in un grosso ipermercato per qualche regalo di natale. Arrivo, e nell'enorme parcheggio sotterraneo semi deserto gli altoparlanti gracchiano una compilation di natale. Cerco parcheggio e mandano Mariah Carey con All i want for christmas is you, scendo e mi incammino verso il centro commerciale e sono passati all'ottima Let it snow di Frank Sinatra.

Faccio i miei acquisti, mangio il peggio trancio di pizza della storia della gastronomia, esco. Appena rimetto piede nel parcheggio per cercare la Clio sento una stentata melodia spremuta fuori da un pianoforte. La riconoscerei anche da sordo. E' Fairytale of New York dei Pogues coaudiuvati dalla compianta Kristy Maccall. La prima cosa che penso è, dev'essere uno scherzo del compilatore della playlist. Fairytale è sì una canzone di Natale. Ma in perfetto stile punk, una storia d'amore tra ubriachi, che nasce tra le sbarre di una cella. La delusione di due innamorati che si sfoga attraverso vicendevoli epiteti. In un passaggio fa:

You're a bum
You're a punk
You're an old slut on junk
Living there almost dead on a drip
In that bed

You scum bag
You maggot
You cheap lousy faggot
Happy Christmas your arse
I pray God It's our last

Una grandissima canzone, molto più sincera di altre dozzine di melasse d'amore o di natale, però chissà se chi l'ha mandata in diffusione, incastrandola magari tra un brano di Dean Martin e uno di Elvis Presley, è consapevole di commettere un azione che equivale a pisciare sull'albero di natale...

Io, ad ogni modo, dopo un primo momento di stupore e di divertimento, mi emoziono. Cammino sorridendo come un imbecille, ed ha un certo punto non mi trattengo più e comincio anche a cantare. Mi salva dal proseguire nella figuraccia il ritrovamento dell'auto.
Dio benedica i Pogues.


mercoledì 10 dicembre 2008

Ma povca tvoia!

Ancora sui tagli alla scuola. Pare, ma sicuramente è una montatura dei giornali in mano ai comunisti, che "l'Istituto Italiano di Tecnologia", creato e gestito dal ministro Tvemonti, non abbia subito il taglio di nemmeno un centesimo dei suoi lauti finanziamenti pubblici. Anzi, che il flusso continui come e più di prima. Ma non può essere vero, no?
No?!?

di seguito un passaggio dell'articolo di Marco Cattaneo e il link per leggerlo tutto.

(...) la signora Mariastella Gelmini sbandiera ai quattro venti tutto ciò che sta facendo per ristabilire la meritocrazia nelle Università, la trasparenza nei concorsi, la valutazione nell’erogazione dei finanziamenti. Allo stesso tempo l’ineffabile ministro dell’economia – stretto nella morsa della crisi economica per cui non trova di meglio che togliere gli incentivi alle misure di efficienza energetica e ridurre il credito d’imposta per la ricerca industriale – continua imperterrito a finanziare senza alcun controllo una fondazione di diritto privato per la ricerca da lui stesso istituita cinque anni fa.
Correva l’anno 2003, quando la Legge 326, del 24 novembre, istituiva all’articolo 4 l’Istituto italiano di tecnologia. Il MIT italiano, andava dicendo orgoglioso il ministro dell’economia di allora, che è poi lo stesso di adesso. Con un finanziamento di 50 milioni di euro per il 2004, giusto il minimo per iniziare i lavori, e poi di 100 milioni alll’anno dal 2005 al 2014 (comma 10). Bei soldi, quando già la ricerca italiana navigava in acque bassissime e dannatamente torbide. (...)

lo trovate qui

martedì 9 dicembre 2008

Bolt!


Ormai Stefano è diventato un signor spettatorino. Adora andare al cinema (per wall-E abbaimo concesso il bis), pur continuando a detestare il volume esageratamente alto dei multisala.
Siccome vedere i film su grande schermo è una pratica che piace anche a noi, lo assecondiamo volentieri ogni volta che si presenta l'occasione.
Il pretesto di ieri è stato Bolt, il nuovo cartoon disney. Trama interessante: un normalissimo cagnolino viene usato per fare il protagonista di una serie TV, in cui ha super poteri e difende la sua padoncina dai sinistri propositi di un tenebroso malvagio, solo che Bolt, il cane, non sa che si tratta di finzione televisiva, e quando girano la scena del rapimento della piccola Penny, scappa dalla sua roulotte da divo a quattro zampe, e si mette alla ricerca della ragazzina nel mondo reale.

Il risultato finale non è riuscitissimo, a parte qualche trovata azzeccata. Strano che, in un campo in cui la disney è in genere imbattibile, quello cioè dei buffi animali che fanno da caratteristi, escano due comprimari come la gatta e il criceto nella palla, solo a tratti convincenti. Il personaggio in assoluto più divertente del film è senza dubbio lo schizzato l'agente della piccola Penny, con tanto di blackberry e auricolare blutooth; le sue gag sono le migliori, anche se fruibili maggiormente dai genitori dei piccoli spettatori.

Anche l'aspetto particolare della storia, un pò da metacinema, è un ostacolo alla comprensione della trama da parte dei bimbi più piccoli (a Stefano l'abbiamo spiegato prima e durante la proiezione), il film è probabilmente più adatto ad una fascia di bambini in età scolare.

Ad ogni modo, anche questa è andata, prossima tappa, Madascar 2.



sabato 6 dicembre 2008

Voilà!


Il premier ai soci Cai: "Siete patrioti"

ROMA - Berlusconi brinda con i soci della Cai. Li chiama "patrioti" e annuncia future assunzioni nella compagnia aerea. Rivolgendosi ai soci della cordata riuniti a cena a Villa Madama, a Roma, insieme a Intesa Sanpaolo, il presidente del Consiglio definisce il salvataggio di Alitalia "un atto di patriottismo necessario per avere una compagnia di bandiera italiana e salvaguardare il turismo, settore vitale per il nostro Paese". "Ci guadagnerete". Berlusconi non nasconde la convinzione che aver salvato la compagnia si trasformerà per gli azionisti della nuova azienda in un"buon investimento": "Vi ho consentito l'ingresso in un settore in crescita - dice - e sono convinto che alla fine questa operazione vi permetterà di guadagnarci".

L'articolo di Repubblica continua qui

Patrioti? E' qui che si vede la scala di valori di B. , chi licenzia, viene raccomandato dalle istituzioni, compra sottocosto, non paga i debiti (accollandoli alla collettività), non ha la più pallida idea di come gestire un settore strategico per il Paese, è considerato alla stregua di un eroe. 'A Sirvio, ti posso toccà? Mabaffanculo, va!

Così ci piacete: duri e irremovibili...

Scuola cattolica, la Chiesa attacca
Il governo annulla subito i tagli

CITTA' DEL VATICANO - Non sono servite manifestazioni, sit-in, o lezioni all'aperto. E' bastata la minaccia della mobilitazione delle scuole cattoliche per far cambiare idea al governo nel giro di qualche ora. I fondi per le scuole paritarie "vengono ripristinati", ha assicurato il sottosegretario all'Economia Giuseppe Vegas a margine dei lavori della commissione Bilancio del Senato sulla finanziaria. "C'è un emendamento del relatore che ripristina - dice Vegas - il livello originario, vale a dire 120 milioni di euro. Possono stare tranquilli, dormire su quattro cuscini". Nonostante le rassicurazioni, anche il Papa ha fatto sentire la propria voce: "Gli aiuti per l'educazione religiosa dei figli - ha detto Benedetto XVI - sono un diritto inalienabile".
Larticolo di Repubblica continua qui.
Ma questi non erano i duri, i decisionisti, quelli della sostenibilità a tutti i costi, quelli del taglio di 8 miliardi alla scuola pubblica, quelli che: "manifestate finchè vi pare, tanto indietro non si torna"?
Potenza del clero, che una volta lo scrivevano con la kappa.
Ma oggi i tempi sono cambiati, no?
No?!?

giovedì 4 dicembre 2008

Buona la seconda

Con un preavviso molto vicino allo zero, che ha avuto il merito di risparmiarmi una settimana di ansia da prestazione, mi hanno invitato a parlare all’assemblea generale dei quadri e dei delegati della CGIL, che si è svolta stamattina al Piccolo, a Milano, alla presenza di Guglielmo Epifani.

Ho ripreso il testo del mancato comizio di settembre, tagliandolo, integrandolo e aggiornandolo un po’, dove serviva.

Stavolta non ci sono stati intoppi, e ho potuto fare il mio intervento, davanti ad una platea davvero numerosa, al punto che in molti sono rimasti fuori dal teatro.

Sono andato via pulito, senza sbavature, nonostante l’abbassamento della voce di questi giorni. Forse sono stato un po’ troppo “freddo” e poco passionale, però sono riuscito a leggere il foglio e a guardare la platea, da buon relatore.

Una decina di minuti emozionanti, una bella esperienza.

Nel complesso, è stato impressionante ascoltare il contributo di delegati delle diverse categorie, testimoniare T-U-T-T-I preoccupazione, problemi, angosce per il presente e per il futuro prossimo. Molti di loro, come del resto io, portavano la loro esperienza di cassaintegrati o peggio, di colleghi precari lasciati a casa senza remore e senza alcuna forma di ammortizzatori sociali.

Mi ha impressionato anche la scelta di molti, Epifani incluso, di usare toni leggeri e non incalzanti nei riguardi delle altre organizzazioni sindacali e delle controparti (governo e imprenditori), in questi casi è consuetudine farsi coraggio a botte di affermazioni di orgoglio per la CGIL, e invece il messaggio che è passato è stato un po’ dimesso.

Qual’era il messaggio?
Il 12 dicembre c’è lo sciopero generale della CGIL. Sarebbe meglio per tutto il paese che riuscisse in maniera inequivocabile.

mercoledì 3 dicembre 2008

Telegramma da Vienna


Vienna per molti versi è esattamente come ti aspetti che sia. Pulita, addobbata come un albero di Natale e carissima. Non conforme alle aspettative il clima, imprevedibilmente mite, per via della massiccia nuvolosità, che in alcune brevi circostanze sfoga in un pò di pioggia. Fatto il solito giro da turistelli: le zone del Stephensdome, i musei, il quartiere del Hofburg, il municipio, i mercatini di Natale, i musei, l'Hotel Sacher, l'Opera. E' rimasto fuori il Prater, un pò distante dal ring del centro.

I viennesi hanno un sistema di trasporti pubblici straordinario. Difficile fare più di 500 metri senza imbattersi in una scale che porta alla metropolitana (contrassegnata da una "U" più il numero della linea, da 1 a 4). Un pò caro il biglietto, che costa €1,70, quasi il doppio di Milano. Non ci sono i tornelli all'ingresso delle stazioni, c'è l'obliteratrice, e tutti timbrano senza esserne costretti. Meraviglie della civiltà mitteleuropea.

Nei numerosi cafè e nei beisl (un pò come le osterie di noi altri) e nei ristoranti di Vienna è permesso fumare. Un ragazzo italiano residente a Bratislava con fidanzata viennese ci spiegava che le autorità politiche avevano provato a probire il fumo nei locali, ma hanno dovuto fare marcia indietro: guai a togliere ai cittadini caffè, sigarette e giornale al tavolo.

Lo stesso ragazzo ci faceva notare che, se si vedeva poca polizia in uniforme era solo perchè il grosso è in borghese e fa il lavoro "sporco" (allontanare i mendicanti, gli homeless, gli ubriachi o i perdigiorno) con discrezione tutta austriaca.

In conlusione posso affermare che ne è valsa la pena, anche se ormai mi è chiaro come queste toccate e fuga siano letteralmente massacranti dal punto di vista fisico e, volo a parte, discrtamente dispendiose da quello economico. Per non farmi mancare niente, ho pensato bene di beccarmi anche una bella influenza comprendente tosse, raffreddore, mal di gola e costipazione totale delle vie respiratorie.

Lavoro e faccio il countdown per i tre giorni tre di riposo da sabato a lunedì.

domenica 30 novembre 2008

Vienna!


Domani si vola con la famiglia a Vienna (via Bratislava) per un'andata/ritorno di 36 ore. Rispetto alla precedenta toccata e fuga di settembre a Brussels, stavolta ci siamo allargati, e ci regaliamo una notte fuori. Non senza un pò di vergogna, voleremo ancora sulle ali della Ryanair, per un totale di 45 euro in tre.

Non l'ho detto fino all'ultimo per scaramanzia, visto che l'anno scorso lo stesso viaggio è saltato all'ultimo, e anche quest'anno, con la neve, qualche complicazione c'è stata.


A mercoledì.

MFT, novembre 2008

ALBUM

The Mavericks, Live in Austin
Pain, Cynic paradise
Hank III, Damn righ rebel proud
AC/DC, Black ice
Kings of leon, Only by the night
Ray LaMontagne, Gossip in the grain
Gaslight anthem, The '59 sound
Ryan Adams & The Cardinals, Cardinology
The Boxmasters, omonimo
Frank Zappa, You can't do that on stage anymore
Vinicio Capossela, Da solo
The (international) Noise Conspiracy, The cross of my calling
Mavis Staples, Live - Hope at the Hideout
Jimmy Smith, Got my mojo workin'/Hoochie coochie man
IAM, L'ecole du micro d'argent


TRACKS

last man standing, Ryan Shupe
when it rains, Eli young band
bad blood, Supergrass
lazarus on down, Tom Morello & Serj Tankian
fuel, Metallica
follow me, Pain
irs, Guns n' roses
for today i'm a boy, Anthony and the johnson
never miss a beat, Kaiser Chiefs
hey world, Michael Franti
better than this, Keane
workin on a dream, Bruce Springsteen
well well well, Grace Jones
all hope is gone, Slipknot
because of your love, Kenny Chesney
workin' for a livin', Huey Lewis
vita rubina, Moltheni


Convergenze


Anch'io, come lafolle+jumbolo, adoro Vita Rubina di Moltheni.

venerdì 28 novembre 2008

La scuola della violenza

Torno a postare un commento di Michele Serra, stavolta molto breve, ma sempre efficace.

L' AMACA
di MICHELE SERRA

Ci sono cose che già si sanno, o perlomeno si intuiscono. Ma vederle nero su bianco, confermate e dimostrate, lascia ugualmente di stucco. Ieri questo giornale ha dato giustamente largo spazio a uno studio realizzato dall' istituto Demos in collaborazione con l' Osservatorio di Pavia. Lo studio dice questo: la paura del crimine, che tanta parte ha avuto nell' ultimo esito elettorale, non si fonda su dati reali. I crimini sono in calo. In aumento esponenziale, invece, è stata la quantità di cronaca nera diffusa dalla televisione: i telegiornali Mediaset al primo posto, il Tg3 il meno zelante in questo mercato dello spavento. L' overdose di notizie ansiogene riguarda l' intero 2007 e il primo semestre del 2008. Negli ultimi mesi (dopo le elezioni) la cronaca nera nei telegiornali è drasticamente scemata. Lo studio aggiunge, ed è quasi pleonastico, che paura e insicurezza sono sentimenti direttamente proporzionali al numero di ore che si trascorrono davanti alla televisione. Chi ne vede molta è spaventatissimo. Chi ne vede poca lo è assai meno, probabilmente anche perché esce più spesso di casa e ha dunque modo di farsi un' idea reale, empirica e personale, di quello che accade. Che la paura fosse un' arma politica già lo si sapeva. Che la sua diffusione fosse così sapientemente pilotata lo si poteva solo sospettare. Ora è una certezza.

La Repubblica del 23.11.08

Quiero volver



Sul disco dal vivo Live in Austin, i miei adorati Mavericks, di fronte ad un pubblico in delirio, eseguono la miglior versione mai sentita di Volver volver, classico messicano ripescato per la prima volta dai Los Lobos. Lancio come di consueto la mia sfida: provate ad ascoltarla senza cantarla, se ci riuscite!

Volver Volver

Este amor apasionado, anda todo alborotado ,
por volver.
voy camino a la locura y aunque todo me tortura,
se querer.

Nos dejamos hace tiempo
pero me llego el momento
de perdertu
tenias mucha razon,
le hago caso al corazon y me muero
por volver'

Y volver volver, volver a tus brazos otra vez,
llegare hasta donde estes
yo se perder,yo se perder, quiero volver, volver, volver.

'Nos dejamso hace tiempo
pero me llego el momento
de perdertu
tenias mucha razon,
le hago caso al corazon
y me muero por volver.

'Y volver volver, volver a tus brazos otra vez,
llegare hasta donde estes yo se perder,
yo se perder, quiero volver,
volver, volver.

mercoledì 26 novembre 2008

Pain (and pleasure)


Non li conoscevo nemmeno per sentito dire, gli svedesi Pain, nonostante una carriera che ho scoperto essere già lunghetta, e con il loro deus ex machina, Peter Tägtgren, già produttore di band quali Celtic Frost, Dimmu Borgir e Children of Bodom. Un tipetto inserito insomma.

Questo Cynic paradise, che ho scovato grazie ad una recensione su RockHard, è un insolito e convincente mix tra sound industrial metal, sugli insegnamenti dei soliti Nine Inche Nails e Ministry, e sonorità techno, intese come stile da discoteca. Il lavoro appare (anche a me, che amo poco entrambi gli stili) una riuscita coniugazione tra le diverse anime che concorrono a comporlo, con alcuni degli undici pezzi contenuti, sbilanciati sulla prima (I’m going in; Monkey buisness; No one knows), altri smaccatamente dance floor (su tutti Follow me, che si avvale della partecipazione della cantante dei Nightwish, Annette Olzon ) , e alcune melodie pop ( Have a drink on me) . Quello che davvero funziona nel lavoro, è l’amalgama che la band è riuscita a creare, producendo un disco fruibile per tutti, e non solo per i fans del genere (o dei generi).

Un disco divertente, senza riempitivi, piuttosto originale, che funge da ponte tra due mondi finora distinti e separati.
L'ideale per la guida notturna in condizioni estreme, quando il caffè non basta a tenere gli occhi aperti sulla strada.

lunedì 24 novembre 2008

I giorni dell'ira


A diversi mesi dalla lettura del Dies Irae di Genna, cerco di raccogliere e mettere insieme le sensazioni che mi ha lasciato, cosa non semplice, se è vero che finora non sono riuscito mai a strutturare decentemente una reazione a quella lettura.

“Il Dies Irae”, così come lo chiama il suo autore, è un opera per certi versi monumentale. Un libro che ha richiesto a Genna una gestazione lunga una vita. Un faldone di appunti e correzioni in costante crescita, che a un certo punto avrebbe potuto anche non vedere mai la luce per eccesso di materiale.

E’ un libro doloroso, dopo le prime venti pagine sulla tragedia di Alfredino Rampi l’ho riposto e non l’ho più toccato per mesi, tanto mi aveva scosso la spietata ricostruzione di quella sofferenza di un’essere di pochi anni di vita. Il lavoro di Genna , per certi versi, non mantiene quello che promette, dal punto di vista del romanzo di denuncia storica, alla Ellroy o alla DeLillo (scusate, cito ancora loro in un post sull’autore italiano). Si ferma, non affonda, forse non può farlo. Semina dubbi a piene mani, non spiega, non completa la ricostruzione, alla fine forse non serve nemmeno, sappiamo fare uno più uno?

Il libro è diviso in quattro parti che si rincorrono. A fare da filo conduttore c’è Il Bambino, Alfredino Rampi, usato come strumento per depistare, come sliding door per cambiare strumentalmente la storia d’Italia. Dal suo ritrovamento in fondo al pozzo artesiano in poi, la politica, il malaffare, i primi articoli sulla P2 e Gelli, che cominciavano ad impregnare i media, sono state spazzate via, per molto tempo.


Poi c’è l’autobiografia di Genna, feroce e priva di autoindulgenza, che si intreccia con quella di Monica e della sua famiglia, borghesi benestanti milanesi e di Paola, tossica italiana dal passato agghiacciante che attraversa l’Europa come uno spettro gira una casa abbandonata in cerca di giustizia.

Non è un libro facile, e forse non è nemmeno un capolavoro, tutto sommato. Di certo leggendolo, ed entrando nella vita del suo autore, un po’ mi sono vergognato della mia recensione di Nel nome di Ismael, evidentemente troppo superficiale. Quel libro andrebbe riletto alla luce delle rivelazioni contenute in questo.

Qualcuno tra i lettori del blog ha questo tomo tra le mani, ma non trova il tempo o la predisposizione d’animo (serve anche quella, ve l’assicuro) per leggerlo. Peccato perché Il Dies Irae è uno di quelle forme d’arte verso la quale mi piacerebbe confrontarmi a lungo con compagni di lettura.








Qui trovate un intero sito dedicato al libro.



E qui tutto il primo capitolo.




sabato 22 novembre 2008

Once upon a time, atri commenti

Il post precedente sulle favole altro non era che uno scherzo, un modo per dileggiare probabilmente non tanto i classici ma la fissa che avevano i genitori per quelle storie. Ha prodotto però, oltre ai commenti allegati, un fitto scambio epistolare con l'attenta amica Lisa ( delle Gemelle a rotelle) che mi rimprovera quanto segue:

(...) le favole classiche sono come il teatro classico greco, lavorano sugli archetipi... non vanno interpretate letteralmente....
Il fatto che i figli vengano abbandonati è il rito di passaggio dall'infanzia all'età adulta...

E' ovvio che gli archetipi prendono spunto dalla realtà. Ma guarda che oramai è vox populi che le fiabe non sono ciò che sembrano...Cappuccetto rosso è la più banale, il lupo è un molestatore e cappuccetto la bambina.
E poi, per esempio, Pollicino coi sei fratellini non ti ricorda il Giuseppe della Bibbia? Era anche lui il settimo figlio....

La psicanalisi s'è impadronita delle favole da un pezzo, e che dire delle fiabe russe? Cazzarola ce n'è una proprio precisa che avevo trovato tutta bella sezionata...Ma non mi ricordo come si chiama.
Hai fatto tutto sommato delle osservazioni pertinenti sulla violenza delle fiabe tradizionali e il perbenismoo dei genitori, ma il problema sta nella banalizzazione delle fiabe, che non sono storielle...


Continua?

giovedì 20 novembre 2008

Once upon a time


Da quando ho ripreso in mano le favole classiche, a cui alterno la lettura a cose più moderne e avventurose per conciliare il sonno a Stefano, ho avuto modo di rendermi conto di quanto siano, in molti casi, intimamente crudeli e spietate.

Nella memoria di bambino, queste storie avevano un alone quasi magico, erano educative, positive e delicate, mentre da adulto si fa un po’ più fatica a trovare dei valori, ad esempio in Pollicino, abbandonato nel bosco con i suoi fratelli e destinato a morire di fame o ad essere divorato dalle belve feroci, che finisce in casa di un orco che passa il suo tempo ad affilare coltellaci per sgozzarlo insieme agli altri. O in Hansel & Gretel con i due piccoli protagonisti rinchiusi in gabbie minuscole per essere poi cucinati vivi e mangiati accompagnati da un buon vinello.
In Pinocchio il gatto e la volpe, che per la verità dopo il film tv di Comencini avevano preso a farmi paura, impiccano ad un albero,senza troppe storie, il burattino che non vuole dargli le monete d'oro.

So che alcune di queste storie hanno radici antiche e purtroppo reali, ad esempio le famiglie poverissime del nord europa (anche in Italia), abbandonavano i figli che non riuscivano a sfamare, o li vendevano per farli lavorare come spazzacamino (date le loro dimensioni passavano là dove gli adulti non potevano), destinandoli in ogni caso ad una morte agghiacciante.

Certo che se penso alla brutta reputazione che avevano, quando ero bambino, i fumetti di supereroi o i cartoni di robot giapponesi, e come invece piacevano agli adulti le favole classiche (“ma perché guardi questi cosi violente? Leggiti un bel libro di fiabe classiche, che sono così beellee..”) mi viene da sorridere, la visione di Mazinga o la lettura dei Fantastici Quattro non ha mai turbato i miei sonni, Franco e Ciccio nel Gatto e la Volpe invece…

Certo, probabilmente ai bambini piace essere terrorizzati, ascoltano attenti, con la bocca aperta anche la centesima lettura di Hansel & Gretel, per assicurarsi che quella stronza della strega faccia la fine che merita, dopotutto cosa c’è di meglio che un lieto fine riparatore?

Però viene da chiedermi: qual è la morale che deve imparare un bambino in una storia in cui il protagonista infante viene abbandonato dai genitori e successivamente rapito da balordi che lo vogliono cucinare, ma che alla fine riesce a sottomettere il cattivo, arraffargli tutti i tesori e tornare a casa bello pimpante?

Ho pensato a tre opzioni:

a) i soldi fanno la felicità
b) l’omicidio paga
c) il valore dell’assistenza sociale alle famiglie in difficoltà

martedì 18 novembre 2008

I migliori della vita, 4


U2, The joushua tree


Regolo la sintonia della memoria. Estate 1987, piscina comunale di Melzo, ovvero Tammarroland. L'amico Faccia che continua a schiacciare sui tasti play-stop-rewind-play del radiolone d'ordinanza, mandando a ripetizione With or without you, perché “senti senti, questa mi piace un casino!”.


Qualche giorno prima compravo, primo della compagnia (allargata) dell’oratorio, The Joushua tree. Giusto il tempo che la voce si spargesse, e gente che quasi nemmeno conoscevo mi si presentava con in mano una cassettina (non sempre) vergine da 60 e mi faceva la richiesta: “mi hanno detto che hai l’ultimo degli U2…” Contribuendo così, in breve, a proiettare il disco dritto verso il record, tutt’ora imbattuto, di album più registrato della mia vita.


Se la cosa può sembrarvi tutto sommato normale, sappiate che la comitiva dell’oratorio, a parte qualche illustre eccezione, ascoltava, di norma, gente come Vasco Rossi o Luca Carboni, e si dilettava più che altro con pop da discoteca, ecco perchè l’impatto di questa opera degli U2, fu letteralmente devastante. Per mesi dalle auto della combriccola non usciva altro che la musica del Joushua Tree.

Per mio conto, l’incipit dell’album mi aveva schiantato. Where the streets have no name resta ancora oggi una delle mie canzoni preferite, non solo degli U2, ma in senso assoluto. Un pezzo suggestivo, costruito sullo stile chitarristico di The Edge, che porta a pieno compimento il suo personale sound, certificandolo e collocandolo nella storia. Il testo è ispirato e perfettamente calato nel mood della melodia: " I wanna run I want to hide I wanna tear down the walls That hold me inside I wanna reach out And touch the flame Where the streets have no name". Mi ha sempre trasmesso immagini di desolazione, rabbia, solitudine, speranza. Uno di quei brani che mi è impossibile non cantare fino all’esplosione delle vene del collo, e che per certi versi mi rimanda a Badlands di Springsteen.

Poi arriva il primo tributo che Bono e soci pagano alla tradizione musicale americana. I still haven’t found what i’m looking for è un moderno gospel (elemento questo valorizzato nella sua versione live all’interno del successivo Ratte and hum) , sia nella sua parte strumentale, che in quella delle liriche, ricche di citazioni bibliche.

With or without you, il primo singolo di cui alla premessa, non mi dice molto, anche se oggi immagino che gli U2 darebbero un braccio per riuscire a scrivere un pezzo così.

Bullet the blue sky e Running to stand still sono le vere rocce del disco, a mio parere. Tra gli apici della scrittura di Bono, rappresentano nella loro sfolgorante bellezza, lo stato di grazia della band in quel periodo. La prima si sofferma su quello che una volta si chiamava imperialismo americano, la seconda è una dolente dedica ad un’amica (non so se reale o immaginaria) tossica.

Il lato B del disco (per chi ragiona in termini di cd, da Red Hill mining town in avanti) sulle prime mi era sembrato qualitativamente inferiore, ma col tempo ho adorato In God’s country (ripresa nel discreto film The Three Kings), il folk blues di Trip through wires e la particolarità di Exit.


Considero The Joushua tree, insieme a pochi altri album, un po’ di più che un buon disco, è una di quelle opere che risvegliano sensazioni sopite, basta metterlo su e sei risucchiato all'indietro dai ricordi, quasi come in un posto dell'anima.

sabato 15 novembre 2008

MFT, expanded version

AC/DC, Black ice. Sette anni dopo il precedente, ecco il disco con la track list più lunga della loro storia, e la produzione, che incuriosisce, di Brendan O'Brien. Il risultato è un pò più complesso del solito da giudicare, considerato che parliamo di una band che ha fatto della "semplicità" del proprio sound un marchio di riconoscimento. Ancora dopo diversi ascolti, devo dire che i primi quattro brani, compreso il singolo RnR train, passano via senza creare particolari sussulti. E' con la track 5, War machine che mi scaldo un pò, ricorda nell'incedere l'epica Given the dog a bone, ma è un pò più potente del lotto che l'ha preceduta. Buona anche Spoilin' for a fight, nel suo incidere tipico da AC/DC, mentre Decibel sembra all'inizio un pezzo degli ZZTop. Segnalazione finale per Money made e per la sorpresa Rock and roll dream, quanto di più vicino ad una power ballad che questa band abbia mai fatto, con Johnson che scala un paio di posti nella classifica nei cantanti di genere.

Hank III, Damn right, rebel proud. Non una recensione vera e propria, quella la rimando a quando avrò a disposizione i testi (a tal proposito lancio un appello a voi lettori: in rete sembrano introvabili!). Il disco è goddam good, meno selvaggio del precedente, ma sempre corrosivo e bastardo al punto giusto. The grand ole opry, me and my friends, Wild and free, P.F.F., Six packs of beer, Candidate for suicide sono già degli anthem.

John Mellencamp, Life, death love and freedom. Come per il precedente Freedom road, ma per ragioni diverse (quello a primo impatto era troppo easy, questo troppo oscuro) il Coguaro ci mette il suo tempo, ma poi ti entra subdolo sotto pelle. Questo disco potrebbe essere la sua personale "Nebraska". Produce T.Bone Burnette, e alla lunga si sente.


Kings of leon, Only by the night. Una bella sorpresa. Non mi avevano mai coinvolto prima, nonostante l'iniziale assonanza con i miei generi musicali favoriti. Questo qui invece, che qualcuno definisce la definitiva evoluzione del grunge, ha suono e personalità ben definiti. E' uno di quei dischi da ascoltare in blocco (solo dieci i pezzi), piuttosto che segnalare qua e la qualche traccia.


Mavis Staples, Live - Hope at the Hideout. Si può definire un live d'altri tempi. Quelli della Franklin (l'incantevole Live in Paris) per la precisione. C'è tutta la passione politica, l'orgoglio nero e la liturgia classica del cantante predicatore qui dentro. Oltre ai classici della Staples, della sua famiglia e alcuni standards adatti allo scopo (For what's it's worth dei Buffalo Springfield, Down in Mississippi di Ry Cooder, Will the circle be unbroken della Nitty Gritty Dirt Band). Classicone.


Ray La Montagne, Gossip in the Grain. Dopo tanti consigli inascoltati (anche del Maurino), ci sono approdato. Grande la soddisfazione per un album che parte come un disco di Otis Redding, con la strepitosa You are the best thing, e poi continua su binari più introspettivi, cantautoriali, con Let it be me e I still care for you (dalle parti dei Buckley). La traccia 6 s'intitola Meg White,ed è un'inaspettata dedica alla parte femminile dei White Stripes, eseguita su uno stile che mi viene da definire stop and go, ma non so se rendo l'idea. Hey me hey mama potrebbe rimandare a Anders Osborne, mentre Henry nearly killed me è un bluesaccio diabolico. Chiude la ballata folk che dà il titolo all'album. Autunnale.


Gaslight Anthem, The '59 sounds. Arrivano da qualche parte del New Jersey, grandi ammiratori di Springsteen e del punk inglese. L'open track Great expetactions chiarisce subito tutto il background, in Meet me by the river titolo e ritornello ("No surrender, my Bobby Jean")pagano il tributo alle canzoni storiche del Bruce locale. Devo aggiungere altro? Naaa. Niente di nuovo, ma cazzo, con attitudine.

Ryan Adams & The Cardinals, Cardinology. Il precedente Easy tiger sembrava un ottimo punto d'arrivo per questo geniaccio sregolato from Jacksonville, North Carolina, e invece, quasi inaspettatamente Adams e la sua cricca cacciano un altro masterpiece, se possibile superiore al suo predecessore. Una grande attenzione alla melodia e alle magniloquenti aperture dei ritornelli (Go easy; Fix it) ma anche qualche durezza da rock duro (Magick) e tanta ispirazione. Gli faceva difetto la continuità, direi che, se due indizi fanno quasi una prova, adesso ha anche quella.

The Boxmasters, omonimo. Quel simpaticone di Billy Bob Thornthon non molla la sua passione per la musica, d'altro canto da ragazzo, prima di essere un attore è stato batterista. Dopo i suoi esordi a proprio nome, con due dischi in cui ha messo in luce una buona voce da crooner, su melodie country rock, ecco il debutto della sua band, un power trio che si ispira, sia musicalmente che come look, ai primi sessanta. Il cd è doppio, un disco di cover e uno di brani inediti. Si passa dal rock and roll al country al pop sixties appunto. Un lavoro "spensierato", ma ben realizzato.

Frank Zappa, You can't do that on stage anymore. Il mio ennesimo tentativo di capire questo musicista. Spero sia la volta buona...